La mia colonna di Alfredo De Giuseppe

Ogni città ha un suo simbolo nel quale si riconosce, Roma ha il Colosseo, Pisa ha la torre pendente, Torino la Mole Antonelliana e Tricase la Quercia Vallonea. Un simbolo un po’ dimenticato, abbandonato, certamente non valorizzato da nessuno. Eppure rileggendo il libro

La Vallonea, natura e arte” a firma di Raffaele Congedo, pubblicato nel 1974, sono rimasto sorpreso di quanto nei secoli abbia rappresentato quell’albero per i tricasini. Il libro di Congedo scritto con passione e competenza andrebbe letto e studiato in tutte le scuole di ogni ordine e grado di Tricase: è un compendio di storia, di botanica, di passione ecologica e umanistica delle nostre terre.

La quercia Vallonea, un albero considerato sacro dagli antichi greci, era l’albero di Giove e rispettato per le proprietà tanniche che permettevano di conciare le pelli animali con una certa morbidezza. Nel Salento probabilmente arrivò circa 3.000 anni fa, ma trovò una sua vera e propria coltivazione con l’insediamento dei monaci basiliani, un po’ prima dell’anno mille.

La Vallonea, la quercia sacra che Omero menziona come consigliera di Ulisse, era ben presente intorno al XIV secolo nel Basso Salento, fino a Galatina. Ma fu Tricase a diventare la capitale della conciatura di pellami usando il tannino delle sue ghiande. C’erano nel suo territorio numerosi boschi di querce.

L’Orlandi a fine del 1700 ne contava circa 500, di cui alcune di dimensioni imponenti, affermando con certezza che qualche secolo prima erano molto più numerose. I tricasini appellarono la quercia con nomi diversi, come Falamida o Pizzofao, ricavarono sugli scogli di mare, vicino all’attuale porto, delle buche che, sfruttando anche le maree, aiutavano a pulire e ammorbidire le pelli. “Le conche della Rotonda” di Tricase Porto oggi non ci sono più, perché noi non sappiamo valorizzare nulla di ciò che siamo stati, neanche i ricordi.

Eppure l’arte della concia divenne così peculiare per Tricase che i suoi cittadini vennero chiamati “i Pelacane”, cioè “quelli della pelle del cane”. Per un periodo abbastanza lungo tutti volevano i manufatti di pelle conciati a Tricase perché profumati e morbidi. Si narra che anche Federico II, prima di imbarcarsi a Brindisi verso Gerusalemme per una crociata, volle delle cinture conciate con le nostre vallonee.  

L’arte del pelacane andò via via scemando, prima a causa dell’importazione massiccia di ghiande dall’Asia e poi per l’arrivo di lavorazioni chimiche, più idonee a colorare pelli e tessuti. All’unità d’Italia, le Vallone erano ormai poche e considerate solo piante ornamentali, anche se qualche artigiano conciatore ancora resisteva.

Ad un certo punto per identificare l’esemplare più bello, più antico la nostra quercia fu denominata “dei cento cavalieri” perché la sua chioma, alta circa 15 metri copriva più di 500 mq. Nel 1972 la Provincia di Lecce, nell’ampliare la strada che da Tricase va verso il Porto aveva deciso di abbattere quell’ostacolo chiamato Vallonea (cosa che poi riuscì nell’abbattimento di parte dell’Abbazia del Mito).

Dopo le rimostranze del direttore del compartimento forestale, che minacciò addirittura di piantarci una tenda ed abitarci, si decise di effettuare un nuovo percorso (non sono riuscito a trovare documentazione su qualche protesta dei tricasini). Comunque nel 1979, l’Unesco riconosceva alla quercia di Tricase la qualifica di monumento naturale, quale specie botanica da preservare. Nel 2000 il WWF individuò in Italia 20 alberi, uno per Regione, da custodire per il loro valore storico e monumentale: per la Puglia l’unico albero selezionato fu la Vallonea di Tricase.

Molti avevano dimenticato però che quel residuo stradale, quel pezzetto di terreno dove insisteva la più grande quercia italiana e la terza più antica d’Europa, aveva ancora un legittimo proprietario con nome e cognome. Mentre l’ultimo boschetto di Vallonee ancora esistente fra il Porto e la Serra era diventato da decenni proprietà del Comune, la sacra quercia apparteneva alla famiglia De Nitto.

Nel giugno 2013 la proprietà decise di recintare l’area e di effettuare dei lavori su una pajara insistente sullo stesso terreno. Intervenne l’autorità giudiziaria e sequestrò il cantiere. Dopo qualche mese ci fu il dissequestro. Da allora silenzio assoluto, fra detriti, erbacce, ringhiere in alluminio e chiusura totale. L’Amministrazione Chiuri non pare interessata alla vicenda, né tantomeno la Provincia, la Regione, il WWF, l’ente parco. La quercia Vallonea, il simbolo di Tricase, sopravvive (?) nonostante tutto. Lei si lamenta e nessuno l’ascolta, neanche i pelacane.

di Giuseppe R. Panico

Se facciamo un giro del paese, delle campagne e della costa, possiamo facilmente notare il gran numero di case o villette incomplete o abbandonate o comunque non utilizzate.

E’ una vasta percentuale del nostro patrimonio immobiliare. Spicca ovviamente il solito, non ancora abbattibile e non espropriabile, “mostro” di Tricase Porto, ora messo in sicurezza, e dunque a “nuova vita”, forse per altri decenni. Se poi esaminiamo il costo delle case, vediamo che tende a calare sempre di più, 826 euro/mq, ben inferiore alla media provinciale e meno che a Specchia (849) e Andrano (843) (da immobiliare.it).

Non è solo colpa dell’economia che non decolla e che ci pone, con un incremento del PIL pari allo 0.2%, all’ ultimo posto in Europa, né del calo delle nascite e della emigrazione dei nostri giovani che, per avere un buon monolocale a Roma o Milano, devono vendere o svendere l’equivalente di un appartamento in paese o sulla costa. Né perché cambiano i criteri abitativi e costruttivi e tante case vecchio stile hanno poco mercato. Contribuisce anche una colpa collettiva dovuta ad una mentalità ancora restia alla buona urbanistica e funzionalità cittadina e poco sensibile a quel famoso art. 9 della nostra Costituzione, a protezione anche del paesaggio urbano.

Ne deriva un modo di vivere la città, il quartiere, il comprensorio, le marine, ben lontano da quello di paesi ove è d’uso che apposite commissioni di quartiere, composte dagli stessi abitanti, ispezionino periodicamente le facciate delle case e richiamino i proprietari per muri scrostati, finestre da pitturare, erbacce da tagliare, panni all’aperto, antenne sbilenche, macchine mal parcheggiate etc.

Oltre che una testimonianza di civismo, è  la consapevolezza che il valore economico del proprio bene-casa, e così il piacere di vivere il quartiere, vadano protetti anche dal vicino (o amministrazione) che, inconsciamente o meno, dimostri trascuratezza, superficialità e abbandono. Il paesaggio urbano, con edifici pubblici e privati, è un importante bene comune e non solo un insieme di libere scelte estetico-funzionali, trascuratezze e comportamenti.

E’ un simbolo di identità e civiltà paesana, con aspetti turistici e culturali, e dunque economici, che le stesse istituzioni sono chiamate a proteggere. Da noi invece si vedono pure facciate a colori sgargianti e vistosi; altro che chiari e tradizionali in stile mediterraneo. Per i marciapiedi poi, (bene pubblico anche questi) ognuno sembra pavimentarlo (e a volte illuminarlo!) a proprio gusto e consumo, mentre i nostri imbianchini, a volte dimentichi del bianco o di un adeguato standard di pitture, si fanno pittori con proposte di facciate a colori. Forse è il caso che il Comune, come fanno altri Comuni, senta il dovere di intervenire. I prezzi delle case calano anche per un progresso urbanistico che ristagna da decenni.

Non solo per carenza di piste ciclabili o, in alternativa, di strade esistenti da dedicare (anche fuori dal centro storico) al solo transito pedonale/ciclabile; ma anche perché nuove grandi e ricche costruzioni sorgono a fil di strada o senza adeguati marciapiedi (se non per uso automobilistico!).

Senza parlare del solito asfalto che, altrove e con climi impervi, regge così bene, mentre da noi troppo si sfilaccia e si buca e poi, come un calzino troppo usato, a volte si rammenda.

Alcune aree urbane inoltre attendono ancora le fogne. Le case sono il bene-rifugio di tanti (in Italia circa il 70% dei cittadini è proprietario di quella casa ove abita). Spesso l’ultima risorsa lasciata ai nostri ragazzi senza lavoro o in coda per un reddito di…cittadinanza e che non vorranno svenderle per pochi euro, anche per colpe pubbliche o private.

Migliori facciate e servizi ed eliminare o recuperare mostri, mostriciattoli, incompiute e “arlecchinate” urbane e costiere non può che accrescere il loro valore. Ancor più in un paese che ha la fortuna di essere baciato dal sole e dal mare, con un clima così favorevole, economicamente animato da un grande e famoso ospedale, da tante scuole e da un turismo che, almeno a parole, si vorrebbe far crescere.

Forse non aiuterà molto lo 0,2% del nostro misero PIL (trenta volte inferiore a quello della Cina con crescita pari al 6%) ma sicuramente il valore del nostro Capitale Urbano e Edilizio, come anche il nostro … “Capitale Sociale”.  

di Alessandro Distante

Sui muri della Città manifesti annunciano lo stanziamento di ben 100.000 euro a favore di Tricase; per interventi su strade, scuole, edifici pubblici, beni del patrimonio comunale.

Tutto ciò “Grazie al Governo del cambiamento”; firmato: Movimento 5 Stelle.

L’illusione di essere stati destinatari privilegiati dal “Governo del cambiamento” finisce presto; girando, casualmente per altri Paesi, leggo, per esempio, a Maglie manifesti dei 5 Stelle che annunciano, anche lì, 100 milioni per strade, scuole, edifici pubblici e beni del patrimonio comunale.

Vado a Taurisano e vedo manifesti che annunciano uno stanziamento di altri 100 milioni di euro ancora una volta, guarda caso, “A favore di strade, scuole, edifici pubblici, beni del patrimonio comunale”. Ma a Taurisano, c’è una variante: ad annunciare l’elargizione di questi 100.000 euro non è solo il Movimento 5 Stelle ma anche la Lega, ma soltanto per il rifacimento di strade. Saranno forse un primo acconto sui 49 milioni di euro che la Lega dovrà restituire? Mah!

A questo dubbio si aggiungono, purtroppo, ben altri dubbi.

Il primo dubbio: a che serve questa pioggia, o, meglio, pioggerellina di soldi?

Bastassero 100.000 euro per uno solo di questi problemi! Alcuni decenni fa, si contestava la politica degli interventi a pioggia. In questo caso non è neppure una pioggia torrenziale ma, semmai, una pioggerella e le pioggerelle non risolvono i problemi della siccità.

Il secondo dubbio: è giusto appropriarsi di questi contributi statali in favore di Tricase, di Maglie, di Taurisano e di chissà quanti altri paesi?

Alcuni decenni fa si facevano dure reprimende allorquando quelli che venivano chiamati i notabili democristiani o i rampanti socialisti comunicavano, pure loro, l’elargizione di contributi per le scuole, per le strade e per le fogne. “I soldi non sono loro ma sono dei cittadini che pagano le tasse; loro, i governanti, devono impiegarli per fare quello che oggi presentano come se fosse un regalo!”. Erano battaglie di principio in nome di un cambiamento per il quale si lottava.

Il terzo dubbio: siamo sicuri che lo stanziamento sia proprio del Governo del cambiamento?

Se il cambiamento fosse arrivato, non avremmo dovuto rivedere quegli stessi manifesti e risentire quelle stesse rivendicazioni propagandistiche dei Partiti che sono stati tanto contestati dai nuovi Movimenti.

Il dubbio cresce e lascia il posto ad un timore: e se non fossimo al Governo del cambiamento ma fossimo tornati ad una vecchia politica che più che allo sviluppo vero pensa di accontentare il pubblico degli elettori con i soldi e solo con i soldi?

Del resto il Governo, così detto del cambiamento, è un governo che ha alla base non un’alleanza politica ma un contratto che, per il codice civile, disciplina un rapporto giuridico di tipo patrimoniale ed in ogni patrimonio i soldi hanno la loro importanza.

Per fortuna a San Remo, un giovane italo egiziano ha vinto il Festival cantando che i soldi, soldi, soldi non sono tutto perché sui soldi e con i soldi non si aiuta a crescere e ciò vale per ogni ragazzo ma vale anche per ogni Sud.

di Nunzio Dell'Abate

Per il secondo anno consecutivo un’agenzia organizzatrice di viaggi ed eventi di Cutrofiano ha richiesto al Comune di Tricase il patrocinio gratuito e l’utilizzo dell’intero secondo piano di Palazzo Gallone per una esposizione di diverse aziende specializzate nel settore dei matrimoni.
La manifestazione si è tenuta per tutto il secondo weekend di gennaio.
Non entro nel merito della valenza dell’iniziativa che avrà senz’altro attirato interesse in quei giorni per la nostra città, mi soffermo piuttosto su un particolare di non poco conto.


Le aziende espositive, molte delle quali operanti a Tricase, hanno pagato all’agenzia organizzatrice delle somme di danaro, oscillanti fra le 300/500 euro a seconda presumibilmente dello spazio messo loro a disposizione. Inoltre per tutto il fine settimana è stato in funzione il sistema di riscaldamento, quello di illuminazione e l’impianto di ascensore, con l’auspicio che al ripristino e pulizie delle sale ci abbiano pensato gli stessi organizzatori o le aziende espositive.


Ricordo a me stesso che, a norma di regolamento vigente, <il patrocinio costituisce il riconoscimento da parte del Comune di Tricase delle iniziative e manifestazioni promosse da soggetti pubblici e privati di particolare valore sociale, morale, culturale, celebrativo, educativo, sportivo, ambientale ed economico> e che <non è ammessa la concessione del patrocinio per iniziative aventi scopo di lucro>.

Ancora che <la Sala del Trono di Palazzo Gallone è destinata allo svolgimento di manifestazioni a carattere storico, culturale, sociale, proposte dall’Amministrazione Comunale o da Enti, Istituzioni e Associazioni di rilevanza almeno Provinciale>. Infine <la Giunta Comunale può concedere l’uso dei beni a titolo gratuito per manifestazioni di particolare rilevanza e/o organizzate a scopo benefico.

La disposizione gratuita è, altresì, adottata in occasione di manifestazioni patrocinate dalla stessa Amministrazione aventi interesse artistico, culturale, sportivo ecc.>.
I confini del patrocinio, cioè quando una iniziativa e/o manifestazione è connotata da quel particolare valore sociale morale e culturale per cui è degna di essere insignita dello stemma comunale, sono lasciati alla sensibilità di chi governa, sempre sindacabile ovviamente.

Di conseguenza anche la gratuità o meno della fruizione dei beni comunali.
A questo punto, però, si aprono altri scenari.
Fuori dai casi di patrocinio gratuito, è ipotizzabile prevedere un congruo canone per l’utilizzo dei beni comunali, naturalmente per quelli che si prestano e con le opportune garanzie a salvaguardia? Ciò potrebbe avvenire per tutte le tipologie di eventi, anche quelle di carattere strettamente privato e/o commerciale.

Indubbiamente sarebbero interessanti entrate, magari vincolandole alla manutenzione ed ammodernamento degli stessi immobili oggetto di fruizione. Tanti Comuni, anche in Provincia, lo fanno da tempo, come Muro Leccese e Corigliano d’Otranto per citarne alcuni.

In tal caso una qualunque azienda, organizzatrice di eventi come quello di gennaio scorso, non avrebbe remore a corrispondere il chiesto canone, vista la finalità commerciale dell’iniziativa e gli introiti su cui contare.
Una riflessione corale e più approfondita su tale opportunità non guasterebbe.

di Pino Greco

Il Tribunale Amministrativo Regionale sede di Lecce ha accolto la domanda di sospensione del provvedimento con il quale il Sindaco Chiuri aveva disposto la demolizione del fabbricato denominato Villa Sauli.

I Giudici hanno fissato una nuova udienza per il 20 marzo anche per verificare se i proprietari eseguiranno quelle opere che hanno dichiarato di voler eseguire e che potrebbero scongiurare quel pericolo di crollo che è stato il motivo dell’ordinanza del Sindaco.

Le ordinanze firmate dal sindaco sono state due:

la prima a fine settembre 2017 con la quale si ordinava ai proprietari dell’immobile di procedere alla sistemazione della recinzione della struttura in maniera da non rendere agevolmente frequentabile l’area esterna circostante la stessa, di predisporre una opportuna custodia dello stesso immobile apponendo impedimenti fisici all’accesso agli ambienti interni, nonché di segnalare, con idonea cartellonistica, che l’area interna può essere interessata da pericoli di crollo.

La seconda ordinanza fu firmata dal sindaco in data 15.12.2018 , dopo il sopralluogo e relazione a firma del Comandante Provinciale dei Vigili del Fuoco di Lecce che ravvisò una concreta minaccia per la pubblica e privata incolumità, potendosi verificare in qualsiasi momento cedimenti e/o crolli parziali dell’edificio:

A seguito degli eventi calamitosi del 25 novembre , l’immobile sito alla località Tricase Porto, Via Vittorio Bottega nota anche come Villa degli Oleandri, presentava ulteriori segni di grave deterioramento, lo sfondellamento di ampi tratti di solaio in tante stanze, travi e pilastri privati ovunque del copri ferro e assottigliati nelle sezioni resistenti, ferri di armatura ossidati e ridotti ovunque rispetto alla sezione originaria .

Da qui l’ordinanza del sindaco Carlo Chiuri : “demolire Villa Sauli a Tricase Porto entro trenta giorni. Ad oggi, non ci resta che attendere ancora

 

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