di Giuseppe R. Panico
Conosciamo il muretto di Tricase Porto e le sue vicende. Rifatto panoramico, dopo essere stato
ben fatto circa un decennio prima, ne sono state poi scorciate le travette che da sotto lo
sostenevano o lo abbellivano. Fresche di cantiere, avevano il brutto vizio di rompersi e finire in
banchina o sulla testa.
Pagato noi l’amaro conto, a rischio di cadere di sotto sono ora bicchieri o
bottiglie di chi lo frequenta, forse distratto dal ben noto gran “mostro” edilizio ora in guardina con nuovi muri e transenne. Con gli occhi su quel mostro, non si vedono i tanti “mostriciattoli” sotto il naso, né si pone orecchio al “grido di dolore” che intorno echeggia.
Avvezzi a crolli e transenne di “lungo corso”, non ci si cura nemmeno dell’antistante muraglione che, in testata, è un po’ crollato,smozzicato e vietato.
Se le transenne sono un po’ erose dal tempo e dal mare, rode invece tanto quando, trovandosi su uno dei due lati, non si può ivi passare dall’altro. La “mostruosità” è che disagio e imprecazioni durano ormai da anni. Si spera non sia un’”opera d’arte” della nostra vocazione turistica, in bella mostra nel nostro porto-museo. “Cartoline da Tricase” bofonchia intanto qualche passante tornando sul luogo.
Recandosi a Marina Serra, i muri abbattuti da alberi e tornado lungo la litoranea, più che a secco, sono ancora a secco di interventi, come pure (dopo ormai 4 mesi!!) pali e fili Telecom.
Sul lungomare, “l’ultima torre” (Palane) continua a cadere a briciole e pezzettini fra rottami di transenne abbandonate. Meglio volgere lo sguardo verso il Calino e accomodarsi sul quel triangolare belvedere che domina il porticciolo. NO, meglio di NO! Non ha travette che si rompono, ma, sotto l’angolo più acuto, sta proprio crollando e, corna facendo, né con qualcuno sopra, né con altri sotto.
Anche qui, transenne di lungo corso o cazzuola e cemento rapido? Si rientra in paese per la “Via del Sole” (Marina Serra); quel sole che, da decenni, illumina d’immenso i cartelloni per piste ciclabili…inesistenti. Il sole picchia duro, da circa tredici anni, anche su tubi e valvole azzurrine lato strada. Riscalda l’acqua che non c’è e non scorre verso le assetate campagne.
Per ora, ripuliamo a caro prezzo, un po’ di acque piovane, per poi tenercele in vasca a far zanzare o versarle fra i pesci nel Rio. Dalle Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno (a dirla col Manzoni), da Roma a Parigi, a Londra etc , le acque piovane vanno invece dritte nei fiumi e poi … al mare.
Forse il lungo e sofferto nostro romanzo “Le Acque Promesse” con vasche fatte e rifatte, interrate e svuotate, avrà un giorno un lieto fine, come nei “Promessi Sposi”, nella speranza che un litro d’ acqua piovana così versato in campagna non costi più del latte pecorino versato in Sardegna.
Entrando in paese da via Viviani e poi svoltando a destra per via……. .
Ma che via sarà quella? Non ha né nome né numeri, ma tanti giovani in attesa di pullman. Non sanno manco loro che via è; forse “Via delle Canne” (nel fosso a lato), o “Via degli Aranci” (c’erano ma non sono sopravvissuti al nostro “amore” per il verde e l’incuria da marciapiede non ne tappa le buche), o “Via delle Cascate” perché, quando piove, lì abbiamo pure le… Marmore. Ma è così difficile intubarle? In attesa di toponomastica e non di topi dal fossato, sarà “Via N.N”, con tanto di marciapiede e muretto sul fosso.
I ragazzi che ivi si appoggiano non sono turisti da spennare, né migranti per lucrare in affitti e buonismo.
Sono studenti dei vicini paesi, di certo meritevoli di attendere in una strada o viale con un bel nome (“Viale degli Studenti” a loro dedicato?), qualche panchina e una tettoia per ripararsi.
Ma loro ancora non votano (in Austria a 16 anni, in Grecia a 17), dunque poco considerati, e poi i “Grandi” di paese pensano ad altro. Compreso allargare via Roma (da poco malamente ristretta), non per una ciclovia verso S. Eufemia e Tutino ma per più auto e affari per pochi.
I costi sono invece a carico di tutti, come pure le multe dell’Europa per essere noi tanto sporcaccioni in inquinamento e spazzatura. Ci condanniamo così ad essere anche morituri anzitempo, per smog da auto, e a svilire il valore abitativo delle case fronte-strada-auto.
Con tali “Grandi” e tal futuro, ai nostri giovani studenti, ora sulle piazze per clima e inquinamento, non rimane che l’esempio degli amici più anziani, ma non quello di ritrovarsi sul bel muretto del porto o ai blocchi al muraglione. Lasceranno il “muretto del pianto” sulla strada senza nome per spezzare, emigrando, quella catena ereditaria di insuccessi, tramandata dai genitori ai figli.
Si faranno Grandi altrove, ma ben diversamente e, se torneranno, sarà per un fuggevole sguardo a sempiterne catene e mostri e mostriciattoli della loro gioventù.