Circolo PD di Tricase

La questione “275” è tornata, con prepotenza, protagonista di una discussione che – da decenni – non accenna ad avere una parola definitiva.

Il circolo locale del Partito Democratico, per mezzo del suo direttivo convocato in maniera permanente, ha proceduto ad approfondire – anche e soprattutto dal punto di vista tecnico – le due ipotesi di tracciato del tratto che interesserà il territorio di Tricase presentate durante l’incontro dello scorso 4 maggio, organizzato dall’Amministrazione comunale e che ha visto la partecipazione dell’ass. Regionale Nunziante, del Presidente della Provincia Gabellone e del Sindaco Chiuri.

Così come ipotizzato, il progetto delle due alternative stradali presenta – a nostro avviso - “due volti della stessa medaglia”.

Due ipotesi di tracciato che, così come concepite, andrebbero irrimediabilmente a consumare suolo del nostro territorio senza che ci siano dati sufficientemente esaustivi a giustificare l’opera nel suo complesso, senza una reale visione d’insieme del Capo di Leuca: Il Partito Democratico di Tricase crede, infatti, così come affermato nello studio di mobilità della penisola salentina nel PPTR, che il Salento debba essere considerato come un’unica città diffusa.

Ci preme sottolineare che, ancor prima di convocare i Sindaci dei comuni a Sud di Tricase senza coinvolgere preliminarmente la nostra Comunità, l’Amministrazione comunale debba tener conto della deliberazione di Consiglio Comunale adottata all’unanimità in data 22/12/2016, con la quale si definiscono le linee guida da seguire relativamente alla questione “275”.

Come dimostrato dai fatti che riguardano la storia del progetto, è ancora possibile realizzare una nuova progettazione del tratto a sud della zona industriale di Tricase con il coinvolgimento degli Enti Locali, dei singoli cittadini e delle associazioni portatrici di interessi diffusi, di conoscenza e cura dei luoghi, mediante un processo virtuoso di pianificazione e coerente con le necessità attuali del territorio e orientato verso uno sviluppo sostenibile.

Ecco perché auspichiamo che gli Enti preposti alla realizzazione del progetto si ispirino ai principi della “riduzione del consumo di suolo”, della messa in sicurezza della viabilità esistente e del superamento degli attraversamenti di alcuni centri cittadini con opere leggere e a dimensione comunale o intercomunale.

Assodato che il primo lotto dei lavori arriverà alle porte di Tricase, crediamo, invece, che sia possibile destinare le risorse economiche, che verranno stanziate per il secondo lotto, all’adeguamento della viabilità già esistente, riconoscendo centralità a un modello di mobilità completamente differente rispetto al periodo in cui l’opera è stata pianificata.

La bellezza dei nostri luoghi, la particolarità del nostro tessuto sociale e culturale, le peculiarità della nostra terra, debbono essere i protagonisti del progetto.

Non cambia, dunque, la posizione del Partito Democratico rispetto alla questione “275”: i tracciati, cosi come proposti, non tengono conto di come le ragioni economiche e sociali della nostra terra siano mutate.

E’ tempo di immaginare la costruzione di “strade - ponte” che uniscano realmente le comunità del Capo di Leuca e consentano a chi viene di godere del lento scorrere del tempo, e non strade che dividono le nostre radici e inducono alla veloce indifferenza nei confronti del nostro patrimonio.

 

Il Presidente Luigi Giannini 

E' passata una settimana dall'ultimo spettacolo della rassegna "Teatro a Palazzo - Venerdì d'Autore a Tricase" organizzata dalla Compagnia Teatrale "La Svolta" in collaborazione con l'Associazione "Diversamente Stabili" e con il patrocinio del Comune di Tricase.

In cinque serate di programmazione abbiamo avuto una presenza di pubblico di volta in volta maggiore fino al sold-out di venerdì 18 maggio.

Un susseguirsi di spettacoli che hanno catapultato il pubblico nell'universo femminile analizzandolo in tutte le sue sfaccettature. Un turbinio di emozioni e di riflessioni all'interno del calendario degli spettacoli che hanno spaziato temporalmente dal '900 ai giorni nostri con Peppino De Filippo, Cristina Comencini, Dario Fo e Franca Rame, Salvatore Cosentino, Aldo Lo Castro.

Un affettuoso grazie a tutto il pubblico che ha preso parte alla rassegna, che ci ha dato fiducia e che dopo ogni spettacolo ha voluto fermarsi a chiacchierare con noi.

Un ringraziamento va a chi ha creduto nel nostro progetto, agli sponsor e al media partner Mondoradio.

Grazie agli amici Gianluigi e Michele per il puntuale e instancabile sostegno tecnico e logistico.

Un grazie particolare va al direttore artistico Antonio D'Aprile per aver selezionato accuratamente gli spettacoli capaci di sviscerare il tema trattato nel migliore dei modi portando il pubblico a riflettere. 

La passione per il teatro, la responsabilità che tutto funzioni alla perfezione, la capacità di sopperire all'imprevisto sono alla base di chi ha lavorato dietro le quinte affinché la macchina organizzativa funzionasse.

Ora ci prendiamo un piccola pausa in vista della stagione estiva e poi…subito al lavoro con la nuova edizione della rassegna.

di Pino Greco

Nella zona industriale di Tricase, Miggiano e Specchia c’è un mare di immondizia…

dove ormeggia per strada un gommone.

E’ l’unica cosa che è cambiata. Per il resto non è cambiato nulla. La zona Industriale di Tricase, Miggiano e Specchia, non è mai tornata pulita (entro un paio di mesi) come era stato promesso dal presidente Tondo in “collaborazione” con i sindaci dei tre Comuni. Il problema sembra senza soluzione. Siamo punto e a capo.

La zona A.S.I. è ancora oggi invasa da rifiuti di ogni genere.

Proprio così, la zona industriale di Miggiano, Specchia e Tricase è un sito vasto quanto un rione della Città di Tricase, un’area dinanzi alla quale ogni giorno passano decine e decine di auto ma che non ha mai destato l’interesse di nessuno. L’A.S.I. è un’immensa discarica a cielo aperto che cresce giorno dopo giorno con un peggioramento dello stato delle cose. Qui si continua a scaricare di tutto, dai grossi tubi in cemento e plastica presenti nelle campagne ad un gommone che “ormeggia” per strada, forse in attesa della bella stagione.

C’è di tutto di più: rifiuti ingombranti come vecchi elettrodomestici e mobili, sacchi di cemento e altro materiale proveniente da cantieri edili. E poi buste nere contenenti immondizia domestica, vecchi materassi, polistirolo, lamiere, scarti di ogni genere, dalla plastica al vetro. L’ex zona P.I.P., da qualsiasi prospettiva la si voglia vedere, è ormai considerata un’area dimenticata.

Situazioni di estrema emergenza mai veramente affrontate in questi ultimi anni in modo radicale e definitivo.

Qui imprenditori e artigiani dovrebbero essere attratti e non completamente scoraggiati da problemi e disservizi di ogni tipo.

Finora si è proceduto con soluzioni  approssimative e temporanee con la conseguenza di non raggiungere mai quella soluzione concreta che chiedono tutti coloro che nella zona industriale ci lavorano. Arrivare con auto e mezzi tra strade senza illuminazione e segnaletiche, strade piene di buche e pezzi di ferro che fuoriescono dall’ asfalto, capannoni abbandonati, erbacce e discariche abusive è oltremodo penalizzante e fa scappare eventuali  investitori.

Se a ciò si aggiungono i pesanti contributi che il Consorzio ASI sta chiedendo ai vecchi e ai nuovi imprenditori che si vogliono insediare oppure che si sono già insediati da tanti anni, il quadro diventa veramente desolante.

Per effetto di un Regolamento del 2015 tutti devono pagare un contributo pari ad € 6,00 al metro quadrato e ciò per la infrastrutturazione e per i servizi forniti dal Consorzio o per quelli che dovrebbe fornire.

Una bella cifra se si tiene conto della grandezza dei lotti. Ma soprattutto una somma che, piuttosto che incoraggiare, scoraggia gli operatori economici e che finisce per addossare un fardello pesante, specialmente di questi tempi, a chi da anni lotta per sopravvivere.

Se poi malgrado questa richiesta di contributi, lo stato della Zona Industriale è quello sopra descritto, allora siamo proprio … in alto mare. Sarà per questo che è stato ormeggiato il gommone?

 

 

LUNEDI 21 MAGGIO - ore 16.30 – PALAZZO GALLONE

LIBRERIA MARESCRITTO E COMUNE DI TRICASE PRESENTANO:

IL VIOLENTO MESTIERE DI SCRIVERE

GIORNALISMO E NARRAZIONE: UN CORPO A CORPO CON IL MONDO

INCONTRO CON IL DIRETTORE DELL’ESPRESSO MARCO DAMILANO

 che parlerà del suo ultimo libro

“UN ATOMO DI VERITA’. ALDO MORO E LA FINE DELLA POLITICA IN ITALIA”  (Feltrinelli Editore)

A Roma, in via Fani, la mattina del 16 marzo 1978, alle ore 9,15 un commando di terroristi appartenenti alle Brigate Rosse blocca l’auto su cui viaggia il presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro e l’Alfetta che la segue. Vengono sparati 80 proiettili: l’azione dura appena tre minuti e si conclude con la morte dei cinque uomini della scorta ed il rapimento di Aldo Moro.

La prigionia dura 55 giorni, durante i quali le Brigate Rosse comunicano con l’esterno attraverso dei comunicati fatti trovare dai giornali e informano che Aldo Moro è prigioniero politico e verrà giudicato secondo i criteri della giustizia proletaria.

Alla fine del processo Aldo Moro verrà condannato a morte. Viene infatti ucciso il 9 maggio e fatto trovare nel portabagagli di una Renault rossa in via Caetani, una traversa di via delle Botteghe Oscure a pochi passi dall’Altare della Patria.

Questi i momenti salienti che tutti conosciamo: l’inizio, il culmine e la fine del sequestro Moro.

Sui molti lati oscuri della vicenda c’è tutta una letteratura, documentari ed anche il cinema si è occupato a più riprese di quello che nei 40 anni successivi è diventato il “caso Moro”.

Damilano si sofferma poco sui misteri dei 55 giorni e per principio quasi non nomina i brigatisti, compiendo così una scelta che contiene il giudizio politico della sconfitta del progetto brigatista.

Il libro di Damilano non è un saggio e neppure un romanzo: è prima di tutto un viaggio nella memoria di un giornalista che quel 16 marzo del 1978 era un bambino che passa con il suo pulmino delle scuole elementari da Via Fani venti minuti prima della strage ed è chiaro che quel giorno, quel ricordo rimarrà indelebile nella sua mente e segnerà, con la presa di coscienza successiva, la sua formazione umana, politica e professionale.

Compiendo un viaggio anche fisico nei luoghi di Aldo Moro, quelli della sua vita, del suo sequestro e della sua morte e, aspetto importantissimo, rileggendo i suoi pensieri, quelli delle lettere che Moro scrisse durante la prigionia mentre si consumava il suo dramma umano e psicologico oltre a quello politico, Marco Damilano, da appassionato di storia della politica, ci restituisce la figura di un uomo che, scrive, “è stato sicuramente un uomo di potere, ha conosciuto il potere in tutti i suoi aspetti, anche il più crudo e il più oscuro. Nessuno come lui sapeva cosa si muove nel fondale occulto della politica e della società italiana. Ma proprio per questo immaginava la costruzione di percorsi complessi, di tempi lunghi, di non esaurire un progetto politico nello spazio di un istante. Anche la sua ultima operazione, l’ingresso del Pci nella maggioranza di governo, aveva un respiro strategico”.

 Moro aveva compreso più di ogni altro la necessità di un cambiamento profondo del sistema politico italiano e si sforzava di guidare il paese verso una rifondazione delle istituzioni democratiche.

“Se voi mi chiedete fra qualche anno cosa potrà accadere (parlo del muoversi delle cose, del movimento delle opinioni, della dislocazione delle forze politiche), io dico: può esservi qualche cosa di nuovo. Se fosse possibile dire:saltiamo questo tempo e andiamo direttamente a questo domani, credo che tutti accetteremmo di farlo, ma, cari amici, non è possibile; oggi dobbiamo vivere, oggi è la nostra responsabilità. Si tratta di essere coraggiosi e fiduciosi, si tratta di vivere il tempo che ci è stato dato con tutte le sue difficoltà” (dal discorso di Moro ai gruppi parlamentari democristiani del febbraio 1978).

Sequestrato e poi ucciso Moro si interrompe brutalmente anche il suo disegno politico, che nessuno è stato più in grado di proseguire.

“Via Fani”, scrive Damilano, “ è stato il luogo del nostro destino. La Dallas italiana, le nostre Twin Towers. Il momento che ha cambiato tutto. Nel 1978, l’anno di mezzo tra il ’68 e l’89. Tra il bianco e nero e il colore. Lo spartiacque di diverse generazioni che cresceranno tra il prima e il dopo: il tutto della politica – gli ideali e il sangue – e il suo nulla. La trasformazione della politica da orizzonte di senso a narcisismo e nichilismo, da speranza a paura e rabbia, con il rischio di annullare in entrambi i casi il singolo individuo. Il sequestro di Aldo Moro ha segnato la fine di una generazione. La sua morte ha spezzato l’ultima possibilità della Repubblica dei partiti di auto-rinnovarsi”.

Parlerà con Marco Damilano Stefano Martella (giornalista e scrittore)

Con l’intervento del Sindaco Carlo Chiuri

 

di Alessandro Distante

Sono passati più di due mesi dalla consultazione elettorale per il rinnovo del Parlamento; oltre ad attendere ancora la formazione di un Governo, attendiamo di vedere sul territorio gli Eletti.

Alcuni erano e sono rimasti degli illustri sconosciuti, altri erano e sono rimasti dei fantasmi.

La continua latitanza dei partiti, attivi soltanto in periodo elettorale, non esime tuttavia gli Eletti dal cercare un rapporto con i cittadini.

Non sembra che questa esigenza sia stata avvertita.

Eppure sono in gioco gli interessi collettivi, affidati, in questa fase, soprattutto a chi stila contratti destinati a fare la storia; vero è che si annunciano gazebi e consultazioni on line, bypassando la fiducia da ricercare in Parlamento (come dice la Costituzione), ma ciò non impediva agli Eletti di farsi vedere per ascoltare e così, magari, favorire anche qualche spunto per il redigendo programma di Governo.

Gli Eletti, peraltro, rappresentano la Nazione (come dice la Costituzione) e non solo gli iscritti ad un Partito o Movimento.

Ed invece nulla di tutto questo, con Parlamentari che non hanno avvertito, al momento, l’esigenza di essere sul territorio, forse troppo occupati a lavorare per la nascita del Governo o troppo preoccupati di dover nuovamente presentarsi agli Elettori che, ancora una volta ingrati e pregiudizialmente ed ingiustamente polemici, potrebbero dire:

“Ma questi, chi li ha visti?”

 

 

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