di Giuseppe R. PANICO
Questo inizio d’autunno sembra portarci verso un rigido inverno.
Non solo per problemi energetici o climatici che, come impetuosi torrenti, causano ingenti danni, povertà e sofferenze, ma anche per i malsani detriti che politica e geopolitica ci portano in casa.
Non di rado in modo ancora più disastroso quando chi le rappresenta è animato da cinismo, prevaricazione e ostilità e colpisce le popolazioni che si trovano sulle loro rive o lungo il fiume ove tali torrenti e detriti poi confluiscono.
E’ il fiume della guerra che, attraversando città e territori prima si ingrossa, poi rompe gli argini di una duratura pace, di ogni umanità e dei confini di stato per diventare guerra mondiale e temibilmente nucleare.
Con le sue vittime, distruzioni e armi sempre più sofisticate e mortali, ci ricorda i milioni di morti delle precedenti due guerre mondiali, i sanguinosi capricci di dittatori e seguaci in preda a bulimia di potere e sindromi da espansione territoriale, alimentate da estremismi politici e religiosi, invasiva propaganda e soppressione di ogni libertà.
L’alternarsi di guerra e pace dei tempi moderni trae origine troppo spesso da stati totalitari e non certo da stati liberi e democratici, come il nostro, che abiurano la guerra e si limitano alla difesa.
Stati aggressivi che invadono paesi vicini considerati inizialmente più deboli ma che poi si dimostrano, grazie anche al sostegno altrui, ben più forti e decisi anche moralmente.
Come nella guerra in corso fra la grande Russia totalitaria e l’Ucraina democratica. Succede quando fra gli aggrediti, cresciuti da decenni in libertà e democrazia, autodeterminazione e identità nazionale, prevale anche il sentimento di “Give me liberty or give me death” “Datemi la libertà o datemi la morte”. Frase pronunciata da un patriota durante la guerra di indipendenza degli Stati Uniti, culla di tali valori, ed ormai passata alla storia.
Non sappiamo come e quando tale bellicoso fiume sfocerà nei mari di una nuova pace o in oceani resi ora più tempestosi, oltre che da più violenti uragani, anche dai rischi di una intensiva guerra navale.
Se nelle vaste pianure ucraine molti campi di grano sono ora percorsi, non più da trebbiatrici e mietitrici che danno cibo e vita ma da carri armati e blindati ansiosi di dare carestie e morte, sul mare si affollano, un po’ più in sordina, sempre più navi grigie e neri sommergibili. Per loro natura o missione, vivono sempre in prima linea, spesso occultati e con il colpo sempre in canna.
Una minaccia anche per quel sistema arterioso e linfatico fatto di gasdotti e cavidotti posati sui fondali che alimenta l’economia e il benessere di tante nazioni e in particolare d’Italia. La guerra in atto è anche un incentivo alla corsa in armi al mare, ormai considerato una ricca estensione territoriale (giacimenti di gas e petrolio, risorse ittiche etc.).
Un diffuso riarmo navale anche a difesa di una economia che ovunque viaggia soprattutto sul mare. Una realtà, soprattutto mediterranea, da noi a lungo trascurata, pur essendo l’Italia una penisola che divide in due il Mare Nostrum, culla di tante diverse civiltà, di crescenti conflittualità e principale canale di transito fra Oriente e Occidente.
“Le lacrime dei nostri sovrani hanno il gusto salato del mare che vollero ignorare”, diceva il cardinale Richelieu, grande politico e stratega del regno di Francia. Frase che ben evidenzia debolezza e poi decadenza di chi il mare e le sue risorse troppo trascura, oggi anche per il turismo.
A Tricase, abbiamo avuto la fortuna di un cardinale che, con l’ospedale da lui voluto e poi ben gestito, ci ha dato più salute e più economia. Ma, a differenza di tanti altri comuni costieri, il mare e la costa sono tuttora in balia di una mentalità, restia allo sviluppo e a scrollarsi di dosso le tare del passato e la politica che le alimenta.
Se nel prossimo inverno saremo più poveri e al freddo per meno gas, bollette più care, chiusure di attività e disoccupazione, ulteriore calo del valore dei nostri immobili, investimento altrove dei nostri risparmi etc. non sarà solo per la guerra voluta da Putin, per le cattive scelte politiche del passato, per i sabotaggi dei gasdotti etc.
Lo sarà anche per non aver portato avanti un razionale sviluppo costiero.
Non avendo più fra noi né lungimiranti cardinali, né sovrani, ma occulte “sovranità,” le lacrime dal gusto salato del mare che vollero (e che tuttora vogliamo) ignorare” sono ormai le nostre, nel vedere anagrafe in calo, popolazione che invecchia e quei tanti nostri ragazzi che ci lasciano. Non di rado con qualche lacrima sulle loro giovani guance nel lasciarsi alle spalle il gusto salato del loro mare.