di Pasquale FERRARI
Trovare un regalo? Un giretto tra le vetrine addobbate ed un passaggio on line, tra reale e virtuale, i nostri sensi vengono stimolati in modo incessante e interattivo, ma selezionare l'idea giusta è più difficile che mai, sempre angosciati dalla possibilità che il nostro regalo non sia apprezzato… e che per questo possa essere ‘riciclato’, così come accade per un italiano su due, con sciarpe, guanti e cravatte! Esiste un dono, tuttavia, che concilia unanimemente i requisiti della ricerca, porta beneficio non solo a chi lo riceve e annulla il rischio riciclo!
Ce lo suggerisce Maria Stea, presidente di ADMO Puglia (Associazione donatori midollo osseo, attiva dal 1990) e della Sezione di Gioia del Colle di FIDAS (Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue): «Il più grande regalo che una persona possa fare è donare. Sangue, plasma, piastrine, midollo osseo. Il sangue è il farmaco salvavita per eccellenza, tutti i pazienti oncoematologici hanno bisogno di trasfusioni di sangue, plasma e piastrine, e finanche della sacca speciale delle cellule staminali.»
Le fa eco Roberto Zocco, presidente della Sezione di Tricase di A.Do.Vo.S. (Associazione Donatori Volontari di Sangue) “Messapica”, federata FIDAS: «Donare sangue non comporta un notevole dispendio di tempo. La donazione dura pochi minuti, nella piena tutela del donatore e nel rispetto di precise normative nazionali. La donazione di sangue è indolore, non dannoso per la salute e assolutamente sicuro perché tutto il materiale usato è monouso e il sangue donato viene riprodotto in brevissimo tempo. Per donare il sangue non bisogna essere superuomini né eroi, è sufficiente essere sani e maggiorenni.
È un gesto di solidarietà, di altruismo e un dovere sociale. Un gesto semplice, che però può rivelarsi indispensabile nella cura delle malattie oncologiche ed ematologiche, nei servizi di primo soccorso e di emergenza/urgenza, in molti interventi chirurgici e trapianti di organi e di midollo osseo.».
«La donazione di midollo, invece – continua la presidente di ADMO Puglia – ha un percorso meno immediato: il trapianto di midollo è però l’unica cura efficace contro molte malattie del sangue come leucemie, linfomi e mielomi. Purtroppo, solamente 1 persona su 100mila è compatibile con chi è in attesa di una nuova speranza di vita. Per questo tutte le nostre campagne di sensibilizzazione hanno, come fine ultimo e profondo, la riduzione dei tempi di ricerca del donatore compatibile e la tanto vagheggiata attesa del trapianto.».
Le attività di ADMO, infatti, sulla scia del progetto avviato nel 1989 dal professor Giorgio Reali, l'allora primario del centro trasfusionale dell'ospedale Galliera di Genova, sono finalizzate al reperimento di "cittadini italiani disponibili ad offrire in maniera anonima, volontaria e non retribuita il proprio sangue midollare a favore di pazienti affetti da gravi malattie del sangue.".
«Solo dopo la “tipizzazione” del potenziale donatore, infatti – continua ancora Maria Stea – si procederà al suo inserimento nel Registro italiano donatori midollo osseo (l’IBMDR, collegato con tutti i registri del mondo!), quale unica struttura a livello nazionale che detiene l'archivio dei potenziali donatori.
Se a questo punto, il profilo donatore coincide con quello di un potenziale ricevente (“match”), si verrà contattati dal Centro Donatori per continuare il percorso di donazione fino al trapianto.» Sono momenti in cui il desiderio di donazione si trasforma in un regalo davvero unico e straordinario… che non si “scarta” mai.
di Alessandro DISTANTE
Nel numero di questa settimana un po’ di tutto: dalla notizie sulla rampa del pronto Soccorso dell’Ospedale Panico ad una ampia analisi sulla storia e le prospettive del Nosocomio; da alcune considerazioni sulle iniziative natalizie ai progetti di opere pubbliche comunali; dai severi giudizi sul commissario Fitto ai volti nuovi e noti per le prossime amministrative; dall’antico mestiere del ferracavaddhi alla concessione in uso del caicco Portus Veneris, senza trascurare lo sport, il cinema e le iniziative di solidarietà proprie del Natale. Insomma di tutto e di più.
Se si volesse cogliere un filo comune -ed è doveroso per un direttore editoriale che si rispetti- si potrebbe dire che accadono tante cose ma c’è molto poco dibattito.
Emblematica la vicenda della rampa del Pronto Soccorso dell’Ospedale (Greco a pag. 2). Un progetto che avrebbe cambiato l’assetto urbanistico di una parte della Città ma che non ha avuto l’onore di un pubblico dibattito. Bene ha fatto l’Azienda Ospedaliera a parlarne nel corso di un importante convegno tenutosi a Tricase (Ricchiuto a pag. 5).
Molto male ha fatto il Comune a non parlare alla Città del “merito” di quel progetto, fermandosi alle schermaglie politiche. Si è arrivati al poco comprensibile rinvio della seduta consiliare, che era stata appositamente convocata per approvare il progetto in variante allo strumento urbanistico, salvo poi constatare che a quel rinvio non ha fatto seguito alcuna successiva seduta consiliare, insomma un rinvio sine die. Colpa delle minoranze? Colpa della maggioranza? Quel che è certo è che il massimo organo di rappresentanza della popolazione non ha neppure affrontato l’argomento.
Tanto meno la questione ha avuto la dignità di essere trattata in qualche incontro organizzato dai così detti corpi intermedi, quali sono i partiti e movimenti. Nessuno, ufficialmente, ha preso posizione, se non per dare la colpa all’avversario di turno.
Eppure c’era tanta materia di discussione, come dimostrato proprio da questo giornale che pubblicò, due volte, un progetto alterativo con rampa all’interno dell’area già di pertinenza dell’Ospedale. Una soluzione che oggi sembrerebbe essere quella per la quale ha optato l’Azienda Ospedaliera Panico e che quindi ben poteva essere la base per un confronto, per verificare se fosse (ed oggi se sia) la soluzione migliore oppure se quella originaria dell’Ospedale non fosse da preferirsi.
Ed invece: silenzio, fino al punto che tutti ne escono sconfitti. L’Ospedale che non ha visto neppure discussa e votata la sua proposta; il Consiglio comunale che non è riuscito a discutere sulla prima o su altre proposte; la Città che ha perso un’occasione per dibattere sul suo futuro che, come il presente, ha nell’Ospedale Panico il suo fiore all’occhiello per le cure e perché fonte di reddito per tante famiglie.
C’è da chiedersi: e la tanto sbandierata politica della partecipazione? O, meglio, c’è da chiedersi: e la politica?
di Vincenzo ERRICO
Negli ultimi anni, in seguito a numerosi provvedimenti, riforme e decreti, la competenza sanitaria del sindaco, quale massima autorità a livello territoriale, si è notevolmente ridotta. Pur tuttavia rimane ancora una figura apicale cui far riferimento per la protezione sociale dei cittadini. Compito di un Sindaco sarebbe agire, controllare, e soprattutto “rivendicare” la presenza di servizi sul territorio. Presenza resa ancor più indispensabile dall’applicazione rigida del modello aziendalista alla sanità pubblica, che ha portato ad un accentramento dei servizi in poche strutture, spesso difficilmente raggiungibili da persone anziane, non automunite o non autosufficienti. Partendo dal presupposto che l’ospedale, laddove si ha la fortuna di averne uno nella propria città, non è e non dovrebbe essere l’unica sede in cui si tutela la salute del cittadino, e riflettendo sull’attuale situazione sanitaria, con lunghissime liste di attesa e conseguente affidamento alla sanità privata, emerge chiaramente l’importanza di una forte interazione tra Sindaco e Asl.
Un primo passo di una Amministrazione efficiente, secondo noi di Tricase Insieme, potrebbe essere la consultazione periodica delle rilevazioni del OIS (Osservatorio sulle buone pratiche di Integrazione Sociosanitaria) per identificare e focalizzare quelle forme di integrazione tra Asl e territorio che possano essere più idonee per la nostra città.
Il passo successivo, come già avviene per molti comuni limitrofi, sarebbe un impegno amministrativo/politico finalizzato al coinvolgimento dell’Asl nella realizzazione di CASE DI COMUNITA pilastri fondamentali, previsti dal PNRR.
Cosa sono le CASE DI COMUNITÀ?
Sono il luogo fisico, di facile individuazione, al quale i cittadini possono accedere per bisogni di assistenza sanitaria e socio-sanitaria, come le cure primarie, l’assistenza domiciliare, la specialistica ambulatoriale, i servizi infermieristici e di prenotazione, l’integrazione con i servizi sociali, la partecipazione della comunità.
Se poi, alle case di comunità si affiancasse la realizzazione della città di prossimità, (un esempio per tutti è Milano 15 minuti) un modello ad esse strettamente correlato che mira a migliorare la qualità della vita dei cittadini attraverso una forma di sviluppo urbano e sociale più sostenibile e inclusivo, si potrebbero assicurare ai cittadini tutta una serie di servizi sanitari, sociosanitari e sociali, facilmente accessibili a tutti.
A chi potrebbe replicare sostenendo la mancanza di fondi, rispondiamo che se le istituzioni fossero in grado di gestire correttamente i processi di transizione, finanziati dal PNRR, vi sarebbe la possibilità di realizzare anche a Tricase “comunità curanti”, attraverso un lavoro sinergico tra servizi sociali e sanitari, tra soggetti pubblici e del privato sociale, tra le istituzioni del territorio e le differenti professioni. Tramite l’attivazione di questi processi partecipativi, costruiti anche intorno alla co-progettazione dei cittadini- si potrebbe innalzare il livello di qualità della vita delle persone e il benessere delle comunità.
di Giovanni CARITÀ (Capogruppo Consiliare “Tricase, che fare?”)
L’attuale Amministrazione comunale della nostra città, guidata dal sindaco De Donno e dalla sua Giunta, e sostenuta da alcuni consiglieri comunali, può essere rappresentata iconograficamente con una foto dei lavori in via San Demetrio.
Pensati con una progettualità che voleva farne della strada in questione l’emblema della rinascita del centro storico, i lavori in via San Demetrio e dintorni, con il passare del tempo, si stanno rilevando sempre più un disastro, da molteplici punti di vista. Progettata, finanziata e cantierizzata ormai da diversi mesi, una tra le strade più importanti del centro storico è oggi oggetto di valutazioni più o meno condivisibili. Presenta, infatti, palesi e inopinabili criticità: lampioni non consoni con il contesto, marciapiedi inguardabili, avvallamenti più o meno visibili, un enorme dislivello nel bel mezzo della stessa e uno scivolo lungo circa venti metri impraticabile e pericoloso per i pedoni, soprattutto disabili, anziani e bambini (forse un maldestro tentativo di stalli improvvisati per automobili e/o per carico e scarico merci).
La strada, ancora chiusa con ordinanza sindacale, è finita negli ultimi giorni tra i tanti post di alcuni esponenti di maggioranza che, come nulla fosse, ne praticavano il transito pur essendo ancora area di cantiere.
Perché è accaduto tutto questo? La risposta è semplice: per la fretta di fare, di dimostrare di aver fatto, di essere vincenti.
Stessa fretta di fare e, soprattutto, di vincere le elezioni che portò nel luglio del 2020 espressioni politiche eterogenee a mettere in piedi un cartello elettorale con un unico obiettivo: vincere. Operazione riuscita sul piano del risultato, non vi è dubbio, ma rivelatasi già dopo pochi mesi un sciagura per la governabilità della città.
Nonostante gli errori, gli inciampi, più o meno prevedibili, il sindaco, con ciò che resta di quella compagine elettorale, sta procedendo verso l’ambìto traguardo, che consiste nella conclusione del mandato e nella conseguente ricandidatura alla prossima tornata elettorale. Forse avrebbe fatto bene a fermarsi prima, un anno e mezzo fa, quando il Partito Democratico, unica forza politica a sostenerlo, ha abbandonato la maggioranza per approdare, di fatto, fuori dalle istituzioni. Invece no! Il sindaco è andato avanti per la sua strada, un po' come sono andati avanti i lavori in via San Demetrio, nonostante tutto.
La caparbietà pare averlo premiato, almeno per ora. Superate le festività natalizie, foto e video auto celebrativi compresi, l’amministrazione De Donno si avvierà verso la scadenza di fine mandato, presumibilmente ottobre 2025.
Quello che accadrà nel prossimo autunno, tuttavia, non dipenderà esclusivamente dalle scelte di De Donno. Tante sono le variabili che potranno determinare il futuro della nostra città. Una di queste variabili, per esempio, potrebbe essere la compagine tutta salentina denominata CON, che governa la Regione Puglia assieme al PD, e che ha nella figura di De Donno il massimo esponente nel sud Salento. Che farà CON? Lo scopriremo vivendo. Altre variabili potrebbero segnare il domani prossimo venturo di Tricase. Tutte variabile che incideranno pesantemente sulle scelte da compiere, soprattutto se la politica cederà nuovamente il passo alla fretta e, peggio ancora, all’inseguimento della vittoria elettorale ad ogni costo.
C’è una strada diversa da praticare? Certamente! È una strada in salita, che richiede fatica, ascolto, condivisione, tempo. Ecco, questa strada è quella che una possibile coalizione alternativa a De Donno ha l’obbligo di intraprendere, facendo attenzione alle uniche vere variabili che in politica fanno da sempre la differenza: la tempistica e la credibilità.
di Pino GRECO
A proposito di Tricase al buio…
Alcuni cittadini ci segnalano una cena a luci soffuse o spente…in mezzo al parco di via Pirandello: “ Le luci soffuse sono un ingrediente fondamentale di una cena romantica. L’effetto “ lume di candela” crea senza dubbio l’atmosfera giusta…”.
Che dire una serata intensa ed emozionante…