di Alessandro Distante Quando tutti i ruscelli sotterranei confluiranno in un unico fiume e quando questo verrà in superficie, l’acqua inonderà la Città, spazzerà via le incrostazioni dei luoghi comuni e dei pregiudizi e disseterà quel mai sopito ma spesso soffocato desiderio di comunità.

E’ questa la sensazione che ho portato a casa al termine della presentazione da parte di Coppula Tisa dei risultati del progetto Celacanto nella struttura sita in Marina Serra e concessa dalla Provincia.

Tante esperienze, provenienti da tutto il Salento, spesso poco conosciute, delle quali, come se fossero fiumi sotterranei, si avverte la presenza ma non se ne apprezza tutta la forza; quelle esperienze sono state presentate in un unico percorso, quasi un fiume formato da tanti affluenti che, con andamento lento ma deciso, raggiunge la Città per inondarla, per dissetarla senza alluvionarla.

Introdotti da Geremia De Giuseppe, Carla Quaranta ed Edoardo Winspeare, siamo stati condotti, con l’ausilio del bel video curato da Gabriele Quaranta, alla conoscenza di dieci esperienze di altrettante modalità di declinare il fare sociale, in una visione di città a misura d’uomo e con un metodo di partecipazione dal basso.

Interessante l’indagine, presentata da Mariantonietta Cortese, sull’associazionismo ed i giovani, che, dalla risposta ai questionari, sono sembrati più immediatamente attratti dalla logica del fare per poi scoprire la bellezza dello stare insieme.

Le analisi di Giuseppe Cotturi, Gherardo Colombo ed Erri De Luca a dettare i tempi di una riflessione sulle nozioni di bene comune e di impegno sociale, nella prospettiva di una partecipazione sempre più diffusa e responsabile.

Non luoghi comuni ma analisi; non solo riflessioni ma anche e soprattutto azioni; tutti ingredienti indispensabili per non cadere nella retorica abbinata a ricette semplicistiche e per ciò stesso demagogiche.

Coppula Tisa, ripercorrendo un cammino iniziato nel 2001 con Acqua allu Puzzi e passato attraverso la demolizione del rudere abusivo quale gesto simbolico e contaminante, ha documentato un percorso che non ha voluto fare in solitaria, ma costruendo una rete, dove ogni esperienza rimane tale contribuendo tuttavia a tessere un insieme di comunità leggibile e possibile.

Utopia? Sì ma in positivo; come una forza che prende e che trasforma la persona e la società e che si innerva nella storia per cambiarla in una prospettiva di comunità solidale.

Un progetto possibile come testimoniato dalle tante esperienze in campo e come dimostrato, all’inizio dell’incontro, dalla dedica di una targa a Guglielmo Minervini, che portò nella storia, attraverso l’impegno nelle Istituzioni, la carica utopica e profetica, quella carica che si è respirata sabato scorso a Marina Serra.

di Mary Cortese Disillusi, disinformati, disinteressati. Sono davvero così i giovani? Quali sono le pratiche che i vari attori sociali devono mettere in campo al fine di sensibilizzare e coinvolgere i ragazzi e le ragazze e far loro sentire la possibilità di diventare protagonisti del cambiamento? Queste sono alcune delle domande che ci siamo posti nel percorso dell’Osservatorio civico, di cui sono responsabile, nell’ambito del progetto Celacanto Bene Comune.Nel corso delle varie fasi, dall’ospitalità solidale alla Gallery, abbiamo cercato di conoscere i ragazzi e lo abbiamo fatto con diversi strumenti: dai questionari, ai focus group, alle interviste non strutturate.

Ne è emerso un mondo che ha innanzitutto bisogno di Centri di Aggregazione. È anche in questo senso che dovrebbero proporsi le associazioni, come luoghi in cui, partendo dalla considerazione che ogni giovane rappresenta una risorsa per la società e ha un prezioso contributo da apportare, si lavori al loro coinvolgimento con la metodologia dell’animazione socioeducativa, basata su processi di apprendimento non formale e sulla partecipazione volontaria.

L’animazione giovanile può contribuire allo sviluppo dell’autonomia, della responsabilizzazione, della creatività, della consapevolezza culturale e sociale, dell’impegno volontario, della cittadinanza attiva, dell’inclusione. Un’altra riflessione che scaturisce dalla nostra analisi va sicuramente nella direzione di un avvicinamento e di una collaborazione continuativa fra mondo dell’associazionismo e delle scuole, non per “arruolare” ma per educare e formare coscienze. La nostra indagine ci dice che i ragazzi maturano la propria esperienza di cittadini, acquisiscono i primi strumenti di partecipazione nelle scuole.

Quella di svolgere l’alternanza scuola lavoro presso un’organizzazione del terzo settore, per esempio, può essere un’opportunità per innescare delle dinamiche virtuose nel percorso formativo dei ragazzi e nelle associazioni stesse, che si confrontano con i bisogni, le aspettative e i punti di vista delle nuove generazioni e si dispongono al cambiamento e alla crescita.

I giovani hanno bisogno di esempi e sono attratti dalla pratica del fare, non le grandi teorizzazioni ma i piccoli progetti, i laboratori, in cui apprendere attraverso l’esperienza e la condivisione, sviluppando atteggiamenti dinamici e proattivi. La realizzazione dei laboratori del riuso del legno ha permesso per esempio all’associazione CoppulaTisa di sensibilizzare i giovani ospiti provenienti da tutta Italia ai temi della sostenibilità, del rispetto dell’ambiente, della possibilità di partecipare le regole del vivere insieme. Se fanno parte di organizzazioni i giovani lo fanno principalmente perché imparano cose nuove, stanno bene insieme agli altri e si sentono utili. È chiaro che l’universo di motivazioni che spingono all’esperienza associativa attiene alla sfera dei bisogni formativi, della socialità e della costruzione della propria identità come soggetto che fa del bene alla comunità.

Le associazioni dovrebbero cercare il primo contatto con i giovani nei loro posti di vita (la stragrande maggioranza dei ragazzi ha indicato come luogo di ritrovo abituale la piazza), organizzare una presenza diffusa, per vincere quella diffidenza che spesso è il vero ostacolo alla mobilitazione e alla partecipazione.

 

 

 

Dopo il “ ritiro ” di LiberaTricase, del prof. Pasquale Santoro, alle prossime amministrative a Tricase saranno cinque coloro che si sfideranno per guidare il Comune per i prossimi cinque anni

Sergio Fracasso per Sinistra Italiana

Maria Assunta Panico per la attuale maggioranza che fa capo ad Antonio Coppola

Fernando Dell’Abate per il Partito Democratico

Carlo Chiuri per il centro-destra

Francesca Sodero per il Movimento 5 Stelle

La dott.ssa Sodero, si presenterà agli elettori oggi, lunedì 1 maggio

in Piazza Pisanelli ore 17, con il supporto dell’on.le Alessandro Di Battista

di Antonio Coppola Gentile Direttore, ti ringrazio per la richiesta di un mio intervento sull’annosa vicenda della strada statale 275. Lo faccio volentieri, interrompendo un periodo abbastanza lungo di silenzio, che riprenderò subito dopo per evitare che, anche sulle cose ovvie, si inneschino inutili strumentalizzazioni. E poi, tra un po’, tornerò nella sfera del privato. È bene che mi prepari.

Mia nonna Teresina, nata alla fine dell’’800 pensate un po’, era solita dirmi: “Figlio mio, non ti preoccupare, il tempo è galantuomo!”. La vicenda della SS 275 ne è un lampante esempio. Fin dal 2001, mio primo anno da sindaco, le amministrazioni da me guidate hanno sempre sostenuto, con fermezza e determinazione totale, l’irrazionalità del tracciato come progettato nel nostro territorio.

Otto chilometri di enorme nastro d’asfalto senza nessuno svincolo intermedio per migliorare i collegamenti con la nostra città, un’enorme superficie da espropriare, beni di valore archeologico e paesaggistico da sacrificare, senza alcuna reale utilità e con costi altissimi ed ingiustificati. Ricordo il mio intervento in consiglio comunale, durante l’ultima amministrazione Ecclesia quando, come ingegnere addetto ai lavori pubblici, mi opponevo fermamente alla strada, ricordo le critiche che mi vennero rivolte dalla maggioranza di allora.

Ricordo la conferenza dei servizi presso il ministero, in cui come sindaco di Tricase, con veemenza, confermai la ferma opposizione, ottenendo soltanto un riconoscimento di danno ambientale di tre milioni di euro, ricordo le strumentalizzazioni contro la nostra amministrazione, pretesto, insieme ad altri, che portò alla prematura fine della seconda amministrazione Coppola,

ricordo il consiglio comunale, sindaco Musarò, in cui la maggioranza di allora, “senza se e senza ma”, si dichiarò a favore di quel devastante tracciato, nonostante la nostra ferma opposizione, ricordo l’interrogatorio da parte della Guardia di Finanza in cui il maresciallo incaricato dalla Procura, che non aveva saputo, o voluto, leggere gli atti, mi accusava di aver espresso parere favorevole su quel progetto che “occultava le discariche”. Ovviamente non era così, come fu costretto a convenire quando gli feci leggere la mia relazione in cui affermavo che il progetto non era approvabile perché la cartografia e gli elaborati grafici erano gravemente inadeguati.

Ricordo l’intervista di “Report”, su suggerimento di qualche nostrano ambientalista, non so quanto in buona fede, che mi portò alla ribalta nazionale come se io fossi uno dei colpevoli di irreparabile danno ambientale per le discariche “abusive”, che poi tanto abusive non erano visto che erano state autorizzate con ordinanze sindacali dei sindaci che mi avevano preceduto.

In questo clima, con determinazione e caparbietà che i più mi riconoscono, proponevo soluzioni alternative ai dirigenti nazionali dell’ANAS, alla Regione Puglia (ricordo con un po’ di tristezza una lunga chiacchierata a Bari con l’allora presidente Vendola). Ricordo la ferma sollecitazione al prof. Di Santo, responsabile dell’Autorità di Bacino, per fargli valutare con attenzione il grave rischio di allagamento nel previsto sottopassaggio all’incrocio con la provinciale per Specchia.

Ed, infine, ricordo la conferenza dei servizi che anni fa, su nostra sollecitazione, fu convocata dall’assessore regionale Giannini.

Tra gli altri erano presenti gli ingegneri Francesca Pace, per la Regione e, per l'ANAS, il Coordinatore “Territoriale Adriatica” Ing. Castiglioni ed il capo Sezione di Lecce, ing. Paglialunga. In quella sede fu presentata la nostra proposta.

Due corsie a Sud della zona industriale di Tricase, messa in sicurezza della circonvallazione Est (la nostra “Cosimina”), una circonvallazione per superare Tiggiano ed una galleria per attraversare la ferrovia che passa sulla collina della “Madonna di Fatima”. Nell’incontro del 19 aprile il nostro progetto è stato proposto come soluzione del problema.

Ripeto, il nostro progetto, solo leggermente traslato verso Sud. “Il tempo è galantuomo figlio mio!”.

Il tempo ci ha dato finalmente ragione.

 

Libera Tricase e Pasquale Santoro si ritirano dalle prossime amministrative

Da quasi tre mesi Libera Tricase ha  avviato un percorso di impegno civico che, partendo dall’analisi dell’esistente, si propone di elaborare azioni concrete di miglioramento del benessere collettivo e di inclusione sociale.

Abbiamo iniziato a lavorare sul concetto di cura e attenzione per le persone, i luoghi e le cose, declinandolo per aree tematiche, e abbiamo incontrato numerosi cittadini che, per quanto delusi dalla politica locale,  hanno manifestato disponibilità e interesse a fare sistema, per incidere in modo sinergico ed efficace sul territorio.

Si è valutato di non partecipare alla competizione elettorale di giugno 2017, nè come gruppo con una propria lista (pur avendone la possibilità) né come singoli in altre liste, consapevoli che il percorso di rigenerazione sociale e culturale che contraddistingue la nostra visione politica richiede tempi lunghi e perseveranza.

Programmazione, ascolto e integrazione sono gli strumenti che privilegiamo, e l’incoraggiamento di quanti hanno trovato modo e tempo di confrontarsi con noi ci induce a ritenere che un reale cambio di passo, in questo paese, sia ancora possibile.

Per questo continueremo a lavorare nella direzione della cittadinanza attiva e invitiamo tutti gli interessati a condividere il nostro percorso, mettendo in comune competenze, esperienza ed energie. Libertà è partecipazione! 

 

Quarta edizione dell’evento primaverile cittadino, con la partecipazione di Giovanni Conversano e la collaborazione di “Cuore Amico”

Al via la quarta edizione di “Tricase è in fiore”, manifestazione che negli ultimi anni sotto l’albero e le tre torri è divenuta la festa della stagione del risveglio, nota per la messa in risalto dei colori più disparati, molti dei quali visibili solo in questo periodo dell’anno. Dalle precedenti tre edizioni, l’associazione “Tricasèmia” (con il patrocinio della “Città di Tricase”) si impegna a rappresentare e a immaginare la città che ogni cittadino vorrebbe avere, forte del motto “La città che vorremmo”(ovvero con tanti fiori, piante, verde e colori). Lo stesso, che fa da titolo ad un vasto contenitore di iniziative che toccano diversi campi come quello del sociale, del rispetto ambientale, della solidarietà, del restauro e della valorizzazione delle risorse della città. Sabato 29 e domenica 30 aprile, Piazza Cappuccini sarà abbellita dai colori della natura con un bel mercato floreale a cielo aperto, dove fiorai, vivaisti e fioristi allestiranno i loro angoli per rappresentare le loro creazioni e le loro opere. Già perché, questo evento dà ampio spazio alle opere di vario genere che abbracciano il mondo dell’arte e crea un connubio indissolubile tra la bellezza della natura e la fantasia e la creatività del mondo artistico e dello spettacolo.

Per ingannare l’attesa e per preparare la cittadinanza all’evento, l’associazione, da circa quindici giorni ha indetto un piccolo e simpatico concorso fotografico, invitando gli utenti iscritti ai social, ad inviare delle foto che rappresentassero la primavera e le più belle sono state pubblicate sulla pagina facebook ufficiale dell’associazione. Un’idea semplicissima che però ha avuto un notevole riscontro ed interesse da parte dei cittadini, a dimostrazione che il lavoro svolto negli ultimi anni da “tricasèmia” nell’ambito di “Tricase è in fiore” mirato all’attenzione alle bellezze naturali, sia stato particolarmente efficace. Nella serata di domenica 30 aprile, sarà premiata la foto più bella con un premio ad hoc, raffigurante il logo di “Tricase è in fiore” disegnato dalla ceramista Ilaria De Marco.

Anche quest’anno sarà di scena la “sfilata in fiore” che vedrà protagoniste delle giovani modelle che chiamate dal presentatore Giovanni Conversano sfileranno indossando abiti che rappresenteranno la primavera, su un grande palcoscenico antistante la vecchia chiesa di Sant’Antonio di Padova, dove sul piano superiore vi è l’ex carcere, che per l’occasione come lo scorso anno verrà aperto al pubblico. Quest’anno è stato abbellito grazie al lavoro di alcuni volontari di “Tricasèmia”, alla professoressa Rita Accogli responsabile dell’orto botanico dell’Università del Salento (che si occuperà principalmente della tematica della biodiversità) e alla già citata ceramista Ilaria De Marco che attraverso le sue elaborazioni ha reso la struttura accogliente, facendo respirare l’aria primaverile a chiunque vi si recherà all’interno.

Tutto avrà inizio sabato 29 pomeriggio a partire dalle ore 16,30 quando si aprirà il “mercato in fiore”,mentre domenica 30 la manifestazione si aprirà la mattina alle ore 9,00 fino alle 13,30 e riprenderà nel pomeriggio alle ore 16,30 fino alle 22,00.

E’ proprio in quest’ultima fascia oraria che si concentreranno le iniziative inserite in programma, ovvero la sfilata di moda, le visite all’ex carcere, la premiazione del concorso, lo spettacolo musicale e la vetrina di solidarietà con “Cuore Amico” – progetto salento solidarietà, che alla presenza del presidente Paolo Pagliaro con il presentatore Giovanni Conversano effettuerà una donazione particolare e soprattutto solidale.

di Alberto Colangiulo Era da tempo che non avevamo un sogno così. Tricase – Leverano di domenica scorsa è stata ed è la dimostrazione pratica che quel legame storico che da sempre lega i tricasini al calcio popolare, al calcio cittadino, ai colori della città non è morto.

“Calcio popolare”, cosa è? Non vi è una definizione standard o un' equazione che possa dare il giusto risultato di questo binomio.

Ma son due parole che insieme stanno bene, che sembran fatte l'una per l'altra ed insieme ci danno quel giusto sapore di rivincita e riscatto verso un calcio ormai lontano da tutti, giocato fra gli equilibri economici dei mercati continentali e gli schermi televisivi ormai prossimi a diventar grandi come gli stadi extralusso della Champions.

Quel “popolare” ci restituisce il mal tolto e, se ben sollecitato, può darci soddisfazioni molto più entusiasmanti di una televisione a pagamento. Sì!, chiamiamola in questo modo, “televisione a pagamento” e non con quel nome pubblicitario che ci allontana dal vero significato. “A pagamento”, che brutta espressione. Non c'è nessuna soddisfazione vera, piena, in qualcosa di ottenuto “a pagamento”. Era proprio questo il sentimento che si leggeva nei volti, nei sorrisi, e nell'esultanza degli oltre mille spettatori che domenica affollavano lo Stadio Comunale San Vito per assistere ad una partita di “Promozione Pugliese” girone B.

Quanto eravamo distanti dalle televisioni, e quanto eravamo vicini nel godere, nello stesso istante di qualcosa di microscopico per il mondo sportivo ma di grande per noi. Non è questione di categoria.

È questione di sentimento. Per tutto il campionato già qualcosa si era percepito, si era capito che la gente, complici i buoni risultati, stesse ritornando “al campo”; la partita contro l'Ostuni aveva ben messo in chiaro che a certe situazioni la tricasinità è sempre sensibile e poi, e poi domenica contro il Leverano abbiamo rivisto la Est ben più gremita di tante domeniche di Serie C2 di tanti anni fa. I “Ragazzi della Gradinata Est” hanno lavorato per settimane intere, con i loro strumenti, con la loro passione e determinazione convinti che quell'amore dei tricasini verso la squadra della propria città fosse solo dormiente.

Un lavoro quasi capillare, in tutti gli angoli della città, con il passaparola sugli smartphone, con il tam tam degli appassionati e dopo tanto tempo con il megafono per le vie a ricordarci ora e luogo dell'appuntamento. “Popolare”, abbiamo bisogno di esser parte di qualcosa, di sentirci “popolo” e in quanto tale fremere per un sentimento comune. Pensavamo che tutto questo fosse morto? No, era solo dormiente.

È vero, stiamo parlando solo di calcio, ma intanto abbiamo dimostrato che qualcosa di forte che ci lega ancora c'è, che i sogni, quelli veri, non sono quelli della notte, ma quelli ad occhi aperti, frutto di progetti, di prassi e di continuità per tendere alle nostre visioni e raggiungere i nostri obiettivi. Era da tempo che non avevamo un sogno così.

Ed ancora, succede che nel risveglio del senso di comunità, nella giornata del San Vito affollato, nel ritorno a quell'amore verso il rosso-blu a ciliegina sulla torta ci sia in panchina, a guidare la squadra, un uomo di Tricase, storia del calcio tricasino, e che a segnare il gol decisivo sia un altro figlio di questa terra, e che lo faccia con un emozionante pallonetto disegnato alla perfezione.

Cose che fanno bene al “calcio popolare”. Era solo la semifinale. Ora ci tocca ad Aradeo per una finale secca ma, e per le regole dei playoff, con un risultato unico entro i tempi supplementari: la vittoria. Ci portiamo appresso il nome e il blasone per questa categoria con la consapevolezza e l'attenzione che questo, il blasone, non sia una carta o una cambiale da presentare agli avversari ma solo il rispetto che dobbiamo a noi stessi. Rabbia, grinta e volontà e tutto sarà più facile; orgoglio, forza e cuori impavidi e saranno solo applausi. Ci porteremo appresso il nostro entusiasmo e la coscienza che qualcosa si è risvegliato e che siamo pronti dopo tanti anni e sacrifici a riprenderci spazi e tempi che ci competono.

“Il calcio popolare” è soprattutto questo: passione e condivisione vera sugli spalti, una mano nervosamente chiusa di rabbia o di felicità e alzata al cielo che impreca o ringrazia, un abbraccio di gioia e mille volti e duemila occhi che seguono nello stesso instane un pallonetto vincente.

Era da tempo che non avevamo un sogno così.

Forza Tricase. Sempre.

 

LA PUBBLICITA' ELETTORALE SUL NOSTRO SETTIMANALE

Si comunica ai candidati alle prossime elezioni amministrative che “ il volantino ” è disponibile a pubblicare, a pagamento, messaggi e spazi online di propaganda elettorale sia sul giornale cartaceo che sul sito internet ilvolantinoditricase.it nel rispetto della normativa vigente che regolamenta la vendita degli spazi pubblicitari per propaganda elettorale. Gli spazi di propaganda saranno offerti a tutti i partiti, a tutte le liste e a tutti i singoli candidati che ne facciano richiesta

PER MAGGIORI INFORMAZIONI È NECESSARIO CONTATTARE LA REDAZIONE VIA EMAIL : Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

OPPURE TELEFONARE AL NUMERO  347 111 34 05

Caro Direttore,

ho letto attentamente la lettera della candidata del Movimento 5 stelle alle prossime amministrative comunali  e, pur condividendo alcune osservazioni,  non accetto il suo concetto secondo cui la Democrazia Cristiana sia stata un partito che abbia messo la palla al piede al Comune di Tricase, impedendo il suo sviluppo, ed ancora che abbia avuto lo spirito subdolo e fazioso, ed, infine, che i suoi rappresentanti abbiano avuto un carattere autoritario, dittatoriale ed esclusivista tanto da non far crescere i giovani.

Mi spiace dover constatare che una donna che spera di fare il Sindaco di questa Città non conosca i fatti e gli antefatti della politica tricasina. A nessuno, mai, escluso nel periodo fascista, Tricase ha negato ai giovani di crescere, anzi, li ha invogliati a farlo! Tanto meno nel periodo democristiano si è verificata una situazione di tal genere. Dopo Spiridione Barbara ed il Colonnello Resci, l’amministrazione comunale è stata guidata da Sindaci trentacinquenni (Codacci-Pisanelli, Serrano,ecc.).

Io stesso a 40 anni Tricase mi elesse Consigliere regionale.

La dottoressa dice di avere 35 anni ma non sa che, prima di lei, a Tricase, donne anche più giovani di età, ai tempi della D.C.,

hanno ricoperto l’incarico di amministratrici di questa Città, dando il loro personale e quotidiano contributo allo sviluppo della cosa pubblica.

Tutto questo è stato possibile perché la D.C. riscattò in Italia ed in Tricase la libertà di parola e di partecipazione, senza orpelli né censi, quella D.C. che nel 1948 consentì alle donne italiane di votare per la prima volta, sollevandole dalla posizione di second’ordine nel confronti degli altri cittadini e dal diritto di eguaglianza politica, sociale ed, a volte anche economica, nella quale si erano trovate fino ad allora.

La volontà dell’elettorato tricasino, per la verità non sempre attento alle personalità locali (vedi Giuseppe Pisanelli), ha portato in Parlamento, nella Commissione dei 75, costituenti apprezzati sia sul piano intellettuale che su quello politico, che hanno consentito a Tricase di essere veramente Città e non sobborgo.

Ignora la giovane candidata che nel 1873, mentre Maglie contava 5737 abitanti e Gallipoli ne contava 9951, Tricase ne aveva solo 4511 poco più di Specchia, che contava 3248 abitanti. Oggi Tricase conta 17.581 abitanti mentre altri comuni, che prima erano più numerosi, sono scesi al di sotto di quella quota.

Tanto è dovuto ad una politica oculata dei politici del passato, in primis quelli della Democrazia Cristiana, che hanno saputo battersi per ottenere una politica occupazionale ed insediamenti pubblici e privati che hanno determinato sviluppo, non solo demografico ma soprattutto economico. Non scorderò, anche per uscire dalla politica, il Cardinale Panico, che con la sua intuizione ed affezione alla sua terra ha sviluppato un polo sanitario oggi tra i più importanti d’Italia.

Demonizzare la D.C. soprattutto da parte di una persona che, per la sua giovane età,non ha conosciuto i tempi difficili in cui la stessa ha agito, significa porsi arrogantemente in una posizione critica irrazionale, giustificata solo la una presa di posizione di odio che contrasta con quella dell’opinione pubblica dominante che, oggi, di fronte all'incapacità politica ed all'abbandono de  cittadini preferirebbe tornare ai partiti della prima repubblica, compresa la Democrazia Cristiana, perché più democratici, più popolari, meno ladroni di quelli d’oggi, che nel passato hanno aspramente criticato politici seri ed oculati facendo tintinnare in Parlamento le manette che, poi, sono state messe ai loro polsi per i misfatti ed i profitti ottenuti durante il periodo di loro reggenza della cosa pubblica.

La tua risposta alle critiche mosse è da me condivisa appieno, considerato che i politici d'oggi e maggiormente i giovani pretendono di scalare le montagne in elicottero per evitare la fatica degli scarponi. Mi rendo conto che essi non sanno come si conquista la vetta e soprattutto non sanno che la politica fatta con i twitter non appaga chi quotidianamente è sulla breccia della vita.

Grazie per l'ospitalità

Cesare Lia  

 

di Luigi Marcuccio Un’attitudine atavica, della quale qui di seguito darò qualche esempio, sembra aver ripreso piede a Tricase: quella dell’”intellettualismo”.

Qualche giorno fa, su di un pagina di facebook dedicata alla politica tricasina, viene rispolverato un vecchio articolo a firma di Eugenio Scalfari, ove la ragione dell’imperare di demagogia e populismo in Italia è enucleata nell’asserita assenza, da circa vent’anni, di intellettuali alla guida dei partiti e della cosa pubblica. Insomma, la tesi è che ci vorrebbe Platone ...: evidentemente, Socrate, anch’egli qualche tempo fa “precettato” a Tricase a furor di ... condottieri di opposti schieramenti, non è bastato ...

Pochi giorni or sono, nel “cappelletto” di un post su facebook con cui si annuncia la presentazione di alcuni scritti da parte di un “opinion giver” (che sinceramente, e lo dico senza vena polemica, non so quanto sia “opinion maker”) locale, è tracciato un ardito spartiacque tra “gli accademici”, depositari e divulgatori di un sapere “codificato”, e “gli intellettuali”, dotati, per così dire, di quell’ésprit de finesse che consent(irebb)e loro di essere non solo il proprio tempo nel modo migliore ma anche migliori del proprio tempo. Peraltro, questa sottile disquisizione sorvola su una questione: se gli intellettuali di cui si parla, siano, o meno, da annoverarsi tra quegli “intellettuali della Magna Grecia” che l’hanno fatta da padrone nel Mezzogiorno, e forse ancora lo fanno.

Sempre in questi giorni, un politico, più che di lungo corso, di lunga corsa (con varie soste nell’una e nell’altra chiesa) alla ricerca dell’agognata “terra promessa”, intervenendo su di un social, dà ad un altro internauta dell’ignorante “nel senso latino di ignoscere”. Mosso dalla sensazione che nella faccenda c’è qualcosa che non quadra, mi accerto che “ignoscere”, in latino, significa “perdonare”: insomma, un “nel senso di” senza senso.

L’altro ieri, nel leggere una delle “pillole di programma” elaborate da un movimento politico ai nastri di partenza del prossimo agone elettorale, leggo il nome di Zygmunt Bauman. Costui non è Carneade ma un filosofo e sociologo, recentemente scomparso, emarginato a partire dal 1953, e nel 1968 costretto all’esilio, dal regime comunista polacco a seguito di una purga etnica mascherata ideologicamente, ma precedentemente parte integrante della nomenklatura di stretta osservanza stalinista. Bauman, dopo un soggiorno in Israele, si stabilì in Inghilterra, ove studiò in un primo momento la lotta di classe; a partire dagli anni ’90, poi, forse anche per la progressiva caduta in desuetudine di tale tema, si è dedicato all’analisi della società contemporanea, da lui definita “modernità liquida”, caratterizzata a suo dire dalla preminenza del sistema capitalistico, un alto grado di sviluppo materiale, la privatizzazione dei servizi e la rivoluzione dell’informazione. Ebbene, l’apprezzamento di quanto, della storia personale e del pensiero di Bauman, sia rilevante nel contesto dell’elaborazione di un programma elettorale comunale a Tricase, lo lascio al lettore. In breve, come cantava Arbore alcuni lustri or sono, siamo al “lo diceva Neruda, che di giorno si suda ... ma la notte no” .... E mi fermo qui perché il seguito della canzoncina (per chi ha la memoria corta, “lo diceva Picasso, che di giorno mi scasso, ma la notte no”) proprio non calza agli spettacoli d’opera buffa cui chi ha tempo e voglia liberamente assiste (con facoltà di partecipazione diretta, come nelle migliori pièces del pirandelliano teatro nel teatro) di questi tempi sul palcoscenico che ha quale sfondo Palazzo Gallone: tutto si può dire, ma che ci si tedi nell’essere lì, tra gli spettatori o sulla scena, no !!! E per affondare il coltello nella piaga, mi sembra che, nel caso di quelle parti del programma elettorale di quel movimento che finora sono state rese note, sia più appropriato il riferimento alla stato liquido “gassoso” piuttosto che a quello liquido: tutto ciò nel dare atto del fatto che finora quel gruppo è stato uno dei due unici, se non l’unico, a porsi il problema di andare oltre “le grida” che “ci siamo anche noi” e, forse, che “vogliamo cambiare” ... e basta!

Recentemente, uno studioso locale si è avventurato nell’analisi di temi di storiografia “maggiore”, in voga un paio di decenni fa ma attualmente non molto gettonati, a partire dall’analisi di vicende inerenti la propria storia familiare: cosa questa, se non altro, prona alla critica di un’assenza di obiettività nell’analisi. Non solo, la ricostruzione storica effettuata dagli uni ha generato poi critiche da parte di altri e conseguente dibattito, in una sorta di avvilente auto-avvitamento: insomma, questi signori (non importa se intenzionalmente) “se la cantano e se la sonano” da soli.  

Ma tali fatti, o forse meglio aneddoti, hanno un leif motiv un po’ meno nobile di quanto possa sembrare a prima vista. Essi hanno l’effetto, se non lo scopo, di (tentare di) accreditare qualche amico, ovvero se stessi, quale “l’uomo della provvidenza”, che salverà Tricase dai suoi mali se sarà richiesto del suo intervento; e le incursioni nel terreno dell’haute (???) culture sono il, direi maldestro, tentativo di trovare argomenti per consacrarlo.

Dopo queste scorpacciate di filosofia spicciola, ognuno dei capizzippu (che dire capibastone sarebbe un’iperbole ...) sia “tradizionali” che “nuovi” ovvero “emergenti” ovvero “alternativi” tira fuori dal cilindro nomi di “salvatori della patria” (in realtà personaggi opinati “malleabili”), proferendo parole di amore nei confronti di Tricase e dei cittadini, sia a nome proprio che del suo “investito”. E già questo mi preoccupa, perché, per dirla con una boutade di Sergio Ricossa, “"Basta politici che dicono di amare il prossimo. Io da loro voglio il rispetto, non l'amore". Ma vi è di più. In realtà l’obiettivo di questi signori è il rafforzamento del controllo nell’accesso alle loro chasses gardées, ritenuto necessario visto che la fauna venatoria si è, di molto, ridotta. D’altra parte, per effetto della diffusa percezione del diradarsi di questa, il potere dei “magnati”, fondato sulla dispensa, a destra ed a manca, di licenze di caccia in posti “buoni”, vacilla. Ma ciò, in congiunto con il fatto che c’è sempre meno erba ed è empre meno verde, determina un’ulteriore flessione nel livello di controllo suddetto, quindi un aumento della conflittualità tra i satrapi, e così via.

Il Tribunale del Lavoro di Lecce ha accolto il ricorso d’urgenza presentato da Luigi Muci, comandante della Polizia Municipale di Tricase.

Il Giudice ha infatti ritenuto illegittimo il provvedimento con il quale il sindaco Coppola aveva nominato, al posto di Muci, il tenente Lanzillotti, mentre invece aveva confermato tutti gli altri Responsabili dei Settori.

La decisione, che fa quindi tornare l’avv. Muci al Comando della Polizia Municipale, ha suscitato non poco clamore, sia per la particolarità del caso, sia perché la decisione a suo tempo presa dal Sindaco aveva già destato molto scalpore anche perché il Comandante, vincitore di concorso ed assunto a tempo pieno, perdeva il comando e veniva sostituito da un suo sottoposto assunto a tempo parziale.

 

 

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