di Vincenzo E. Chiuri

Egregio Direttore,

mi permetto di chiederLe ospitalità per una puntualizzazione.

Nell’attività che svolgo l’aggiornamento è fondamentale e la manna con la quale ogni Medico si nutre è rappresentata dai lavori scientifici, attraverso i quali vengono pubblicati i risultati di studi sperimentali, che costituiscono le fondamenta su cui poggia il progresso delle cure.

Nella conduzione di tali lavori, però, esiste uno spettro in grado di inficiarne la validità ed annullare gli sforzi profusi per anni: il “bias”. Termine noto anche in ambito psicologico e di marketing, che sta ad indicare un errore basato su un giudizio preconcetto (più o meno cosciente), che può alterare l’interpretazione dei risultati. In sostanza, un errore sistematico, un baco che si mantiene ed amplifica lungo tutto lo svolgersi del lavoro.

Per tale ragione, le riviste scientifiche, onde ridurre l’incidenza di tali “distorsioni”, sottopongono le proposte di pubblicazione a “peer-review”, cioè la revisione da parte di esperti nello stesso settore, ma terzi rispetto a quel lavoro, quindi scevri da potenziali influenze.

Naturalmente, non ho l’ardire di pormi come peer-reviewer del Suo giornale, giacché non sono un giornalista. Però, vorrei esprimere la mia meraviglia nel leggere la rubrica ‘PROBLEMA RISOLTO’ a pag. 4 del numero 36 del 01/12 u.s., per la quale mi rivolgo direttamente a Lei, in quanto, trattandosi di uno scritto non firmato, devo arguire interpreti il pensiero dell’intera Redazione, che il Direttore rappresenta.

Nel dare notizia dell’illuminazione della rotatoria sulla “Cosimina”, si afferma assiomaticamente e con l’enfasi del carattere grassetto (testualmente): “E’ solo merito dei tanti cittadini che dopo più di 30 anni di segnalazioni, dopo qualche morto e tanti, tanti feriti sono riusciti a convincere il nuovo presidente della Provincia di Lecce, Stefano Minerva”.

Da un giornale che si pone progetti che “mirano a 100 anni” (riprendendo lo scritto dell’On. Urso sullo stesso numero) mi aspetterei una dose di equilibrio in più.

Per completezza di informazione, vista la modalità con la quale è stata data la notizia, accanto alle voci dei tanti Cittadini degli ultimi 30 anni sarebbe stato opportuno segnalare gli interventi del Sindaco nei confronti dell’Ing. Corsini, dell’ex e dell’attuale Presidente della Provincia, per sollecitare la messa in sicurezza della rotatoria; oltre alla nota inviata il 19/11 u.s. dal sottoscritto (in qualità di Presidente della Commissione Bilancio) al Presidente Minerva, in seguito all’ultima segnalazione di un incidente avvenuto il 17/11. Non fanno testo le telefonate intercorse nei giorni precedenti con il Presidente (che ringrazio per la disponibilità), essendo poco “dimostrabili”.

Non dovrebbe essere difficile, per un giornale con 20 anni di esperienza sulle spalle, approfondire una notizia e giungere a tutte le sue fonti. E dovrebbe essere ancor più semplice a maggior ragione se un nostro concittadino fa parte dello staff del Presidente, proprio con funzione di “coordinamento e relazioni pubbliche con cittadini e gli organi di stampa” (cit. da pag. 6 dello stesso numero).

Forse, dopo tanti tentativi di “etichettare” questa Amministrazione (l’ultimo da parte di Pino Greco dopo l’elezione del Presidente Minerva), dovremmo dire di aver svelato anche la posizione del Suo giornale?...

Da strenuo sostenitore della libertà di espressione e dell’informazione e da sempre abituato a vagliare (in maniera rispettosamente critica) tutte le fonti di informazione, è ben lungi da me l’intenzione di censurare la più che legittima linea editoriale del giornale e la sua posizione nei confronti dell’Amministrazione, la quale può solo giovarsi di cotanto impegno civico.

Vorrei solo segnalare che il confine tra “bias” (pregiudizio? preconcetto?) e diritto di cronaca può diventare molto sottile. Invisibile, a volte…

Grato per lo spazio che vorrà concedermi, Le porgo distinti saluti.

di Carlo A. Cerfeda

Giovedì, 6 dicembre scorso su "LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO" (pag.VIII, taglio medio-basso) è stata pubblicata una notizia di portata internazionale riguardante il nostro ospedale. 

Si è trattato della ripresa, per la seconda volta, di alcuni interventi chirurgici del

dott. Massimo Giuseppe Viola, e di tutto il suo affiatato team, da lui coordinato con evidente spirito di collaborazione, disponibilità e competenza. li interventi sono stati trasmessi in diretta TV ad alta definizione negli USA, Giappone, Francia, Inghilterra, Belgio, Olanda, Svezia, Spagna, Portogallo, Australia, Cina, Corea, Singapore, Sud Africa, Argentina.

Un tale affiatamento lo avevo già notato in occasioni precedenti, vissuti in sede "operativa" da paziente e, come è mia abitudine, esposto direttamente.

 Il fatto in sé, a mio modesto avviso, avrebbe meritato ben altro spazio e nella pagina della "SALUTE"! Ma "de gustibus non disputandum": i gusti non si discutono, a meno che lo spazio non si conquisti a suon di euro: e non ce ne vogliono pochi!

Ho chiesto ospitalità a "IL VOLANTINO", che ringrazio per la disponibilità, perché mi è stato chiesto "se ero io l'estensore di quel testo, alquanto striminzito e per giunta non firmato!". 

Non ho mai avuto la pessima abitudine dell' "illustre ignoto" che odio per carattere! Però, ho cercato di risalire alla "fonte" senza, tuttavia, riuscirvi! 

Trattandosi del "nostro" ospedale, ritengo che sia il dott. Viola e sia tutta la sua "équipe " ed il reparto per intero meritino il dovuto riconoscimento.

Ma non bisogna fermarsi al secondo piano. I riconoscimenti di funzionalità, efficienza, disponibilità ed umanità nel trattamento dei pazienti iniziano fin dall'ingresso e l'accettazione nel pronto soccorso, diretto dal dott. Antonio Angelelli e sostenuto dall'intero personale: doti che dovrebbero essere doveroso appannaggio etico-professionale di chi opera nel settore sanitario senza eccezioni di sorta!

E parlo non per sentito dire ma, purtroppo, per esperienza personale e diretta e per quanto sostenuto da altri pazienti provenienti dal nord, che si contrariavano delle "lagnanze" degli utenti locali sulle apparenti inefficienze del servizio nell'attesa del loro turno (" Venite al nord! E vi renderete conto di che cosa è un pronto soccorso del nord!"). 

Parlando di efficienza, funzionalità ecc. ecc. meritano ampie positive considerazioni più o meno tutti i settori; ma mi fermo sui reparti che ho "visitato", purtoppo, personalmente: pneumologia, coordinato dal paziente e taciturno dr. Barone e tutti i suoi collaboratori, urologia del dott. Carluccio e collaboratori. 

Sul reparto di chirurgia generale e sul dott. Massimo Viola ho già espresso le mie idee in altre occasioni ed è inopportuno ripetersi con il rischio di sembrare, senza volerlo affatto, adulatorio!...

 Anche altri reparti meritano positive considerazioni: senza escludere che "tutte le medaglie hanno il loro rovescio". Però se è vero che "una rondine non fa primavera" è altrettanto vero che non è giusto pensare, pregiudizialmente, che tutto è da buttare per alcune "rondini" che non vogliono volare  e non vogliono far volare alto quelli che hanno capacità e meriti!

Tutto quanto detto è sostenuto non solo da esperienze personali, che certamente continueranno, ma da voci dirette di altri pazienti e familiari: a Parigi il reparto di ostetricia e ginecologia è ritenuto "il miglior reparto specialistico dell'intera provincia di Lecce": parole testuali di un francese che ha ricoverato la figlia con minaccia di parto prematuro nel nostro ospedale, mentre era in ferie ad Otranto! E' vero: tutti vorremmo il meglio del meglio del meglio!

Nelle strutture pubbliche ed anche in strutture private che vanno per la maggiore, a qualche centinaio di Km da noi,  non è pensabile, purtroppo, neanche il buono!...

Che cosa sperare ancora per la nostra comunità cittadina: da sempre abulica e disinteressata ma pronta alla critica anonima feroce appena una sola "rondine" non vuole volare? 

 Penso che non sia inutile sperare che il nostro ospedale si sviluppi ancora in ogni settore, visto che è stato dichiarato centro di eccellenza per la ricerca delle malattie rare neurovegetative: il terzo in Puglia, con S. Giovanni Rotondo e Bari.

 Abbiamo anche medici, non "Dottori" e/o "Professori", locali di eccellente qualità e prestigio, allievi dei nostri istituti secondari, che nulla hanno da invidiare a nessuno,  anzi!... Ma di loro parlerò se si presenterà l'eventuale documentabile e indiscutibile occasione!

Grazie per l'ospitalità e, come  è mia abitudine, sempre pronto ad essere contraddetto con evidenti prove e non da "illustri ignoti".

Il Club Lions Lecce Tito Schipa al servizio dell'informazione medica

Mercoledi' 19 dicembre p.v. presso la Sala del Trono di Palazzo Gallone in Tricase, alla presenza del sindaco dott. Carlo Chiuri e del direttore sanitario della Pia Fondazione di Culto e di Religione "Card. G. Panico", Dott. Pierangelo Errico, si dibattera' sul tema

"Alzheimer? Parkinson? No, Idrocefalo normoteso. Una demenza suscettibile di trattamento chirurgico".

L'avvio dei lavori del Dinner Symposium e' previsto per le ore 20. Ai saluti di rito, seguiranno gli interventi di eminenti esponenti di neurochirurgia ( dott. Scollato e dott. Forcato), di neuroradiologia (dott. De Blasi e dott. Spagnolo) e di neurologia (dott. Ciardo e dott.ssa Capozzo), con il contributo della fisiatra dott.ssa Del Prete. Moderera' il convegno Maddalena L. Antonaci Dell'Abate, censore e segretario del Lions Club Lecce "Tito Schipa".

Durante la serata sara' possibile visitare la mostra documentaria " La medicina a Tricase tra '800 e '900" organizzata dal Museo di Storia Patria di  Tricase, diretto da Donato G. Antonaci Dell'Abate.

Il convegno permettera' di approfondire una tematica di rilevante attualita' alla luce di nuove interessanti scoperte, che aprono la strada a confortanti ipotesi di trattamento.

Per l'organizzazione della serata, il Club Lions Lecce "Tito Schipa", nella persona del presidente Avv. Donatella Cazzato.

Per informazioni  3401016589 e 3335228712

 

di Carlo Errico

Un conoscente mi ha chiesto cosa ne pensassi di quanto accaduto al pubblico ministero leccese arrestato.

Spiego per chi non ne fosse informato e lo faccio per sommi capi, nei limiti di quanto qui interessa. Un magistrato, svolgente funzioni di pubblico ministero presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Lecce, è stato arrestato perché, avvalendosi dei poteri derivanti dall’esercizio delle proprie funzioni, avrebbe chiesto ed ottenuto favori economicamente apprezzabili e sessuali (acquisto di una grossa barca da un privato a prezzi vantaggiosi;

battute di caccia; corsie preferenziali per controlli medici; aiuto per il superamento dell’esame di abilitazione all’esercizio della professione di avvocato per due giovani candidate; sui favori sessuali c’è poco da chiarire) in cambio di scelte di indagine e processuali tali da favorire i soggetti (o loro clienti) che quei favori gli concedevano e che erano da lui stesso indagati.

Alla domanda ho sbrigativamente risposto manifestando il senso di fastidio e dispiacere per una vicenda che, da qualunque angolo si guardi, mostra tutto il suo squallore.

Ma ora provo a dare a quell’amico una risposta più meditata.

Quanto accaduto e in corso di accertamento tocca l’immaginario collettivo in termini assoluti. Pensiamoci bene. Ci si raffigura un centro di potere incarnato in una persona fisica che si circonda di amici compiacenti  e necessariamente devoti perché dipendono dalle sue scelte processuali e un giorno qualsiasi si alza e va a caccia al capriolo; poi si concede un bel giro in barca, in compagnia di belle avvocatesse molto più giovani di lui pronte a concedersi; se, data l’età, c’è qualche acciacco o prestazione non adeguata, ecco pronti i medici a visitarlo subito nei migliori centri specializzati ed una punta di Viagra, che non guasta!

Ed ho capito che dietro alla domanda del conoscente c’era tutto questo.

C’era la rabbia del cittadino onesto lavoratore quale egli è, che ha dedicato la sua vita a metter su famiglia, a sistemare i figli e a non naufragare nella sua attività di impresa e vede aprirsi uno squarcio su favori dei potenti e corsie preferenziali.

E c’era il senso di dispiacere e fastidio da parte mia perché una situazione come quella descritta, confinata nell’alveo del possibile immaginato, aveva varcato la soglia molto più concreta del probabilmente accaduto fino a prova contraria (faccio presente che quel magistrato, insieme ai suoi correi, è stato sottoposto a misura cautelare, per lui in carcere, e tale misura è per legge legata alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza ed al pericolo che, se lasciato libero, possa commettere altri reati, inquinare le prove o fuggire).

A questo punto cerco una strada per chiarirmi le idee.

L’accomodamento per ottenere ciò che altrimenti non si avrebbe il diritto di avere, o il facile superamento di un ostacolo sul percorso professionale, sono e continuano ad essere comportamenti che assai facilmente sconfinano nel campo dell’illecito penale: e questo deve rimanere un monito, per tutti.

Il “sistema” ha al suo interno meccanismi di autodifesa pronti ad agire: quel magistrato è stato arrestato su richiesta di un suo collega pubblico ministero e su ordinanza emessa da altro suo collega giudice per le indagini preliminari, i quali hanno valutato gli indizi emersi a suo carico.

Ci sarà un Tribunale del Riesame, composto da tre magistrati, che sicuramente verrà chiamato a vagliare la bontà di quegli indizi. Poi seguirà il processo penale.

Intanto si muoverà l’organo di autogoverno dei giudici, cioè il Consiglio Superiore della Magistratura (che sarà compulsato su sollecitazione di altri magistrati), il quale deciderà se sospendere dalle funzioni giudiziarie quel pubblico ministero e se rimuoverlo dalla carica per avere abusato dei suoi poteri.

E ci sono le conseguenze per gli altri coinvolti, evidentemente intuibili in termini di processo penale da subire, eventuale condanna, ricaduta in termini di immagine personale e professionale.

Su queste consapevolezze poggio le ultime considerazioni.

Il codice penale contiene un intero titolo dedicato ai delitti contro l’amministrazione della giustizia: ben tre capitoli per un totale di circa trenta articoli tutti dedicati ad ogni profilo attraverso il quale può risultare compromessa la funzione giudiziaria dalla sua formazione al suo svolgimento e fino alla sua esecuzione.

Reati che possono essere commessi da pubblici ufficiali e da privati.

Si, perché si intralcia la giustizia anche rendendo una falsa testimonianza o favorendo taluno ad assicurarsi il prodotto, il profitto o il prezzo di un reato. E poi vanno aggiunti tutti gli articoli che puniscono i pubblici ufficiali (e il magistrato lo è) che abusano del potere che gli deriva dalla funzione svolta per tornaconto proprio o altrui.

L’ordinamento ha, dunque, da sempre necessità di prevedere e reprimere con pene i comportamenti che minacciano e mettono in crisi il funzionamento corretto e imparziale della macchina giudiziaria.

Quella macchina che ogni giorno in Italia viene messa in movimento da un esercito di oltre novecento magistrati ed un ancor più cospicuo numero di operatori (cancellieri, avvocati, ecc.) che svolgono onestamente il proprio lavoro e non si sognano neppure di abusare del loro potere. Quella macchina che prevede al suo interno strumenti per far capire che qualcosa non va: una spia rossa accesa sul cruscotto che impone di aprire il motore, trovare il guasto e rimuoverlo.

E se tutto ciò è previsto significa che quei comportamenti illegali non sono la regola, che non tutto funziona per favori e raccomandazioni, che la strada del delinquere, anche con il colletto bianco (o con la pettorina sotto la toga), non è quella giusta da seguire perché può portare e compromettere in maniera irreversibile le proprie scelte di vita.  

Perché non è la regola uccidere, rubare, violentare e se qualcuno, purtroppo, lo fa non significa che tutti uccidono, rubano o violentano. Perché le corsie preferenziali hanno una funzione fondamentale solo per garantire il soccorso o la prevenzione e per assicurare di arrivare anche a chi è in ritardo non per sua colpa.

E perché quanto accaduto sia un monito, come solo può essere in questo momento di verità non ancora processualmente accertata, per scelte di legalità che esse sole premiano e rasserenano.

di Alessandro Distante

La vicenda della strada statale 275 ha assunto, come era prevedibile, una assoluta centralità che va molto al di là della sola problematica del collegamento del Nord Salento con il Sud Salento, ma involge e stravolge equilibri di tutto il Capo di Leuca e lo stesso assetto politico-amministrativo tricasino.

Tutto nasce dal fatto, oggettivo, che il territorio di Tricase è quello più inciso dal progetto viario, sia che la strada venga realizzata con passaggio ad Est che con passaggio ad Ovest e, al contempo, dal fatto che l’attraversamento del territorio tricasino costituisce condizione imprescindibile per realizzare un’opera qualificata come strategica dall’ordinamento nazionale e ritenuta indispensabile dai Comuni posti a Sud di Tricase.

Prima questione: il passaggio ad Est o ad Ovest sta assumendo una forza divisiva ed è addirittura motivo di conflittualità tra Tricase ed i Comuni del Capo di Leuca, conflittualità causata anche dalla discutibile indicazione di rimettere ad un singolo Ente Locale una decisione che, partecipata e condivisa, necessita di luoghi di confronto e mediazione estesi all’intera Area e che non può vedere la Regione e lo Stato esentati dalla assunzione di responsabilità nella scelta.

Tricase viene accusata di perdere e far perdere tempo; di orientarsi per una soluzione, quella del passaggio ad Est, che appare agli altri tecnicamente di difficile realizzazione e molto più costosa con il rischio di pregiudicare la realizzazione della strada fino a Leuca con grave danno, a detta degli altri Comuni, dei loro interessi.

Seconda questione: la divisione e la conflittualità sembra ora spostarsi all’interno dello stesso Consiglio Comunale di Tricase, a leggere la dura presa di posizione del Presidente del Consiglio Dario Martina che non si limita a difendere il suo ruolo ma entra, senza alcuna riserva, nel merito della questione prendendo le distanze da una posizione dei Gruppi consiliari che, se non unanime, è maggioritaria.

Tutto ciò apre due scenari cruciali nel futuro ma anche nell’immediato.

Il primo scenario: riemerge la fondamentale domanda alla quale Tricase non può non dare una risposta e cioè se la Città sia capace di assumere il ruolo di Faro/Guida di un’Area che viene definita come Capo di Leuca. Per ogni obiettivo, ovviamente, c’è un prezzo da pagare o, per dirla in altri termini, ogni autorevolezza si conquista assumendo condotte che si fanno carico dell’intera e complessa problematica contemperando e mediando tra vari interessi, in questo caso, estesi ad un’intera Area.

E’ il caso che Tricase, se ancora in tempo, assuma un ruolo trainante nella soluzione della questione, non relegandosi ad un ruolo marginale e ad una funzione oppositiva e di chiusura, perché la “tricasinità” non diventi motivo di isolamento; se è vero che a Tricase decidono i tricasini, è altrettanto vero che i tricasini non possono decidere per gli altri e tanto meno per quei Comuni che, da un blocco della 275 alle porte di Tricase, si vedrebbero ulteriormente pregiudicati.

Il secondo scenario: Tricase deve assumere, per essere forte e decisiva, una posizione unitaria al suo interno, una posizione che responsabilmente si faccia carico di tutte le esigenze interne e di Area; solo così la proposta potrà avere una capacità contrattuale per chi sarà chiamato a valutarla. Se dovesse nascere una crisi politico-amministrativa gli effetti sarebbero su tutti i fronti, esponendo la Città al rischio di una eterodirezione, quanto meno per vuoto politico.

Il rischio è che la strada, invece che svolgere la funzione sua propria di collegamento e di avvicinamento, diventi esattamente l’opposto e cioè causa di divisioni all’esterno e all’interno, così segnando la crisi di Tricase.

Occorre un supplemento di politica, di quella capace di confronti aperti e responsabili, in controtendenza con la mal celata idea che il tempo (o il non fare) sia la migliore medicina.

E tuttavia quanto sta accadendo involge responsabilità anche regionali e statali non essendo possibile che una scelta su un’opera statale finanziata dalla Regione veda i due titolari dell’opera rimettersi alle determinazioni di un Comune, come, anche in pubblici incontri, è stato fatto credere.

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