di Alessandro DISTANTE

Rinviato a data da destinare il Consiglio comunale; questa la decisione della Presidente del Consiglio a poche ore dall’orario fissato per l’inizio della seduta consiliare.

All’ordine del giorno vi era un solo punto e cioè la adozione di una variante urbanistica per la realizzazione dell’ampliamento del Pronto Soccorso e della Piastra dell’Ospedale Cardinale Giovanni Panico.

La notizia ha destato non poco stupore, sia per l’anomalìa di un rinvio senza alcuna motivazione ufficiale e da parte del Presidente che è tenuto a convocare il Consiglio su richiesta dei Consiglieri o del Sindaco (non è contemplato un potere di rinvio d’ufficio), sia -e specialmente- per l’importanza dell’argomento all’ordine del giorno.

Ma il rinvio a data di destinare porta alla luce un’altra questione più strettamente politica: le opposizioni, già il giorno prima, avevano stilato e reso pubblico un documento in forza del quale avevano deciso di non partecipare alla seduta consiliare. Ciò, ovviamente, non impediva agli altri Consiglieri di maggioranza di riunirsi e deliberare. Ed invece ciò non è accaduto. Siccome è certo che la Presidente del Consiglio non ha disposto un rinvio per un suo “capriccio”, è ragionevole ipotizzare che neppure la maggioranza era tutta d’accordo nell’esaminare la proposta di delibera.

Secondo le opposizioni -che, almeno, hanno motivato la loro scelta-  non era possibile discutere della variante per carenza di informazioni e di approfondimenti su punti discussi in Commissione.

Invero, la carenza di informazione e di dibattito ha caratterizzato l’intera vicenda; eppure un argomento così importante, certamente per l’Azienda Ospedaliera ma anche per l’intera Città, avrebbe meritato un coinvolgimento informativo e partecipativo il più ampio possibile, considerato che la variante riguardava (e riguarderebbe) un Ospedale che costituisce il fiore all’occhiello della Città e determinava (e determinerebbe) una modifica sostanziale in termini di viabilità e parcheggi di una vasta zona della Città.

Si potrebbe obiettare: il Consiglio avrebbe adottato la variante alla quale avrebbe fatto seguito la pubblicazione con la possibilità per tutti di presentare osservazioni per poi giungere alla definitiva approvazione.

Il sistema ha da tempo introdotto, anche normativamente, forme partecipative allargate che si affiancano alle tradizionali forme segnate dalla scansione adozione/approvazione. Segno evidente della considerazione di un livello di partecipazione avanzato, in linea con l’affermazione di una democrazia effettiva.

Tanto più in una fase storica che vede l’assenza dei così detti “corpi intermedi”, quali erano i partiti che fungevano da canale di informazione e di dibattito e quindi di collegamento tra eletti ed elettori.

Il rinvio disposto dalla Presidente consente, comunque, di recuperare questo importante momento partecipativo. Vedremo cosa accadrà, mentre il nostro Giornale continuerà ad ospitare chi vorrà intervenire sull’argomento.

Tricase  - La Presidente del Consiglio Comunale, Rosanna Zocco, comunica che il Consiglio Comunale  di oggi mercoledì 23 ottobre  - ore 16  , per la trattazione del seguente argomento: Approvazione progetto  per la realizzazione dell’ampliamento del Pronto Soccorso  e della Piastra  dell’Ospedale Cardinale Panico. Adozione della variante urbanistica e successive determinazioni, è rinviato ad altra data

 
di Alfredo Sanapo 
 
Alcuni mesi fa, vi sarà senz'altro capitato di leggere sugli appositi spazi della nostra città alcuni manifesti da morto particolari. I nomi dei defunti sono improbabili, le loro foto non rappresentano volti umani ma alberi e le età di morte fanno impallidire il recordman Matusalemme (969, Genesi 5:27). Avrete sicuramente capito che si tratta di deceduti a noi molto cari, perché parte indissolubile del nostro vissuto, della nostra storia e del nostro paesaggio.
 
Addio Nociara Salentina di anni 1060Perenzana di Alessano di anni 347Cellina di Nardò di anni 932. Trattasi dell'iniziativa di Save the Olives Onlus su tutto il territorio regionale per formare, informare ed educare alla necessità di alcuni innesti per salvare gli ulivi colpiti da Xylella fastidiosa senza ricorrere al loro abbattimento.
Ed è strano come proprio nello stesso periodo, alcuni opportunisti, sull'onda emotiva, propongano "miracolosi" protocolli salva-olivo, secondo i quali basta agire sulle condizioni fisiologiche della pianta per diminuire la probabilità di infezione da Xylella.
Alcune ditte che si occupano di agricoltura, botanica o giardinaggio, per motivi di marketing o per convinzione reale, hanno aderito a questi protocolli. Essi constano di procedure che, se seguite, avrebbero effetti curativi sulle parti lesionate dell'albero d'ulivo. 
A titolo esemplificativo, parlerò di un protocollo-tipo del quale, in breve, descrivo l'applicazione. È una combinazione di due componenti. La prima è una soluzione di sali minerali da applicare sulla parte aerea della pianta, nelle diluizioni e nelle cadenze indicate, allo scopo di migliorarne la fisiologia: capacità di assorbire e utilizzare nutrienti, aumento della capacità fotosintetica e metabolica della pianta, etc..
La seconda componente è un triturato di pietra vulcanica ad elevata capacità di trattenere acqua: bonificandolo e strutturandolo con questo prodotto, si riporterebbe il terreno ad uno stato vergine tale da rinforzare l'apparato radicale della pianta.
Nel protocollo-tipo sono raccomandate alcune buone pratiche per incrementare la sostanza organica (aggiunta di humus di lombrico o letame e l'utilizzo del sovescio). Vengono anche consigliate la potatura chirurgica delle parti secche, la disinfezione dei tagli sulla pianta e l'allontanamento del rami potati che potrebbero essere luogo ideale per la crescita di larve di insetti potenziali serbatoi di fito-infezioni.
Quanto illustrato parte dal presupposto che una pianta con sana e robusta costituzione difficilmente si ammala. Basterebbe agire positivamente sulle condizioni fisio-pedologiche della pianta per diminuire la probabilità di contrarre un'infezione.
 
Le mie perplessità su questo approccio sono alimentate da un principio della Microbiologia dal quale risulta che l'agente infettante ha l'interesse affinché l'ospite sia in buone condizioni di salute: paradossalmente, peggio stanno gli ulivi, peggio sta il batterio. Pertanto, a mio avviso, la cura per la Xylella non può prescindere dalla ricerca di un antibiotico e non può passare solo dalla prescrizione di buone prassi colturali.
In passato, si è visto che nella scienza non basta partire da premesse date per scontate, per giungere a conclusioni congrue: è opportuno procedere attraverso ragionamenti puntigliosi vagliati da osservazioni sempre verificabili.
 
Il pericolo è cadere nell'errore in cui incappò il dott. Bonifacio negli anni '70 che brevettò l'omonimo siero: partendo dal presupposto che le capre non si ammalano di tumore, egli ideò un estratto di urine e feci di ovino, opportunamente trattate, da inoculare in pazienti oncologici a fini curativi. I risultati della sperimentazione furono opposti a quelli attesi. Nonostante il parere negativo della comunità scientifica, "Oncologia Bonifacio" continuò a essere distribuita e il brevetto venne depositato.
 
Da profano del settore, il mio timore è che con i protocolli di cui sopra si voglia fare pressione su chi ha uliveti molto estesi e campa di attività olearia. Non vorrei che occulti poteri giocassero sulla loro emotività infondendo il timore che la politica di espianto seguita dalla Regione Puglia possa essere stata tutta sbagliata e che ciò avvenga insinuando nelle persone dubbi più legati a calcoli di natura economica ed elettorale ché ancorati ai risultati della scienza. 
Questo dubbio mi sovviene dal momento che tali protocolli non sono validati da studi scientifici da poter leggere all'interno del circuito ufficiale delle riviste specializzate.
 
Dunque, vogliamo giungere a un epilogo definitivamente positivo alla vicenda Xilella attraverso l'ordinario raziocinio scientifico? Oppure vogliamo continuare a seguire un "protocollo emotivo" che illuda le persone facendo leva sulle loro inquietudini e sui loro sentimenti?

di Giuseppe R. PANICO

Finita l’estate, l’industria nautica torna in campo, con i suoi tanti nuovi modelli di imbarcazioni a vela o motore. Da Genova a Brindisi è un susseguirsi di saloni ed esposizioni di barche da sogno. Lo spettacolo, con centinaia di vele, della Barcolana a Trieste e i tanti passaggi di yacht e superyacht al largo della nostra costa ci indicano come l’andar per mare sia diventata una attività molto diffusa, di alto e altissimo profilo economico e tecnologico ma che trova poco spazio nel nostro porto.

Coppa America e Luna Rossa lasciano poi increduli nell’osservare come le barche partecipanti volino sulle onde ben più velocemente del vento che le spinge. Un paese costiero come Tricase non può che guardare con maggiore interesse a tali eventi e non più frenare il suo sviluppo economico, nautico e turistico.

Non basta vivere di rendita sul dinamismo costiero del passato che ha portato alla seconda darsena del porto, a una vasta adiacente area per attività nautiche a secco e a tanti adiacenti nuovi locali per pertinenti attività (area e locali poi adibiti a ben altri usi). Come anche, a Marina Serra, di un porticciolo (chiuso ormai da anni e svalutazione di tale marina) e di una meravigliosa piscina” naturale”, ben frequentata anche d’inverno.

Non è mancata la progettazione di ampi parcheggi a mezza costa e di un tratto di litoranea alta per evitare il crescente transito per Tricase Porto. Progetti poi non realizzati anche per il sopraggiungere di una politica e cultura conservatrice/museale estranea ad ogni nuovo sviluppo, compreso quello di una più diffusa residenzialità costiera o verso la costa. Situazione ancor più grave per la perdurante mancanza di un moderno PUG e per un Piano Coste dimostratosi inefficace.

Stagnazione, se non regresso, a fronte di un crescente multiforme turismo nautico/ balneare/costiero, con improprio uso e disuso di quanto realizzato in passato, come anche per l’insicurezza portuale dovuta alla balneazione in tali acque. Una attività, quest’ultima, che, pur vietata, è ampliamente tollerata” a beneficio della utenza locale, ma che allontana un più esigente turismo nautico e balneare.

Se con tale status non ci si avventura nell’investire in qualche nuovo hotel, come di recente riportato da “Il Sole24 Ore”, sembra anche difficile che lo sviluppo nautico (e costiero) possa far breccia su pensieri e poteri dominanti. Un comparto di eccellenza, quello nautico, per l’industria italiana, con un elevato apporto al PIL nazionale e che non può che contare su una crescente disponibilità di posti-barca e qualità dei servizi.

Ogni posto-barca occupato genera circa tre unità lavorative (progettazione/costruzione scafi e motori-commercializzazione-assistenza-gestione porti etc.) e la ricaduta di almeno un’altra unità sulle rimanenti attività turistiche costiere. Una sensibilità che, anni fa, ha portato una nostra scuola ad attivare corsi professionali sulla economia del mare e dunque anche per nautica e turismo.

E questo mentre un vasto (e controverso) progetto per la protezione del nostro porto con un lungo molo foraneo (6 milioni di euro), ma senza nuovi posti barca, veniva poi cestinato. Sembra ora prossimo l’avvio dei lavori di dragaggio dei fondali del porto, nella speranza che non ci riporti né alle vicende del dragaggio del secolo scorso (con ritorno in porto, alla prima mareggiata, dei materiali dragati e scaricati poco fuori) né alle lungaggini e disagi degli attuali lavori in paese.

Di nautica/balneazione/turismo si è già parlato più volte sul Volantino, sia per la attivazione di porti a secco per nautica minore a Tricase Porto e Marina Serra, sia per una nuova grande piscina naturale nell’ampio pianoro sul retro di Punta Cannone (con soprastante parco e parcheggio), del recupero (previo dragaggio e ormeggio occasionale di imbarcazioni maggiori) della banchina Nord (ora invasa dai bagnanti), delle necessarie discese a mare sui tanti tratti di bassa scogliera (come quella antistante la rotonda) e di un allungamento/rafforzamento della attuale barriera di tetrapodi.

Un ampio piano costiero, dunque, per una Tricase, il più grande comune costiero del Sud Salento d’ Oriente, che voglia farsi più grande, vogando e navigando verso il suo futuro e non solo galleggiare fra i crescenti limiti del suo modesto presente.

di Pino GRECO

Una segnalazione giunge in redazione dal centro storico di Tricase: “In via San Demetrio bisogna smantellare una parte della superficie già esistente, ripristinare il servizio idrico e riposizionare la pavimentazione”. Abbiamo contattato l’ingegnere comunale Vito Ferramosca: “L’autorizzazione da parte dell’ autorità idrica pugliese è avvenuta oltre i termini previsti per il completamento di via San Demetrio. Noi abbiamo proseguito con il programma dei lavori  in attesa dell’autorizzazione. Quindi si è sovrapposto su via San Demetrio una pavimentazione lunga circa 10 metri rispetto a quello che necessita per lo stacco di via Orlandi”.

In pratica, i lavori in via San Demetrio continuano ( siamo all’altezza della gioielleria Bortone), bisognerà smantellare una parte della superficie già esistente (all’altezza dello studio fotografico Teo), consentire all’acquedotto pugliese di realizzare lo stacco della rete idrica, che servirà in via Orlandi e riposizionare la pavimentazione in via San Demetrio

 

Nella foto il riquadro rosso indica le vicinanze dell'area che dovrebbe essere smantellata per consentire all’acquedotto pugliese di realizzare lo stacco della rete idrica

in Distribuzione