Era sabato 25 novembre 2017. Ci contattò un disabile tricasino che ama lo sport e spera di trovare parcheggio.
Caro direttore, grazie per il vostro impegno ventennale a tutta la Città di Tricase e ai tricasini.
Tante grazie per lo spazio e l’attenzione che ci riservate a noi disabili. Questi quattro righi sono indirizzati a chi amministra la Città di Tricase. Non voglio prolungarmi nelle solite nostre tristi storie, voglio solo segnalare per quelli come me che amano lo sport, l’assenza dei parcheggi riservati ai portatori di handicap, nello spazio dove sostano le auto, nelle vicinanze dello stadio San Vito e del palazzetto dello sport di Tricase.
Pensando di fare cosa gradita. Ringrazio tutti anticipatamente.
Subito è arrivata la risposta da parte dell’assessore Sonia Sabato e del consigliere comunale Maurizio Ruberto:
Stiamo provvedendo a sistemare i parcheggi ( Maurizio Ruberto)
Con responsabilità prendo atto della necessità di far posizionare stalli gialli per disabili al palazzetto dello sport e cercherò nel più breve tempo possibile di provvedere,come ho già provveduto in diversi punti di Tricase ( posta vecchia, scuole,marine ecc. ) E MI CHIEDO…, come mai non ci ha pensato nessuno prima ? ( Sonia Sabato)
E’ sabato 16 dicembre 2017
E’ arrivato Natale , il nostro caro amico disabile ci contatta ancora.
Dal 25 novembre ad oggi sono state disputate quattro gare sportive tra calcio e pallavolo, hanno assistito più di 2000 tifosi tra “stadio comunale e palazzetto dello sport di Tricase”.
Dal 25 novembre ad oggi ancora non c’è ombra dei parcheggi riservati ai portatori di handicap… Speriamo in Babbo Natale
Un ospedale in crescita lenta ma costante
di Ercole Morciano
« Più che Bilancio Sociale preferisco chiamarlo Bilancio di Missione» così ha esordito la direttrice dell’Azienda Ospedaliera “Card. Panico”, sr. Margherita Bramato, nell’introdurre il 4 dicembre l’informazione sulla vita di quella che è tra le aziende più complesse e importanti del Salento. Già la premessa fa intuire all’uditorio presente nella sala del trono che non si tratta di un’arida esposizione di dati numerici, di grafici, di statistiche che pure servono per la trasparenza e l’affidabilità dei contenuti; si tratta in primo luogo di far percepire la presenza di un’anima, di qualcosa di immateriale e pur sempre connaturato, inseparabile, dalle scelte che quotidianamente si è chiamati a fare: e ciò rimanda alla natura cattolica dell’ospedale, al codice etico della Fondazione e al carisma proprio della congregazione delle suore Marcelline.
Un altro elemento riguarda il metodo di lavoro nell’ospedale: un lavoro d’insieme fatto di relazioni, di reciproche attenzioni, di consultazioni che sr. Margherita riassume con lo «spirito di famiglia interno» grazie al quale «il personale con le sue qualità umane e tecniche è patrimonio» che concorre alla finalità della Fondazione: «curare tutta la persona in senso cristiano… metterla al centro delle attenzioni… agire con dinamismo e rapidità decisionale». Un’ ultima nota riguarda lo stile col quale il bilancio è stato esposto dalla direttrice. Uno stile affabile, delicato anche nelle “rivendicazioni”, lontano dalla supponenza, segno di padronanza della materia e di coscienza limpida.
Non possiamo qui, per ovvie ragioni, esporre i dati numerici che probabilmente saranno pubblicati sul sito della Fondazione. L’esposizione ha riguardato i vari ambiti nei quali si articola il documento: partendo dall’analisi del contesto, si è passati all’organizzazione, alla metodologia basata sulla interazione interna tra i dipartimenti ed esterna con A.S.L. e Regione, alla quantificazione degli interventi, all’equilibrio di bilancio, ai rischi d’impresa , al patrimonio (tutto donato dalle suore Marcelline alla Pia Fondazione), alla cultura della sicurezza nel lavoro e formazione del personale, ai rapporti sindacali, alla sostenibilità ambientale, agli investimenti, al valore creato nel territorio, al welfare aziendale, alle convenzioni con le Università e, non ultima alla pastorale sanitaria. Ne vien fuori la visione di ospedale che in 50 anni ha avuto una «crescita lenta ma costante».
I posti letto sono cresciuti da 72 a 400; il personale conta oggi poco più di 1000 dipendenti; i medici provengono da tutt’Italia, gli altri operatori prevalentemente dal Salento. Diminuiscono gli investimenti ordinari (si è però aperto il reparto di neurochirurgia) mentre aumentano quelli straordinari: la centrale di trigenerazione energetica, l’area parcheggi, la sala operatoria ibrida; investimenti programmati: cabina elettrica, piastra per i servizi diagnostici, ristrutturazione centrale termica; opere di adeguamento dei sistemi antincendio. Fornitori: quelli dei beni di consumo sono tutti del nostro territorio; quelli di apparecchi sanitari e medicinali sono in prevalenza del nord.
Sr. Margherita condivide anche le sue preoccupazioni: spingere verso l’innovazione ad ogni costo comporta, di riflesso, la diminuzione del personale e in un contesto sociale asfittico come il nostro occorre trovare il giusto equilibrio. L’azienda classificata religiosa come il “Card. Panico” dal punto di vista economico applica il contratto pubblico, ma non riceve dalla Regione quanto essa spende per le medesime prestazioni nei suoi ospedali ; eppure, aggiunge, ci spinge ad investire sempre più verso l’alta professionalità per limitare i costi dovuti ai cosiddetti viaggi della speranza.
Lo facciamo con successo, ma con grandi sacrifici, facendo risparmiare molto alla Regione, ma è solo grazie ai dipendenti, che hanno rinunciato alle loro spettanze nello spirito della solidarietà cristiana,si è potuto andare avanti senza mandar via i pazienti, cosa che un ospedale cattolico non può fare. Occorre consolidare i rapporti operativi tra le istituzioni col riconoscimento del ruolo dell’Azienda ospedaliera nelle reti assistenziali: non è possibile, né giusto, trattare in modo diverso il pubblico, rispetto al privato-no profit, nel nostro caso l’ospedale cattolico classificato. La vera sfida, conclude sr. Margherita, è avere sempre bene in vista l’obiettivo finale e perseguirlo con tenacia: la solidarietà come principio al quale ancorare ogni sviluppo e ogni futuro.
La mia colonna di Alfredo De Giuseppe
Ci sono alcune strade che sembrano avere una sola direzione, senza ritorno. La popolazione mondiale fra pochi decenni si assesterà fra i dieci e i dodici miliardi, il pianeta sarà in un equilibrio sempre più instabile; l’acqua sarà un argomento complesso da gestire, mentre dei fossili si potrà fare a meno; i robot sostituiranno l’uomo in molte attività manuali, compreso la guida delle auto; la scienza medica farà progressi sempre più rapidi, fino ad essere tutti monitorati minuto per minuto; gruppi terroristici cercheranno di opporsi al progresso con la barbarie ma saranno perennemente sconfitti dalle soverchianti forze statali; internet, i social media, e altre sfumature del genere ufficialmente dovranno eliminare l’anonimato, facendo proliferare un internet illegale;
il commercio, le borse, la finanza mondiale, forse in mano ad una decina di persone, sarà sempre più dominante rispetto a qualsiasi decisione politica; andremo su Marte e cercheremo di installare moduli vitali; lo spettacolo e lo sport sempre più presenti nella vita di ogni giorno; i politici sempre più isolati ma protetti. Questi scenari, non più frutto di fantascienza o di film horror, sono valutati con attenzione in ogni campo da ambientalisti, demografi, scienziati e sociologi.
C’è una cosa, però, che viene sottaciuta, benché abbia allo stesso modo imboccato una strada senza ritorno: la società costruita in questi ultimi trent’anni ha le sue fondamenta nel principio che un élite di persone, stimata ottimisticamente intorno al 3%, governerà i processi, o almeno sarà parte di essi, comunque molto ricca e arrogante. Le masse guarderanno a quest’élite con invidia e angoscia, ma tenute a bada facilmente, per lo più dentro un’ignoranza elettronica.
Che poi consiste nel far usare gli strumenti più moderni, senza poterli mai, in alcun modo, dominare. Una democrazia sempre più rarefatta che si fonda su due immagini preoccupanti: da una parte una casta benestante e famelica e dall’altra una massa sempre più povera che si arrabatta ogni giorno, che lotta contro i suoi simili, che vede alcuni personaggi inarrivabili ai quali non sarà facile chiedere niente, se non quello codificato dai modelli scientifici, elettronici e finanziari dominanti.
Se riflettiamo, un vero e proprio capovolgimento dei principi del Novecento, rivenienti a loro volta dall’Illuminismo, che fondava il suo credo nell’uguaglianza fra gli esseri umani. Oggi invece si assiste quasi inermi a questo passaggio fondamentale, alla teorizzazione che non siamo tutti uguali: le disparità hanno una loro ragion d’essere, punto e basta. I partiti che ancora lottano per un’uguale dignità di tutti i cittadini, immigrati e poveri, carcerati e studenti, operai e giudici, hanno nelle nostre democrazie moderne un peso insignificante, sono quasi sempre considerati obsoleti e infine relegati a fattore nullo, utile solo a dimostrare che esiste un dibattito.
Ci sarà chi diventerà super ricco gestendo una qualunque cosa che ad ogni cittadino costi anche un solo centesimo al mese e ci saranno dieci miliardi di poveri che spenderanno quel centesimo al mese per sentirsi parte di quel processo vincente. Un’immensa moltitudine di nuovi schiavi del lavoro, dipendenti, professionisti e piccoli imprenditori, senza possibilità di cambiare posizione. Poveri di denari e di consapevolezze, tenuti a bada con sistemi di influenza sempre più sofisticati, magari con realtà virtuali e con un controllo maniacale sulla privacy.
Questo è lo scenario più plausibile nei prossimi 50 anni, a voi non piace, lo so, a me neanche, ma non riusciremo più ad unirci per dire no, siamo diventati liquidi e isolazionisti, pensiamo che davanti alla tastiera, ognuno di noi, troverà la sua fortuna.
Ci sarebbe una soluzione, una strada in salita e irta di difficoltà, unico appiglio che possiamo trovare: una scuola rivoluzionata e profonda, che sappia far maturare il senso critico dei bambini, che lasci alcune materie e ne approfondisca altre (ad esempio come leggere e usare i social network, la globalizzazione, l’economia), che sappia cogliere i cambiamenti, che studi la storia e l’antropologia, che insegni come vivere in armonia con la natura e gli altri umani, anche al di fuori delle loro disastrate famiglie, delle loro ignoranze indotte, dei loro scadenti rapporti sociali.
di Pino Greco
LIBELLULA FULGOR TRCASE . Marzo Punti.10; Tridici P.7, Rosafio P.5 , Melfi P.12 , Pellegrino P.7 ,Cassiano , Dalmonte P.18 , D’Alba, Malinconico, Pellegrino, Sodero, Taurino, Bisanti (L.) Primo all. De Giorgi . Secondo all. Amoroso
OLIMPIA SBV GALATINA Guarini Punti .2; Corsetti 4;Rossetti;Iaccarino 3;Maracchia;Apollonio(L); Muccione 2; Calò;Pierri(L);Persichino;Tundo;Mastropasqua; Petrosino 11;Bracci 13.
Arbitri 1° Tolomeo 2 ° Pellè
LIBELLULA FULGOR TRCASE 3 OLIMPIA SBV GALATINA 0
Parziali 25-15; 25-23; 25-20
Domenica, 17 dicembre 2017. Palasport di Tricase
Franco Marra è stato ricordato tra gli applausi anche prima del match interno contro il Galatina, tifosi e società hanno srotolato uno striscione per salutarlo
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Fulgor TRICASE: Vittoria con dedica a Franco Marra
Ultima giornata del 2017. La Fulgor chiude al sesto posto con 15 punti in classifica.
Prossima gara il 6 gennaio 2018 ore 18.30 a Ottaviano (Na),
terza forza del campionato
Vittoria per Franco Marra. A lui è dedicata questa vittoria. Tricase vince 3-0. Questa volta il solito grande pubblico presente al palasport di Tricase applaude prima e dopo la gara la scomparsa in settimana di Franco Marra.
Una vita, la sua, con i colori rossoblu appiccicati addosso come una seconda pelle, per lunghi 37 anni. Tricase conquista 3 punti in classifica che consente ai ragazzi di mister De Giorgi di raggiungere quota 15 punti.
Il Galatina ? Una stagione forse nata male e che, purtroppo, sta proseguendo anche peggio con le sconfitte che si stanno accumulando, sono salite a dieci consecutive con un solo punto in classifica.
di Gerardo Ricchiuto Il “Panico” di Tricase è un ospedale che, in base ad una apposita legge statale del 1968, è classificato ed inserito nell’ambito del sistema sanitario pubblico. L’ultimo Piano Sanitario Regionale prevede 400 posti letto e lo inquadra come ospedale di I livello, riservando il II livello solo agli ospedali situati nei capoluoghi di provincia.
In uno studio condotto sulla realtà ospedaliera pugliese dall’Istituto Sant’Anna di Pisa, commissionato dalla Regione Puglia, in base agli indici considerati, risulta essere, insieme agli altri due ospedali cattolici presenti in Puglia, quello di San Giovanni Rotondo ed il “Miulli” di Acquaviva delle Fonti, ai primi posti quanto ad efficacia ed efficienza e viene ritenuto un ospedale di eccellenza.
La Regione Puglia ha previsto presso questa Azienda Ospedaliera uno dei cinque centri pugliesi per lo studio e la cura delle malattie neurodegenerative e rare, e ciò in collaborazione con l’Università degli Studi di Bari.
Di non secondaria importanza è il ruolo rivestito dalla Facoltà di Scienze Infermieristiche, sede distaccata dell’Università di Bari, che permette la formazione di tanti giovani, provenienti da ogni parte della Regione.
Una realtà sanitaria, quindi, in controtendenza rispetto a quella del Meridione, che rappresenta una eccellenza anche nei confronti di altre strutture del resto d’Italia.
Peculiare ed interessante il fatto di essere un Ospedale che opera nel settore del no profit; un utile apporto ed integrazione al servizio sanitario pubblico, sempre meno sostenibile ed insufficiente a garantire il diritto costituzionale alla salute ed alla libera scelta delle cure da parte di tutti i cittadini, soprattutto dei meno abbienti.
A tal proposito molto utile e qualificata, per gli interventi ed i relatori convenuti, è stata la giornata del 4 dicembre, durante la quale si è svolto nella Sala del Trono di Palazzo Gallone uno degli eventi organizzati da un apposito Comitato per la celebrazione dei 50 anni dell’apertura dell’ospedale dedicata a “Presenza e prospettive dell’Ospedale “Card. G. Panico”. Gli Ospedali no profit nell’evoluzione del Sistema Sanitario Nazionale”.
Una occasione importante, speriamo anche per il futuro di queste strutture sanitarie, che ha permesso al Direttore Generale del Policlinico “Gemelli” di Roma, dott. Enrico Zampedri, al Delegato del Governatore dell’Ospedale “Miulli” di Acquaviva delle Fonti, Mons. Domenico Laddaga ed al Direttore Generale dell’Ospedale di Tricase, Suor Margherita Bramato, di esplicitare adeguatamente l’insostituibile ruolo svolto da questi ospedali nel Sistema Sanitario Nazionale, nonostante gli insufficienti trasferimenti economici da parte delle Regioni rispetto alle prestazioni garantite, ciò comportando problemi gestionali non indifferenti che, come ha sottolineato Suor Margherita, nell’Ospedale di Tricase si è riusciti almeno per il momento a fronteggiare grazie anche alla abnegazione, alla professionalità ed alla disponibilità di tutto il personale dipendente. Una problematica questa che dovrebbe sollecitare l’impegno e l’interesse di tutti, specie dei rappresentanti politici, ai vari livelli, perché nelle sedi idonee venga definitivamente affrontata.
La visita, avvenuta l’8 dicembre, del Segretario di Stato Vaticano, Cardinale Pietro Parolin, con l’inaugurazione della sala operatoria ibrida, ha testimoniato l’attenzione e l’importanza che la Santa Sede vuole riservare a quelle strutture sanitarie cattoliche che si distinguono e che costituiscono punto di riferimento per i sofferenti, qual è l’Ospedale “Panico”.