Cochlea Centro pedagogico e di formazione
Ogni bambino trova lo spazio per esprimere il meglio di sé
Il Centro pedagogico e di formazione Cochlea nasce dall’incontro di diverse figure professionali, pedagogisti, psicologi e formatori con l’obiettivo di supportare il bambino e il ragazzo in quello che è il suo percorso didattico.
Diretto dalla dott.ssa Isabella Bianco, Cochlea, sito in Corso Roma, è una risposta sul territorio di Tricase a quelli che sono i disturbi specifici d’apprendimento, offrendo laboratori didattici, in piccoli gruppi, in modo da garantire una guida alla conoscenza ed utilizzo degli strumenti informatici compensativi per favorire l’autonomia ed il successo scolastico.
Grazie al lavoro dell’équipe multidisciplinare, il Centro risponde con competenza, passione e professionalità ai bisogni di bambini, ragazzi e famiglie.
Il coinvolgimento della famiglia risulta essere di fondamentale importanza perché garantisce al bambino e all’adolescente, un clima di accoglienza, ascolto e fiducia.
Il supporto che offre Cochlea è sotto tutti i punti di vista, dalla consulenza alla valutazione, alla presa in carico psicologica, logopedica o psico-educativa nelle difficoltà e nei disturbi della sfera emotiva, comportamentale e di apprendimento, attraverso percorsi di crescita personalizzati.
Ogni percorso è esclusivo, ma ciò che lo contraddistingue è un approccio Positivo ed efficace, centrato sulla persona, che è accompagnata passo dopo passo nel cammino di scoperta degli aspetti positivi di sé e di relazione con l’Altro.
Nel centro Cochlea ogni bambino trova lo spazio per esprimere il meglio di sé.
di Pino Greco
Continua la “battaglia” su Villa Sauli a Tricase Porto.
Il Comune di Tricase, dopo aver intimato ai proprietari di porre in sicurezza l’edificio dopo il tornado di qualche mese fa ed aver ordinato la demolizione trattandosi di un edifico pericolante, ha ora ordinato comunque la demolizione perché ha scoperto che la struttura è abusiva.
Il fabbricato come si legge nell’ordinanza che pubblichiamo- è stato realizzato in difformità sostanziale dal nulla osta rilasciato nel lontano 1963; da qui l’ordine di integrale demolizione.
La nuova ordinanza del Comune ha fatto venir meno l’interesse da parte dei proprietari di vedere deciso il ricorso che avevano proposto contro la prima ordinanza. Conseguentemente, il T.A.R. Lecce ha dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, con conseguente venir meno dell’ordinanza di sospensiva, il ricorso dei proprietari.
Il TAR ha preso atto che dopo la sospensiva già accordata sull’ordinanza sindacale e dopo che i proprietari avevano presentato un progetto di consolidamento e restauro del fabbricato rigettato dall’UTC, lo stesso Comune aveva emesso una nuova ordinanza di demolizione per presunte difformità urbanistiche, assegnando ai proprietari un termine ulteriore di 90 giorni per la demolizione.
E’ molto probabile che la “battaglia” continuerà con un nuovo ricorso da parte dei sigg.ri Sauli. Staremo a vedere.
Dopo decenni di polemiche, la questione venne messa in movimento nel 2017 dal sindaco Chiuri che emise un primo provvedimento con il quale ordinava ai proprietari una opportuna custodia dello stesso immobile perché l’area interna poteva essere interessata da pericoli di crollo.
Il 25 novembre 2018, dopo il passaggio del tornado, la demolizione diveniva non più rinviabile. Ad attestarlo il Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Lecce dopo apposito sopralluogo: “l’immobile sito a Tricase Porto, Villa degli Oleandri, è una concreta minaccia per tutti”.
Da qui l’ordinanza del sindaco Chiuri :“demolire Villa Sauli entro trenta giorni”.
Il T.A.R. sospese l’ordinanza di demolizione, rinviando al 20 marzo la finale decisione.
Ma, ora, il nuovo intervento del Comune e la contestazione che l’edificio è completamente abusivo. Verrebbe da chiedersi: solo ora si scopre questo abuso?
di Giuseppe R. Panico
Conosciamo il muretto di Tricase Porto e le sue vicende. Rifatto panoramico, dopo essere stato
ben fatto circa un decennio prima, ne sono state poi scorciate le travette che da sotto lo
sostenevano o lo abbellivano. Fresche di cantiere, avevano il brutto vizio di rompersi e finire in
banchina o sulla testa.
Pagato noi l’amaro conto, a rischio di cadere di sotto sono ora bicchieri o
bottiglie di chi lo frequenta, forse distratto dal ben noto gran “mostro” edilizio ora in guardina con nuovi muri e transenne. Con gli occhi su quel mostro, non si vedono i tanti “mostriciattoli” sotto il naso, né si pone orecchio al “grido di dolore” che intorno echeggia.
Avvezzi a crolli e transenne di “lungo corso”, non ci si cura nemmeno dell’antistante muraglione che, in testata, è un po’ crollato,smozzicato e vietato.
Se le transenne sono un po’ erose dal tempo e dal mare, rode invece tanto quando, trovandosi su uno dei due lati, non si può ivi passare dall’altro. La “mostruosità” è che disagio e imprecazioni durano ormai da anni. Si spera non sia un’”opera d’arte” della nostra vocazione turistica, in bella mostra nel nostro porto-museo. “Cartoline da Tricase” bofonchia intanto qualche passante tornando sul luogo.
Recandosi a Marina Serra, i muri abbattuti da alberi e tornado lungo la litoranea, più che a secco, sono ancora a secco di interventi, come pure (dopo ormai 4 mesi!!) pali e fili Telecom.
Sul lungomare, “l’ultima torre” (Palane) continua a cadere a briciole e pezzettini fra rottami di transenne abbandonate. Meglio volgere lo sguardo verso il Calino e accomodarsi sul quel triangolare belvedere che domina il porticciolo. NO, meglio di NO! Non ha travette che si rompono, ma, sotto l’angolo più acuto, sta proprio crollando e, corna facendo, né con qualcuno sopra, né con altri sotto.
Anche qui, transenne di lungo corso o cazzuola e cemento rapido? Si rientra in paese per la “Via del Sole” (Marina Serra); quel sole che, da decenni, illumina d’immenso i cartelloni per piste ciclabili…inesistenti. Il sole picchia duro, da circa tredici anni, anche su tubi e valvole azzurrine lato strada. Riscalda l’acqua che non c’è e non scorre verso le assetate campagne.
Per ora, ripuliamo a caro prezzo, un po’ di acque piovane, per poi tenercele in vasca a far zanzare o versarle fra i pesci nel Rio. Dalle Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno (a dirla col Manzoni), da Roma a Parigi, a Londra etc , le acque piovane vanno invece dritte nei fiumi e poi … al mare.
Forse il lungo e sofferto nostro romanzo “Le Acque Promesse” con vasche fatte e rifatte, interrate e svuotate, avrà un giorno un lieto fine, come nei “Promessi Sposi”, nella speranza che un litro d’ acqua piovana così versato in campagna non costi più del latte pecorino versato in Sardegna.
Entrando in paese da via Viviani e poi svoltando a destra per via……. .
Ma che via sarà quella? Non ha né nome né numeri, ma tanti giovani in attesa di pullman. Non sanno manco loro che via è; forse “Via delle Canne” (nel fosso a lato), o “Via degli Aranci” (c’erano ma non sono sopravvissuti al nostro “amore” per il verde e l’incuria da marciapiede non ne tappa le buche), o “Via delle Cascate” perché, quando piove, lì abbiamo pure le… Marmore. Ma è così difficile intubarle? In attesa di toponomastica e non di topi dal fossato, sarà “Via N.N”, con tanto di marciapiede e muretto sul fosso.
I ragazzi che ivi si appoggiano non sono turisti da spennare, né migranti per lucrare in affitti e buonismo.
Sono studenti dei vicini paesi, di certo meritevoli di attendere in una strada o viale con un bel nome (“Viale degli Studenti” a loro dedicato?), qualche panchina e una tettoia per ripararsi.
Ma loro ancora non votano (in Austria a 16 anni, in Grecia a 17), dunque poco considerati, e poi i “Grandi” di paese pensano ad altro. Compreso allargare via Roma (da poco malamente ristretta), non per una ciclovia verso S. Eufemia e Tutino ma per più auto e affari per pochi.
I costi sono invece a carico di tutti, come pure le multe dell’Europa per essere noi tanto sporcaccioni in inquinamento e spazzatura. Ci condanniamo così ad essere anche morituri anzitempo, per smog da auto, e a svilire il valore abitativo delle case fronte-strada-auto.
Con tali “Grandi” e tal futuro, ai nostri giovani studenti, ora sulle piazze per clima e inquinamento, non rimane che l’esempio degli amici più anziani, ma non quello di ritrovarsi sul bel muretto del porto o ai blocchi al muraglione. Lasceranno il “muretto del pianto” sulla strada senza nome per spezzare, emigrando, quella catena ereditaria di insuccessi, tramandata dai genitori ai figli.
Si faranno Grandi altrove, ma ben diversamente e, se torneranno, sarà per un fuggevole sguardo a sempiterne catene e mostri e mostriciattoli della loro gioventù.