di Giuseppe R. Panico

Sono passati 100 anni dalla fine della Grande Guerra. Una guerra combattuta duramente non solo nelle trincee ma anche sui mari, in particolare nelle acque del Nord Adriatico, ove la nostra Marina Militare tenne in scacco la potente flotta austriaca. Il successo in guerra, come in tutte le imprese umane, deriva da molti fattori e, soprattutto, dalla  preparazione professionale e dalla motivazione etico-morale dei partecipanti.

Gli atti eroici che ne sono derivati hanno lasciato una preziosa ed indelebile traccia nella storia del nostro passato e continuano ad essere ricordati e commemorati non solo attraverso le Associazioni d’Arma ma anche intitolando ai protagonisti scuole, piazze, strade, luoghi pubblici ed attività sociali. Rafforzando così nelle generazioni presenti e future il legame continuo fra Forze Armate e resto del Paese e dunque l’Unità Nazionale celebrata ogni anno il 4 Nov.Di guerre in Europa non se ne fanno da lungo tempo e cresce l’illusione o la speranza che la pace, quale bene supremo, sia ormai definitivo e non, come altrove, una parentesi, spesso breve, fra ben dure e sanguinose realtà.

Conoscere ed approfondire il nostro passato dà più luce al nostro presente, quello di una nazione libera e democratica in una Europa che mai nella sua storia ha avuto un così lungo periodo di pace, e dà più vita ad una cultura che, maturata fra immani perdite, sacrifici ed eroismi, trova, nella conoscenza storica dei suoi grandi uomini e donne, nuove forze per impedire nuove guerre. Fra i più fulgidi eroi della Grande Guerra vi è il marinaio Nazario Sauro. Un nome dato anche a tante scuole, quasi per assorbire, sin da scolari, quei valori che caratterizzarono la sua esistenza e coltivare, con questi, un più spiccato sentimento nazionale. Sarà a giorni, fra noi, un suo nipote, anche lui marinaio, che per riconoscenza ed affetto verso il suo eroico nonno, ha inteso fare egualmente una grande impresa, ma di storia e cultura forgiate dal mare.

E’ l’Ammiraglio in pensione Romano Sauro, che, dopo aver scritto un libro sul suo celebre nonno (Nazario Sauro-Storia di un Marinaio), continua a navigare non più sulle grigie navi da guerra della Marina Militare, ma sulla sua barca a vela “Galiola III”, che prende il nome dall’isolotto ove suo nonno fu catturato dagli austriaci. Cento anni dalla Grande Guerra, cento anni dalla perdita del nonno, cento porti ove sostare, centinaia di conferenze a pubblico e scolaresche per una storia di uomini di mare rivissuta oggi sul mare da chi sul mare continua a navigare.

L’Ammiraglio Sauro, in una sosta organizzata, con l’aiuto del Comune, dal gruppo cittadino della Associazione Nazionale Marinai d’Italia, insieme alla sezione della Lega Navale Italiana di Tricase Porto (l’Ammiraglio è stato di recente il Dirigente Nazionale LNI) della Associazione Magna Grecia Mare e dei Fratelli della Costa, sarà a Tricase dal pomeriggio del 22 al mattino del 24 feb.

Presenterà il suo libro (scuderie di Palazzo Gallone giorno 22 ore 17,30, la cittadinanza è invitata-diritti di autore devoluti alla associazione Peter Pan Onlus a favore di bimbi colpiti da malattie oncologiche) ed un susseguirsi di conferenze a favore delle scolaresche di Tricase (Acait 23 feb ore 09,30), Alessano e Corsano. Dopo aver deposto una corona di alloro al monumento dei Caduti del Mare a Marina Serra, (24 feb.Ore 09,30), l’Ammiraglio, partito da S. Remo in Liguria, proseguirà in barca con meta finale Trieste per raggiungere la terra e l’alto Adriatico del nonno.

Lo attendiamo al suo arrivo al nostro porto, come sulla porta di ingresso di un Adriatico, “Mare Nostrum”, che, con lo sbarramento del Canale d’Otranto, i vicini scafi in fondo al mare e i tanti tricasini caduti, ci ricorda ancor più gli eventi bellici del passato e l’impegno a dar seguito, accanto alle nostre Forze Armate, eredi e custodi di tanti valori e memorie, alla lunga pace del nostro presente europeo.  

di Hervé Cavallera Le recenti scoperte di una Tricase del passato, reperti celati sotto terra a poche decine di centimetri nello spazio antistante il sagrato della Chiesa Madre (mura medievali, tombe ecc.) fa emergere, senza andare a tempi ormai lontani, cronache recenti: la scoperta del cunicolo presso la chiesetta di San Nicola, tosto richiuso con evidente nocumento per la sopravvivenza degli affreschi appena illuminati dalla luce; poi la scoperta di tombe e granai in Largo Sant’Angelo subito richiusi, quindi i ritrovamenti di qualche giorno fa. E se la mente va ancora più indietro si può pensare ai cunicoli individuati nel restauro della struttura di Palazzo Gallone, anche questi prontamente chiusi. Insomma, la storia malinconicamente è questa: talvolta, senza volerlo, si trovano reperti che aprono possibili nuove indagini che porterebbero non solo ad una nuova e adeguata conoscenza storica del passato, ma che potrebbero divenire (adeguatamente custoditi) fonte di rilevante guadagno turistico.

Il problema reale, pur tenendo presente il rapporto inevitabile con la Sovrintendenza, è quello di istituire, anche in armonia con l’Amministrazione Comunale, una sinergia di forze accanto ad una istituzione ufficialmente riconosciuta. Essa già c’è. La Società di Storia Patria per la Puglia nel suo Statuto prevede all’art. 1 di interporre “la propria autorità e l’opera dei soci a difesa delle ricchezze bibliografiche, archivistiche, monumentali, archeologiche e demo-etno-antropologiche minacciate e trascurate” ed ha (art. 21) una specifica “Sezione per la tutela dei centri storici urbani”. Ora, a Tricase la Sezione della Società di Storia Patria c’è ed il suo presidente è peraltro Vicepresidente della Società pugliese oltre che professore universitario.

Sarebbe pertanto auspicabile che diverse forze si raccogliessero intorno alla Sezione locale e ci si preoccupasse, dopo che la Sovrintendenza avesse garantito delle opere fatte, ad elaborare un progetto di ampio respiro volto ad una sistematica verifica del patrimonio storico esistente nel sottosuolo di Tricase e frazioni, ad una messa in sicurezza del medesimo ed insieme ad una sua fruibilità. Basti pensare a quante cittadine del Salento vantano la visibilità dei propri frantoi ipogei (e Tricase ne ha; al solito occultati).  La storia di Tricase è invero in parte da riscoprire. Se nel 1268 Carlo d’Angiò concesse metà feudo del casale di Tricase al francese Nason de Galerand, è evidente che il casale avesse già vita in età sveva e normanna e sicuramente ancor prima come testimoniano, tra l’altro, diverse tracce bizantine che rinviano a tempi più remoti.

La valorizzazione di Tricase consiste, infatti, non solo nella creazione di centri di lavoro (che mancano), come la zona industriale, ma anche nel riconoscimento di una storia plurisecolare e nella realizzazione di percorsi turistico-culturali che non possono che essere fonte di crescita in ogni senso. Le energie non vanno disperse e le tracce del passato vanno tutelate, come deve essere anche per il nostro cimitero monumentale. L’occasione fortuita di ritrovamenti nell’antica piazza di resti della Tricase medievale non deve pertanto ridursi al mormorio di una settimana, ma essere lo sprone per ampi progetti su cui le istituzioni e le persone capaci e di buona volontà devono misurarsi.

 

Ad Aprile 2017 l’ANAS ha svelato come i dati di flusso secondo i quali era stata progettata la nuova ss275 fossero non coincidenti con la realtà. Dopo Tricase il flusso scende drasticamente dai quasi 13.000 passaggi di Surano ai 2.500 di Castrignano del Capo. Questi dati, è evidente, non giustificano la realizzazione di una nuova strada anche se fosse a due corsie, anziché le quattro inizialmente paventate.
Per evitare strumentalizzazioni, pensiamo sia necessario palesare l’inutilità di un'opera di tali proporzioni a Sud di Tricase, in maniera chiara e netta, attraverso i numeri.
Da anni viene ciclicamente ribadita la necessità di realizzare l’ultimo tratto e, intanto, quello da Melpignano a Montesano tarda a realizzarsi.
Eppure c'è chi persevera nell'idea di voler infliggere uno scempio inutile e indelebile ad una terra già martoriata da diverse emergenze ambientali. Non ultime quelle connesse alla presenza di numerose discariche scoperte lungo il tracciato dell'opera. Ora si è andati addirittura oltre: un nuovo progetto che devii al passaggio delle discariche. Queste ultime andrebbero bonificate e non sorpassate.
Da sempre la federazione provinciale di Sinistra Italiana è contraria a tale scempio: una strada inizialmente concepita per unire le zone industriali al tempo del TAC, condizione che oggi peraltro non sussiste più.
Mentre il Salento paga un prezzo sempre più caro in termini di salute, la politica si ostina a voler realizzare opere inutili e dannose, che continuano ad attentare al benessere delle popolazioni.
Il nostro territorio ha conosciuto un importante sviluppo turistico e la salvaguardia ambientale è divenuta condizione fondamentale per dare continuità a tale modello. È indubbio che vi siano problemi di attraversamento di alcuni Comuni, ma tali problematiche andrebbero risolte localmente o con progetti intercomunali con extramurali, non con un serpentone fino a Leuca, cui si affiancano altre tre strade, la ss274 e le due litoranee.
Secondo Sinistra Italiana Salento, la politica dovrebbe, invece, impegnarsi a sviluppare il progetto dell’ammodernamento delle FSE, realizzando finalmente un asse ferroviario veloce che colleghi Leuca con l’Aeroporto di Brindisi, e a creare nel contempo delle ciclovie (anche utilizzando tronchi della FSE non utilizzati) che diano impulso decisivo ad un modello turistico improntato alla destagionalizzazione.
Siamo convinti che la cura del nostro territorio debba essere a 360 gradi: se si è contrari a TAP, si dovrebbe combattere anche lo scempio della nuova SS275 da Tricase a Leuca, senza far leva sulla riduzione delle corsie da due a quattro, perché la cicatrice sarebbe ugualmente indelebile.
Tricase è il territorio che sarà colpito maggiormente con i suoi 8 km di nuova strada. Pertanto chiediamo al Sindaco Carlo Chiuri di non indietreggiare e di continuare il lavoro compiuto dall’amministrazione precedente. Con la realizzazione della Tangenziale Est (detta Cosimina), Tricase ha già dato tanto in termini di consumo del territorio.
Infine, come Sinistra Italiana Salento, chiediamo alla politica tutta di portare avanti nuove politiche di sviluppo che salvaguardino la salute delle popolazioni e la tutela ambientale, senza rincorrere vecchie logiche ormai datate e senza futuro.
Segreteria SINISTRA ITALIANA PROVINCIALE

E’ stato presentato il progetto della Strada Statale 275 nel tratto che da Montesano porterà a Leuca.

Tricase verrà interessata con un percorso che parte dalla Zona Industriale e passa ad Ovest per poi congiungersi con il territorio di Alessano.

Il Sindaco Chiuri ha duramente protestato per questa soluzione; la sua proposta, a nome della Città,

era per un utilizzo della Cosimina con interventi di messa in sicurezza.

Ma tutti gli altri Sindaci l’hanno pensata diversamente e la riunione si è chiusa con l’approvazione della soluzione ad Ovest di Tricase.

In cambio: la promessa, tutta da verificare, di un intervento migliorativo sulla Cosimina.

L’ultimo tratto da Montesano a Leuca sarà a sole due corsie, con un risparmio di 4 metri di larghezza rispetto al progetto iniziale.

Il Sindaco ha chiesto di potersi confrontare con i cittadini alla presenza di Anas e della Regione.

Intanto il Comitato 275 protesta e diffida tutti dal dare seguito alla proposta.

 

La mia colonna di Alfredo De Giuseppe

Ho letto velocemente la Relazione dei Servizi Ispettivi della Ragioneria dello Stato, giunta da un paio di mesi a Palazzo Gallone e portata a conoscenza attraverso i giornali solo qualche giorno fa. Da una prima sommaria lettura emergono gravi e continuative contestazioni contro l’ultima Amministrazione Coppola. Ma non daremo certo su questa colonna un giudizio di merito su ogni singola faccenda: cercheremo invece di capire da dove arrivano così macroscopiche inadempienze.

Partono da lontano, molto lontano, quando il Comune era una casa democristiana, dove una cerchia molto ben selezionata di amministratori riusciva a imporre assunzioni, lottizzazioni, affidamenti di lavori pubblici, e sovvenzioni a go-go, aggirando regole e buon senso. Anzi c’era un senso unico, applicato sempre e ovunque, ed era quello della clientela famelica e amicale.

Su queste fondamenta di ogni singolo Comune si creò l’enorme debito pubblico italiano che ancora oggi è il flagello della nostra convivenza sociale e che molte anime belle fanno finta di dimenticare, vagheggiando un passato bello e ricco, comunque sempre migliore del presente. Mentre i Paesi europei progredivano velocemente, l’Italia aveva smarrito ogni ideale e ogni visione del futuro. All’improvviso, era 1993, si scoprì super corrotta, fantasticamente indebitata, in mano a mafie, lobby e manovratori di ogni genere. Allora per tentare di rimanere seppur minimamente agganciata al benessere occidentale, per tentare di entrare nell’Euro (ritenuto all’epoca l’unico salvataggio possibile), la stessa classe politica tentò di auto-riformarsi.

Nacque così nel 1997 la legge Bassanini, che tentando di riformare tutto il sistema della Pubblica Amministrazione, dava di fatto ai Funzionari un potere superiore a quello dei politici che avrebbero dovuto limitarsi a dare gli indirizzi, mentre la gestione di ogni singola operazione doveva avere un ben preciso responsabile amministrativo. Ad oltre vent’anni di distanza possiamo affermare serenamente che l’obiettivo di aumentare l’efficienza e superare la corruzione è fallito. È bastato mischiare politici e funzionari e tutto è saltato.

Già nel 2001, da direttore del mensile Nuove Opinioni, segnalai l’anomalia del più importante funzionario del Comune che ne diventava Sindaco senza dimettersi dal suo ruolo apicale. Naturalmente furono pochissimi quelli che pensarono che questo potesse essere un problema. Invece, anche senza alcuna ruberia, è sempre un problema perché un conflitto d’interessi si estrinseca in mille rivoli diversi, in mille risvolti, in relazioni complicate, in auto limitazioni o eccessi di potere.

Certo è che Antonio Coppola, a causa di questo perenne conflitto d’interessi, nei lunghi anni di governo non ha potuto modificare la struttura organizzativa del nostro Comune, non poteva intervenire senza destare sospetti, invidie, antipatie, corrosioni e veti incrociati. Era parte in causa e lo sarebbe stato purtroppo fino all’ultimo suo giorno da Sindaco, senza un Piano Regolatore e senza un Ufficio Tecnico efficiente.

Ora l’attuale Sindaco, il nostro bravo e pacificatore Carlo, eletto a furor di popolo per cambiare tutto, non ha ancora cambiato niente. Soprattutto in relazione alla macchina amministrativa che invece meriterebbe nuova linfa, nuovo entusiasmo e nuove regole. Una prima regola dovrebbe essere elementare: non tenere nascosta nel cassetto per circa 40 giorni una Relazione esplosiva che riguarda la precedente Amministrazione e che apre uno squarcio (finalmente la trasparenza) sulla gestione della cosa pubblica a Tricase.

Se in definitiva nel tempo trascorso dal suo arrivo alla sua divulgazione, la Relazione fosse stata oggetto di valutazione di vecchi amministratori e funzionari, sottraendola invece al controllo delle minoranze e del Consiglio tutto, per Chiuri ci sarebbe un’unica, malinconica, seppur veloce strada: la fine della sua giovane consiliatura, per mano non solo dell’opposizione ma anche dei suoi stessi consiglieri

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