di Carmine ZOCCO

Ogni scelta toponomastica rappresenta sempre un consapevole e delicato atto di politica della memoria scolpita nel marmo delle strade e nella storia di una città.

Queste scelte accompagnano i nostri percorsi quotidiani. Che siano i luoghi dei nostri giochi da bambini o degli incontri che scandiscono le tappe della vita, le denominazioni delle strade o piazze si imprimono nella nostra memoria. A volte si legano inscindibilmente a prodotti letterari(I ragazzi della via Pal, Quer pasticciaccio brutto de Via Merulana), musicali (Il ragazzo della via Gluck), generazioni di scienziati (i ragazzi di via Panisperna) o eventi drammatici che hanno segnato la storia recente(Piazza Fontana, Piazza della Loggia, Via Fani).

Alla domanda su quali opere, gesti o meriti abbiano espresso le personalità che popolano le targhe stradali delle nostre città, le risposte possono essere molteplici ma accomunate da un stesso criterio di valutazione: nel corso della loro esistenza si sono distinti per valori e virtù che sono da tramandare alle generazioni future. L'attribuzione del loro nome a un luogo pubblico è un riconoscimento al contributo che hanno dato all’evoluzione dell’umanità, nella dimensione economica, politica e culturale.

Occorre tener presente che questa operazione è talvolta ispirata dal clima politico-culturale del tempo in cui avviene. I modelli proposti saranno quelli che il potere e la cultura dominante vorranno far vivere e tramandare nell'immaginario collettivo.

Se questo è il criterio condiviso, come attivare la nostra sensibilità di contemporanei per ovviare all'assenza di intitolazione a persone che hanno segnato la storia recente per il valore delle loro azioni?

E come, invece, ovviare alla contraddizione lampante della persistenza nelle targhe delle ns strade di personaggi che non sono portatori delle virtù citate, che sono stati fautori di azioni e pensieri deprecabili o addirittura di crimini contro l’umanità?

È esemplare a tal proposito l'assenza di una strada/Piazza dedicata a G. Matteotti, di cui quest'anno ricorre il centenario del suo brutale assassinio per mano fascista, nonostante il Consiglio Comunale abbia già deliberato all’unanimità il 30 maggio 2023 per colmare questa mancanza.

Al contempo, è presente in Depressa una strada intitolata a Rodolfo Graziani. È stato un generale fascista e governatore nelle colonie africane di Etiopia e Libia, dove si è macchiato di crimini di guerra per l'uso del gas nervino e di rastrellamenti e uccisioni di civili inermi. Dal

1943 al 1945, a capo delle forze armate della Repubblica Sociale Italiana, è stato solerte per colmare questa mancanza collaboratore dell'esercito nazista nella lotta contro i partigiani, nelle deportazioni verso i campi di sterminio e nelle rappresaglie contro i civili italiani. I suoi misfatti sono stati riconosciuti dal Tribunale dell’ONU contri i crimini di guerra.

Che sia stata frutto di superficialità, ignoranza o, peggio, fatta a ragion veduta poco importa. Non è ammissibile, invece, che persista in una città che ha conferito la cittadinanza onoraria alla senatrice Liliana Segre.

E’ necessario, perciò, il duplice atto di ripristino dell'intitolazione a Matteotti e della rimozione di quella a Graziani.

L'opportunità è nel futuro immediato: il 10 giugno, data del delitto Matteotti.

Farlo non è solo un doveroso risarcimento civile, ma può aiutare anche a orientarsi tra le strade e i vicoli ciechi del nostro presente.

di Alfredo SANAPO

Nella società attuale c'è una deriva morale: é spesso considerato giusto tutto ciò che fa stare bene noi stessi presi come singoli. Non è questione di tanga o minigonne, né di esibizionismo o di boria, né di malaffare o degenerazioni varie.
La questione non è risolvibile con un anacronistico atteggiamento bacchettone o un falso moralismo nei riguardi verso tali tendenze. La questione purtroppo non è di forma, ma di sostanza.
Se dal punto di vista sociologico tali condotte sono dannose per la dinamica di una comunità, trasferite ad un ambito politico diventano deleterie. Persone proiettate esclusivamente al proprio benessere non fanno male fino al momento in cui ciò non venga fatto a danno altrui. In questi casi, esiste un limite morale, convenzionalmente stabilito tra uomini, chiamato Legge.
Essa stabilisce una volta per tutte cosa è oggettivamente giusto e oggettivamente errato.
In politica, questa volontaria confusione tra bene personale e bene comune da parte di chi si propone a gestire la cosa pubblica può causare guai incalcolabili. I partiti (o mostri simili), in primis, dovrebbero selezionare a monte le candidature sulla base dell'integrità morale sostanziale. In seconda battuta, gli elettori dovrebbero ulteriormente discernere i candidati in funzione della loro propensione al bene comune.
Il rischio sarebbe quello di commettere ciclicamente lo stesso errore. Ecco che spuntano fuori personalità che, credendosi onnipotenti arrivano all'abuso d'ufficio. Amministratori che scambiano l'efficienza con il consenso sfociando in reati come concussione, corruzione e turbativa d'asta.
Governanti che, democraticamente eletti, si autoproclamano principi o re assegnando alla propria "casata" posti chiave del potere. Insomma, pseudopolitici che, dietro la loro abilità di attori o frontman, nascondono i loro difetti di immoralità politica se non di inettitudine all'incarico.
Pertanto, in queste prossime Elezioni Europee partiti ed elettori dovranno scegliere con cura chi presentare e chi votare.
Un compito più arduo rispetto alle elezioni locali, nelle quali eletti ed elettori sono perlopiù noti, perché sovente alle Europee tra le preferenze si scrive il nome a naso, per sentito dire o su consiglio degli amici. La moralità, in questo senso, può essere la migliore bussola per scegliere con cura i nostri rappresentanti a Bruxelles. Non fatevi abbindolare soltanto da una bella retorica e da una bella presenza, ma vigilate e indagate attentamente il vissuto e la volontà dei candidati di esercitare il bene comune.
Buon voto!

a Silvana, cittadina esemplare

di Alessandro Distante

Il film più bello di quest’anno, a detta di tanti spettatori oltreché di buona parte della critica, è stato quello di Paola Cortellesi.

Le ultime scene di “C’è ancora domani” sono le file lunghissime e la “fatica” di tante donne che, tessera alla mano, si recavano, per la prima volta, ad esercitare il conquistato diritto di voto.

Era il riscatto della protagonista del film ed era la vittoria di tutte le donne e, in definitiva, la speranza che il diritto di voto poteva essere il modo e il mezzo per far valere il proprio pensiero e riscattare le quotidiane angherie.

Di acqua ne è passata sotto i ponti come pure sono passati i ricordi delle file davanti ai seggi.

E’ forte la paura che l’imminente appuntamento elettorale per il rinnovo del Parlamento europeo passi nella disattenzione dei più. Già la volta scorsa a votare si recò la metà degli aventi diritto. E sabato e domenica prossimi? Chi lo sa.

A giudicare da come ci stiamo preparando c’è da temere un flop. La scelta, fatta da molti leader nazionali, di candidarsi ammettendo esplicitamente che poi non andranno al Parlamento perché già impegnati in Italia, la dice lunga sulla “serietà” della richiesta di voto e lascia intravedere l’asservimento della elezione europea a logiche nazionali o, meglio, alla ricerca di affermazioni elettorali e personali, sganciando il voto dal fine del voto stesso.

Il vuoto degli spazi elettorali è emblematico e il vuoto registrato a Tricase in occasione dell’unico comizio svoltosi (sino ad ora) in Piazza Pisanelli è altrettanto significativo. Malgrado la celebrità dell’Oratore, a sentirlo solo in pochi.

Eppure l’Europa è il futuro; è il continente tradizionalmente inteso (forse a torto) come la culla della civiltà e del diritto che mai, come in questo momento di crisi e di guerre, potrebbe svolgere un ruolo di pacificatore.

Un Parlamento debole, perché poco rappresentativo, indebolirebbe qualsivoglia voce europea, ammesso che il rinnovato Parlamento riesca a dare peso al suo esistere e sappia porsi non solo come proiezione di forze ed interessi nazionali ma come luogo di crescita o, per dirla con la Cortellesi, come luogo che ci faccia credere che c’è ancora un domani.

 

 

 

di Alessandro DISTANTE

Strisce blu e strisce bianche; dietro questa colorazione vi sono precise scelte politiche. “Esagerato!” direte voi. “Ancora con questa storia che ogni scelta è politica. Non è così!” No?!?

Ed allora: se, per esempio, si mettono le strisce blu in una zona è del tutto ovvio che sarà più facile trovare parcheggio, ma sarà altrettanto ovvio che la sosta costerà il prezzo del biglietto e questo potrà scoraggiare il passeggero dal fermarsi in quella zona e sceglierne un’altra dove si parcheggia senza pagare.

La questione –dovete convenire con me- non è di poco conto.

Se, ad esempio, su una strada il Comune mette tutte strisce bianche, seppure con disco orario, è evidente che gli avventori dei negozi troveranno comodo e conveniente fermarsi su quella strada e fare shopping.

Al contrario, un negozio situato su una strada dove vi sono tutte strisce blu sarà svantaggiato, perché il potenziale cliente dovrà considerare che, oltre a pagare la merce acquistata, dovrà pagare il biglietto per la sosta.

E non ci sarà soltanto il prezzo della sosta, ma vuoi mettere il fastidio di dover trovare la macchinetta che stampa il biglietto e trovare gli spiccioli e … perdere tempo?

Quanto sin’ora detto può sembrare banale ma basta considerare quanto accade a Tricase per rendersi conto di come si possa indirizzare lo sviluppo commerciale e quindi economico verso una zona della Città oppure verso un’altra.

In altre parole, come si possa fare politica economica con un colore piuttosto che con un altro.

Nella nostra Città, infatti, su via Roma e su via Aldo Moro vi sono tutti parcheggi con le strisce bianche con disco orario. Si tratta delle due arterie dove più che in ogni altra parte della Città è cresciuto il commercio e si sono aperti tanti negozi; il passeggio dei potenziali clienti si sviluppa proprio su quelle strade, specialmente su via Roma, dotata di un marciapiede che, seppure ridotto nel tempo, è comunque percorribile da una coppia se non addirittura da una coppia con figli.

Un’altra scelta fin troppo evidente è che si preferisce “dare addosso” a chi viene da fuori e, ancora meglio (o peggio), a chi è costretto a venire a Tricase. Emblematica al riguardo è la zona Ospedale: Piazza Panico, via Leone XIII, via Pio X e il Piazzale di fronte all’Ospedale sono tutti parcheggi a pagamento. Una Città che ha proprio nell’Ospedale il suo fiore all’occhiello e che si definisce, con tanto di cartello, “Città del sollievo”, non è che proprio sia accogliente e dia tutto questo sollievo a chi ci mette piede, non per scelta ma, purtroppo, per necessità.

Ed è ancora una scelta di politica quella, altro esempio, di non far pagare la domenica. E’ giorno di festa ed allora perché rovinarlo con il pagamento della sosta? Ma, anche quella scelta, è una scelta di politica economica: la domenica i negozi, gli uffici e le scuole sono chiusi. Chi viene a Tricase viene per divertirsi e la politica vuole favorire il divertimento e punire il lavoro. Ed allora: quando di domenica e nei giorni festivi si gira in auto, tutto gratis; quando nei giorni feriali si lavora … addosso ai lavoratori!

Sto volutamente esagerando, ma lo faccio per dimostrare come il colore delle strisce non è banale, ma è uno strumento non solo per disciplinare i parcheggi ed il traffico, non solo per incassare soldi da parte del Comune e di chi gestisce il servizio, ma anche per indirizzare in un verso oppure in un altro lo sviluppo del Paese.

 

di Cosimo RIZZO

Continuano le richieste di chiarimento sull’argomento a dimostrazione di notevole interesse sia da parte di operatori del settore, intenti ad offrire servizi migliorativi e di maggior convenienza per i propri clienti, che da parte di consumatori sempre più attenti alle soluzioni di risparmio energetico.

Grande fermento anche tra gli enti locali, dove si registra maggiore apertura alle proposte di investimento nel settore delle rinnovabili. Non mancano difatti incontri informativi, con il coinvolgimento di cittadini e imprese, organizzati dalle stesse amministrazioni con l’intento di promuovere azioni incisive attraverso una strategia locale di sviluppo sostenibile e di incentivazione alle forme di autoconsumo.

Tra le soluzioni percorribili, il Comune può scegliere di aderire a una o più comunità già costituite o costituende sul proprio territorio, promosse da associazioni di cittadini, altre istituzioni pubbliche e/o società partecipate, stakeholder locali, etc. Questo consentirebbe all’ente locale di valorizzare i propri consumi laddove non abbia le risorse per investire in impianti a fonti rinnovabili, o viceversa di incrementare la valorizzazione energetica del proprio patrimonio situato in aree distanti e/o isolate rispetto ai principali centri di consumo dell’ente.

In questo caso, il Comune non sarà gravato dai costi di progettazione, di sviluppo e di costituzione della CER, ma sarà parte dell’iniziativa offrendo il proprio contributo in un momento successivo e nella modalità più confacente alle proprie circostanze: come consumatore, facendo ingresso nella configurazione con uno o più dei POD di titolarità comunale in cui si registrano solo prelievi di energia; come prosumer (ovvero produttore e consumatore), mettendo a disposizione della comunità uno o più impianti fotovoltaici di cui è proprietario, partecipando pertanto sia come produttore che come consumatore tramite POD  diversi; e/o come produttore, i cui impianti siano nella disponibilità e sotto il controllo della comunità.

Nell’ambito delle attività di governo del territorio, il Comune può inoltre contribuire tramite la ricognizione delle aree e delle superfici utili all’installazione di impianti a fonte rinnovabile, in base alle caratteristiche del territorio, alle esigenze di preservazione del valore dell’economia locale e ai fabbisogni della comunità, bilanciando le esigenze di tutela paesaggistica e salvaguardia degli assetti idrogeologici del territorio con i fabbisogni di settori produttivi quali agricoltura, industria manifatturiera, turismo, etc.

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