Nostra intervista al Sindaco Chiuri

E’ la Domenica delle elezioni politiche. Il Sindaco Carlo Chiuri mi dà appuntamento davanti ad una Scuola che ospita alcune Sezioni elettorali. Dopo un grazie ai Carabinieri di servizio e dopo essersi accertato che tutto procede regolarmente, tra un saluto e l’altro, conversiamo sull’ACAIT.

E’ su questo, infatti, che gli ho chiesto un’intervista.

Sindaco, il crollo dell’ACAIT: solo colpa delle piogge o anche dell’incuria?

Non posso negare che le piogge siano state la causa ultima e scatenante i due crolli che si sono verificati a distanza di pochi giorni. Ma certamente le piogge hanno trovato una struttura sulla quale gli ultimi lavori di manutenzione sulla copertura risalivano a molti decenni fa, ai tempi precedenti la messa in liquidazione dell’ACAIT.

Qualcuno dice che è stata colpa dei pannelli solari.

Non sono un tecnico ma escluderei che il montaggio dei pannelli possa avere determinato un effetto pregiudizievole, anche perché il crollo non è partito da quella parte della copertura e i pannelli non erano infissi sulla copertura ma su blocchetti di cemento.

Pochi giorni prima del crollo vi era stato un sopralluogo. Di cosa si trattava?

Con il Responsabile dell’Ufficio tecnico feci fare un sopralluogo all’Agenzia del Demanio; si trattava di una sorta di ricognizione per poi definire ipotesi di intervento. Il Demanio, con la sua esperienza ed autorevolezza, avrebbe potuto dare un contributo sull’entità e sulle risorse necessarie per qualsivoglia successivo intervento.

Lei ha parlato di confronto aperto sull’ACAIT. Pensa di proporre un’idea progettuale e per quale destinazione d’uso?

Se nel corso di questi decenni successivi all’acquisto non si è proceduto nella direzione di una ristrutturazione e di una valorizzazione, ciò è dipeso anche da una confronto per nulla sereno che ha fatto perdere importanti occasioni ed opportunità. Questo lo voglio dire. Come pure voglio dire che il confronto che avvierò dovrà caratterizzarsi per senso di serietà delle proposte e per trasparenza nelle intenzioni. Ora che la situazione è di grave emergenza non si può perdere tempo e, per non perdere tempo, tutti, e dico proprio tutti, devono impegnarsi senza speculazioni ma con l’unico obiettivo di dare un contributo alla Città. La nostra idea, già annunciata in campagna elettorale ed anche in un’intervista al Volantino, è quella di destinare uno dei capannoni, quello più retrostante, a sede degli Uffici comunali. L’idea è quella di lasciare a Palazzo Gallone solo la Sala consiliare e l’Ufficio del Sindaco. Il resto, tutto all’ACAIT dove si possono recuperare anche ampi spazi a parcheggio. Per il resto io proporrò di partire dal padiglione crollato per ipotizzare un recupero della storia ma in maniera vissuta; non solo un museo da guardare ma anche da vivere. Per esempio si può pensare ad un mercato dei prodotti a chilometro zero e poi a spazi dove far gustare quei prodotti, così unendo la conoscenza alla valorizzazione e alla fruizione, riuscendo anche a far quadrare i conti e dare occasioni di lavoro.

In questi giorni Lei ha incontrato il vice presidente dell’Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale, prof. Monte. Ci può dire qualcosa?

Il prof. Monte è persona di grande capacità ed esperienza che ha già lavorato proficuamente per il recupero di edifici di archeologia industriale del Salento, come, ad esempio, le Distillerie di San Cesario. Ho avuto modo di confrontarmi con lui su una prima ipotesi di lavoro ed ho registrato sintonia con la nostra idea di recuperare la storia dell’ACAIT e quindi innanzitutto riportare e far conoscere alle nuove generazioni il lavoro delle tabacchine e l’importanza non solo economica ma anche sociale di un’esperienza che ha segnato la vita di tante persone e di tante famiglie e soprattutto delle donne di Tricase.

E con la Soprintendenza quali sono i contatti e le prospettive?

Il complesso, essendo di proprietà del Comune ed avendo più di 70 anni è già di fatto vincolato. Ma la Soprintendenza apporrà un vincolo specifico e dedicato all’immobile. Ritengo che l’apposizione del vincolo possa dare uno specifico valore all’intero complesso e quindi favorire anche fonti di finanziamento utili al recupero e valorizzazione della intera struttura.

Con quali risorse si potrà ricostruire e ristrutturare il complesso?

Le risorse non sono facili da trovare ma non dispero; l’importante è avere un progetto forte e valido e poi la strada può essere percorsa. Del resto eravamo già partiti con un progetto da inserire nella Rigenerazione urbana partecipando al bando regionale per un investimento di 1 milione e mezzo che nel disegno finale coinvolge l’intera zona, con la Biblioteca di via Micetti, la Caserma dei Carabinieri e l’accesso da Piazza Santa Lucia. Penso anche ai prossimi Laboratori di fruizione, un bando che dovrà partire coniugando saperi, sapori, cultura e produzione. Potrebbe essere la strada giusta per realizzare quell’idea del mercato di prodotti locali e di loro degustazione.

Pensa di coinvolgere anche i privati per intervenire sull’ACAIT?

Non escludo una tale possibilità, anche perché i privati possono beneficiare di un credito di imposta del 75%. Magari si trovassero privati disposti a sponsorizzare il recupero anche di solo una parte dell’intero complesso.

Sull’acquisto dell’ACAIT vi furono, all’epoca, molte polemiche e divisioni nell’opinione pubblica. Qualcuno ancora ricorda il mutuo da pagare. Lei come giudica quell’acquisto?

L’acquisto fu un bene per la Città, perché l’ACAIT è una parte importante della storia dei tricasini e non solo di essi. L’acquisto ha evitato possibili speculazioni da parte di privati così impedendo che si ripetessero interventi edilizi che già in passato hanno fatto perdere importanti pezzi della storia di Tricase.

Pensa che dopo l’acquisto si sono persi tempo ed occasioni importanti per un intervento utile per l’ACAIT?

Nessuna delle Amministrazioni che si è succeduta nella guida di Tricase ha elaborato e perseguito una idea forte di recupero e valorizzazione dell’ACAIT; al di là del capannone ristrutturato e che da qualche anno viene utilizzato, per il resto è mancata una progettualità forte. E per questo si è perso tempo prezioso.

Quindi ci sono o non ci sono responsabilità politiche?

Non mi pare si possano escludere, ma non è tempo di guardare indietro; è giunto il tempo di guardare avanti e di rimboccarsi le maniche nell’interesse di Tricase, della sua storia e delle tante persone che hanno passato una vita a lavorare in quei capannoni.

L’intervista è finita; lascio il Sindaco e, ad attenderlo, altri cittadini che segnalano altri problemi;

insomma una Domenica bestiale, “ma sorride è sempre così e io sto al servizio di tutti, anche di Domenica”.

di Alessandro Distante

I risultati delle elezioni politiche hanno visto a Tricase, come in tutta Italia, il trionfo del Movimento 5 Stelle. 

Al secondo posto, ma a debita distanza, il Partito Democratico e poi a seguire, poco dopo, Forza Italia, e, ancora più lontani, Lega e Noi con l’Italia, seguiti infine da Liberi ed Uguali.

Al di là dei numeri, alcune generali considerazioni:

1) La competizione elettorale ha messo in crisi il criterio della territorialità. Diversamente non si spiegherebbe la sostanziale omogeneità dei risultati registrati in tutta Italia e in maniera particolare nelle due aree del centro nord e del centro sud. In quest’ultima i numeri del successo dei 5 Stelle sono pressocchè identici, come grosso modo identici sono i risultati degli altri partiti.

Ciò vuol dire che il voto ed il consenso hanno viaggiato a prescindere dal candidato e dal territorio.

Se mancano i luoghi dell’ascolto, del dibattito e della elaborazione di un progetto oltreché di formazione di una classe dirigente, può accadere che il consenso si formi più su sensazioni e suggestioni senza che il candidato abbia un peso determinante e che si crei attraverso canali omogeneizzanti, quali sono soprattutto i social.

2) La mancanza dei luoghi del dibattito, della elaborazione e della formazione pone, in prospettiva, un altro problema: sarà in grado l’eletto, da solo, di rappresentare al meglio il suo Collegio e potrà essere protagonista di un progetto di sviluppo del territorio che nasca dal basso e, siccome partecipato, sia significativo e di vero cambiamento?

Tutti hanno sottolineato l’assenza, in campagna elettorale, di una proposta sul Mezzogiorno e, per noi, di una proposta per il Salento che non andasse oltre i soliti luoghi comuni.

3) Il risultato elettorale viene in questi giorni spiegato per il disagio o il rancore dei cittadini, i quali hanno espresso, con il voto, la loro protesta.

Candidati calati dall’alto che si pongono come potenti taumaturghi; candidati da decenni sulla breccia e che hanno percorso l’intero cursus honorum ed anche di più ma sempre pronti a ricandidarsi; candidati affamati di potere e che, pur di raggiungerlo, sono disposti a cambiare, non importa se alla vigilia, casacca ed ideali (ammesso che li abbiano mai avuti).

Gli elettori hanno punito questi giochi e giochetti. Ma ciò non supera il problema della insufficienza di un voto se fosse solo di protesta.

Il voto antisistema non può essere sufficiente se non si trasforma in un voto per un progetto di sviluppo del territorio.
Questo ad oggi risulta più difficile da immaginare se capita di vedere eletti ancora illustri sconosciuti oppure se gli eletti sono chiamati a rappresentare un collegio talmente ampio da non avere una sua identità.

4) Tricase ha seguito l’onda nazionale senza neppure dare un segnale di attenzione, se non molto flebile, al candidato locale, invero soffocato, oltreché da una candidatura apparsa innaturale, anche da un Capolista incapace di essere uno del popolo ed unicamente nostalgico di un lontano passato e di un gozzo che –bisognerà pure avere il coraggio di dirglielo- non era del “potente assessore regionale Cesare” ma di Paolo che, seppure non potente, era quello che glielo aveva prestato altrettanto generosamente.

La verità alla fine deve pure vincere!

 

 

 

di Antonio De Donno

Adesso sarà il tempo della ricostruzione. Aver abbandonato gli elettori a se stessi, aver chiuso le sedi dei partiti annullando i luoghi di confronto e condivisione, aver governato in tempi di crisi con un autoreferenzialità fuori luogo e fuori tempo ha alimentato la protesta.
Protesta che abbiamo trovato in ogni casa e che ha schiacciato la nostra buona volontà di ricostruire la politica dall"interno.
 
Ma se ci abbiamo messo la faccia è perché ci crediamo e sarà nostro compito riannodare i fili della condivisione di un impegno politico, che in questa campagna elettorale ci ha costretti a grandi fatiche solo per aprire un dialogo politico con i cittadini, sfiduciati, arrabbiati e soprattutto non disposti a veicolare ad altri un messaggio politico.
La maggior parte dei cittadini da noi contattati ha scelto di preservare i propri rapporti con gli altri non "inquinandoli" con la richiesta di un consenso ad una politica non ritenuta meritevole, e di conseguenza il risultato è stato quello ottenuto.
Ma va rispettato il voto degli elettori e il ruolo della politica e della società civile organizzata dovrà necessariamente essere quello di tessitori di responsabilità condivise, dobbiamo aprire i luoghi del confronto e lavorare incessantemente verso il bene comune.
Da parte mia dire grazie  a tutte e tutti coloro che ci hanno sostenuto ed incoraggiato in questa campagna elettorale è dire poco. 
La passione e l'impegno fanno parte della mia e nostra vita quotidiana, andremo avanti  pronti a nuove sfide, la nuova sede in Via Moneta sarà il nostro laboratorio politico in cui condividere progetti concreti ed ascoltare i cittadini insieme al nostro consigliere regionale Abaterusso
 
Con  l'amicizia, la stima e l'affetto di sempre
 
 
Grazie a tutti di cuore
 
Antonio

La Redazione

L’8 marzo è la giornata della Donna

Si è fatto un gran parlare in questi ultimi tempi di donne e soprattutto di violenza ai loro danni

Sono temi che non possono essere dimenticati l’8 marzo che,come molte ricordano,non è una festa ma una giornata…

Tanti auguri a tutte le Donne

di Antonio Lia

Caro Direttore,

ho letto su vari giornali che tutti cercano di discolparsi della responsabilità per questo triste avvenimento che si è abbattuto su Tricase perché non si tratta solo del crollo di un edificio ma dell’ACAIT, della storia esaltante e dolorosa perchè ha causato la morte di 5 persone che combattevano per non perdere il lavoro, di un monumento alla crescita, al progresso che vedeva coinvolto tutto il Capo di Leuca, da un luogo che da più di 100 anni era simbolo della capacità di stare insieme, di consorziarsi, di fare rete come si usa dire oggi. Voglio ricordare che l’ACAIT non sta a cuore solo ai cittadini di Tricase ma a tutto il Capo di Leuca. In quell’ opificio hanno trovato lavoro cittadine e cittadini di tutti i paesi del Territorio che, grazie all’ACAIT, hanno potuto soddisfare le loro esigenze familiari. L’ACAIT sta a cuore anche a noi di Specchia che sentiamo il dolore, per quanto è accaduto, allo stesso modo delle Cittadine e Cittadini di Tricase, perché Specchia negli anni ’50 era ACAIT, a Specchia il Consorzio aveva fatto costruire il Magazzino “Palummaru”. Di Specchia è stato il primo Presidente dell’ACAIT, il Conte Domenico Bartolomeo Risolo.

La verità, niente di più sovversivo. Diciamola: senza puntare il dito contro nessuno.

Quando al Comune di Tricase venne eletto il dottor Antonio Musarò si aprì finalmente un dialogo con il GAL. Ero Presidente di quella struttura che doveva, al momento della sua Istituzione, essere localizzata a Leuca; siccome ho guardato sempre a Tricase come Città a capo di un’area vasta, quella del Capo di Leuca,  con il Consiglio di Amministrazione decidemmo che la sede del GAL doveva essere a Tricase. La prima sede del GAL furono proprio gli Uffici dell’ACAIT, poi fittammo alcune abitazioni e poi con l’aiuto di Emanuele Chiuri fummo ospitati al piano terra di Palazzo Gallone dove il GAL ha ancora la sua sede.

Il Sindaco Musarò credeva nel GAL e a quello che avremmo potuto fare insieme.

Il Sindaco di Specchia, per essere stato tra i primi ad aderire alla FilmCommission, aveva un posto in Assemblea. La FilmCommission, tra le tante vulcaniche iniziative, doveva localizzare 2 Cineporto, uno a Bari e l’altro era previsto a Lecce; in Assemblea riuscì a far comprendere la necessità di guardare alle periferie spiegando che dopo Lecce ci sono altri cento Comuni e che Leuca  dista da Lecce ben 80 Km che sarebbe stato opportuno avvicinarsi verso i Comuni del Capo di Leuca e istituire il 2° Cineporto a Tricase. Chiesi, per questo, un sopralluogo e il Direttore Generale Maselli si disse disponibile; parlai della mia proposta al Sindaco di Tricase e gli suggerii che per il Cineporto potevano essere messi a disposizione alcuni locali dell’ACAIT; il Sindaco si disse disponibile. Fissai un appuntamento con Maselli a Tricase presso il Municipio dove il Sindaco ci aspettava; insieme andammo all’ACAIT, visitammo tutto il complesso e Maselli si dimostrò entusiasta del recupero di parte dell’opificio. Mentre ci avviavamo all’uscita, entrammo nella nursery e a Maselli spiegammo che quello era l’asilo nido aziendale; l’ACAIT aveva creato una struttura prima che una legge nazionale o regionale lo prevedesse. Maselli restò attratto e rapito nello scoprire che, nell’estremo sud del Mezzogiorno d’Italia, un’Azienda fosse così all’avanguardia nei servizi all’infanzia e chiese al Sindaco se poteva prendere una sediolina dei bambini per portarla a Bari in modo che in Assemblea avrebbe potuto dire la sua impressione positiva del sopralluogo, mostrare e raccontare quel che aveva saputo sul Consorzio. Il giorno successivo un articolo sulla Gazzetta del Mezzogiorno parlava di furto all’ACAIT: “hanno rubato una sediolina della vecchia nursery”. Il dottor Maselli mi telefonò incazzatissimo dicendomi che per i Cineporto tutto restava come prima con le sedi di Bari e Lecce: “mi avete fatto passare per un ladro, scordatevi il Cineporto”.

Il Ministero dell’Industria, dopo la chiusura del Ministero della Cassa per il Mezzogiorno, divenne depositario delle risorse economiche, circa 100 Miliardi; con quei denari potevano essere recuperati edifici ormai dismessi. Ancora una volta pensai all’ACAIT; parlai con il Sindaco di Tricase della mia idea e trovai il dottor Musarò ancora una volta disponibile. D’accordo con il Sindaco invitai a Tricase l’Assessore Regionale all’Agricoltura Enzo Russo con il quale ci recammo al Consorzio, lo visitammo tutto. Russo restò colpito dall’edificio e si disse disponibile ad avanzare una proposta: i soldi ci sono, disse; possiamo benissimo accedere ai fondi ex Cassa per il Mezzogiorno perché le Regioni possono presentare proposte e questa mi sembra un’idea eccellente. L’Assessore Russo dopo poco tempo fu sostituito all’Assessorato con altro Consigliere Regionale con il quale non riuscimmo mai a parlare e procedere sull’idea di recupero dell’ACAIT.

Con l’Architetto Prof. Paolo Caputo docente al Politecnico di Milano, vecchia famiglia tricasina trapiantata a Napoli, ci siamo recati decine di volte a vedere dall’esterno il complesso ACAIT; abbiamo un poco anche fantasticato su quello che poteva essere realizzato; decidemmo di parlare con il Sindaco Musarò e il Professore Caputo gli spiegò alcune sue idee; Musarò si disse disponibile, poi si sciolse il Consiglio Comunale ed il Prefetto nominò il dott. Aprea Commissario. I rapporti con il GAL e  l’Architetto Caputo continuarono; presentammo, dopo averlo depositato al Comune (lavoro offerto al Comune di Tricase gratuitamente da Caputo), nella Sala del Trono il progetto per la riqualificazione del Complesso ACAIT: fummo quasi derisi e beffeggiati da alcune persone che avevano rivestito cariche pubbliche e da altri che le hanno rivestite dopo, tanto che il professore Caputo, amareggiato che la sua Tricase si era comportata in quel modo di fronte ad una offerta gratuita di un progetto che avrebbe potuto salvare e mettere in sicurezza e funzione l’ACAIT, andò via e non ha voluto in seguito più parlare di quell’argomento.

Il GAL nel 2011 aveva nel suo portafoglio più di 2 milioni di Euro da spendere nei Comuni che facevano parte della Società, incontrai i Sindaci per spiegare che, dividendo tra tutti i Comuni quella somma, non avremmo raggiunto nessun obiettivo per il territorio; se invece avessimo speso quella somma per un progetto che vedeva tutti i Comuni convolti e protagonisti avremmo realizzato un progetto che avrebbe dato risposte a tutto il territorio; i Sindaci si dissero d’accordo. L’idea, condivisa dal Commissario, era quella di ristrutturare buona parte dell’ACAIT, quella crollata era inclusa, fare nell’ACAIT la sede del GAL, creare un ambiente per un grande cervello elettronico da collegare con i Comuni aderenti al GAL, realizzare una galleria per promuovere i prodotti dell’Agricoltura e dell’Artigianato con una esposizione che durava tutto l’anno. Era previsto il recupero del frantoio oleario e il suo funzionamento con molitura ma che avrebbe potuto ospitare i turisti in degustazioni e farne un punto di commercio del prezioso alimento.

Andò via il Commissario e si tennero le nuove elezioni amministrative; fu eletto il nuovo Sindaco, si interruppe il dialogo che il Sindaco Musarò aveva avviato e si interruppero i rapporti con l’Assessore Regionale all’Agricoltura.

L’ACAIT ora è proprio incazzata per tanta trascuratezza, per tanto abbandono; così ha deciso pian piano di autodistruggersi. Ha già cominciato. Vogliamo fermarla mettendo in modo tutte le nostre forze e le nostre idee? Senza però demagogie ma con spirito di servizio per ridare vita a questo complesso pregnante di storia dell’intero territorio? Lo dobbiamo, sono sicuro che con molti saremo pronti a ricominciare.

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