di Pino Greco  Giudice di Pace a rischio chiusura: il cancelliere va in pensione

Il presidente dell’ordine degli avvocati, Roberta Altavilla:

queste strutture devono essere a sevizio dei cittadini è importante la loro funzionalità.

Fernando Melcarne , dipendente del Comune di Tiggiano, figura indispensabile per il funzionamento dell’ufficio di giudiziario, va in pensione.

Tricase, e’ sabato 2 dicembre. In una affollata assemblea, gli avvocati hanno convocato i sindaci, non tutti presenti, del comprensorio dei Comuni di Tricase, Castro, Diso, Miggiano, Montesano, Specchia, Tiggiano, Andrano , nella sede del Giudice di Pace di Tricase.

Alla riunione era presente l’avv. Roberta Altavilla, presidente dell’ordine degli avvocati.

L’oggetto dell’incontro è quello di sollecitare la nomina di un cancelliere, che prima affianchi e poi sostituisca il funzionario Fernando Melcarne, che avrà il collocamento in pensione la prossima estate 

La carenza di personale è purtroppo oramai un problema frequente per gli tutti gli uffici giudiziari nazionali, e in questo periodo tocca particolarmente la sede di Tricase, laddove il personale amministrativo è già ridotto ai minimi termini.

Tutti i professionisti intervenuti all’assemblea, del resto, hanno ribadito che l’assenza di un cancelliere comporterebbe la soppressione dell’ultimo ufficio giudiziario del territorio, che già negli ultimi anni ha visto negarsi la sezione distaccata del Tribunale di Lecce.

In merito anche l’intervento del sindaco di Tricase, avv. Carlo Chiuri, che invita i collegi sindaci e avvocati ad una maggiore sinergia, ponendo l’accento sul fatto che la Città Tricase, oltre a fornire la sede logistica ( per altro già destinata a futura sede della Compagnia dei Carabinieri), mette già a disposizione due impiegati comunali dei tre funzionari di cui si avvale l’ufficio.

Il primo cittadino, inoltre, auspica un maggiore impegno delle istituzioni forensi anche a livello Ministeriale affinchè si realizzi un possibile allargamento territoriale della giurisdizione dell’ufficio del Giudice di Pace di Tricase anche a quei Comuni del Basso Salento, che, con la soppressione dell’Ufficio del Giudice di Pace di Alessano, fanno riferimento a Lecce.

 

 

di Nunzio Dell'Abate 

A marzo scorso è stato istituito e disciplinato il servizio di volontariato denominato “Nonno Vigile”.

 

Il regolamento istitutivo della nuova figura di volontariato veniva licenziato all’unanimità dalla Commissione Regolamenti, di cui ero Presidente, dopo una lunga istruttoria e di concerto con l’allora Responsabile del Settore.

 

Lo strumento normativo ha dovuto fare i conti con l’art.11 del Codice della Strada che inibisce a soggetti estranei alla Polizia la tutela ed il controllo sull’uso della strada. Giocoforza ha privilegiato l’aspetto sociale di inclusione delle persone di una certa età, piuttosto che quello di regolamentazione del traffico veicolare negli orari di ingresso e di uscita degli alunni dai plessi scolastici. Esigenza questa, invece, sempre più avvertita da genitori e personale scolastico.

 

Deve stazionare sul marciapiede presente dinanzi alla scuola assegnata invitando i minori ad utilizzare l’attraversamento pedonale ed, eventualmente e solo ove occorra, accompagnando gli stessi dopo essersi accertato che i veicoli si siano arrestati, senza procedere ad alcuna intimazione nei confronti dei conducenti dei veicoli” (vedi art.6 del Regolamento). Pertanto, il Nonno Vigile non può interferire o sostituirsi all’Agente di Polizia, ma può essere utile a “segnalare eventuali anomalie e necessità di intervento alla Polizia Locale”, se pur “senza procedere a contatti verbali con eventuali trasgressori”.

 

La precedente amministrazione non diede avvio al servizio e nel corso dell’ultima seduta consiliare si è deciso di farlo partire.

 

Ora ben venga la nuova figura di volontariato ed anzi auspichiamo una massiccia adesione da parte dei nostri anziani concittadini, ma essa non sarà sufficiente ad ovviare alle quotidiane criticità di circolazione, viabilità, sosta e parcheggio all’esterno degli istituti scolastici negli orari di punta. Si pensi solo a quanto accade ogni giorno in via Umberto I°. Necessitano indubbiamente altri interventi, sia di mezzi che di personale dedicato.

Ecco la ragione della nostra proposta, formulata in Consiglio sotto forma di emendamento: “impegnare la Giunta Comunale affinchè ponga in essere, di concerto con gli uffici preposti, tutte le azioni e gli accorgimenti finalizzati ad assicurare la piena incolumità e sicurezza degli alunni negli orari di entrata e di uscita dai plessi scolastici”.

 

Inspiegabile il rigetto dell’istanza da parte della maggioranza e della restante minoranza. Vorrà dire che i Nonni Vigili si vedranno costretti a fare i supplementari.

 

 

di Pino Greco  Per il potenziamento del “ Porto Ecomuseo ” di Tricase

Tricase avrà a disposizione 631mila euro da spendere nei prossimi mesi per riqualificare tutto il proprio patrimonio portuale. Dall’Europa arriva un finanziamento per il potenziamento del “Porto Ecomuseo” di Tricase, riconosciuto dalla Regione nella scorsa estate. Attraverso il progetto Muse, finanziato nel suo complesso con 2 milioni e 800mila euro nell’ambito del programma di cooperazione transfrontaliera Grecia-Italia 2014-2020, Tricase come comune capofila avrà a disposizione 631mila euro da spendere nei prossimi mesi per riqualificare tutto il proprio patrimonio portuale. 

La somma andrà a valorizzare i siti di pregio ad alto valore artistico, culturale e naturale dell’area di Tricase, ma anche delle città greche di Corfù e Messolonghi favorendo lo sviluppo di «attività turistiche sostenibili ed esperienziali in grado di migliorare la competitività dei territori all’interno del mercato turistico internazionale, con l’obiettivo di creare un network di Porti Museo per la valorizzazione del patrimonio naturale e culturale dell’area transfrontaliera Grecia-Italia», si legge nel progetto. 

I Porti museo, previsti dal progetto, saranno realizzati attraverso il recupero infrastrutturale e funzionale di alcuni manufatti presenti nelle tre aree, oltre che tramite alcune azioni di recupero e sistematizzazione del patrimonio immateriale (tradizioni, racconti, testimonianze, ricette, antichi mestieri e altro) legato al mare e alla costa. E in tutto questo, si aggiunge anche la diffusione e fruibilità dello stesso patrimonio immateriale garantita attraverso l’utilizzo di tecnologie digitali come app e realtà aumentata.

A Tricase, spiega il sindaco Carlo Chiuri, si prevedono azioni di ammodernamento infrastrutturale della “Scuola borgo pescatori” al cui interno daranno ospitati laboratori di antichi mestieri del mare, di “Avamposto Mare” struttura destinata alla ricerca innovativa in questo settore e poi saranno potenziate le attrezzature e gli arredi. Al progetto partecipano anche l’Istituto agronomico mediterraneo di Bari, il comune di Messolonghi, l’autorità portuale di Corfù e l’Erfc europeo. 

«Mi sento orgoglioso e soddisfatto per la città per questo importantissimo progetto - dice il sindaco Chiuri. Sarà una soddisfazione per le professionalità del territorio e una occasione di sviluppo sotto il profilo turistico e di tutto ciò che è legato al mare. Questo progetto rientra all’interno di un percorso finalizzato alla destagionalizzazione e alla fruibilità di Tricase e Tricase porto tutto l’anno». 

di Giuseppe R.Panico Sono passati 100 anni dal  disastro politico-militare di Caporetto; il tristissimo evento  di una guerra mondiale con già  immani perdite  e disumani comportamenti;come le decimazioni dei fanti o sparare contro chi arretrava di fronte al nemico. Con Caporetto, si accusò anche di viltà i nostri soldati, colpevolizzando i circa trecentomila prigionieri  fatti dagli austriaci ed osteggiando loro (per non invogliare altri ad  arrendersi) ogni forma di aiuto.

Quasi una “Vendetta di Stato” che portò tanti  a morire; non più  rapidamente, dilaniati  da cannoni e mitraglie, ma lentamente, di fame e di stenti nei  campi di prigionia. La vita valeva ben poco , come anche per quei ragazzi “del 99” (appena diciottenni), schierati sulla Linea del Piave a fermare e poi vincere  un nemico  che, da aggredito, si era fatto aggressore ed invasore. Passarono pochi lustri e altre decine e decine  di migliaia di giovani e meno giovani tornarono a morire.

Non per difesa dell'Italia, ma per un'altra aggressiva guerra, che poi  divenne di nuovo mondiale. E dopo l'armistizio  (8 sett, 1943), abbandonati a sé stessi , nel peggiore ripetersi della irresponsabilità politico-militare. A  Caporetto andò perso, quasi metà del nostro esercito;  con l'armistizio, una nuova e ben più disastrosa “Caporetto”portò, a quella che fu chiamata  “La morte della Patria”. Una nazione allo sbando con  Forze Armate senza ordini e direttive, senza valori e motivazioni, senza  una nuova “Linea del Piave” per  far fronte alla mutata realtà. Prevalse la irresponsabilità, se non la “Viltà di Stato”, dei grandi capi in fuga da Roma, il caos nazionale,  il fango e la vergogna sulle pagine della nostra storia.

Gli ex alleati (Germania) si ritennero  traditi, invasero l’Italia, la solcarono  con le  proprie linee di resistenza contro i nuovi  occupanti che avanzavano da Sud: gli Anglo-Americani che, dopo aver bombardato le nostre città, avevano imposto all'Italia un'altra disfatta politica, militare e morale: la “resa senza condizioni”, così inusuale e infamante nella diplomazia di guerra. Circa 40.000 militari vennero uccisi dai tedeschi, altri seicentomila deportati  (quanto le  intere perdite della prima G.M.) e tanti “inceneriti” .

Se “la guerra non è altro che la continuazione della  politica con altri mezzi” , come diceva Clausewitz, nel suo (un tempo) celeberrimo libro “Della Guerra”, forse  non  basta solo ripudiarla, come fa la nostra Costituzione, se poi i cittadini non sanno prima ripudiare la  cattiva politica che la può causare, o che non la sa gestire o decentemente uscirne o che, in tempo di pace, pur  senza cannoni e mitraglie,  causa “Caporetti”  sociali ed economici.

Come la fuga dei nostri giovani all'estero, spesso i migliori, lasciati senza lavoro e  futuro, o in casa dei genitori come “anziani” e assistiti “bambocci”; come la crescente povertà  o come l'afflusso continuo di centinaia di migliaia  di stranieri che poi  assistiamo e supportiamo, o ancora quell'altissimo livello di corruzione, inefficienza ed  evasione  tollerato o favorito  da una politica sempre più debole e “mafiocratica”. Sono oltre settanta anni che l’Italia, pur presente per missioni di pace in altri paesi in guerra, è lontana dalla “Morte della Patria”. 

L'Unione Europea, la NATO, l'ONU etc hanno contribuito, attraverso una nuova cultura e diplomazia internazionale, a farci vivere in pace. La guerra poi non fa più parte di quel travaso di memorie, dai padri ai figli o dai nonni ai nipoti, di privazioni e sofferenze, viltà ed eroismi. La leva sospesa, le Forze Armate ridotte al lumicino e spesso osteggiate, da idealisti e sognatori di un mondo, purtroppo irreale. Non di rado anche nei  meri compiti di difesa nazionale e dell'ordine civile, senza il quale non vi può mai essere civiltà. 

“Si vis pacem para bellum” , se vuoi la pace preparati alla guerra (almeno contro  le aggressioni o per  accordi fra nazioni)  dicevano i Latini  e lo dice ancora chi, da statista, ha un senso dello Stato e della storia. Un senso non da politici trasformisti  che hanno reso l'Italia, più che una penisola geografica, una inaffidabile isola politica, di bassa levatura ed esposta ad ogni mareggiata.

Anche  ad una immigrazione non limitata all'asilo politico, e dunque da integrare,  ma di migranti economici o “di convenienza” lasciati poi all'altrui sfruttamento ed alla continuità delle loro sofferenze. Un “esercito” di stranieri che manteniamo ed assistiamo, affiancato poi  da un' altra “armata” di mezzo milione di stranieri “invisibili”  e  che, come tali, possono permettersi , quasi indisturbati, illegalità e criminalità.

Facile ambiente per i reduci ( o criminali di guerra) dell' ISIS, ormai sconfitto e che ricorda il Sud America per i criminali nazisti, dopo la 2° G.M. Altro che impegnarsi a rispettare le nostre regole e la nostra civile convivenza, come dice anche il Papa.“Aiutiamoli in casa loro” si dice spesso, quando “casa loro” è ormai quella che era prima casa nostra (nella sola Roma sono  ormai un centinaio gli edifici pubblici e privati occupati da “invisibili” o poco visibili).

Sembra vivere una nuova,  pur lenta, incruenta e celata “Caporetto” con l'urgenza per una “linea del Piave” per nulla sentita. Contro l'Italia per la sua facile e discussa accoglienza, la “linea del Piave”, la fanno ormai gli altri paesi  vicini. Muri e filo spinato, militari alle frontiere, controlli su treni e automezzi, successo di partiti anti-immigrati etc.

Dalla “Morte della patria” eravamo risorti; da quella che sembra l'isolata agonia di una nazione,  pare oggi difficile riprendersi. Forse  perché le vere “caporetto” sono quelle  formative dell'insieme  scuola - famiglia e dunque dei cittadini  e dei loro politici. Incapaci questi di approvare, se non in questi giorni e dopo 71 anni di provvisorietà, anche il simbolo (insieme alla bandiera) della nostra identità: l'inno nazionale (di Mameli). “Fatta l'Italia , facciamo gli Italiani”, diceva  Massimo d'Azeglio un secolo e mezzo fa. Chissà cosa direbbe oggi con immigrati etc.

Dalla “Morte della patria” eravamo risorti; da quella che sembra l'isolata agonia di una nazione,  pare oggi difficile riprendersi. Forse  perché le vere “caporetto” sono quelle  formative dell'insieme  scuola - famiglia e dunque dei cittadini  e dei loro politici. Incapaci questi di approvare, se non in questi giorni e dopo 71 anni di provvisorietà, anche il simbolo (insieme alla bandiera) della nostra identità: l'inno nazionale (di Mameli). “Fatta l'Italia , facciamo gli Italiani”, diceva  Massimo d'Azeglio un secolo e mezzo fa. Chissà cosa direbbe oggi con la parola patria ormai ovunque scomparsa.

di Nunzio Dell'Abate Esattamente un anno fa l’Amministrazione Comunale contraeva un mutuo di € 850.000 per rifare diverse strade del paese. L’iniziativa suscitò non poche perplessità.
Sia per aver fatto ricorso al mutuo, nonostante le ingenti entrate nelle casse comunali derivanti dalla T.A.S.I., dalle sanzioni amministrative per la violazione del codice della strada, dai proventi dei parcheggi custoditi, dalle concessioni edilizie e del suolo pubblico, che di norma dovrebbero essere destinate proprio alla manutenzione delle strade ed ai servizi connessi alla viabilità.
Ma soprattutto per la tempistica dell’intervento (pieno inverno) e per la qualità dei lavori di asfaltatura.
Difatti, a distanza di un anno, la situazione è impietosa.
Le stesse strade, specie dopo la pioggia intensa di questi giorni, presentano sconnessioni evidenti e pericolose.
Con il risultato che il precario stato del manto stradale, oltre a costituire disagio per gli utenti e cattiva immagine per la Città, è fonte di dispendiosi contenziosi per il bilancio comunale.
E’ fuor di dubbio che occorra prestare la massima attenzione, quando si spendono soldi pubblici.
Per questa ragione, con apposita interrogazione consiliare, abbiamo chiesto al Sindaco di far luce sulle responsabilità e
sui costi della cattiva esecuzione dell’opera che non devono ricadere, come sempre accade, sul Cittadino.
Sbagliamo a ritenere che a pagare sia piuttosto chi ha deciso tempistica e modalità dei lavori, o chi li ha eseguiti o chi li
doveva verificare ?

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