Tricase,12 Aprile 2019
di Pino Greco
Qualcosa di buon bolle in pentola: C’è la volontà di tutti, in più la nuova adesione dell’assessore alla cultura Lino Peluso al Comitato Festa San Vito.
Nei giorni scorsi,nella sacrestia della Chiesa della Natività della Beata Vergine Maria o “ Chiesa Madre di Tricase “,alla presenza di don Flavio,si è riunito l’intero Comitato Festa San Vito Martire.
Oggetto dell’incontro: Festa San Vito Martire,Patrono della Città di Tricase.
Dopo il messaggio diffuso qualche settimana fa dal Comitato “ Siamo stati abbandonati a noi stessi,vorremmo lasciare tutto”, sembra che qualcosa di buon bolle in pentola: c’è la seria volontà di organizzare la festa,in più nel Comitato ci sarà la partecipazione dell’Amministrazione Comunale con l’assessore alla cultura e sport, Lino Peluso, che dichiara:
"Si sa, le difficoltà organizzative e finanziarie ci sono.Mettiamo tutti il nostro impegno. Cominciando da me. E’ la festa di San Vito Martire, Santo Patrono della Città di Tricase.
Ho data la mia disponibilità a far parte del Comitato festa.
Inoltre, il Comitato San Vito quest’anno ha diramato un appello per tutti coloro che vogliono farne parte nell’organizzare la festa ma anche chi, soprattutto, ha voglia di aiutare la festa del Santo Patrono della Città di Tricase, anche con un piccolo contributo e soprattutto di essere d’aiuto nel periodo della festa che interessa tutta la Città di Tricase, può contattarci”
di Giuseppe R. Panico
Di primavera, con tanto sole e prati in fiore, cresce la voglia di liberarsi dai torpori dell’inverno e vivere a contatto con la natura. I più anziani tornano a popolare piazze e panchine, cercando ora più ombra e meno sole; i meno anziani stradine di campagna e un più salutare giro-vita per l’estate in arrivo.
Capita loro di passare accanto a chiese e chiesette, compresa la ben nota Chiesa dei Diavoli. Da noi è successo che qualche potente di poca fede abbia fatto un patto col demonio per avere, in una sola notte, una chiesa per i fedeli e un tesoro per sé, in cambio di un’ostia in bocca ad un caprone.
Altri tempi quando il denaro era pure chiamato “lo sterco del diavolo”. Oggi va più di moda il denaro sporco, ma i romani (e non solo) dicevano che: “pecunia non olet” (non puzza…anzi!).
La parola data non venne però mantenuta; il demonio la prese male e scatenò una tempesta che danneggiò chiesa e dintorni e la campana, strappata da una tromba d’aria o tornado (quasi come quello recente), finì nel Rio.
Si dice scavato, anche questo, in una notte, dal demonio per farne forse, come poi fecero tanti altri, sul suo esempio, sulla costa e con più tempo, una dimora abusiva e vacanziera. Del tesoro non si hanno notizie, forse “lavato” altrove o cercato ancora fra muri a secco al chiaro di luna.
I potenti di allora sono passati di moda, non ancora i politici, eletti non più per grazia ricevuta dall’alto, ma, grazie al nostro voto, per portare più in basso le nostre speranze. Spesso anche loro, non più per una nuova chiesa o del bene ai cittadini, ma per una seggiola o poltrona che permetta di fare… “tesoretto”, non disdegnano certo far patti con l’inferno per diabolici “voti di scambio “. La parola data, non è poi, per loro, che una espressione roca e gutturale e, quando non mantenuta, ne oscura l’autore e ne appesta di zolfo il già cattivo alito.
Del caprone non abbiamo notizie, ma, forse ora in preda a pulsioni primaverili, è corso dietro a qualche discinta capretta o pecorella smarrita. Del diavolo si dice che a volte ritorni a far visita alla “sua” chiesa, al suo feudo ed alla sua dimora, fra gli oscuri dirupi e i folti e incolti pini del Rio, o far nuovi adepti. Difficile prevederne l’arrivo, come è difficile prevedere le sue trombe d’aria o i suoi infernali turbinii.
Sta di fatto che quello di novembre di chiese ne ha colpite due, ambedue sante e sulla costa, e scatenato l’inferno sui nostri gioielli (Marina Serra e Tricase Porto). Per rimetterli in piedi, ci vorrebbe proprio un miliardario. Ma come richiamare Briatore, già da noi cacciato, se i cavi Telecom sono ancora lì, tranciati e distesi per terra? La chiesa dei diavoli non è stata toccata forse perché sconsacrata e ridotta ad un solitario edificio con quella strana forma ottagonale che tanto ricorda Castel del Monte e i suoi oscuri misteri.
Pure la sua dimora, il Canale del Rio, con giardino a terrazze e tanti pini, se l’è cavata bene, anzi i pini del diavolo sembrano quasi gli unici rimasti sulla nostra costa. D’ altro canto nessun diavolo metereologico scatenerebbe un pandemonio senza proteggere i suoi beni (campana nel Rio compresa). Meno male che fra noi, forse protetti, almeno nel corpo, (l’anima è incerta), dalla nostra buona stella, riportata sullo stemma cittadino, non si sono avute vittime ma solo danni e, per paura, tante corporali e urgenti… acque reflue da versare poi nel Rio. Povero Rio, oltre al demonio con campana, ha pure quelle acque.
Cerchiamo da decenni un buon “esorcista” da mettere a palazzo con tricolore a tracolla, se non per “santificare” il Rio almeno per sanificarlo e restituirlo a bagnanti e turisti in cerca del sapore di mare di una volta. Purtroppo a palazzo più che acque sante continuano a buttarci più acque reflue e noi, come sempre deboli e chini pure verso gli eletti da noi stessi, “citti e boni, nu se sape mai”. Viene il dubbio che rimestando il diavolo di consueto nel torbido, gradisca i nostri reflui ed essendo il Rio la sua lugubre dimora, salga ogni tanto a palazzo, almeno per garantirsi “in saecula saeculorum” la sua dose giornaliera di acque reflue.
La sua chiesa (dei diavoli), prima sconsacrata, poi restaurata e poi ancora …assegnata, (non a lui, ma ad altri), chissà con quale ritorno economico, ci è costata proprio un bel tesoretto, ma dalle nostre tasche. Ma da noi, restauri e bonifiche, sempre interminabili e costosissimi, raramente finiscono in gloria, perché se il maligno non ci mette le corna, ci mette coda e zampino e, dopo un po’, se non c’è crollo, danni, acqua e umidità, c’è squallore ed incuria.
Passando da quelle parti, sono infatti in bella vista erbacce, abbandono, sporcizia ed insensibilità pubblica e privata. Viene da lanciare una monetina in fronte ai colpevoli. Ma ci hanno già tolto pure quella ed ora, dopo aver noi sborsato circa duecentocinquantamila euro (quasi mezzo miliardo di vecchie lire!) per farne “urbe et orbi” una immagine anche turistica, non resta che indiavolarsi di brutto. Ma che diavolo combinano a palazzo, verrebbe da chiedersi, se soldi e soldoni vengono così mal spesi!
Dicono che tempeste e tornado saranno ben più frequenti e disastrosi. Forse il maligno, ormai da noi con permesso di eterno soggiorno e reddito di cittadinanza (in anime perse), non vede l’ora di scoperchiare ancora. Non più chiese e pentole sulla costa, ma qualche palazzo di città ove, ci sarà pure fede, ma non credibilità.
Finita questa in fondo al Rio fra i nostri reflui, il diavolo e la sua campana.
Tra assenze e musi lunghi,ci sono stati anche momenti di “ smarrimento ” tra la maggioranza e il sindaco Chiuri. E’ successo durante l’ultimo consiglio comunale del 30 marzo scorso.
Sindaco e consiglieri hanno sospeso la seduta (per circa 10-15 minuti) per chiarire e modificare il punto num. 5. Per chi ancora non sapesse di cosa parliamo ,il punto 5 diceva questo:
Rifunzionalizzazione immobili comunali per realizzazione complesso organico strutture per l’incubazione di nuove realtà imprenditoriali e riqualificazione di filiere produttive non valorizzate in aree depresse dell’area transfrontaliera;
non è altro che :
”LA RIQUALIFICAZIONE E UTILIZZO DELL’EX MACELLO DI VIA MARINA SERRA”.
E’ proprio vero:l'inesperienza… provoca una forte turbolenza….
La mia colonna di Alfredo De Giuseppe
Dei cinque castelli di Tricase, quello più sgarrupato è certamente quello di Lucugnano. Eppure ha una sua bellezza, una sua linearità, in stile rinascimentale. È in una bella posizione, riservata ma centrale, di fronte alla chiesa e con la campagna aperta alle spalle. (Come tutti i nostri paesi senza un’organica pianificazione urbanistica, l’edilizia degli ultimi 70 anni non si è sviluppata concentricamente intorno al proprio centro storico, ma seguendo l’asse viario più importante, la statale 275 che lo attraversa).
Si tramanda che il castello, meglio definito come Palazzo baronale dei Capece-Alfarano, fu costruito nel XVI secolo dalla famiglia Castriota Scanderbeg, probabilmente come ampliamento del torrione di difesa quadrato, risalente all’età normanna. Da allora rifacimenti e aggiunte, con relative brutture, tubi, infissi, e una continua divisione fra diversi proprietari delle ventidue stanze che compongono l’intero complesso.
Finestre chiuse in fretta e furia con tufi improvvisati, incuria e abbandono per lunghi decenni. Per fortuna all’interno si sono salvati alcuni particolari di straordinaria arte locale come il grande mosaico raffigurante una torre merlata e alcune chiavi di volta scolpite in rilievo.
Come spesso succede, le informazioni sui nostri monumenti si fermano al momento in cui finisce l’epoca delle grandi famiglie nobiliari e feudatarie. Eppure non meno interessante appare la storia più recente: vediamo di ricapitolare brevemente. Verso la fine del 1700 all’avv. Federico Cortese di Napoli, forse come pagamento di una causa vinta, fu ceduto il baronaggio di Lucugnano, comprensivo del castello.
A metà del 1800 furono abbattute le due torri laterali del castello: il materiale fu utilizzato per costruire l’adiacente Palazzo Comi. Sistema spesso utilizzato a quei tempi. Si preferiva abbattere qualcosa che si riteneva ormai vecchio e inutilizzato piuttosto che trasportare mattoni e pietre da lontano (molte chiese cattoliche sono state edificate con il materiale dei templi romani).
Nel 1855, Lucugnano divenne frazione di Specchia, per poi tornare sotto l’egida del Comune di Tricase nel 1874. Mentre in quei 20 anni si andava formando l’Italia, a Lucugnano il nipote dell’avvocato napoletano, sempre chiamato Federico, si sposava con Gaetana Morrone e metteva al mondo Alessandro Cortese che si sarebbe poi sposato con Giuseppa Colosso di Lecce (figlia del barone Colosso di Arigliano).
Dai vari incroci dell’albero genealogico si arriva alla metà degli anni ’50 del novecento con Vittorio Girasoli che sposa Maria Cortese, abitando per alcuni anni nelle stanze del castello. Dagli anni ’70 in poi fu abitato occasionalmente per pochi giorni l’anno, specialmente nella parte destra, resa un po’ confortevole da una discutibile ristrutturazione interna.
La parte sinistra e centrale del Palazzo è attualmente di proprietà della famiglia Frascaro di Lecce, ricevuta in eredità, sempre in asse genealogico con il primo Federico Cortese, mentre quella a destra è degli eredi Pispero, originari di Lucugnano ma residenti anche loro a Lecce (il piano superiore non è in sostanza utilizzato da nessuno e in alcune parti denota i guasti del tempo).
Nel 2008 Girolamo Cazzato, un ragazzo di Lucugnano, prese in locazione la parte centrale del piano terra, presumibilmente dove erano le vecchie stalle, la ristrutturò e vi aprì un ristorante chiamato “il castello di Momo”. Nel 2015 l’attività è stata ceduta a Giuseppe Galati di Surano, che in questi anni ha anche ripulito e utilizzato il giardino, specialmente in estate (con un ottimo menù di pesce per differenziarsi dall’eterna Iolanda).
Ci sono dei motti intarsiati nella pietra, ancora leggibili. Uno apposto su una finestra recita: Omnium rerum est vicissitudo, cioè: “Di tutte le cose avviene il cambiamento”. Sembra il motto perfetto per il nostro castello: ha subito tantissimi cambiamenti, quasi tutti in peggio. Potrebbe succedere, non foss’altro per calcolo delle probabilità, che si possa immaginare un vero cambiamento, direi un miglioramento complessivo.
L’assenza di un luogo aggregante si nota anche a Lucugnano, dove i bar chiudono, i giovani sono altrove e i vecchi sono davanti alla Tv. Forse, il castello, riportato in qualche modo al centro della vita di comunità, potrebbe essere il simbolo dell’unione e della rinascita.
Solo se qualcuno lo volesse, nei casi di manifesto buon senso.
Le truffe, sono un pericolo sempre attuale. E’ fondamentale prevenire.
La Compagnia Carabinieri di Tricase, in collaborazione con l’associazione nazionale dei carabinieri di Tricase e con il patrocinio del Comune di Tricase, invita tutti i cittadini a partecipare all’incontro che si terrà mercoledì 10 aprile alle ore 18 a Palazzo Gallone.
L’iniziativa vuole informare e sensibilizzare la cittadinanza sul fenomeno delle truffe che molto spesso vedono come vittime le fasce di popolazione più “vulnerabili” come anziani o persone fragili.
Si sa,le truffe sono tante e in continuo aumento,
qui di seguito elenchiamo quelle più “ operative ”: