Tricase - Ore 16. E' venerdi 21 aprile, abbiamo telefonato all'avv. Salvatore Carbone :
Non si è verificata " la giusta unità ...", non accetto la candidatura a sindaco con il centro sinistra.
Questa la dichiarazione dell'ormai ex candidato sindaco
CI MANCHI TONINO
Per noi rimani sempre ''il Folle di Dio e il Pastore Diverso''
Trifone e Marcello Bello
20/04/2017 - È difficile sintetizzare in poche righe TONINO perché ancora oggi, che sono trascorsi 20 anni (24, n.d.r.) da quando ci ha lasciati, è una continua e piacevolissima scoperta. È difficile specialmente per noi, suoi fratelli minori, che con lui abbiamo vissuto mille esperienze, mille avventure, che gli siamo stati sempre accanto cercando in ogni modo di ricambiare quell’amore di cui lui ci ha sempre inondati.
Quando Tonino fu nominato Vescovo forse in molti, tra coloro che lo stimavano come prete dai gesti concreti, in quel lontano autunno di ormai 30 anni fa (34, n.d.r.), avranno temuto che la mitra mummificasse la sua personalità, ma una notizia tranquillizzante arrivò dopo pochi giorni del suo Episcopato, quando si diffuse la scandalosa notizia che era stato denunciato alla Magistratura per aver partecipato ad un blocco ferroviario organizzato dai lavoratori delle acciaierie di Giovinazzo, minacciati di licenziamento.
A fatica si allontanò dalla riva per prendere il largo e si portò a Molfetta il suo zaino privo di oro e d’argento, ma ricco di tanta umiltà e povertà. Si presentò col Pastorale e la Croce di legno d’ulivo, dono dei nostri compaesani, come anello al dito volle la fede nunziale di nostra madre con lo stemma raffigurante la Croce Alata di Alessano con un chiarissimo motto “Ascoltino gli umili e si rallegrino”.
Anche dai molfettesi, popolo orgoglioso della propria cultura e delle proprie antiche tradizioni, sconcertati in un primo tempo dalla povertà dei suoi segni del potere, si fece subito amare per la fecondità della sua parola e per l’essenzialità dei suoi gesti; ed ora vivono anche loro l’attesa della splendida stagione della “fioritura della primavera spirituale che inonderà il mondo”.
Poi quando nel 1985 il suo maestro e discepolo mons. Bettazzi lo propose alla Presidenza Nazionale di Pax Christi, divenne la voce più inquieta e trascinante del pacifismo cattolico. Impresse una svolta determinante all’associazione e il suo gridare a voce alta la pace, l’antirazzismo, l’accoglienza delle diversità, la convivialità delle differenze, il riscatto del nostro sud e di tutti i sud della terra, ha varcato i confini della sua Diocesi e della Nazione.
Grazie a Tonino, Molfetta è divenuta allora la culla dove si sono riposte le speranze dell’umanità non violenta, il punto di riferimento dove convergono gli ideali di tanti giovani che, nonostante tutto, guardano ad un futuro di bontà e di onestà, riflettendosi nella trasparenza dei suoi occhi e del suo stile di vita.
Ti vogliamo bene Tonino… e ti ringraziamo per la splendida poesia e la calda umanità che hai profuso nelle lettere a “Massimo ladro” e a “Giuseppe avanzo di galera”, ti ringraziamo per le tue parole d’amore che hanno accarezzato l’animo dei nostri figli Raffaella, Stefano, Federica e Francesca.
Abbiamo pianto con te e abbiamo partecipato alla tua sofferenza per l’incomprensione e la solitudine in cui ti sei trovato durante la guerra del Golfo.
Ci siamo inorgogliti di essere tuoi fratelli quando hai ospitato nella tua casa sfrattati, immigrati, giovani in cerca del senso della vita. Abbiamo condiviso la tua pena e la tua tristezza quando ti abbiamo visto dagli schermi televisivi in pieno agosto, in mezzo ad una fiumana di profughi Albanesi, là, sul molo del porto di Bari, per denunciare con passione l’assenza dello Stato, già impegnato nella più proficua attività di tangentopoli, attirandoti anche addosso l’ira e il sarcasmo del Ministro degli Interni.
Ti ringraziamo tutti per il tuo tanto soffrire sulla tua cattedra del dolore vissuto con grande dignità. Sei stato uomo fino in “cima” nella tua sofferenza, quando, nella penombra della tua camera, hai alzato la mano benedicente sul capo di tutti coloro che si inginocchiavano al tuo capezzale, dai tuoi confratelli ai vecchi coinquilini di Episcopio. E da ognuno di loro ti sei fatto benedire. Hai trasmesso in noi tanta pace e tanta serenità e non abbiamo più paura.
Quando in quell’assolata giornata di agosto 1992, dagli schermi televisivi rimbalzò la notizia della tua proposta di “dar vita ad una grande forza di Pace sovrannazionale che invadesse le zone di guerra”, capimmo veramente, forse anche con brutto presentimento, che stavi raggiungendo il momento supremo della tua profezia e del tuo sacrificio.
E così potemmo ascoltare la tua viva voce, che da quel teatro di Sarajevo illuminato dalla fioca luce di poche candele, “urlava” che l’Onu dei potenti si ferma alle quattro del pomeriggio, mentre l’onu dei poveri si muove anche di sera.
Con la tua morte non è tutto finito; in quella tomba che hai voluto nella tua cara Alessano, non vi sono resti, ma i semi che daranno frutti abbondanti come hanno promesso le migliaia di ragazzi e ragazze che ti hanno detto: “ciao don Tonino, continueremo a sognare ad occhi aperti cieli nuovi e terre nuove”.
Per noi rimani sempre “il folle di Dio e il Pastore Diverso” che in quel vespro di Aprile di 20 anni fa (24, n.d.r.), con l’altare accanto al mare, racchiuso in una cassa di legno, su un palco di nuda pietra, all’aperto e in mezzo alla folla sterminata della tua gente, facevi sfogliare, con la complicità del soffio dello Spirito, l’Evangelo, unico sostentamento della nostra povertà.
Ci manchi Tonino.
I tuoi fratelli, Trifone e Marcello*
* Fonte: Tommaso Poli (a cura di), Dal cuore della Puglia fino ai confini del mondo. Testimonianze su don Tonino Bello, Edirespa, Molfetta 2013, pag. 51-53.
Meno di 20 giorni alla presentazione delle liste.
C'è spazio ancora per qualche sorpresa…
Ad esempio sono da definire le collocazioni di Forza Italia (con lista civica o simbolo ), di qualche “ soggetto” che fino all'ultimo lavora a fari spenti, che darà battaglia per far convergere su di lui l'elettorato alla ricerca di un progetto nuovo, fuori dai partiti.
Da queste anime '' sospese '' uscirà un’altra candidatura a sindaco ?
Difficile, ma non impossibile. C’è tempo per i colpi di scena…..
Sabato 22 aprile alle ore 11.00
INCONTRO CON LA SCRITTRICE ELISABETTA RASY
La difficile emancipazione femminile nelle trincee della Grande Guerra
c/o IISS G. Salvemini di Alessano (LE)
Nuovo appuntamento all’IISS “G. Salvemini” di Alessano (LE) per “Dialoghi d’autore”, progetto curato dalla professoressa Valeria Bisanti, in collaborazione con Michela Santoro della Libreria Idrusa, e nato con lo scopo di sensibilizzare gli studenti alla lettura di opere di autori contemporanei e di quelli dell’ultima generazione.
Protagonista del prossimo appuntamento sarà Elisabetta Rasyautrice del libro «Le regole del fuoco» (Rizzoli, 2016), finalista al premio Campiello, che dialogherà con gli alunni a partire dalle ore 11.00.Il libro è ambientato durante la Prima Guerra Mondiale. Racconta l’esperienza di Maria Rosa una ragazza napoletana, proveniente da una famiglia agiata, che per sottrarsi a una madre dispotica e a un mondo fatto di convenzioni sociali insopportabili, decide di andare al fronte come infermiera. L’esperienza del conflitto è cruda ed atroce. Il sangue, le ferite, la sofferenza e la morte sono descritte senza enfasi: il risultato agghiacciante e terribile rende omaggio al lavoro che centinaia di donne riuscirono a condurre, tra bombardamenti ed epidemie, a fianco dei soldati, spazzando via ogni immagine convenzionale del sesso debole. Ma è l’incontro con Eugenia, proveniente da un paesino vicino al lago di Como, che non ha mai visto il mare, a far cambiare Maria Rosa. L’iniziale diffidenza tra le due diventa col passare dei giorni ammirazione, poi affetto, poi amore trepido e delicato,un sussulto di emozioni, «un sospiro sottile nel buio».
“Un incontro che si preannuncia interessante - osserva la Dirigente prof.ssa Chiara Vantaggiato - per i nostri ragazzi perché nelle pagine del romanzo c’è molta storia vissuta e subita, la vicinanza alla morte delle trincee, i ripiegamenti, la rotta di Caporetto, le nuove armi, la psicologia dell’esercito italiano, lo stato della medicina e delle cure da portare ai feriti, la spaventosa epidemia della «spagnola» che finì per mietere milioni di vittime”.
Del resto in una nota che conclude il libro Elisabetta Rasy scrive: «Questa storia è stata ispirata da antichi ricordi ma anche dalla lettura di molti diari delle infermiere volontarie della Grande Guerra. Attraverso le loro voci mi sono documentata sulla vita, le difficoltà e lo speciale coraggio di queste donne in guerra. A loro va il mio pensiero riconoscente». Ma la storia intensa di Elisabetta Rasy, raccontata come un lungo monologo, - conclude la docente Valeria Bisanti - è anche la storia di una formazione e di un rito di passaggio, di una emancipazione femminile duramente conquistata: quella determinazione forgiata sotto le bombe, in una situazione estrema servirà per dare forza, coraggio, indipendenza alla protagonista che, munita di una Kodak, deciderà di vivere la propria vita senza rimorsi, senza rimpianti, fuori dai binari che altri hanno costruito per lei.
Sempre sabato 22 aprile ad Alessano, alle ore 19,00, presso l’Hotel Colibrì (via Boceti 1), Elisabetta Rasy, all’interno della Rassegna “Aspettando… Armonia. I luoghi del gusto” presenterà “Le regole del fuoco” con la partecipazione di Valeria Bisanti ed Ada Facchini.
Biografia
Elisabetta Rasy, giornalista e scrittrice,è nata a Roma dove vive e lavora.Ha esordito nel 1985 con il romanzo La prima estasi; tra i suoi romanzi ricordiamo Ritratti di signora (Rizzoli 1995, finalista allo Strega), Posillipo (Rizzoli 1998, premio selezione Campiello), L’estranea (Rizzoli 2007) con cui ha vinto nel 2008 il Grinzane Cavour per la narrativa. Autrice di vari saggi di argomento letterario, molti dei quali dedicati alla scrittura femminile, ha scritto sul Corriere della Sera, La Stampa, Panorama. Attualmente collabora con l’inserto domenicale de Il Sole 24 Ore.
Egregia Dr.ssa Sodero, candidata sindaco per il Movimento 5 Stelle,
ho preferito pubblicare questa Sua lettera perché siano i Cittadini a valutare e a dare giudizi. Del resto, essendosi candidata a Sindaco di Tricase, ben accetterà i giudizi; pensi, li accetto anch’io che non sono candidato ma dirigo, da venti anni e con enorme piacere ma anche con enormi sacrifici di tempo e di soldi, un foglio di informazione e dibattito cittadino che non ha mai ricevuto un contributo pubblico e che è andato avanti, e spero vada ancora avanti, con le proprie forze.
Mi limito a rispondere a quanto Lei afferma relativamente ad una asserita chiusura del mio Giornale nei confronti Suoi e del Movimento 5 Stelle. Sono veramente sorpreso perché –come ben ricorda- la prima e finora unica intervista fatta dal sottoscritto, è stata proprio nei Suoi confronti con adeguato spazio sul sito e sul cartaceo. Ma tant’è!
Ovviamente Le anticipo che farò ugualmente con gli altri candidati che lo vorranno e glielo dico per evitare di essere tacciato di partigianeria.
Quanto al pezzo non pubblicato, La inviterei a valutare serenamente quanto da me spiegato a chi mi ha telefonato.
Debbo tuttavia difendermi dall’accusa di essere in malafede; riferendosi agli ultimi numeri del Volantino, Lei sostiene che io pubblico notizie “distorte e parziali” fino a parlare di un “uso disinvolto, subdolo e fazioso dell’informazione”, concludendo con un giudizio sprezzante: “roba da Democristiani”.
Nell’intervista rilasciata a TeleRama ho richiamato alcuni politici di Tricase, ed in primo luogo, l’on.le Giuseppe Codacci Pisanelli, che, unitamente ad altri tricasini, ha dato lustro alla nostra Città coniugando il suo sapere con l’attività amministrativa, o, in altri termini, mettendo al servizio del territorio le sue competenze.
Già “roba da Democristiani”; di quelli però che hanno scritto la nostra Carta Costituzionale e che quindi mai e poi mai avrebbero detto in pubblico che per ridurre il numero dei Parlamentari sarebbe stato sufficiente un decreto legge e non era necessario un Referendum (intervento della senatrice Lezzi del Movimento 5 Stelle a Tricase).
Nessuno, e tanto meno io, vogliamo tenere e stringere le redini (di che cosa?) con forza e con ogni mezzo.
Io La inviterei a considerare la realtà in maniera diversa: tutti dobbiamo essere protagonisti e nessuno deve lasciare il campo, anzi lo deve occupare.
Anche questa –come Lei dice- è retorica? Forse, più semplicemente, è credere nei valori della persona e della democrazia partecipativa ai quali Lei ed il Suo Movimento vi ispirate.
Non riesco infine a comprendere il rapporto di causa-effetto tra la possibilità per altri di fare comunicazione e la necessità che io chiuda il Giornale che dirigo.
Sicuramente ho mal compreso, ma non vorrei che il Suo invito finisse per accreditare una concezione della politica, e quindi del potere, intollerante delle espressioni, forse totalmente opposte alle Sue, ma altrettanto degne di essere ascoltate perché espressione di persone (anche questo, mi rendo conto, roba da democratici e cristiani).
Quello che i politici di una volta avevano, era la capacità di ascolto. In democrazia nessuno può presumere di possedere la verità assoluta e disprezzare quello che altri fanno o dicono.
I miei migliori auguri per la Sua campagna elettorale che La invito a svolgere in assoluta serenità, anche questa una virtù tipicamente democristiana; spero, comunque, di leggerLa sul mio Foglio a partire dal prossimo numero rispondendo alle domande che rivolgerò a Lei e agli altri candidati Sindaco.
Buon lavoro
Alessandro Distante
Egr. Direttore Avv. Distante,
invio queste righe di riflessione alla redazione de "IL VOLANTINO" nella consapevolezza che molto probabilmente anche questa volta mi sarà risposto che “manca lo spazio” sul cartaceo o che si tratta di uno scritto troppo “pubblicitario”.
D'altra parte, trattandosi di una riflessione che è fondamentale condividere con i cittadini, quelli a cui date importanza solo nella misura in cui si muovano nei confini informativi da voi tracciati, troverà pubblicazione sui nostri canali social, senza esclusiva.
Una breve nota la voglio fare in premessa sulla reiterata mancata pubblicazione della notizia della certificazione e ufficializzazione della nostra lista Movimento 5 stelle Tricase (avvenuta in data 27 marzo 2017), a fronte di un aggiornamento costante della cittadinanza al riguardo degli altri schieramenti politici. La risposta data che, se devo essere sincera, io personalmente non avrei neanche cercato avendo chiare le motivazioni dell'omissione, è stata che il nostro comunicato era “troppo pubblicitario” e non riportava i “contenuti” per i quali per noi avete sempre concesso spazio.
Sulla prima parte della risposta: nessuno avrebbe mai preteso la pubblicazione dell'intero comunicato ma un trafiletto informativo, questo sì, assolutamente! Lo dovevate ai cittadini di Tricase, non a noi. Come fa un settimanale locale ad omettere un'informazione così importante, riportata anche da “Il Quotidiano”? Avrebbe creato troppi problemi informare i cittadini del nostro sereno percorso politico in contrapposizione al totale disordine che impera nelle altre forze politiche a meno di due mesi dall'appuntamento elettorale (chi non ha uno straccio di programma e continua nella formazione di accozzaglie, chi non ha individuato neanche il candidato Sindaco, chi non trova candidati consiglieri)?
Sulla seconda parte della Sua risposta: come mai le ultime edizioni de “Il Volantino” sono piene zeppe di riflessioni da fantapolitica, di appelli elettorali e di analisi distorte e parziali dello scenario politico? Solo a noi è vietato il commento sulle spregevoli dinamiche che si stanno sviluppando sotto i nostri occhi? Siete un settimanale che guarda solo nei confini di una parte politica? Siete di parte? Perché se così fosse, come è evidente, i cittadini devono essere messi in guardia.
E qui veniamo all'uso disinvolto, subdolo e fazioso dell'informazione, roba da DEMOCRISTIANI! Eh già, quanto spirito democristiano si addensa negli ultimi tempi nelle righe de “Il Volantino”... avendo ascoltato la Sua breve intervista rilasciata a TeleRama, vorrei darLe una notizia: la democrazia cristiana non è mai scomparsa, siede ancora nei posti di governo delle Istituzioni di questo martoriato Paese, continua imperterrita a resistere nella difesa del potere secondo schemi che con il merito non hanno nulla a che fare, a costo di farlo definitivamente affondare. Soffoca le competenze e la fresca progettualità dei giovani esattamente come la Vostra retorica, dietro la quale si nasconde solo la speranza che i cittadini non crescano mai e restino sempre dipendenti dalle cure del potente politico di turno.
Nessun “politico di alto livello alla Pisanelli”, Lei afferma, è cresciuto in questi ultimi decenni a Tricase... mi chiedo: si è mai fermato a riflettere sui bisogni odierni del territorio? Si è fermato a riflettere sul contesto esterno? Ha preso atto che lo sviluppo oggi non si persegue più aspettando il posto pubblico in una pubblica amministrazione ipertrofica o calando sul territorio un'imprenditoria “di relazione” a “tempo determinato”? Ha notato che i migliori Sindaci che oggi esprime il Salento hanno dai 40 anni in giù e nessuno è stato scelto dai cittadini sulla base delle pubblicazioni scientifiche o di qualche importante incarico ministeriale?
Lei parla di Tricase come “terra di conquista”: ma cosa significa questa affermazione quando i nostri portavoce ad ogni livello (nazionale, regionale, locale) lavorano in stretta sinergia con il territorio? Le suggerisco io la risposta: significa che Tricase non esprime, come comunità, una convinta progettualità condivisa. E questo anche per responsabilità di chi vuole convincere la comunità che il suo destino è nelle mani del destino stesso, che deciderà se meriteremo un “politico di alto livello” oppure no, nel qual caso saremo tutti spacciati. Restate in stand-by, cari concittadini!
Sarà che io e Lei abbiamo un modo diametralmente opposto di vedere le cose, ma per me che ho 35 anni chi ha “conquistato”, o forse sarebbe meglio dire “espugnato”, Tricase, spegnendo il suo slancio creativo, la sua imprenditorialità, la libertà di pensiero, il senso civico, sedeva tanti decenni fa periodicamente in una stanza e accettava doni in cambio di vantaggi lavorativi e amministrativi.
Allora questa volta chiudo io con un appello e mi perdonerà se uso un liguaggio diretto: lasciate le redini che continuate a stringere con forza e con ogni mezzo, lasciate ai giovani ciò che, anche sbagliando, solo loro potranno fare, vale a dire costruire il futuro!
Francesca SODERO
Candidata Sindaco M5S Tricase
1 La segnaletica all’interno dell’ex ospedale...E’ tornata al suo posto
2 Sono state disegnate le strisce gialle per il parcheggio disabili sulla strada comunale
3 Sono state disegnate le strisce pedonale all’esterno dell’ex ospedale
4 Anche nel secondo parcheggio, all’interno dell’ex ospedale, sono state disegnate le strisce gialle per il parcheggio disabili
Nelle foto presenti solo due delle 4 vostre segnalazoni RISOLTE
anche a favore delle esigenze dei diversamente abili
La prestigiosa catena commerciale Kings ha allestito nelle sue sedi del NewJersey, un apposito scaffale per le ceramiche da tavola ideate e realizzate a mano nella Bottega di Agostino Branca di Tricase.
Nei primi 10 giorni di aprile si è attuata una campagna di promozione denominata "Piazza Italia” per la quale i buyer della nota catena commerciale KINGS, hanno selezionato alcune aziende artigiane di diverse regioni d’Italia, per la maggior parte nel settore del food, tra cui Bottega Branca di Tricase con una linea di manufatti per la tavola.
Alla campagna promozionale che si è svolta in diciassette centri commerciali dislocati nello stato del New Jersey, ha partecipato il ceramista Agostino Branca che insieme ad altri artigiani rappresentanti l’eccellenza italiana hanno avuto modo di presentare i prodotti delle proprie aziende ai visitatori occasionali del network commerciale.
Ad Agostino Branca è stato assegnato il compito di tenere tre workshop di ceramica, in tre centri commerciali per far vedere come nasce un manufatto sicuramente artigianale, un oggetto decisamente made in Italy, un oggetto d’eccellenza made in Salento.
Potenza Picena 3 - ALESSANO 0
Domenica, 16 aprile 2017. E’ la Santa Pasqua. Si gioca all’Eurosuole Forum di Civitanova Marche.
L’Aurispa Alessano perde anche gara due dei play out salvezza contro la Potenza Picena e compromette seriamente la possibilità di permanenza in serie A2. Tre a zero per gli uomini di mister Di Pinto dopo una gara in cui i biancoazzurri sono stati deficitari in ricezione e difesa. Dopo un primo set impalpabile, Cernic e compagni hanno avuto la chance di riaprire il match conducendo per lunghi tratti la seconda frazione, ma dopo aver sprecato un setpoint, hanno ceduto per 26-24, dando così il via libera all’avversario che ha avuto poi vita facile nel terzo e decisivo parziale. In casa biancoazzurra ultimo a mollare ancora una volta Piscopo.
Area comunicazione Pallavolo Azzurra Alessano
di Pino Greco
SABATO, 22 aprile 2017 ore 20.30
Gara 3 - Play out - PALASPORT TRICASE
AURISPA ALESSANO - Potenza Picena
Gli uomini del presidente Venneri incontreranno per la terza volta Potenza Picena. Dopo le prime 2 sconfitte per 3 -0, Cernic e compagni dovranno necessariamente centrare la vittoria, perché la speranza c'è ancora ma, per tenerla accesa serve solo vincere. In caso di sconfitta, l’Aurispa Alessano sarebbe matematicamente in B..
Dunque, X FORZA E X AMORE….VINCERE !
di Giuseppe R. Panico Un tempo, non molto lontano, la strada verso Marina Serra era in terra battuta, più stretta, meno livellata e con un percorso leggermente diverso. Ben poche macchine e moto la percorrevano; erano più frequenti, all’alba e al tramonto, “traini”, biciclette e pedoni diretti o di ritorno dai campi. D’estate molte famiglie contadine usavano alloggiare in campagna in parche e affollate “paiare”, “lamie” o “suppinne” senza elettricità e arredate sovente, più che con letti e materassi, con “saccuni” riempiti di “ristuccia” (la paglia raccolta nei campi dopo la mietitura). Era l’era del tabacco, i campi erano verdi del suo fogliame, i “talari” pieni di foglie ad essiccare ed i ragazzi di campagna felici di recarsi al mare poco distante.
Quel giorno il papà era al lavoro altrove, sulla nuova litoranea verso Leuca, ove le continue esplosioni scuotevano la montagna, ne frantumavano la roccia e la strada lentamente avanzava. Si valorizzava la costa, le marine ed il turismo, il porticciolo era già fatto e la piscina “naturale” si sarebbe poi fatta.
Marco, il maggiore fra i molti fratelli, non ancora decenne, ebbe da sua madre un compito da grandi: recarsi in bicicletta in paese a comprare delle uova per pranzo. All’andata la strada un po’ impervia ed in salita ne rallentava la corsa, al ritorno la strada in discesa e la voglia di mare la accelerava. In quel tratto, ora dismesso, ma ancora ben visibile, che si inerpica su un lieve dosso per poi ridiscendere, Marco correva forte quando una “sacara” gli attraversò d’improvviso la strada.
Il grosso colubro fece rapido sfoggio della sua sinuosa e leopardina livrea e quindi scomparve fra i cespugli. Marco istintivamente sterzò, lo evitò, prese una buca, perse l’equilibrio, cadde battendo la testa, perse i sensi e lì rimase disteso sotto il sole e fra le uova tutte infrante. Un filo di sangue solcava ora il suo infantile viso abbronzato per poi, goccia dopo goccia, arrossare il terriccio. Passò del tempo poi si sentì scuotere. Confuso e contro sole, vide una figura di donna china su di lui.
Era anziana alta magra, vestita di scuro con uno scuro “maccarulo” in testa. “Ddiscete,vagnone, ddiscete” diceva, con voce alta ed accorata, reggendogli la testa. Marco si destò, mentre la ferita continuava a sanguinare. Non aveva con sé nulla per tamponarla, né nulla aveva quella solitaria contadina, se non una piccola e povera borsa. Ne aveva tratto il contenuto: una bottiglietta d’acqua ed un paio di frise, una era già per terra sfatta e rossa di sangue. Prese la seconda, ne ammorbidì un lato con alcune gocce d’acqua e la pose sulla ferita. Poi prese la mano di Marco e la spinse sulla fronte. “Tegnala stritta, tegnala cusì. Comu te sentì? A ddu abbiti?”.
Marco si sentiva già meglio; si sedette, il tampone funzionava, disse che abitava poco distante e che poteva continuare da solo. “Si ssicuru? Te ccumpagnu? “None nunna grazie, me sentu meiu, fazzu sulu”. Si alzò, ringraziò ancora… “grazie nunna”. Con l’altra mano prese la bicicletta danneggiata, guardò le uova infrante poi il ginocchio sbucciato e, dolorante e zoppicando, proseguì verso casa. Quel giorno non andò al mare. Sua madre, vedendolo e già preoccupata per il ritardo, gli corse incontro quasi gridando “Marcu cci tte successu? “Mamma...nna sacara” rispose Marco fra le lacrime e i singhiozzi di un pianto troppo a lungo represso.
La madre lo abbracciò, gli tolse la frisa ormai sfatta, gli curò la ferita, e poi, per quel giorno a pranzo, non più uova per tutti ma “paparussi e pummidori” rapidamente raccolti nel vicino orticello. Chiedeva intanto di quella contadina per poi recarsi a ringraziarla. Marco non la conosceva, non seppe dare altre indicazioni, mai più la incontrò, ma non dimenticò la povera borsa vuota e la poca acqua rimasta. Forse era tutto il suo nutrimento per quel giorno di lavoro nei campi.
Sono ormai quasi sessanta anni che Marco percorre sovente quella strada, ora asfaltata, senza più quel dosso, senza buche e senza sassi e con tante auto dirette verso il mare o le nuove candide villette. Forse la sacara, o le sue discendenti, vive lì ancora, pronta a uscire, al primo caldo sole di questa nuova primavera, e curiosare fra rovi e muri a secco, “paiare”, “lamie” o “suppinne” , in gran parte cadute o cadenti, fra terreni verdi solo di rovi ed erbacce, senza più tabacco né grano e nemmeno …”ristuccia”.
Passando in auto, Marco inconsciamente rallenta. Forse spera ancora di rivedere, se non la sacara, quella magra contadina, guardarla bene e senza il sole negli occhi, chiederle il nome e poi chiederle di quelle frise, premute sulla sua fronte e intrise nel suo sangue e poi ancora... del suo digiuno in quel giorno nei campi.
di Ercole Morciano Non voglio entrare nel merito dell’articolo di Paolo Mieli,“La variante pugliese della giustizia italiana”, pubblicato sul “Corriere della Sera” del 3 aprile scorso. L’interesse per il suo scritto deriva dal fatto che, per indicare un termine di paragone tra la giurisprudenza di oggi e quella del passato, egli abbia fatto il nome di Giuseppe Pisanelli. «È probabile – egli scrive – che già adesso pochi studenti pugliesi di Legge sappiano quanto è grande il debito della loro terra con Giuseppe Pisanelli, il giurista che pure fu un protagonista del Risorgimento, ministro di Giustizia con Garibaldi a Napoli e poi, nel Regno d’Italia, tra il 1862 e il 1864, con Luigi Carlo Farini e con Marco Minghetti. D’accordo, i libri dello statista di Tricase (in particolare “Dell’Istituzione dei giurati” e “Sulla pena di morte”) sono tuttora oggetto di studio in molte università. Pisanelli, poi, fu autore del Codice di procedura civile, un testo ancora oggi ammirato per la sua modernità».
Fin qui le parole di Paolo Mieli, e non possono che far piacere a noi tricasini. E pensare che qualcuno ha proposto di spostare il monumento per metterlo in un cantuccio sulla piazza che porta il suo nome o addirittura esiliarlo in qualche brutta piazza di periferia, come se non fosse bastato l’esilio vero che il patriota tricasino dovette subire dal 1849 a 1860 ad opera del regime borbonico.
L’articolo di Mieli è un richiamo perché questa figura di grande Uomo che Tricase ha offerto all’Italia e, per quanto riguarda la scienza giuridica, all’Europa, sia conosciuta soprattutto da noi adulti e dai nostri studenti; e non per campanilismo o inutile erudizione, ma perché abbiamo bisogno, specialmente in questi tempi dominati dalla confusione, dagli egoismi e dai particolarismi, di ispirare i nostri comportamenti a persone come Giuseppe Pisanelli che hanno messo a servizio della patria la loro scienza, per il bene di tutti, nella trasparenza dei comportamenti, nella chiarezza dei rapporti politici e scevri da ogni personale interesse.
Per alleggerire il discorso, e per non sembrare uno che fa la predica, ho voluto accompagnare questa breve riflessione con una bella tavola caricaturale, ma nel contempo rispettosa, conservata nel Museo Centrale del Risorgimento, in cui Giuseppe Pisanelli compare con altri noti personaggi risorgimentali.
Didascalia:
I personaggi, tutti deputati di fama nazionale, non sono indicati col loro nome ma con quello del collegio elettorale di provenienza. In primo piano vi è Silvio Spaventa (1822-1893), deputato del collegio di Atessa, in provincia di Chieti. Giuseppe Pisanelli è in secondo piano, l’ultimo a destra; Taranto, come si legge sullo stivale,è il suo collegio (sconfitto nel 1861 da Liborio Romano nel collegio nativo, eletto nel ballottaggio dai collegi di Taranto e Afragola, optò per Taranto che lo elesse fino al 1876); una coincidenza: i colori del suo vestito sono blu e rosso, gli stessi di Tricase; con lui è Giuseppe Massari (1821-1884) intimo amico e deputato di Bari. Nel gruppo di sinistra: dietro a Marco Minghetti (1818-1886) deputato di Bologna, si notano Urbano Rattazzi (1808-1873) eletto a Firenze e un deputato di cui è illeggibile la provenienza.