TACCUINO ELETTORALE
di Alessandro Distante
Anche i muri della Città cominciano a respirare l’aria elettorale. Encomiabili alcuni manifesti che fanno veramente la differenza. Mentre tutti gli altri pubblicizzano prodotti, saldi, scuole e viaggi, quei manifesti chiamano a raccolta tutto il Salento per fare la differenza e contengono tanti importanti principi e valori: la sana politica, la famiglia, lo sport, il lavoro.
Sembrano istruzioni e raccomandazioni utili alla prossima battaglia elettorale; una sorta di consigli per scegliere bene, perché il voto sia utile non solo a chi si candida ma soprattutto al territorio e, in una parola, al Salento.
Certo, verrebbe da pensare: bastasse un manifesto!
Quei suggerimenti e quegli spunti rischiano tuttavia di essere equivocati, perché i soliti maligni potrebbero avere il sospetto che non siano fini a se stessi ma che siano l’annuncio di una auto presentazione elettorale.
Che peccato! Fossero stati proposti non a ridosso delle politiche avrebbero avuto certo un’altra risonanza. Il lavoro, la famiglia, lo sport, la politica: tutti temi di grande attualità soprattutto in un anno nel quale la Costituzione Italiana compie settanta anni.
Di quei manifesti affissi a Tricase mi piace riportare alcune frasi, vere pillole di saggezza: “Credo nella politica. Quella utile. Quella che crea valore partendo dai bisogni dei cittadini”. E come dargli torto! Chi ha mai creduto nella politica inutile? O in quella che non tiene conto dei bisogni dei cittadini?
E poi, pensando alla famiglia, leggo: “E’ quello che impariamo dalle nostre mogli, dai nostri mariti, dai nostri genitori e anche dai nostri figli, che ci guida nelle scelte quotidiane. La famiglia è, e deve essere, il centro della nostra comunità”.
Una famiglia tradizionale, nella quale, giacchè che c’era, doveva trovare spazio anche l’insegnamento dei nostri nonni, dei nostri suoceri e, soprattutto, delle nostre suocere!
E’ proprio vero, anche nei migliori messaggi, si dimentica sempre qualcuno o qualcosa come si dimentica spesso che in politica non ci si propone ma sono gli altri a proporci.
Gentile direttore,
Approfittiamo del vostro giornale, per rendere noto che nella frazione di Depressa,
ci sentiamo a dir poco dimenticati
Per cominciare non si vedono vigili urbani da chissà quanto tempo, tanto che gli automobilisti interpretano ognuno a modo proprio il codice della strada, le vie dell’abitato sono sempre sporche e piene di cartacce, i cestini vengono svuotati solo dopo che gli stessi sono stracolmi da giorni, in giro si possono trovare numerose buche, per non parlare poi delle luminarie di natale che ad oggi 23-01-18 sono ancora accese.
Caro direttore ,
i “ cambiamenti ” per il momento a Depressa ci sono stati si,
ma decisamente in peggio, sembra che i detti di una volta non si sbagliano,
pare che uno reciti “quanti più sacrestani ci sono ….. ”
a buon intenditor poche parole…
Un gruppo di amici
Clean Up Tricase nasce da un gruppo di amici che, stanchi di vedere sporcizia e incivilta' dappertutto, hanno deciso di unire le proprie forze per raggiungere un obiettivo: "far crescere la cultura della bellezza del pulito".
Battaglia titanica, ma non per questo impossibile. Non siamo nati per sostituirci a nessuno, ne' agli operatori ecologici e tantomeno alle ditte che dovrebbero fare manutenzione del verde. Siamo nati per sensibilizzare. Quanto sia importante il discorso del degrado ambientale e come esso puo' interagire con altri settori della vita di un luogo lo capiamo se facciamo delle semplici riflessioni.
Quando si visita una citta' la cosa che salta subito all'occhio sono gli ingressi che dovrebbero sempre essere impeccabili. E noi di Clean Up Tricase e Arci Lecce, anche in vista delle feste Natalizie che richiamano a Tricase migliaia di visitatori abbiamo deciso di partire proprio da li' per cambiare il modo di vedere le cose per far vedere che anche il bello e' cultura.
La seconda cosa, che si nota quando si visita una città, al di là dei monumenti più importanti, delle piazze, dei musei o delle chiese, è la pulizia delle strade e dei luoghi pubblici in generale. Una città pulita, insomma, rappresenta il primo biglietto da visita sia per il turista sia per chi ci lavora sia per chi ci vive.
Avere rispetto degli altri e di ciò che è nostro in quanto appartenente alla collettività e' una condizione basilare se si vogliono raggiungere gli standard di altri paesi (vedi Svizzera e tutto il nord Europa) e, soprattutto, rappresenta il motore che muove una citta' verso una condizione di assenza di degrado. Siamo sempre piu' abituati alla sporcizia tanto da non provarne piu' il disgusto.
Recuperare il gusto della bellezza del pulito e' percio' il nostro principale obiettivo, e lo stiamo facendo di settimana in settimana trasformando luoghi imbruttitti dall'incivilta' in qualcosa di bello.
Mozziconi gettati per terra, escrementi dei cani lasciati ovunque, sui marciapiedi e nei giardini, cartacce e sporcizia varia lasciata cadere per terra, incuria nella suddivisione della raccolta differenziata, bottiglie di birra e lattine vuote lasciate in giro a fare bella mostra di sé, rifiuti ingombranti e pericolosi, spesso abbandonati in zone isolate come fuori città (pur essendo gratuito il ritiro presso il domicilio) sono cattive abitudini che bisogna cambiare, combattendole anche attraverso delle sanzioni, ma soprattutto investendo sui bambini e sui giovani che saranno gli adulti di domani, e che lo potranno insegnare a loro volta ai propri figli. Immaginate solo per un attimo se in casa gettassimo tutto cio' che consumiamo.
Saremmo capaci di viverci per quanto tempo? Noi ci siamo messi in gioco e ci sporchiamo le mani per tenere pulita la nostra citta'.
Voi che fate giocate con noi? Coraggio!
#cleanuptricase #pulitoépiúbello
di Ercole Morciano
Pubblicato il libro di Salvatore Coppola sulla prima guerra mondiale
Cento anni fa, precisamente i giorni 2 e 3 del gennaio 1918, non erano ancora passate del tutto le feste. Giorni tristi e amari erano stati quelli di Natale e Capodanno, vissuti anche dalle famiglie di Tricase, per la terza volta trascorsi con la patria in guerra.
Tristi per le famiglie in lutto, dovuto alla morte in guerra dei propri cari; amari, per quelle in cui vi erano famigliari al fronte, feriti o in prima linea a combattere; penosi per tutti perché gli stenti erano ormai diventati insopportabili. Proprio in quei giorni, tra Capodanno e l’Epifania scoppiò a Tricase un’altra rivolta delle donne.
L’altra si era avuta nel 1905, il 2 gennaio, con lo sciopero di circa 900 tabacchine per chiedere l’abolizione del cottimo e l’aumento della paga giornaliera fissato a £.0.35, il più basso della provincia. Partita da Tricase, la protesta avrebbe infiammato tutta la Terra d’Otranto per la durata di un intero anno.
La protesta delle donne di Tricase del gennaio 1918, da me raccontato con tutti i particolari sul “Volantino” n.37/ 2015, è descritta, insieme con le altre, sul recente libro dello storico Salvatore Coppola, già docente nei licei classici di Maglie e di Madrid, noto a Tricase per gli studi sulla storia della nostra città da lui pubblicati. Pane e Pace è il titolo del libro di Coppola edito per le edizioni Giorgiani.
Nel panorama della storiografia sulla “grande guerra” l’opera si colloca su una particolare prospettiva d’indagine: il rapporto tra le donne e il conflitto. Sono numerose le pubblicazioni sulle donne che, specie al nord, sostituirono gli uomini partiti al fronte nelle industrie, nei lavori pesanti, nelle attività agricole, nei trasporti.
La preziosità dell’opera di Salvatore Coppola sta nell’aver tirato fuori dagli archivi le storie di tante donne che, assenti perché in guerra i mariti o i figli, mentre si fanno carico del lavoro in campagna e nei tabacchifici di Terra d’Otranto, difendono con forza il loro diritto ad avere quel poco che lo stato ha promesso e chiedono inoltre la pace, subendo denunce e prigioni.
Chiedono che sia data la razione di pane quotidiano (sempre più ridotta), che il pane sia commestibile e non procuri malattie, che le famiglie aventi soldati al fronte ricevano il sussidio in tempo utile, che la distribuzione del pane sia fatta senza imbrogli, che le autorità si oppongano alla speculazione e all’accaparramento del grano e della farina.
A questi giusti diritti, gridati dalle donne durante le manifestazioni e descritti da Salvatore Coppola come registrati negli atti di pubblica sicurezza o giudiziari, si aggiunge spesso un’altra richiesta, questa più preoccupante per le autorità del tempo, che la vedono come una sfida o, peggio, un’azione disfattista: “vogliamo la pace, fate tornare i nostri mariti dal fronte, non vogliamo i sussidi vogliamo i nostri uomini”.
Di questo grande movimento spontaneo, che interessò le tre provincie di Lecce, Brindisi e Taranto, Salvatore Coppola ha studiato le cause, il carattere, gli obiettivi, la reazione delle classi dirigenti e dell’apparato statale con le misure sempre più repressive, specialmente dopo la disfatta di Caporetto, e infine gli effetti anche sul lungo periodo.
La parte più corposa del volume comprende la descrizione analitica di tutte le proteste, a partire dal 1917. Le prime, nel mese di marzo, riguardano i centri di San Donato, Ceglie, Grottaglie, Presicce e Ostuni. L’ultima protesta ebbe luogo il 9 luglio 2018 a Sogliano Cavour.
Di ogni manifestazione Salvatore Coppola dà la descrizione dei fatti, i nomi delle donne e degli altri denunciati, degli altri protagonisti della vicenda (politici, amministratori, forze dell’ordine), dei difensori (ricorre spesso il nome de noto avvocato penalista tricasino Antonio Dell’Abate), gli esiti del processo e le altre notizie del caso. Le fonti citate nelle note sono quelle archivistiche classiche (Archivio Centrale dello Stato e Archivio di Stato di Lecce e di Taranto) e gli organi di stampa provinciali.
La presentazione del prof. Mario Spedicato, la prefazione del prof. Giuseppe Caramuscio, l’indice dei nomi e la parte fotografica completano un volume che ha il pregio di delineare un segmento di storia salentina in cui le donne sono state le protagoniste e hanno saputo affrontare una pesante realtà con dignità e coraggio.