Segnalazioni dei cittadini:
ATTENZIONE ALLE BUCHE !!!
VAI PIANO E NON BESTEMMIARE…
DIO TI SENTE…
IL COMUNE NO !!!
di Nunzio Dell'Abate
Con nota protocollata in Comune il 5 luglio dello scorso anno una Associazione, costituitasi appena sette mesi prima, richiedeva in comodato gratuito per dieci anni i locali comunali in Piazzetta Dell’Abate n.4 facenti parte dell’ex Convento dei Padri Domenicani, dai quali era stata fatta sloggiare l’Associazione Nazionale Marinai d’Italia. Nello stesso giorno del 5 luglio 2018 la Giunta Comunale, con delibera n.187, acconsentiva alla richiesta.
La Pro Loco Tricase con due distinte note, una protocollata il 14 febbraio e l’altra il 21 settembre dello scorso anno, richiedeva al Sindaco Chiuri la concessione dei locali comunali in via S. Spirito nn.5/7, sempre facenti parte dell’ex Convento dei Padri Domenicani. Ad entrambe le note il Sindaco non dava riscontro. Eppure la Pro Loco è l’associazione tricasina per antonomasia, il braccio operativo dell’Amministrazione Comunale, il cui riconoscimento “quale strumento di base all’attività turistica e di collaborazione” è sancito dallo stesso Statuto Comunale all’art.31.
Una Pro Loco che da un paio di anni a questa parte si sta distinguendo per una interessante ed impegnativa attività di promozione del territorio, tutela del patrimonio artistico storico ed ambientale e valorizzazione delle tradizioni autoctone.
Tra le più significative, in sinergia con associazioni ed enti vari, si ricordano: il Progetto Agrifood per incentivare e valorizzare coltivazione e consumo dei prodotti tipici locali, culminato con la richiesta di riconoscimento formale di Cucuzzella quale maschera ufficiale del Comune di Tricase; la prima gara gastronomica di Cucina Tradizionale del Territorio di Tricase per la riscoperta dei piatti tradizionali; il servizio di informazione turistica per la sentieristica del parco con un infopoint dedicato; la gestione in convenzione gratuita con il Comune di Tricase della Torre Piccola per la sua fruizione turistica.
Come è noto che il sodalizio ha ormai conseguito piena stima e fiducia da parte dell’U.N.P.L.I. Provinciale e Regionale, tanto che la scorsa estate Tricase è stata scelta quale sede per celebrare la VII° edizione di Puglia Tipica, il più grande evento itinerante dell’U.N.P.L.I. Puglia che ha visto giungere in città per un intero week end circa una ventina di Pro Loco da ogni parte della regione, con un notevole flusso di turisti ed indubbio ritorno di immagine.
La volontà dell’U.N.P.L.I. di investire sulla Pro Loco di Tricase si è da ultimo concretizzata anche con la disponibilità di dislocare almeno una propria unità del servizio civile e di trasferirvi la sede del comitato provinciale U.N.P.L.I., che diventerebbe il punto di riferimento di tutte le Pro Loco provinciali con intuibile ritorno sotto ogni punto di vista per l’intero territorio.
Ecco la ragione della nostra interrogazione consiliare protocollata il 28 febbraio scorso all’attenzione del Sindaco affinchè motivi questa disparità di trattamento ed accolga senza altro indugio la legittima istanza della Pro Loco Tricase, prestandole la più ampia collaborazione nel perseguimento degli obiettivi sociali che ritorneranno di sicuro beneficio per la città.
di Pino Greco
E’ stata depositata in questi giorni la sentenza del TAR di Lecce relativa alla procedura di vendita dei terreni del complesso ACAIT.
Secondo i Giudici Amministrativi bene ha fatto il Comune di Tricase a dichiarare la decadenza della Società, aggiudicataria della gara indetta nel 2003.
Era fine novembre del 2002 quando il Comune di Tricase decise di acquistare il complesso ACAIT, storica cooperativa di inizi Novecento poi messa in liquidazione.
Per finanziare l’acquisto l’Amministrazione Coppola decise di alienare parte dei terreni circostanti i capannoni e a tal fine bandì una gara che si concluse con l’aggiudicazione alla società Itaka al prezzo di € 1.275.000.
Tuttavia la Società, dopo aver versato una cauzione di € 120.000, non rispose alle varie diffide alla stipula dell’atto di trasferimento sollevando varie questioni, tra le quali anche la non condivisione del Piano Particolareggiato approvato dal Comune.
L’Amministrazione, a quel punto, decise la decadenza dalla aggiudicazione ed incamerò la cauzione.
Da qui un complesso contenzioso innanzi al TAR ed al Tribunale Ordinario con la richiesta di una pronuncia che decretasse la illegittimità della condotta del Comune e della dichiarazione di decadenza e la condanna del Comune a trasferire i terreni ad un prezzo inferiore rispetto a quello della gara oppure al risarcimento danni per 5 milioni di euro.
Il TAR di Lecce ha rigettato tutte le richieste della Società così dando piena ragione al Comune difeso dall’avv. Alessandro Distante.
Intanto il Comune, nel corso dei circa 15 anni di contenzioso, ha destinato i terreni a parco cittadino realizzando un intervento nel cuore della Città collegando il complesso ACAIT con i locali della Biblioteca comunale di via Micetti e con il Parco di zona Lama.
A Tricase la Festa della donna 2019 è Wow-Wellness of Women sulla salute e il benessere delle donne.
Evento organizzato dall’ospedale Panico, dal Comune di Tricase e dalla Diocesi Ugento-S-M-di Leuca.Percorsi formativi e incontri con professionisti di più settori sotto il segno del fare prevenzione.
Sarà una giornata del benessere al femminile a 360 gradi che inizierà alle ore 9 fino alle ore 21 a Palazzo Gallone.
Alessandra Ferrari Presidente Commissione Pari Opportunità del Comune di Tricase:
“diventasse un motivo per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della salute in senso lato e durante tutto l’anno. Una giornata di grande utilità strutturata su più piani, in modo dinamico per coinvolgere la popolazione su tematiche delicate e importanti. Un appuntamento che l’amministrazione, che ricordiamo avere un’ ampia rappresentanza femminile in Consiglio, ritiene di grande rilevanza e per il quale ringraziamo particolarmente la dott.ssa D. Romualdi ideatrice dell’evento”.
La mia colonna di Alfredo De Giuseppe
Si parla diffusamente in questo momento di dare “maggiore autonomia” alle Regioni.
Come tutte le riforme degli ultimi anni, anche questa viene condita da una rassicurante espressione linguistica, da due slogan facili ad uso e consumo dei fans e da quattro veloci comparsate televisive. Cosa c’è dietro queste parole vuote, che pure sembrerebbero andare verso i desideri degli italiani?
Emerge con chiarezza l’antica voglia delle parti più ricche del Paese di non condividere il proprio benessere con altre zone più povere, (che invece accettano il tutto come destino incontrovertibile). Questa eventuale (sciagurata) riforma si innesta però in uno Stato complesso dal punto di vista istituzionale, burocratizzato e parcellizzato. Si vuole, ancora una volta, aggiungere un qualcosa senza toccare quello che di sbagliato e non funzionante sopravvive sulle nostre teste.
L’Italia, dopo la sommatoria di tentate riforme, da un punto di vista istituzionale ha questi numeri: 7.915 Comuni, 80 Province oltre a 14 aree metropolitane e a 13 ex provincie delle Regioni a Statuto speciale, per un totale di 107. Poi ci sono 20 Regioni di cui 5 a Statuto speciale. Nel 2014 è stato introdotto il concetto di Area Vasta, di cui al momento non si conosce il numero effettivamente operativo.
Non possiamo dimenticare però che all’interno di questi Enti vi sono una pletora di organismi da far paura: 87 ATO (ambiti territoriali ottimali) per i Rifiuti; 69 ATO Acqua; 48 Autorità di bacino; 150 Consorzi di bonifica; e poi infine circa 3000 società partecipate a vario titoli da Enti Istituzionali.
Ora, a parte il salutare ripasso di Educazione Civica, c’è da chiedersi: può reggere tutta quest’impalcatura? Ci sono i fondi necessari? C’è La giusta competenza e le corrette responsabilità amministrative su ogni singola decisione operativa?
Partiamo da un solo esempio: nel 2014 Del Rio firmò una riforma che prevedeva l’eliminazione delle Province; il referendum del 2016 bocciò tale riforma lasciando le Province in una specie di limbo, come Ente di secondo livello non votato dai cittadini ma dai consiglieri comunali di ogni Comune.
Nel frattempo sono stati ridotti drasticamente i finanziamenti annuali da parte dello Stato centrale, lasciando loro però la piena competenza su strade provinciali e scuole superiori. In pochi anni si son visti gli effetti: ponti caduti, scuole senza manutenzione, strade interrotte e ormai senza alcuna cura. Del resto in capo alle Provincie ci sono 132mila chilometri di strade e 1918 ponti (di cui 802 presentano segnali di usura e pericolo) e 5.100 scuole (di cui ben il 60% senza certificato incendi).
Un serio programma di governo dovrebbe iniziare dalla riflessione su questi dati.
Lì dentro c’è la vita delle persone e la possibilità di una vera spending-review.
Se ci fosse in Italia una forza politica capace di approfondire gli argomenti, di formare una classe dirigente accorta e tecnicamente preparata, di affrontare il giudizio degli elettori senza abbindolarlo con promesse eclatanti, se tutto ciò fosse reale, noi potremmo avere finalmente l’idea di uno Stato più organizzato, più efficiente, più vicino ai nostri bisogni.
Nell’epoca del web molte soluzioni organizzative vanno ripensate, alcune cose eliminate, a quasi tutte va tolta quella patina ottocentesca (timbri, marche da bollo, atti notarili) che blocca ogni vera innovazione.
Tanto per giocare, comunque dico la mia. In un futuro non tanto remoto, stando dentro un’Unione Europea sempre più politica, vedrei i Comuni come entità non inferiori a 30.000 abitanti: oggi ci sono Comuni di mille abitanti che necessitano della stessa organizzazione, di uffici e funzioni dei Comuni di centomila abitanti. Rafforzerei poi il ruolo delle Province: in primis è l’identificativo reale e storico per ogni abitante italiano; questo Ente potrebbe incorporare una serie di attività oggi demandate ad altri Enti, vedi l’organizzazione provinciale della raccolta dei rifiuti, dei consorzi di bonifica ed altro.
Le Province hanno già sedi storiche, competenze e organizzazioni per spiccare un salto di qualità.
A questo punto eliminerei le Regioni, come vero Ente inutile in quanto dovrebbero essere le Province ad interfacciarsi con i vari ministeri, che avrebbero il compito di uniformare le modalità operative di ogni comparto in tutta Italia. La sanità uguale in tutto il Paese, così come la scuola, l’assetto del territorio, le tasse, gli stipendi, le pensioni e i trasporti. Non venti diverse Italie ma una sola, ben strutturata, coordinata con l’Europa, la nostra grande casa madre.
Insomma un progetto di nazione che è quasi l’opposto di quanto progettato in questi ultimi trent’anni, durante i quali seguendo le sirene secessioniste di Bossi si è continuamente minato il concetto di Stato unitario e di comunità coesa. Non maggiore autonomia a potentati locali, ma un’efficiente organizzazione statale, meno costosa e meno parcellizzata dell’attuale.
Se ci fosse una seria forza politica, che davvero volesse cambiare l’Italia e non inseguirla nelle sue peggiori pulsioni…