Tricase, 26 maggio 2022
dalla pagina Facebook di Francesca Sodero
SCUSATE SE IRROMPO IN EPOCA DI GUERRE E PANDEMIE CON QUALCOSA CHE NON SEMBRA IMPORTANTE….
Termina oggi il primo tempo del percorso sofferto per la verità, la giustizia e il rispetto per le donne.
Colui che mi accusava di aver mentito, strumentalizzato i fatti per ragioni di visibilità, distrutto l’immagine di un innocente marito e padre di famiglia per innata perfidia, colui che addirittura arrivò ad imputarmi metodi mafiosi di intimidazione, oggi ha chiesto al Giudice di non far partire il processo penale a suo carico per molestie, pagando un’oblazione e un risarcimento danni; simbolico, come avevamo richiesto, perché l’obiettivo non è mai stato arrivare a questo.
Lo ha fatto perché piegato dalla Giustizia e non purtroppo dalla sua coscienza, e questo resta il dato più triste. Fino all’ultimo ha cercato di umiliarmi, non presentandosi mai una sola volta in udienza e chiedendo di poter pagare solo l’oblazione senza riconoscere il danno, in sostanza di regolare il conto con lo Stato per mero opportunismo. Gli è andata male, però, perché il sistema della Giustizia ha retto ed oggi il risultato è questo: Vito Zocco ha pagato una sanzione allo Stato, le spese del processo e quelle legali, di fatto anche quelle da me sostenute (il risarcimento le copre a stenti).
Eppure tutto questo avrebbe potuto evitarlo. Numerose sono state le occasioni offerte, le volte in cui ho specificato, pubblicamente, privatamente, ufficialmente e ufficiosamente, che con le scuse pubbliche per mia parte la vicenda si sarebbe chiusa all’istante. Il fatto che non abbia ceduto non fa altro che confermare le sue intenzioni e i suoi convincimenti e consolidare la mia scelta di non arretrare di un millimetro, confidando nei rimedi dello Stato di diritto.
Rimane un conto aperto per Vito Zocco ed è quello nei riguardi della nostra comunità, un conto oggi ancora più salato, posto che ricopre una carica elettiva ed anche una carica amministrativa di rilievo, essendo presidente di una commissione consiliare. Rimane la ferita alle Istituzioni e alla Politica, inflitta con la complicità di un mondo fatto di personaggi che non avvertono il peso della responsabilità del ruolo che ricoprono, guidati dall’opportunismo e dal cinico calcolo elettoralistico. Questo conto deciderà se, quando e come chiuderlo, a questo punto non è più affar mio.
A me resta da continuare il mio percorso, nel nome di quella verità che oggi deve arrivare a bussare alle porte di quegli altri soggetti che nel fango ci hanno prontamente infilato le mani per scagliarlo contro di me e vigliaccamente contro chi mi è stato sempre vicino. Mentendo e ancora mentendo, omettendo e calunniando, architettando financo un intero Consiglio Comunale per isolarmi, dipingermi come una pazza, una bugiarda, una poco di buono senza scrupoli nei riguardi di innocenti uomini “lavoro e famiglia”, colpevole addirittura di aver accettato un caffè al bar da un cittadino che chiedeva di fare gli auguri di Natale. Da vittima in posizione di legittima difesa sbattuta ferocemente sul banco degli imputati, rea, se non bastasse, di ledere il buon nome della città. Come se io non fossi una figlia e una compagna, un essere umano meritevole di altrettanto rispetto e titolare di un legittimo diritto di difendere la mia onorabilità. Arrivarono a negarmi il diritto di replica alle loro calunnie, censurando la verità, che però oggi ritorna amaramente (per loro) a galla.
Ci vuole tanta forza per reagire a tutto questo, credetemi sulla parola!
Anche per costoro nutro forti dubbi che sarà la loro coscienza a piegarli, che avvertiranno spontaneamente di avere un debito morale nei miei riguardi, qualcuno anche parecchio pesante. Temo che sarà ancora una volta il tempo a mettere le cose a posto, il tempo della Giustizia.
Io ho fatto la mia parte e continuerò a farla affinché lo spazio pubblico e quello professionale non sia solo formalmente aperto alle donne ma lo sia con lo stesso diritto alla dignità, personale e professionale, riconosciuto agli uomini. E lo sarà solo quando ad un insulto sessista non seguirà più automatica la domanda “ma tu cosa hai fatto per impedirlo?!”. Perché impedire ad un uomo di sentirsi autorizzato a sferrare insulti sessisti, o anche solo apprezzamenti fuori luogo, in un contesto lavorativo, istituzionale, familiare e sociale, innanzitutto non è un compito da addossare a chi li riceve. Perché un momento dopo diventa il dibattito sul “giusto modo” di redarguire, di gestire la resa dei conti, fra chi istiga allo schiaffo e chi alla parola più volgare per prevalere. Non è una mia preoccupazione trovare il giusto modo per quell’uomo e un altro modo per quell’altro. Non deve esserlo. Punto.
Quando però irrompe la discriminazione nello spazio sociale, bloccare e rimediare è sicuramente compito delle Istituzioni democratiche, del Consiglio Comunale, ad esempio, ma a noi è toccato assistere al suo fallimento in favore delle Procure come nella più classica storia italiana.
Oggi, dopo l’esito di questa vicenda processuale, sono fiduciosa che un piccolo passo in avanti sia stato compiuto nel modo comune di concepire la presenza delle donne nel mondo istituzionale e professionale, e di riflesso familiare. E questo è il risarcimento più grande!
Un altro conto resta aperto ed è quello a carico delle componenti delle Istituzioni pubbliche che sarebbero deputate a promuovere e tutelare le pari opportunità, rimaste indifferenti ai fatti da me patiti mentre continuavano a mandare messaggi di promozione di passerelle per l’8 marzo. Neanche una telefonata, men che meno una costituzione in giudizio da parte della Presidente della Commissione Pari Opportunità e della Consigliera di Parità provinciali. Una stucchevole e anacronistica uscita giustificazionista cui ha fatto seguito la politica dello struzzo, da parte dell’attuale Presidente della Commissione Pari Opportunità Francesca Longo, capogruppo di quel PD che oramai sventola bandierine ideologiche a tradimento, mentre si rivela, nella realtà e sempre più, la forza politica più misogina che esista! L’abbandono immediato della causa da parte dell’allora Consigliera di Parità Regionale, Anna Grazia Maraschio, oggi assessore di Emiliano, una volta saputo che il suo Coordinatore Ernesto Abaterusso (Liberi e Uguali, sigh!) aveva preso le difese dello Zocco.
Questa è la politica, bellezza! La politica degli ipocriti!
Non mi faccio abbattere da tutto questo pietoso scenario e non lo faccio anche perché c’è anche tanto di buono in questa storia e sono le persone la cui luce ha illuminato il mio percorso, a partire da coloro che hanno espresso anche solo con un messaggino, privato o pubblico, il loro supporto, per arrivare ad alcuni componenti della precedente amministrazione che non hanno mai abdicato al dovere di testimonianza della verità.
Alessandra Ferrari, all’epoca Presidente della Commissione Pari Opportunità, l’unica a prendere posizioni nette sin dal principio, sia pubblicamente che privatamente. Non dimenticherò mai il tremolio della sua voce dopo aver dovuto assistere al ribaltamento della realtà e alla diffamazione perpetrata a mio danno in quella che dovrebbe essere l’aula in cui far risuonare valori, principi alti e manifestazioni di elevato esempio per i cittadini.
Il Sindaco Carlo Chiuri, che nonostante le mie feroci critiche a caldo per quella che ritenni una troppo tiepida presa di posizione pubblica, un profondo momento di riflessione mi ha portato a rivalutare, ricongiungendo i punti, le reazioni e i comportamenti che mi hanno disvelato, senza tema di smentita perché immediati e spontanei, la fatica umana che costa in politica difendere la propria integrità morale.
Sonia Sabato, all’epoca Assessora alle Pari Opportunità, di cui ho apprezzato il modo discreto e asciutto di mantenere la posizione eretta nonostante le pressioni e i potenziali svantaggi che ne potevano derivare.
Giovanni Carità, che fu pronto a richiamare la politica alla sua responsabilità di prendere posizioni chiare dinanzi a fatti di sicuro rilievo collettivo. Antonio Baglivo, la cui memoria non fu selettiva come quella di tanti altri.
Barbara Lezzi e Antonella Laricchia e tutti gli ex colleghi del M5S che presero senza indugio posizione, mentre altri si mettevano di fretta in scia solo per cavalcare l’onda mediatica. Quell’onda mediatica che sono stata accusata di aver alimentato, nonostante né un messaggio né un’e-mail né una telefonata sia mai partita da me all’indirizzo di giornali e media dell’informazione, men che meno ad intermediari all’uopo incaricati.
L’elenco delle persone che dovrei ringraziare sarebbe lungo e arrivi a ciascuna il mio sorriso di gratitudine.
Ai miei familiari, tutti, mai per un momento sfiorati dal dubbio; senza il loro supporto avrei perso il fiato ai primi dieci scalini.
A Franco, Zaccaria, Anna, Maria Antonietta, Daniela, Vito.
Alla mia super Avvocatessa Roberta Romano, professionista coraggiosa, di fine preparazione tecnica e di enorme pazienza.
Le donne sappiano che possono contare su questa bella umanità, spontanea, evoluta, giusta.
Al mio compagno Andrea Napoli arrivi oggi tutta la forza che serve per affrontare i prossimi passi, mi avrà al suo fianco forte, lucida e determinata, esattamente come lui è stato per me.
Ringrazio anche chi mi ha insegnato che non c’è bisogno di macchiarsi di falsa testimonianza per tutelare i propri interessi di bottega ma che le bugie si possono raccontare “in falsetto”, rendendole così ancora più pericolose.
Il mio setaccio oggi è più fitto e di questo sono grata a costoro.
Ho digerito un altro sasso e adesso è insieme agli altri dove non può più farmi cadere ma solo rendere più stabile e sicuro il mio cammino. Un pianto liberatorio al risveglio è segno che la ferita si rimargina in fretta.
Siate coraggiosi e solidali e avanzeremo tutti in un mondo meno ingiusto e più pulito!
E, se potete, concedete il tempo di sconfiggere l’imbruttimento umano che può colpire chi subisce ingiustizie.
Ad maiora!