di Nunzio DELL'ABATE

L’ACAIT è stata un cavallo di battaglia di tante campagne elettorali ma anche un pesante fardello da gestire per le varie Amministrazioni Comunali succedutesi dal lontano 2002, anno di acquisto del complesso immobiliare per € 2.010.000.

Il limite di quell’acquisto fu senz’altro non aver previsto contestualmente programmazione, strategia e tempi certi. Di certo oggi c’è lo stato di degrado ed incuria in cui versa, l’allarme per la salute pubblica, a causa delle estese coperture in amianto dei capannoni, e la pericolosità per la incolumità personale in ragione del facile ed incustodito accesso ai luoghi ove insistono sia fabbricati pericolanti che diroccati.

Ma ritenere l’ACAIT un problema sarebbe un errore madornale. Lì dentro c’è la storia di un paese che va raccontata e c’è disegnato il valore ed il sacrificio del lavoro che vanno metabolizzati e tramandati. 

Nel 2011 si perse una grande occasione di valorizzazione: il GAL Capo di Leuca avrebbe restituito i locali a piano terra di Palazzo Gallone, egregiamente ristrutturati a sue spese; il Comune, da canto suo, avrebbe concesso l’uso di una parte del fabbricato centrale dell’ACAIT al GAL, con impegno di quest’ultimo a riqualificarlo e renderlo agibile. 

Triplice il beneficio: il Comune sarebbe rientrato in possesso dei locali di Palazzo Gallone -magari da riconvertire in attività enogastronomiche, artigianali e d’intrattenimento-; il GAL -che tanto si è distinto in termini di promozione del territorio e delle imprese e dunque di risposta alla sempre più crescente domanda di lavoro- avrebbe continuato ad operare a Tricase ed in un luogo simbolo; l’ACAIT sarebbe stata in buona parte ristrutturata e resa fruibile senza incidere sulle casse comunali.

Purtroppo nei tredici anni a seguire ben poco si è fatto, se non degli interventi a spezzoni che magari hanno pure pregiudicato l’idea unitaria ed identitaria che a quel sito si dovrebbe imprimere.

Senso di comunità e di appartenenza, come fu vissuto in quell’epoca, ed importanza del lavoro, per il quale si arrivò a sacrificare la vita, dovrebbero essere i fili conduttori della ricostruzione di una città nella città.  

In tale direzione potrebbe pensarsi ad un teatro comunale, luogo di aggregazione e di narrazione, il cui foyer sia allestito con immagini ed oggetti che rievochino la storia dell’Acait e delle tabacchine; dall’altro lato, ad attività artigianali, ricettive e di intrattenimento che siano fonte di occupazione e socialità; per finire a sportelli informativi e laboratori di formazione al lavoro con la collaborazione delle associazioni di categoria e degli istituti scolastici. Un contesto in cui la musica in filodiffusione prenda il posto del suono delle sirene della fabbrica di tabacco.

Ovviamente vuol essere solo uno spunto, ma la Cittadella dell’ACAIT s’ha da fare, senza se e senza ma!

 

di Pino GRECO

Abbiamo intervistato don Flavio Ferraro parroco della Chiesa della Natività della Beata Vergine Maria. Don Flavio si è insediato parroco a Depressa nel mese di luglio del 2000 , dove è stato sacerdote per undici anni. Il 31 agosto 2011 continua il suo ministero a Tricase in Chiesa Madre. Dopo aver condiviso per lunghi 23 anni le gioie e i dolori di una comunità che gli ha voluto bene, gliene vuole e sempre gliene vorrà, è giunto il momento in cui don Flavio lascia la “Sua” comunità per assumere un nuovo incarico ad Ugento. Martedì, 31 ottobre ore 17,30 il saluto in chiesa Madre con la Santa Messa. Mercoledì, 1 novembre ore 17,30 con la celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo Vito Angiuli, l’intera comunità accoglierà ufficialmente il nuovo parroco don Gianluigi Marzo

QUAL È STATO IL SUO PERCORSO FINORA?

Sono nato a Salignano 53 anni fa, in una famiglia molto umile e generosa. A tredici anni entrai nel seminario di Ugento e a diciassette anni mi trasferii nel seminario della Comunità G.A.M. (Gioventù Ardente Mariana) ad Alba, in provincia di Cuneo. Questa esperienza mi cambiò la vita, sia dal punto di vista della fede personale, sia dal punto di vista umano e caratteriale. Imparai a confrontarmi con la Parola di Dio e a meditarla ogni giorno. Il mio carattere, fino ad allora molto timido e riservato, cominciò così ad acquisire molta più sicurezza e affabilità. Dopo i due anni di Filosofia, chiesi all’allora Vescovo, S.E. Mons. Domenico Caliandro, di rientrare in Diocesi e lui, come un padre, mi accolse, chiedendomi di terminare i miei studi in Teologia nel seminario vescovile di Alba. Il 10 settembre 1995 fui ordinato diacono e continuai gli studi di Licenza a Roma, presso la Pontificia Università Lateranense, discutendo la tesi con il Prof. S. Lanza, sul progetto pastorale di Don Tonino per la diocesi di Molfetta. Il 13 aprile 1996 fui ordinato Sacerdote a Salignano e svolsi l’esordio del mio ministero presso la Parrocchia romana di Sant’Ugo Vescovo, accompagnato da don Remo Chiavarini; un periodo indimenticabile, ricco di esperienze pastorali ed umane. Terminati gli studi di Licenza, fino al luglio del 2000, ebbi l’incarico di vice rettore del Seminario diocesano, per poi insediarmi come parroco a Depressa, per undici anni.  Il 31 agosto 2011 il Vescovo, S.E. Mons. Vito Angiuli, mi chiese di svolgere il mio ministero a Tricase in Chiesa Madre. Dal 5 Novembre intraprenderò il nuovo incarico di parroco presso la Parrocchia S. Giovanni Bosco a Ugento.

CHE MESSAGGIO VORRESTI LASCIARE ALL’INTERA COMUNITÀ?

Grazie, solo questo ho voglia di dirvi!

Grazie perché mi avete accolto come fratello, figlio e padre. Già dal primo giorno vi ho voluto bene, anche se non vi nascondo che i primi cinque giorni sono stati giorni di pianto e solitudine, ma non è colpa vostra! Sono entrato nella vostra storia di Comunità e nelle vostre storie personali in punta di piedi. Non sono entrato sgomitando, per farmi spazio, e per questo vi ringrazio perché, dopo il primo periodo di diffidenza, mi avete riservato un posto nel vostro cuore. In questi anni di vita insieme abbiamo imparato ad essere Famiglia di Dio. Ho spezzato la Parola in ogni occasione, perché ciascuno di voi si cibasse e vivesse di Gesù Cristo. Posso affermare con certezza che non vi ho mai portato a me stesso, perché i parroci passano, solo Cristo resta. Abbiamo colto tante occasioni per ritrovarci tutti nell’Eucaristia e davanti all’Eucarestia, perché poteste innamorarvi di Gesù. Le nostre celebrazioni domenicali, con la preparazione delle catechiste e dei cori, sono state curate e belle, i nostri ragazzi hanno respirato il fascino e la gioia di vivere la Messa come momento di ascolto della Parola e comunione con Gesù e tra noi. Questo in fondo è Chiesa. Anche la Vergine Maria è stata nostra compagna di viaggio; in tutte le occasioni opportune vi ho sempre insegnato a guardare a Lei come Mamma e come compagna di cammino. Vi lascio la bella statua della Madonna di Fatima di mia proprietà, come mio segno d’affetto. Ringrazio tutti i collaboratori che, in questi anni, hanno servito e amato questa comunità. Vado via felice, perché vi vedo cresciuti nella fede e nella corresponsabilità. Vi ho sempre insegnato che bisogna fare tutto solo per amore e con amore, in virtù del battesimo che avete ricevuto. Non ho mai comandato e obbligato nessuno a fare qualcosa, perché se non serviamo con Gioia non saremo messaggeri di Gioia.

foto ANDREA

COM’È ESSERE PARROCO A TRICASE?

Nel periodo vissuto con voi ho scoperto la vita e il messaggio del mio Venerabile predecessore don Tonino. Quante iniziative abbiamo fatto con il “gruppo don Tonino”, creato nel 2012, perché le nuove generazioni tricasine non perdessero il messaggio lasciatoci dall’amato parroco! L’originale messaggio di Don Tonino, oltre che sui libri, l’ho potuto leggere sulle pagine della vostre vite. Ogni tricasino, che ha amato e conosciuto don Tonino, è una pagina scritta, dove tutti possono leggere, con interesse, aneddoti e testimonianze su di Lui. Continuate a farlo vivere tra i giovani e i ragazzi, è un “patrimonio” da non disperdere! Sempre in questi anni abbiamo organizzato la Carità. Ho imparato a distinguere i poveri veri e i “poveri per professione”. Ricordo come ai tempi della pandemia siamo stati pionieri, guidati dalla Caritas diocesana, nell’ organizzare aiuti concreti alle famiglie bisognose: siete stati generosissimi perché, oltre agli alimenti per i poveri, in quel periodo abbiamo raccolto circa 10.000 euro di buoni spesa da distribuire alle famiglie indigenti. La Provvidenza ci ha aiutati anche a pianificare la Mensa di fraternità quotidiana, distribuendo pasti d’asporto a circa trenta persone. Grazie ai volontari della Caritas parrocchiale che ogni mese distribuiscono alimenti alle famiglie bisognose. Saremo credibili solo se vedremo nei poveri il volto di Cristo! Ringrazio tutte le famiglie, i ragazzi e giovani, che in questi anni ho conosciuto, incontrato ed amato. Avrei voluto fare molto di più.

QUALCHE RAMMARICO?

Vi lascio con il rammarico di non essere riuscito a trovare il luogo dove costruire un oratorio. Don Tonino individuò il terreno ed elaborò il progetto, ma non riuscì a realizzarlo. Dopo l’esperienza di Depressa, dove, con l’aiuto di gente generosissima, ho messo su un grande ed efficiente Oratorio, pensavo di poterlo fare anche qui. Ho ‘elemosinato’ in questi anni alle istituzioni e a privati un terreno o strutture in disuso, per dar vita ad un luogo dove le famiglie con i giovani potessero sentirsi a Casa, ma mi è stato negato! Questo mi dispiace tantissimo, perché dopo la perdita, da parte della parrocchia, dell’Asilo Roberto Caputo, dove generazioni intere sono state formate, non vi sono più spazi adeguati per potersi incontrare. Quelli che comunemente chiamiamo “campetti” in realtà sono un terreno sottoposto a diversi vincoli e non possono essere adibiti a “oratorio”. Da soli non si va da nessuna parte e non si cresce, quindi ringrazio ancora tutti i gruppi, confraternite e associazioni della parrocchia che si prendono cura di ogni ambito, dalla Liturgia alla Catechesi, dalla Carità alla pulizia della Chiesa. Ringrazio anche i miei confratelli sacerdoti, che in questi anni si sono avvicendati nelle parrocchie limitrofe o come collaboratori parrocchiali. Infine, rivolgo le mie sincere scuse a chi ha ricevuto da me qualche offesa e a chi ha sviluppato antipatia nei miei confronti. Non ho un bellissimo carattere e lo riconosco. Mi piacerebbe abbracciare tutti, ma soprattutto questi ultimi. Vorrei andar via con l’animo sereno e in pace con tutti!

 

di Giuseppe R.PANICO

Sarà forse l’anticiclone che, oltre a prolungarci la bella stagione, riscalda anche il dibattito su immigrazione e non solo. In Austria hanno creato speciali corpi di polizia per contrastare quella illegale, in Svezia fanno pattugliare le strade dalle forze armate per contenere la dilagante violenza urbana dovuta in gran parte a giovani immigrati e da noi in prigione di soli marocchini ve ne sono circa 3800 su un totale di circa 17000 stranieri.

Anche in Svezia, dunque, paese avanzatissimo e tollerante, già spinto, di recente, dalla guerra in Ucraina, ad abbandonare la sua totale indipendenza per associarsi alla NATO, si evidenziano rilevanti problemi di integrazione. Intanto il Presidente Mattarella ribadisce che il sostegno all’Ucraina è altamente necessario per evitare ben maggiori occupazioni da parte russa e nuove devastanti crisi geopolitiche.

L’Europa poi, priva di struttura decisionale in politica estera e militare, ben poco può decidere sia sulla guerra in atto che sull’immigrazione, se non con tentativi, spesso vani, di accordi caso per caso. Va intanto diffondendosi in Occidente il senso di colpa per la politica coloniale attuata in passato in tanti paesi africani, spesso intesa come motivo della attuale crisi migratoria e dovuto sostegno all’accoglienza.

Si trascura che la storia è quasi sempre stata, purtroppo, prevaricazione, senza tardivi e presunti compensi del più forte sul più debole. Molti di tali paesi, indipendenti da oltre 60 anni, non avendo saputo accogliere o rifiutando i valori occidentali di democrazia e libertà, preferiscono oggi colonizzazione e sfruttamento russo o cinese e facilitano l’immigrazione. Nel triste scenario di tali crisi e di altre guerre e guerricciole che, come ferite purulente infettano l’umanità, va ad aggiungersi la nuova gravissima crisi in Israele scatenata dal feroce terrorismo di Hamas, spalleggiato dall’Iran che appoggia anche la Russia.

Una potente squadra navale USA, basata su una moderna portaerei nucleare, si avvicina intanto in zona ed oltre trecentomila riservisti israeliani sono stati richiamati. Forse poco interessati ai grandi temi geopolitici che d’improvviso scuotono l’umanità, come faglie tettoniche, eruzioni, terremoti e bradisismi scuotono il pianeta Terra che la ospita, ci riesce difficile accettare che i rapporti fra stati e gruppi umani si siano quasi sempre basati su “diplomacy and a big stick” (diplomazia e un grosso bastone), ovvero capace politica estera e credibili forze armate.

 Preferiamo eventi e commenti più caserecci e dopo un generale in servizio che, poco ligio al regolamento di disciplina militare, pubblica, con enorme successo, un libro molto controverso, abbiamo una giudice che, con un passato già attivo contro il governo del tempo, emana una sentenza che stravolge gli intendimenti dell’attuale governo in tema di immigrazione. Si riapre così il dibattito sulla giustizia e sulla credibilità e condizionamento politico di magistrati che discreditano l’intera magistratura. Localmente, notiamo il rifiorire del tema “Grande Salento” come anelito allo sviluppo di una terra che, immersa nei suoi pregi, non si avvede o non provvede ai suoi troppi e troppo antichi difetti.

Ci si chiede allora quale è stato o potrebbe essere stato, almeno nell’ultimo ventennio, lo sviluppo di Tricase, uno dei più importanti e popolosi comuni del Sud Salento, nel farsi grande e fare grande il Salento. Alle recenti cronache sulla zona industriale priva di servizi, (per alcuni anche di importanza), si sono aggiunte quelle sulla morte del nostro boschetto. Un “disastruccio” del parco Otranto-Leuca, ora quasi scorciato nella sua denominazione iniziale e credibilità.

Maggiori cure e compensazioni programmatiche per sostenere lo sviluppo locale sarebbero state utili ed opportune. I vincoli imposti, anche in minimali interventi edificatori, hanno favorito abbandono e deprezzamento dei terreni e il propagarsi della xylella e il susseguirsi di incendi devastanti hanno svilito il valore ambientale e paesaggistico. Per molti, non rimane che liberarsi dei terreni per pochi spiccioli o regalarli.

Le compensazioni per noi potevano essere un PUG adeguato per altre aree costiere, rapidi e validi piani particolareggiati, un Piano Coste credibile, una espansione delle potenzialità portuali (e non riducendole), un efficace piano per le acque reflue nelle campagne, il risanamento del canale del Rio etc. Saremmo oggi più grandi e non certo per idee che  “del senno di poi ne son piene le fosse” ma grazie a piani già avviati, definiti o possibili ma rimasti incompiuti o oggetto di amare telenovelas (ACAIT, Acque Reflue etc.).

E così il paese continua a farsi più piccolo in interesse, più povero in economia, più vecchio e rado in abitanti e più evitato dal turismo di rilievo. Fra le sanguinose guerre che ci angustiano ed il risorgere del terrorismo, viene allora da chiedersi se la nostra non sia una inconscia, pacifica, sinistra guerra contro noi stessi, fatta da “generali” a palazzo digiuni di “strategia”. Non militare per la difesa della patria, spesso svilita da moderne “sapienze” e indigeste sentenze, ma almeno per lo sviluppo del loro/nostro territorio.

I nostri migliori auguri alla dr.ssa Anna Piccinni, preziosa collaboratrice de Il Volantino in occasione di una recente edizione del Premio Giornalistico.

Nei giorni scorsi ha celebrato il suo matrimonio con Adrien Ravon in una bella cerimonia significativamente svoltasi a Depressa, dove la sposa –che vive abitualmente a Parigi- aveva trascorso alcuni periodi durante il Covid, promuovendo un blog (Radio Depressa - Sud con la vita!) e collaborando con l’Amministrazione comunale su un progetto di lettura e sviluppo del territorio.

Il Direttore e la Redazione formulano i migliori auguri agli sposi, così unendosi all’affetto dimostrato dalla comunità di Depressa (e non solo).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tricase, 16 ottobre 2023

SALENTO NO WAR - Uno striscione contro la guerra nella partita di ieri al palasport di Tricase tra Aurispa DelCar e Fano. I Leones Alessano e tutti i tifosi presenti hanno testimoniato vicinanza alle popolazioni colpite dal conflitto.

Ecco i risultati finali di questo fine settimana delle squadre della nostra Città, dalla pallavolo al calcio.

Pallavolo: Serie A3 – Aurispa DelCar – Fano 0-3;

Calcio: Promozione – Tricase – Galatina 0-1;

Seconda Categoria: Lecce 1- Tricase 2

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