Una piazza sfigurata, un chiosco devastato. Non è l’effetto di un tornado. E’ cosi che appare tutti i giorni piazza Galileo Galilei e il suo chiosco a Tricase ( nelle vicinanze del Liceo Stampacchia)

Il chiosco di proprietà del Comune, è chiuso da qualche anno. Dopo che l'ultimo gestore ha lasciato il locale mettendo in vendita la gestione. “L’Amministrazione Comunale intende ripristinare il servizio con un nuovo bando”, l'obiettivo, è anche quello di garantire una maggiore utilizzazione degli spazi esterni per dare maggiori vantaggi a chi dovrebbe garantire il servizio di bar al chiosco di piazza Galileo Galilei”. Questa la dichiarazione dell’assessore Lino Peluso.

Il chiosco , ex ritrovo per un caffè è oggetto di atti vandalici, dopo quelli ripetutamente commessi da tempo ai danni della piazza. Non c’è pace per questo spiazzo frequentato di giorno da alunni e docenti.

Tanti gli atti vandalici senza senso. Un problema che in questi giorni, a differenza del “ solito ”comportamento, ignoti hanno voluto superare senza ragione, rovesciando e frantumando all’interno del chiosco, che si presenta in condizioni fatiscenti, tavoli, sedie e vetri. Un gesto incivile che ha spinto qualcuno a distruggere, solo per il gusto di farlo,tutto quella che gli è capitato sotto le mani.

C’è chi sostiene che potrebbe essere stato un tentativo di furto finito male ,visto che il locale è chiuso da qualche anno e al suo interno sono rimasti soltanto pochi pezzi di arredamento, dunque c’è poco da rubare. Un dato è certo che il locale è stato messo a soqquadro, che la piazza è in pessime condizioni, e non c'è nessun tipo di controllo, né di giorno né, soprattutto, di notte.

Nessuna videosorveglianza è stata mai installata. “E’ un vero peccato vedere tutti i giorni queste scene,racconta un residente della zona, piazza e chiosco sono abbandonati da molto tempo, i ragazzi che frequentano la piazza, spesso si “ divertono”, a distruggere tutto, hanno anche imbrattato tutta la piazza. Un immagine di una parte della Città che offriamo ai tanti alunni e docenti che tutti i giorni frequentano la scuola qui di fronte. Spero che qualcuno intervenga prima possibile “.

la mia colonna 

di Alfredo De Giuseppe

Non ho mai creduto nei miracoli. Ma vivo nell’Italia che invece da sempre crede nelle disposizioni miracolistiche di questa o quell’entità superiore. Fino a qualche anno fa le genti del Sud e del Nord arretrato credevano ai miracoli di natura medica, non pensavano ad ospedali efficienti ma a preghiere più intense. Infatti i miracoli in genere avvenivano da Napoli in giù, con maggiore frequenza nelle contrade sperdute, nelle terre senza scuole e senza contatti con il mondo esterno. Il miracolo ha due aspetti preponderanti: in primis non c’è bisogno di studiare la realtà e poi risolve il problema nel tempo più breve che si possa immaginare (di fronte a una domanda ad uno studioso perché si dichiarasse certo dell’assenza delle guarigioni miracolistiche, egli rispose: quando il soldato a cui hanno amputato una gamba a causa di una bomba umana, la riavrà con una semplice preghiera, allora crederò anch’io nei miracoli).

Oggi invece le nostre genti i miracoli li vogliono di tipo economico e quindi votano con lo stesso atteggiamento fideistico con il quale chiedevano la grazia per guarire dalle malattie: si crede che votando le promesse impossibili avverrà il miracolo e finalmente ognuno di noi sarà più ricco e felice, più integrato nel sistema e possibilmente più lontano dalle tentazioni del male. Con queste premesse non c’è bisogno di conoscere i candidati, la loro storia, la loro professionalità, la loro passione: basta un leader che sappia ripetere con costanza, con temerarietà slogan preconfezionati, non rispondere nel merito alle eventuali (poche) domande e soprattutto presidiare senza sosta tutti i media, dalle tv ai social network. Non si capisce come si possano realizzare alcune riforme e nessuno ha interesse a spiegarlo, anche perché finita la campagna elettorale (che in Italia in genere dura almeno due anni) delle mirabolanti promesse rimane poco, a meno che non si decida davvero di uscire dall’Europa e dal sistema occidentale in genere. Abbiamo un enorme debito pubblico che, generato dagli anni ’70 in poi, ha favorito lobby, clientele e delinquenti, ma anche tanti cittadini onesti che hanno avuto quasi tutto dallo Stato. Dipendenti pubblici a go-go, imprese private finanziate da un sistema bancario infiltrato da mafie e politicanti, soldi a pioggia su lavori pubblici non controllati e baby-pensionati a 40 anni. C’è tutto nella nostra atavica inefficienza, dentro i nostri debiti.

Poi all’improvviso un popolo, una grande porzione di popolo, si è svegliata con le cartelle esattoriali in casa, con un fisco sempre più aggressivo, un lavoro sempre più instabile e una disoccupazione patologica. Aggiungi che nel frattempo le mutate condizioni del nostro pianeta portano masse di persone a continui spostamenti, che invece di essere studiati con attenzione, gestiti con umanità, vengono semplificati in modo disarmante. Insomma ci vuole un miracolo e infatti prontamente c’è chi lo offre su un piatto d’argento: una diminuzione immane delle tasse, una chiusura totale verso gli stranieri, un reddito a tutti, la rimozione dei problemi, un ambiente più pulito e una grande felicità collettiva. All’Italia non basta parlare di come migliorare l’efficienza (eliminando le Regioni e la burocrazia delle carte bollate, ad esempio), non basta modificare una legge stupida come la Bossi-Fini, non basta ridurre le disuguaglianze eliminando inaccettabili privilegi e super stipendi immeritati: no, noi abbiamo bisogno di un miracolo. E noi il miracolo l’abbiamo avuto: la Lega (fino a pochi mesi solo Nord) ha avuto il suo grande successo anche al Sud, ha stravinto, insieme ai 5 stelle.

Il mondo sta cambiando, il vento tira in direzioni opposte e contrarie, probabilmente il nuovo mondo sarà talmente diverso che non è possibile immaginarlo oggi, in queste quattro righe scritte la mattina del 5 marzo 2018. Probabilmente dobbiamo aspettare un altro miracolo, che, abbiate fede, prima o poi arriverà.

E’ partito presso il Comune di Tricase il progetto di Servizio Civile approvato dal Dipartimento della gioventù e del Servizio Civile Nazionale dal titolo “I colori delle Vallonee”.

L’intento è quello di permettere ai giovani volontari di vivere un’esperienza accrescitiva, ma il progetto vuole essere anche un’opportunità di educazione alla cittadinanza attiva.

Il progetto si rivolge, come utenza, ad anziani e minori con difficoltà psico-fisiche che necessitano di ricevere servizi di aiuto e sostegno.

Più esattamente gli operatori presteranno compagnia ed attività ricreative domiciliari; ma anche accompagnamento presso strutture sanitarie e nei vari contesti esterni ed assistenza per l’acquisto di beni di prima necessità.

L’obiettivo è quello di migliorare la qualità della vita delle persone, nelle varie fasce di età e nei relativi bisogni, promuovendo una maggiore autonomia, la coltivazione dei propri interessi e l’inclusione sociale.

Il progetto, che vede protagonisti “giovani e sorridenti volontarie” –come si legge nel dépliant illustrativo-, si avvarrà della stretta collaborazione dell’Ufficio Servizi Sociali dal Comune.

Al di là dei servizi offerti, l’obiettivo è quello di prestare una attività di aiuto in una entusiasmante quotidianità da “vivere insieme”.

Per informazioni ci si può rivolgere a Ufficio Segreteria del Comune di Tricase 0833 777218 oppure all’Ufficio dei Servizi Sociali via L. da Vinci 2 0833 543955

Prosegue l’impegno del Comune di Tricase, già avviato dalla Amministrazione Coppola, per la valorizzazione delle risorse agricole locali; risale infatti al 2013 l’istituzione del mercato agricolo a chilometro Zero.

Nel gennaio 2018 la Pro Loco di Tricase e l’Associazione in Semi Urbani Stazione di servizio Rurale di Tricase hanno chiesto la partecipazione del Comune in qualità di partner all’iniziativa organizzata per la seconda decade di febbraio e nel mese di marzo per la promozione rispettivamente della Pestenaca e del Covulo tricasino e nel mese di agosto.

Le manifestazioni coinvolgeranno i coltivatori e le scolaresche con una giornata all’interno delle scuole in cui saranno attivati dei laboratori a tema.

L’iniziativa mira anche ad incentivare le aziende agricole già esistenti ed i giovani che si avvicinano al mondo agricolo alla coltivazione della zucca, attraverso un percorso che va dalla semina alla raccolta ed alla valorizzazione di detto ortaggio.

Tra le iniziative il recupero della maschera “Cucuzzella” coinvolgendo le scuole con un concorso per la realizzazione della maschera che spaventò i pirati mettendoli in fuga. La teatralizzazione della leggenda della fuga dei pirati nella località di Tricase porto.

E’ previsto anche il gemellaggio con il Comune di Piozzo (Cuneo) in cui è diffusa la coltivazione della Zucca e dove ogni anno si svolge un’importante fiera.

La Giunta comunale, riconoscendo che l’iniziativa riveste un valore socio culturale, ha concesso il patrocinio e la collaborazione con una spesa di euro 300 per la stampa dei manifesti.

 

di Ercole Morciano

Man mano che si avvicina il 20 aprile, 25° del dies natalis  di don Tonino Bello e giorno del pellegrinaggio di Papa Francesco alla sua tomba in Alessano, cresce l’attenzione verso la figura  del Servo di Dio che è stato parroco della chiesa madre di Tricase dal gennaio 1979 all’estate del 1982.

Un privilegio, per noi di Tricase, averlo avuto come parroco e una maggiore responsabilità.

Gli anni di Tricase, anche se pochi, furono per don Tonino fondamentali e propedeutici per la straordinaria testimonianza del suo episcopato a Molfetta a servizio della Chiesa tutta e dell’intera umanità. Non era arrendevole don Tonino e la pace che predicava non doveva essere a scapito della giustizia, specialmente quando erano i poveri a doverne soffrire. Lo dimostra l’episodio che racconto, dal quale traspare anche una costante del suo atteggiamento di prete e poi di vescovo: amico e rispettoso di tutti, ma autorevole e fermo quando si trattava di difendere i diritti di quelli che non avevano voce. L’episodio dimostra pure, come fosse incarnata la sua pastorale: mai disgiunta dalle problematiche del quotidiano sulle quali i cristiani, se vogliono essere tali veramente, non possono farsi da parte.

Era il 1982 e sul n. 9 del 14 marzo di “Comunità”, l’umile foglio di collegamento della parrocchia, aveva scritto:

«Bisogna decidersi di ripartire dagli ultimi, ce lo hanno detto i Vescovi  in un recente documento».

Si trattava del documento dei vescovi italiani La Chiesa italiana e le prospettive del Paese dell’ottobre 1981.

«Allora – continuava – se noi cristiani abbiamo il dovere di impostare ogni problema “partendo dagli ultimi”, non abbiamo proprio nulla da dire in proposito: della stazione di testa a Bari? Del trasferimento dei vigili del fuoco da Tricase? del piano regolatore della nostra città? Possiamo come cristiani disinteressarci di questi problemi, demandandone pigramente la soluzione ai politici?».

Il suo appello evidentemente non fu capito bene in determinati ambienti – non tutto quello che egli diceva o faceva era bene accolto da tutti – perché sul numero successivo di “Comunità”, quello del 21 marzo IV Domenica di Quaresima, così scrisse don Tonino in una nota dal titolo “Dove appoggiare la scala?”:

«Quando noi cristiani affermiamo che “BISOGNA PARTIRE DAGLI ULTIMI” (sue le maiuscole, ndr) non intendiamo scavalcare i politici o togliere il mestiere ai tecnici, a cui va la nostra comprensione e il nostro rispetto.

Siamo come colui che nel farsi disegnare una casa dice  all’architetto: “Progettami una bella scala e fammela partire da qui, da questo punto del piano terra”. Nessuno accuserà il proprietario di voler fare da maestro all’architetto, sovrapponendosi alla competenza di lui. Così anche il cristiano non invade il campo altrui se, rivolgendosi ai responsabili della cosa pubblica, dice “Cari esperti, nell’approntare questo o quel progetto, la scala…fatela partire dagli ultimi”».

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