Per la scuderia Salentomotori di Tricase è giunto il momento di riaccendere i motori. Quasi tutto pronto per l’inizio stagione, in vista del primo appuntamento casalingo con il 25° Rally Città di Casarano, che si disputerà il 21/22 aprile. La stagione agonistica della Salentomotori non poteva iniziare nel modo migliore, con la figurazione di un Direttore Sportivo, un uomo sportivo di notevole conoscenza rallistica, il dott. Paolo Potera, che metterà a frutto la sua esperienza a tutti gli equipaggi.

Dopo una sosta di alcuni mesi, è arrivato il momento di stabilizzarsi e di concretizzare il programma di ogni equipaggio. Nella gara salentina, che sarà la prima del 2018, la maggior parte degli equipaggi della Salentomotori ha già dato la loro adesione.

Sarà una gran battaglia, dove, tra i favoriti alla vittoria assoluta troviamo proprio gli equipaggi della scuderia tricasina. Il già più volte vincitore del rally di Casarano, Francesco Rizzello che ritorna sulle prove speciali a bordo di una Skoda Super2000, coadiuvato dal suo affezionato Fernando Surano. Riflettori puntati proprio nella classe super2000, in quanto Rizzello dovrà sfidarsi con il suo conterraneo e compagno di scuderia, Mauro Adamuccio, vincitore delle due passate edizioni del Rally 5 Comuni, accompagnato da Salvatore Tridici, con una Peugeot 207 del Team Colombi.

A sfidare la categoria più combattuta, la R5, ci penserà Tommaso Memmi con alle note Monica Cicognini, a bordo di una Ford Fiesta. Passaggio di vettura per Albino Pepe, che al via della gara si presenterà con un due ruote motrici, la Peugeot 306 K11, accompagnato dall’alessanese Davide Rizzo. Cambio di categoria anche per Luca Negro e suo fratello Nicola, che dalla Renault Clio R3 passano alla piccola ma prestante Twingo R2B del Team Trodella. Ancora una volta, sui nastri di partenza si presenterà il già collaudato equipaggio Antonio Russo con Gabriele Sorrone, che dovranno sfidare con la Citroen C2 RS una categoria assai partecipata, la racing start. La coppia volante, Pasquale Protopapa e Sandra Ruberto ritornano sulle prove speciali dopo un anno di fermo, con l’intenzione di portare a casa un bel successo, sfidandosi in classe A5 con la loro piccola Peugeot 205.

Occhi puntati sul driver Donato Parrotto, leggendario navigatore di Pasquale Fiorito (quest’ultimo impegnato alle note per Vincenzo Tortorici), che dal Rally di Casarano si schiererà con la toscanaCristiana Morbidi, nuova e talentuosa navigatrice, alla prima esperienza sul sedile di destra, a bordo della Citroen Saxo.

Entusiasta è il Presidente della Scuderia Salentomotori – Antonio Forte, colonna trainante della Scuderia Salentomotori, che sidichiara soddisfatto del lavoro fatto in questi mesi, dall’inserimento del Direttore Sportivo e dai programmi futuri che ogni equipaggio intende realizzare. Per informazioni utili sul Rally Città di Casarano, vi invitiamo a visitare il sito internet www.casaranorallyteam.it

 

di Ercole Morciano Cutrino Albione e Lutgarda Alfarano, pensionati, mi accolgono nella loro casa con affabile simpatia. Ci conosciamo da tanto tempo; loro per molti anni sono stati attivi nei Cursillos de cristianidad, un’associazione ecclesiale impegnata nella formazione del laicato cattolico. Molti sono i ricordi che i coniugi conservano nel loro cuore e in particolare quelli legati a don Tonino Bello quand’era parroco a Tricase.

Nella loro casa don Tonino capitava con una certa frequenza: il maggiore dei figli, Vito Antonio, di 18-19 anni era catechista, frequentava il liceo scientifico e si sarebbe iscritto a legge; la figlia, Eufemia, era alunna di don Tonino al liceo classico. È Lutgarda a parlare: «Con noi don Tonino aveva un bel rapporto, forse perché eravamo e siamo gente semplice. Capitava per esempio che si rivolgesse in dialetto: “Lutgarda, me tene fame, nunn’aggiu manciatu, damme ‘nna frasedda o ‘nnu taraddu cullu pummidoru”. Ed io preparavo il piatto che lui voleva consumare sul tavolo della cucina” in modo famigliare.

I rapporti di don Tonino con la famiglia Albione continuarono anche dopo la nomina a vescovo di don Tonino e il suo trasferimento a Molfetta. Vito Antonio Albione, divenuto intanto avvocato e residente a Lecce con la sua famiglia, conserva di don Tonino lettere e libri con dedica e soprattutto alcuni ricordi personali. «Avevamo scelto don Tonino, Maria Luisa ed io, per le nostre nozze – mi dice per telefono Vito Antonio da Lecce – ma in quel periodo, era maggio del ’92, don Tonino si dovette operare presso l’ospedale di Gagliano per la sua malattia. Ho vivi nella memoria vari ricordi; quello che emerge spesso nella mente come un flashback e sul quale torno a riflettere, riguarda un fatto avvenuto tra fine maggio e primi di giugno del 1980 o del 1981.

Eravamo don Tonino ed io a S. Maria Leuca per un incontro al santuario; la stagione era già buona per il bagno al quale avevamo già pensato prima della partenza. Alla fine della riunione con don Tonino, che aveva sempre in macchina le pinne, ci portiamo alla banchina del porto che allora era formato da un solo grande bacino. Ci tuffiamo in acqua e dopo qualche bracciata mi accorgo che sullo specchio d’acqua affiorano, spinte dal vento o dalle correnti, molti gruppi di meduse, di quelle violacee e particolarmente urticanti. Avendo io già fatto esperienza dolorosa di contatto con le meduse, grido a don Tonino di fermarsi. E don Tonino che mi dice? “Non preoccuparti Vito, vieni dietro a me”; io con molta fiducia lo seguo e tutto va per il meglio nella lunga nuotata che egli soleva fare».

Riprende la parola Lutgarda, una donna-moglie-madre dalla fede forte, alla quale la vita non ha risparmiato sofferenze, non solo fisiche, che lei ha sempre affrontato con “l’abbandono alla volontà di Dio”. «Era novembre 1991 – ricorda – e mia figlia Eufemia aveva avuto da 15 giorni il figlio Michele. Mi permise di portare il bambino a Molfetta, da don Tonino, per una benedizione speciale.  Quando giunsi col bambino nella cattedrale di Molfetta, don Tonino stava celebrando Messa; si accorse di me e mi fece un breve cenno.

Alla fine della Messa don Tonino si avvicina e mi accoglie. Io commossa gli dico il motivo della visita, lui mi guarda sorridendo e mi dice: “Benedicimi tu, tu devi benedire me”. In seguito volle che andassi col bambino in episcopio e mi donò un suo libro con la dedica, un altro me lo diede per mia figlia Eufemia e mi donò per lei una statua di ceramica che rappresenta una chioccia con i suoi pulcini. Michele crebbe bene e ora è medico». Per me - conclude Lutgarda – don Tonino è già santo e mi mostra i quadri che raffigurano don Tonino presenti nella sua casa quasi in ogni stanza.

 

di Giuseppe R.Panico Ancora un decennio fa quella discarica che, dal belvedere sulla litoranea, scendeva lungo il fianco del Calino fin quasi alla grotta Matrona ricordava la cascata delle Marmore. A guardare invece il panorama dall’alto, invitava, con i suoi miasmi, a scappar via, sia pur dopo una rapida foto. Era il benvenuto dal nostro litoraneo ingresso Sud a Tricase ove, già da molti lustri, si parlava di sviluppo turistico destagionalizzato. A ripulire quel fianco del Calino ci pensava un po’ la natura, prima biodegradando qualcosa, poi coprendo la monnezza con un po’ di verde primaverile ed infine, d’estate, complice qualche accendino o cerino, con qualche “spintanea focara”. Uno spettacolo estivo e suggestivo, non di rado con inediti air shows degli aerei antincendio. Tornato da poco dalle lontanissime Ande ad essere cittadino di Tricase ed a vivere fra le pendici di un Calino da discarica, la verde valle del Rio percorsa dalle acque reflue e i vicini fondali marini popolati da pochi pesci e tante insalubri alghe verdastre, ritenevo inconcepibile che, almeno per quella discarica, nessuno osasse dire o far nulla.

Nello stesso periodo, giù presso il santuario di Marina Serra, quella pubblica fontana frequentata da turisti, passanti e fedeli, nonché fonte d’acqua potabile per vicini contadini e villeggianti, veniva distrutta da un automobilista. Costui, arrivando da Tricase, invece di svoltare a destra o a sinistra, decise di tirar dritto e tirar forte. Costrinse così tutti a dire addio alle chiare, dolci e fresche acque, ma, essendo un primario bene pubblico, si sperava per poco. Purtroppo, come per il belvedere, poco importava alle preposte autorità e poco importava a tutti. Poco sembrava importare anche a Santa Madre Chiesa per il suo muretto distrutto accanto alla fontana.

Forse non importavano nemmeno i salaci commenti dei turisti in transito o dei clienti dell’adiacente bar. Passarono circa due anni e, quasi ogni giorno, passavano davanti autorità e funzionari competenti a risolvere il caso, ma anche loro tiravano dritto verso altre mete. Il Volantino pubblicò più volte qualche mio pezzo e più volte feci anticamera dal Sindaco. Ottenni al fine di vedere al belvedere alcuni paletti con una rete a maglie larghe, in modo da non disturbare le fotografie di chi con sé volesse portare il ricordo di quel nostro splendido panorama. La fontana invece, dopo così lunga attesa senza un “like”, nemmeno da chi, rimasto senza acqua, poteva di nuovo brindare almeno alla sua salute, fu riparata ed il muretto pure.

Ma, vicino a quel bel santuario sul mare, pare vi sia da tempo un diavoletto che, oltre a regalarci furti e vandalismi nella cappella e nuovi incidenti automobilistici, si diletta a far le pentole ma non i coperchi. Permane infatti, da allora, lo squallore di una fontana, pur funzionante, tanto malmessa e con contatore privo di…coperchio, mentre il belvedere, ritornato ad essere preda dell’incuria, non è certo ora degno di tal nome.  Correvano le ultime feste di Natale, un decennio era passato, e un altro automobilista decise, allo stesso incrocio, di “tirar dritto”. Lasciò sulla dritta la povera fontana, fece a pezzi il muro della scalinata e la scalinata fu chiusa. Venne Pasqua di “resurrezione” e quel muretto, finalmente risorse senza bisogno (almeno da parte mia) né di anticamere dal Sindaco, né di nuovi pezzi sul Volantino. Ora anche i novelli sposi, con compari e comari d’anello ed amici/amiche da bar o da letto, possono ridiscendere quella bella scalinata fronte-mare, resa ormai così spesso nuziale. Si potrebbe dir quasi che, come “pronto soccorso” nei lavori pubblici, andiamo più forte.

Ma se poi a quell’incrocio si gira a destra e si scende giù fino alla torre di Palane, transenne, incuria e squallore sembrano ormai il “decoro” permanente di quel sito meraviglioso. Se poi si torna indietro e ci si avventura verso quell’impervio e sporco sentiero che porta fino alla grotta Matrona, lo squallore non cambia. Dalla nostra ultima torre alla grotta sarebbe (da decenni) uno stupendo lungomare o passeggiata di circa un km, con capolinea da un lato la nostra storia contro i “mamma li turchi” e dall’altro la nostra natura costiera con la grande grotta e il promontorio del Calino con intermezzo di piscina, porticciolo e cavità costiere recintate ora da rugginosi e cadenti paletti. Forse a quel diavoletto, a sentir parlare di “vocazione turistica” e “destagionalizzazione”, gli scappa da ridere. Se poi si sposta a Tricase Porto, può vedere le transenne sulla banchina, ormai lì da quasi un anno, dopo essere state per tanti anni sulla opposta banchina sotto il costone.

Pare siano lì a proteggerci, non più dalla caduta massi, ma dalla caduta delle pesanti travette in marmo che sostengono il famoso muretto, con i suoi tanti giovani ospiti. Forse meglio tenere in mano, più che una birra, un rosso cornetto e ingaggiare un capace esorcista. La Giornata Nazionale del Mare, 11 aprile, istituita da poco e per legge per incentivare (anche nelle tante scuole di una Tricase sul mare) lo sviluppo, sociale culturale ed economico è già passata. Ma Forse vi è ancora tempo per una giornata al mare di un Consiglio Comunale che con scarpe comode ed occhio attento, vorrà farsi un bel giro sulla costa e rendere possibile anche l’impossibile. Se lo facessero, senza mala voglia o mal di schiena, anche tantissimi cittadini, sarebbe proprio un bel giorno sul mare.

 

a cura della Redazione

In questi giorni, e specialmente domenica scorsa approfittando della bella giornata, il Parco in zona Lama, non ancora aperto ufficialmente, è stato vivacizzato dalla piacevole presenza di numerose persone, specialmente nuclei familiari. Abbiamo posto alcune domande all’ing. Vito Ferramosca, responsabile dell’Ufficio tecnico comunale che ha sta curando la realizzazione del parco

 

Come nasce l’idea del Parco?

La realizzazione del Parco cittadino in zona “Lama” è il risultato di un complesso iter progettuale urbanistico che ricomprende anche le aree esterne dell’adiacente complesso immobiliare ex ACAIT. L’Amministrazione Comunale ha inteso considerare questo di Via Pirandello il primo lotto funzionale mentre quello dell’ACAIT, in fase di realizzazione e di completamento, il secondo lotto. Detto percorso, avviato con la “ritipizzazione” urbanistica della zona bianca (cioè inedificabile e destinata a verde e servizi) ha portato, attraverso una opportuna integrazione del piano di lottizzazione già approvato, ad un disegno urbanistico tale da consentire al Comune di ottenere in proprietà ulteriori aree poste a confine con la stessa zona bianca in maniera concentrata per una superficie di oltre un ettaro utile per la realizzazione dell’attuale area attrezzata il cui costo complessivo è risultato di € 200.000,00.

Una convergenza quindi di pubblico e di privato?

In effetti ciò è stato possibile grazie alla lungimiranza dei proprietari che hanno creduto nell’A.C. e che hanno condiviso il progetto di sistemazione dell’area nonostante il Commissario ad Acta, nominato dal Tribunale Amministrativo Regionale, avesse già approntato una diversa soluzione progettuale che prevedeva, proprio al posto del parco, una costruzione analoga a quella recentemente realizzata ad uso residenziale in Via Pirandello posta a confine con l’ex comprensorio dell’ACAIT cedendo superfici superiori ai normali standard urbanistici richiesti dalla normativa.

Quale lo scopo fondamentale del Parco?

L’opera pubblica che in questi giorni spontaneamente viene utilizzata dai cittadini si poneva l’obiettivo di creare spazi di aggregazione per le famiglie. La dotazione dei giochi anche di tipo inclusivo (alcuni dei quali sono ancora in fase di installazione) ha consentito di centrare quell’obiettivo progettuale ancor prima della formale inaugurazione. A tal proposito corre l’obbligo di ringraziare l’Associazione INNER WHELL CLUB TRICASE – S.MARIA DI LEUCA che ha voluto, in collaborazione con l’A.C., integrare la dotazione delle attrezzature del parco con la donazione di n°3 giochi inclusivi. La proposta dell’Associazione è stata approvata con la delibera della G.C. n.87 del 23/03/2018.

Abbiamo notato la presenza anche di cani

Il Parco è anche fruibile dagli animali di affezione. Sono state infatti realizzate due apposite recinzioni distinte per cani di piccola e grossa taglia. Sarà a breve allestita la cartellonistica contenente le norme comportamentali. Nelle more, si auspica che gli animali di affezione siano condotti dai proprietari al guinzaglio e a debita distanza dell’area ludica dedicata ai bambini e ciò per ovvi motivi.

E per le famiglie?

“E’ stata allestita un’area pic-nic anch’essa con la caratteristiche dell’inclusività e si auspica a breve di allestirne una parte anche con una dotazione utile per chi voglia praticare attività sportiva all’area aperta con attrezzature tipiche del percorso vitae. A tutela della pubblica sicurezza tutta l’area è dotata di un impianto di videosorveglianza.

Quali le prossime tappe dei lavori?

Il secondo lotto è in fase di completamento con un costo complessivo pari ad € 300.000,00; si estende per una superficie di circa un ettaro e mezzo ricomprendendo anche l’area della Biblioteca comunale di Via Micetti. Questo intervento, al netto del nefasto evento che ha caratterizzato il fabbricato storico, si pone l’obiettivo non solo di mettere in comunicazione funzionale le due aree parco, ma di riconnettere diversi quartieri della città. Sarà possibile attraversare la Città, per esempio da Caprarica a Santa Lucia, in zona protetta, a piedi o in bicicletta immersi nel verde come accade nelle città che andiamo a visitare con il rammarico di non potere godere anche noi di queste opportunità in maniera sostenibile e vivere la città come mai prima d’ora è successo a Tricase. Con le economie di gara, pari a € 100.000,00 si realizzerà la connessione funzionale le due aree mediante la sistemazione di via Pirandello che dovrà essere transitata dagli autoveicoli a velocità molto limitata per evitare possibili incidenti agli utenti almeno in prossimità dell’area parco.

di Alfredo De Giuseppe  Oggi, 11 aprile 2018, all’improvviso, da pochi minuti, è esplosa sul web la notizia della morte di Jessy Maturo. Non è una bufala, la notizia viene confermata da altri amici: l’incredulità, la costernazione, il pathos. Jessy, lo pseudonimo di Cristian Ruberto, era un amico di tutti noi, un amico di Tricase.

Ognuno di noi può raccontare un aneddoto su di lui, può dire di averlo sentito in una magnifica performance, di aver trascorso insieme almeno una serata, un caffè, un aperitivo, di averlo ascoltato sul palchetto di un bar o sulle scene più importanti con lo stesso entusiasmo per la musica, per la canzone, per la voce.

La sua bellissima voce, bassa e piena di vibrazioni, dapprima vicina al soul, al blues, ai James Brown dell’epoca poi via via sempre più sua, più originale fino a diventare una vera icona della musica rock, magari in un ambito locale ma senza mai concedersi alle mode del momento. Una costante ricerca di una sua personalissima strada ha contrassegnato la vita di Jessy Maturo. Da ragazzo si vestiva come Elvis Presley, con i costumi bellissimi che si cuciva nella sartoria di famiglia. Una famiglia di persone buone ma irrequiete, a loro modo gentili, mai arroganti. Poi il salto a Milano e Roma, nel tentativo di diventare il cantante che voleva essere.

Ma la grande città a volte è impietosa, ti prende, ti avviluppa, ti soggioga, ti conduce su strade impervie e pericolose, ti seduce con effetti speciali e ti abbandona sul marciapiede. Il ragazzo è talentuoso, ma è fuori le regole: per avere un contratto devi avere un buon manager e uno come lui si fidava del primo conosciuto,magari, non del più bravo. Una vita che si direbbe disordinata, nonostante lo studio al conservatorio, nonostante la ricerca di una dimensione “normale”: Cristian è un ragazzo vivace, che ama esibirsi in pubblico, è un animale da palcoscenico, un amore viscerale per le canzoni che esaltino gestualità e voce. Un romanticone travestito da rocknroller, sempre disponibile e sorridente. Era impossibile non volergli bene.

Ormai in questi ultimi anni aveva assunto piena consapevolezza della sua dimensione: sapeva di essere bravo, di poter diventare un grande della canzone italiana, ma aveva filosoficamente, prosaicamente,pragmaticamente accettato di vivere nel suo paese con tutti i limiti che questo impone. Con un unico faro sempre acceso dentro di sé: essere Jessy Maturo non la cover di qualcun altro. Un piccolo baretto vicino a una scuola, la partita a carte nel club Juventus, le serate alla Serra e al Porto, i dischi con gli amici, le continue collaborazioni, dischi per beneficienza, per aiutare un amico, per la sopravvivenza dignitosa, senza rubare, senza pietire nulla alla politica e allo star-system.

Ora, a soli 45 anni ci hai lasciato e ci mancheranno molte cose di te: ci sarà modo e tempo per valorizzare la tua opera, per ascoltare le persone a te più vicine, per confortare i tuoi cari. Oggi possiamo solo piangere e ricordare tutto di te, per quanto ci sia possibile in questo momento straziante. Nel 2010 appena ascoltai la tua “ Fino alla luna ”, magistralmente eseguita insieme agli amati Super Reverb, ti chiamai per dirti semplicemente “ sei un grandeee

”! Ogni volta che ci incontravamo, negli ultimi due anni, parlavamo del progetto di un documentario sulla tua arte, ma io dicevo, soprattutto sulla tua persona. Perché era la tua persona, tutta intera, ad essere vera e interessante, non solo la tua musica. E ci emozionavamo davvero ogni volta che veniva fuori il nome di tuo padre, il buon Frank Ruby. Eri geniale e fragile, lo sapevamo già, non ti dimenticheremo.

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