Martedì, 11 ottobre 2022

Tricase, i contagi da Covid hanno superato quota 60

L’andamento dell'epidemia anche a Tricase registra una crescita dei contagi nelle ultime 4 settimane

Questi i dati:

Venerdì, 23 settembre 2022 i positivi a TRICASE erano 26

Venerdi, 30 settembre 2022 erano 46

Venerdì, 7 ottobre 2022 i positivi a TRICASE erano 57

Venerdì, 14 ottobre 2022 ( giornata dati Covid - Comune per Comune), i positivi a Tricase dovrebbero superare quota 60

BOLLETTINO EPIDEMIOLOGICO

REGIONE PUGLIA

Dati del giorno: 11 ottobre 2022

2.366 Nuovi casi

11.732 Test giornalieri

6 Persone decedute

Nuovi casi per provincia

Provincia di Bari: 786

Provincia di Bat: 121

Provincia di Brindisi: 253

Provincia di Foggia: 278

Provincia di Lecce: 633

Provincia di Taranto: 256

Residenti fuori regione: 28

Provincia in definizione: 11

13.303 Persone attualmente positive

127 Persone ricoverate in area non critica

8 Persone in terapia intensiva

Dati complessivi

1.493.027 Casi totali

12.812.273 Test eseguiti

1.470.611 Persone guarite

9.113 Persone decedute

Casi totali per provincia

Provincia di Bari: 481.343

Provincia di Bat: 128.092

Provincia di Brindisi: 141.301

Provincia di Foggia: 210.726

Provincia di Lecce: 308.152

Provincia di Taranto: 202.535

Residenti fuori regione: 15.787

 

di Andrea CIARDO

Gentile Direttore,

la ringrazio anticipatamente per lo spazio che vorrà concedere sul prossimo numero de Il Volantino a quella che – più che un’analisi – vuole essere semplicemente una riflessione di un militante del Partito Democratico.

Si, mi dichiaro subito (qualora ce ne fosse bisogno): colpevole! Ogni volta che su una scheda elettorale vedo il simbolo del mio partito, sento un’irrefrenabile voglia di votarlo. Nonostante i suoi mille difetti, le sue mille contraddizioni, i suoi limiti. È così, la militanza porta a questo.

Ho letto con attenzione il suo editoriale, l’intervento di Gianluigi Elia e l’analisi (?) di Pino Greco sul voto del 25 settembre. Cercherò dunque di fare delle riflessioni ad alta voce.

Numero uno: l’analisi a caldo del risultato e, per la verità, anche quella a freddo.

L’ultima tornata elettorale ci racconta di un centrosinistra che ne esce con le ossa rotte. Qui c’è già un primo elemento di discussione che vorrei portare alla vostra attenzione: è il centrosinistra tutto ad aver perso. Non il Partito Democratico, non Alleanza Verdi e Sinistra. Abbiamo perso tutti, come coalizione.

E per rimanere ai confini prettamente locali, i dati in termini assoluti parlano chiaro: nel 2018, i voti alla coalizione di centrosinistra sommati a quelli di Art.1 sono stati 2306, mentre nel 2022 ne registriamo 2153 ai quali dovremmo aggiungere i 525 di Azione Italia Viva, per un totale di 2678 voti utili (n.b. i dati utilizzati sono quelli riferibili ai partiti, non ai candidati uninominali).

Se scendiamo nel dettaglio, il Partito Democratico registra 1434 voti nel 2018 e 1567 nel 2022 (al netto di Art.1 e di Azione Italia Viva che, con risultati pressoché simili, dovrebbero essere aggiunti nelle rispettive tornate elettorali).

E forse abbiamo una prima risposta alla sconfitta del centrosinistra tricasino e non solo: perdiamo perché non riusciamo a convincere, a trasmettere fiducia ai cittadini, se è vero che nel 2018 votano 10037 tricasini e nel 2022 il dato sull’affluenza si riduce a 8118. Nessun nuovo elettore pare abbia “sposato” l’idea di Italia che abbiamo proposto.

Numero 2: hanno perso la piazza e il contatto diretto con le persone.

Condivido questa sua riflessione, Direttore. E – credo – la condividiamo tutti nel centrosinistra, a tal punto che abbiamo impostato una campagna elettorale su un messaggio diverso da quello delle segreterie nazionali dei nostri partiti: al tentativo “verticistico” della destra, che puntava unicamente sui leader nazionali, abbiamo preferito il racconto delle “storie territoriali” dei nostri candidati.

Non è bastato, il vento non si poteva fermare con le mani.

E qui occorre porsi una domanda, forse complementare (o forse speculare, non lo so nemmeno io) rispetto a quanto detto da Elia: è unicamente un problema di “capibastone” e di “attori” in campo, oppure abbiamo smarrito non solo il messaggio politico, ma anche il mittente e il destinatario?

Per troppo tempo, in nome della responsabilità, abbiamo piegato le idee e i valori al governo delle cose. Per troppo tempo le “lotte di quartiere” ci hanno interessato e segnato, mentre i destinatari delle nostre azioni iniziavano a guardare altrove.

Ecco dunque che il “ripartiamo dalla base” non ha più significato se la base è sempre lì e mancano le idee che ci facciano avere lo sguardo rivolto verso le altezze.

L’individualismo ha fagocitato il sentirsi parte di una comunità. Ha ragione il Direttore Distante, ahinoi.

Numero 3: dove andare?

C’è chi ha più esperienza e capacità del sottoscritto per tracciare una rotta da seguire nel mare tempestoso della politica italiana. Una politica fluida, come i risultati figli della “deriva leaderistica e verticistica” cui ci siamo ormai abituati in questi ultimi anni.

Fra chi indossa spillette, chi si intesta vittorie di Pirro, chi vuole azzerare tutto per non azzerare nulla, la mia opinione, da militante, è che serve ripartire dalle idee e dai valori.

Non è una riduzione allo spicciolo dell’enormità dei problemi che attanagliano il centrosinistra, quanto una constatazione di fatto.

Se tutti avessimo avuto questa idea, ci saremmo già resi conto di aver perso. Perché una TV e uno smartphone hanno sostituito il dialogo, una legge elettorale come quella che abbiamo non consente ai territori di esprimere un’opinione e gli eletti non hanno la possibilità di ricucire alcunché.

E non è certo un problema di Tricase o del “fortino rosso” di Palazzo Gallone (che credo non sia mai esistito, peraltro).

Perché, se c’è una cosa a cui in politica non si deve rinunciare, credo sia proprio questa: se si ha un’idea, si cerca di tradurla in risultato tangibile per tutti. E si cerca di difenderla, con le unghie e con i denti, con il cuore e la passione.

Vale quando si è in maggioranza, vale quando si è in minoranza. Vale sempre.

Ed è attorno alle idee che si costruiscono le vittorie. Perché sono il messaggio da lanciare.

Idee che hanno bisogno di un giusto mezzo per essere comunicate.

Ed è così che avremo qualcuno a cui recapitarle e la militanza tornerà ad aver valore, e a non essere solo un’assunzione di colpevolezza.

di Giuseppe R. PANICO

Questo inizio d’autunno sembra portarci verso un rigido inverno.

Non solo per problemi energetici o climatici che, come impetuosi torrenti, causano ingenti danni, povertà e sofferenze, ma anche per i malsani detriti che politica e geopolitica ci portano in casa.

Non di rado in modo ancora più disastroso quando chi le rappresenta è animato da cinismo, prevaricazione e ostilità e colpisce le popolazioni che si trovano sulle loro rive o lungo il fiume ove tali torrenti e detriti poi confluiscono.

E’ il fiume della guerra che, attraversando città e territori prima si ingrossa, poi rompe gli argini di una duratura pace, di ogni umanità e dei confini di stato per diventare guerra mondiale e temibilmente nucleare.

Con le sue vittime, distruzioni e armi sempre più sofisticate e mortali, ci ricorda i milioni di morti delle precedenti due guerre mondiali, i sanguinosi capricci di dittatori e seguaci in preda a bulimia di potere e sindromi da espansione territoriale, alimentate da estremismi politici e religiosi, invasiva propaganda e soppressione di ogni libertà.

L’alternarsi di guerra e pace dei tempi moderni trae origine troppo spesso da stati totalitari e non certo da stati liberi e democratici, come il nostro, che abiurano la guerra e si limitano alla difesa.

Stati aggressivi che invadono paesi vicini considerati inizialmente più deboli ma che poi si dimostrano, grazie anche al sostegno altrui, ben più forti e decisi anche moralmente.

Come nella guerra in corso fra la grande Russia totalitaria e l’Ucraina democratica. Succede quando fra gli aggrediti, cresciuti da decenni in libertà e democrazia, autodeterminazione e identità nazionale, prevale anche il sentimento di “Give me liberty or give me death” “Datemi la libertà o datemi la morte”. Frase pronunciata da un patriota durante la guerra di indipendenza degli Stati Uniti, culla di tali valori, ed ormai passata alla storia.

Non sappiamo come e quando tale bellicoso fiume sfocerà nei mari di una nuova pace o in oceani resi ora più tempestosi, oltre che da più violenti uragani, anche dai rischi di una intensiva guerra navale.

Se nelle vaste pianure ucraine molti campi di grano sono ora percorsi, non più da trebbiatrici e mietitrici che danno cibo e vita ma da carri armati e blindati ansiosi di dare carestie e morte, sul mare si affollano, un po’ più in sordina, sempre più navi grigie e neri sommergibili. Per loro natura o missione, vivono sempre in prima linea, spesso occultati e con il colpo sempre in canna.

Una minaccia anche per quel sistema arterioso e linfatico fatto di gasdotti e cavidotti posati sui fondali che alimenta l’economia e il benessere di tante nazioni e in particolare d’Italia. La guerra in atto è anche un incentivo alla corsa in armi al mare, ormai considerato una ricca estensione territoriale (giacimenti di gas e petrolio, risorse ittiche etc.).

Un diffuso riarmo navale anche a difesa di una economia che ovunque viaggia soprattutto sul mare. Una realtà, soprattutto mediterranea, da noi a lungo trascurata, pur essendo l’Italia una penisola che divide in due il Mare Nostrum, culla di tante diverse civiltà, di crescenti conflittualità e principale canale di transito fra Oriente e Occidente.

“Le lacrime dei nostri sovrani hanno il gusto salato del mare che vollero ignorare”, diceva il cardinale Richelieu, grande politico e stratega del regno di Francia. Frase che ben evidenzia debolezza e poi decadenza di chi il mare e le sue risorse troppo trascura, oggi anche per il turismo.

A Tricase, abbiamo avuto la fortuna di un cardinale che, con l’ospedale da lui voluto e poi ben gestito, ci ha dato più salute e più economia. Ma, a differenza di tanti altri comuni costieri, il mare e la costa sono tuttora in balia di una mentalità, restia allo sviluppo e a scrollarsi di dosso le tare del passato e la politica che le alimenta.

Se nel prossimo inverno saremo più poveri e al freddo per meno gas, bollette più care, chiusure di attività e disoccupazione, ulteriore calo del valore dei nostri immobili, investimento altrove dei nostri risparmi etc. non sarà solo per la guerra voluta da Putin, per le cattive scelte politiche del passato, per i sabotaggi dei gasdotti etc.

Lo sarà anche per non aver portato avanti un razionale sviluppo costiero.

Non avendo più fra noi né lungimiranti cardinali, né sovrani, ma occulte “sovranità,” le lacrime dal gusto salato del mare che vollero (e che tuttora vogliamo) ignorare” sono ormai le nostre, nel vedere anagrafe in calo, popolazione che invecchia e quei tanti nostri ragazzi che ci lasciano. Non di rado con qualche lacrima sulle loro giovani guance nel lasciarsi alle spalle il gusto salato del loro mare.

Domenica, 9 ottobre 2022

Tre gli appuntamenti di oggi

PALLAVOLO - AURISPA LIBELLULA (Serie A3 Maschile)

Inizia il campionato

DIVERTITEVI E FATECI DIVERTIRE C’è il derby. Oggi, domenica 9 ottobre si comincia davvero a fare sul serio, con una partita di cartello già nella prima giornata:

AURISPA LIBELLULA- CASARANO

Palasport Tricase – ore 19

ASD ATLETICO TRICASE (Promozione) Buona la prima di mister Giovanni Citto sulla panchina rossoblù. Nel suo debutto a Leverano, l’ex capitano tricasino ottiene una vittoria (4 a 3), dal peso specifico importantissimo, perché muove la classifica in maniera decisa e riporta un po’ di ottimismo. Oggi - al San Vito arriva il Melendugno. Ore 15,30

TRICASE CALCIO (Seconda Categoria) Prima giornata di campionato. Pareggio pirotecnico e tribuna piena come non mai a dispetto della giornata estiva. I ragazzi di mister Andrea Desiderato pareggiano per 3 a 3, contro il San Pietro Vernotico. Nel pomeriggio si va a SurboOre 15,30 fischio d’inizio.

di Alessandro DISTANTE

La nuova Stagione, il nuovo Parlamento, il nuovo Governo, un nuovo Anno scolastico, ….. tanti nuovi inizi tutti purtroppo all’interno di un’unica cornice: le conflittualità nel mondo.

La guerra tocca tutti e ce ne accorgiamo dall’inflazione galoppante, dal caro bollette, dalla benzina salita alle stelle, dal rischio di rimanere al freddo, dalla chiusura di piccoli e grandi esercizi commerciali e di alcune strutture alberghiere.

Viviamo –diceva Elvira Zaccagnino in un incontro tenutosi ad Alessano ed organizzato da Fondazione don Tonino Bello e da Famiglia Cristiana- in un’epoca in cui tocchiamo con mano cosa significa guerra.

Il nostro quotidiano deve fare i conti con meno gradi in casa, con la luce da accendere il minimo indispensabile, con l’illuminazione pubblica da contingentare, con il gas da usare con parsimonia, ….

Si impone un modello di vita diverso, nel segno della forzata sobrietà o, meglio, del risparmio, un modello che investe sia la vita privata che quella pubblica. Non a caso, il primo confronto/scontro della nuova maggioranza è sul deficit di bilancio.

Siamo quindi chiamati a dare segnali leggibili e coerenti, a partire dal basso. E così: evitare di impiegare risorse pubbliche per eventi di scarso peso sociale e culturale; utilizzare il PNRR per un ritorno duraturo sul territorio; impiegare il 110 dell’ecobonus per interventi veramente necessari e da parte di chi non può provvedervi con i suoi soldi.

E’ per questo che dobbiamo apprezzare chi riesce ad organizzare eventi di grande gusto e di tanto coinvolgimento senza incidere sulle tasche dei cittadini. Di recente l’associazione La Culonna di Tutino ha allestito una piacevolissima serata per premiare due volontari del teatro quali Pasquale Santoro e Michela Nicolardi. Il tutto senza chiedere alcun contributo al Comune o alla Regione.

Deve prendere piede ed essere valorizzato questo tipo di volontariato socio-culturale, quello che non chiede ma che dà; nel segno del dono gratuito perché, in epoche di ristrettezze, le risorse pubbliche vanno gestite con oculatezza ed il privato, specie quello sociale, è chiamato ad un supplemento di impegno, con fantasia e con passione, realizzando gradevoli momenti di divertimento, socializzazione e crescita culturale e smentendo il luogo comune secondo il quale non si possono fare le nozze coi fichi secchi.

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