di Giuseppe R. Panico Il Meridione d’Italia è da troppo tempo considerato la più vasta zona povera dell’Unione Europea. Sarà il 2018, almeno dalle nostre parti, l’anno del cambiamento? Il 2017 ci ha dato parecchie novità fra cui una nuova amministrazione comunale a Tricase, l’evidenza di un Trump che, con la sua politica muscolare da America First, pare intenda passare alla storia, più che come un bullo super potente, come un presidente coraggioso e innovatore e, nella Corea del Nord, un più pericoloso satrapo che, con i suoi missili e le sue testate atomiche, pare intenda accelerare il riscaldamento globale e mandarci tutti in fumo.
Il Papa ha detto che il 2017 è stato un anno alquanto negativo ma a Napoli hanno aggiunto che col suo 17 (a disgrazia), non ci si poteva aspettare di meglio. E’ stato legalizzato (dopo quasi 70 anni) l’inno nazionale (di Mameli) ed ora siamo, finalmente anche per legge, “fratelli d’Italia”. Approvata pure la legge sul “fine vita” che ci consente, in caso di bisogno, di soffrire o far soffrire di meno. Una nuova legge elettorale, col recente scioglimento delle camere, ci porterà poi, alle idi del prossimo marzo (4 marzo), ad una nuova legislatura. La campagna elettorale è già in corso, ma troppo ricca di promesse e troppo povera di speranze (almeno su scottanti temi come lavoro, immigrazione e debito pubblico). Il trasformismo dei politici fa intanto rima col populismo e “bonus” economici o fiscali sono i doni di questo ultimo Babbo Natale e dei loro programmi. Nulla ancora di concreto per farci risalire dai tanti fondo-lista delle graduatorie europee. I “Vanna Marchi” della politica, rimessosi a nuovo e schiaritosi la voce, poco ci dicono da dove prendere i soldi per i loro programmi (dalla sanità per i nonni? dalla scuola dei nipoti? Sicuramente dalle nostre già povere tasche).
Nulla di nuovo, si direbbe, perché nulla di nuovo avviene nel nostro modo di pensare, agire e votare. Ci mancava a Roma un albero di Natale chiamato “spelacchio” ed un Vaticano che lamenta la perdita dei valori del presepe e del Natale in un’Italia ed un’Europa sempre più laica, atea, agnostica, più islamica e con nuove leve di preti e suore in gran parte africane e sudamericane. Ci salveranno le spoglie, tornate in Italia, del nostro penultimo re passato alla storia per la sua inettitudine e le sue due guerre mondiali? La prima vinta male, la seconda disastrosamente persa e, per finire, una civile/nazionale tanto cruenta. “Forza diciottenni” sembra dire ora il nostro Presidente della Repubblica, ai giovani del 1999, invitandoli alla loro “prima volta”, nel segreto delle urne, a fare voto per salvare il paese. Non come il re che arruolava i ragazzi del 1899 per salvare l’Italia dalla sua Caporetto.
I ragazzi di allora non avevano tempo per addestrarsi alle armi, se non per morire senza sapere spesso dove e perché, (tantissimi analfabeti). Quelli di oggi alla politica ed alle urne ben poco ci pensano e le statistiche dicono che troppo poco leggono e si informano. Votare da incompetenti è una conquista della democrazia, ma eleggere degli incompetenti è una vera disgrazia. Si dice che diserteranno le urne in tantissimi, come oltre un secolo fa in tanti disertavano la divisa e la guerra. Nessuno li ha educati se non all’onore delle armi, all’onore delle urne. Alle idi di marzo mancano due mesi. Pochi per formarsi, abbastanza per leggere, conoscere, dibattere ed esprimersi e poi imbracciare, non il fucile, ma una matita e una scheda e sentirsi, dopo una semplice croce, fratelli d’Italia.
Nella nostra “Apulia Infelix”, sempre più preda del crimine e della droga, continua intanto il tormentone per un ILVA da salvare e svendere agli indiani e per una TAP da bloccare. Sembra che a certi politici (e non solo), con poco senso dello Stato e troppo senso del voto, non importi nulla degli immensi danni economici dovuti ai ritardi per continua opposizione o malsani progetti, anche per programmi internazionali già consolidati. L’ Italia come un trenino che, appesantito da debito pubblico e inaffidabilità, arranca su binari a scartamento ridotto.
A Tricase, il nuovo anno si porta la ruggine del vecchio. La SS 275 da allargare, la Sud Est da elettrificare, (ma alcune tratte salentine sono di scarsissimo uso), etc. E’ presto per scrivere una letterina al Babbo Natale 2018, ma potremmo già abbozzarla con i nostri desideri da bene comune. Cominciando dal risanare quell’ultima nostra torre di Palane (Marina Serra) a difesa non più dei Turchi o dell’Islam, ormai quasi vittorioso con i suoi tanti migranti, ma della nostra storia, del nostro turismo e del nostro decoro.
Ma con un’ampia ed elegante rotonda su quel Mediterraneo “che è come uno stagno-diceva Socrate- ove si affacciano tanti ranocchi”. Si potrebbe così godere dalle Marine, in attesa di un loro PUG, di uno dei più bei panorami del Salento e non soffrire, da gracidanti ranocchi, per l’attuale squallore. E poi, in città, risanare e valorizzare la storica casa in abbandono in Via Tempio, ove nacque Giuseppe Pisanelli che tanto lustro portò all’Italia ed alla sua Tricase (nell’ormai prossimo 2019 ricorre il 140° anniversario della sua morte).
I giovani di Tricase, vorranno (forse) battere un “storico” colpo e dare il loro voto. In tanti emigreranno, ma portandosi nel cuore un paese migliore se anche loro saranno migliori. Col loro silenzio, muore la storia, le loro testimonianze e la civiltà che li ha generati. Il 2018 non un anno da “o sangre” (quello di S. Gennaro e dei suoi miracoli) come dicono a Napoli per il 18, ma da diciottenni e più. In vena di fare storia, voti e… miracoli per il loro paese.