Caro direttore, nessun dubbio, non metto in discussione l’immane lavoro di tutte le Amministrazioni Comunali e delle forze dell’ordine presenti a Tricase.

Leggo con molto attenzione il vostro settimanale, le segnalazioni che arrivano e che riportate con il giusto “ equilibrio ”.

Vivo a Tricase da tanti anni, sono un disabile ormai “ abituato” ai vari servizi e disservizi presenti nel nostro paese. Colgo l’occasione per ringraziare le forze dell’ordine e voi tutti della Redazione del Volantino, anche per questa “ nuova forma di segnalare” a favore di tutti.

Mi riferisco a VIDEOVOLA, forse per la prima volta nella nostra Città un servizio video, foto e segnalazione.

Un qualcosa non per colpire qualcuno, ma per migliorare la nostra Città.

Cambio del tutto umore per raccontarvi quello che mi è accaduto domenica 19 febbraio alle ore 12 circa a Tricase Porto. Ero in macchina in cerca di un posto “ per disabili ” sul lungomare di Tricase Porto. Erano le ore 12.09.

La giornata offriva un bel sole…ma non offriva un posto per parcheggiare. Proprio così. Era occupato abusivamente. Ero intenzionato a telefonare alla Polizia Locale…poi mi sono avviato verso la litoranea.

Sono ritornato dopo circa 15 minuti, la macchina era sempre li

L’oggetto di questi 4 righi, non è il parcheggio per disabili “ occupato ”, ma un appello ai futuri candidati sindaco, chiedendo di favorire maggiori progetti volti all’inclusione sociale alle persone affette da disabilità.

Anche se speravo che lo facessero loro “ scendendo in campo”, sostituendo l’inizio di un lungo 

percorso di molte parole e forse di pochi fatti.

Grazie ancora

Un disabile tricasino

 

 

E’ morto Giuseppe Longo. Medico e dirigente ASL. Anni 67.

Era un medico conosciuto per la disponibilità e la bontà che aveva con chiunque

Il dott. Giuseppe Longo vantava anche una lunga carriera politica…

I funerali la prossima settimana

Il direttore, l’intera redazione si stringono con affetto alla famiglia

di Alessandro Distante Continuano gli annunci e le indiscrezioni sulle candidature per le prossime amministrative a Tricase e appaiono già i primi manifesti e slogan elettorali.

Al momento due candidati ufficiali: Francesca Sodero per il Movimento 5Stelle e Carlo Chiuri, con due liste civiche e l’UDC.

La maggioranza in Consiglio Comunale, sotto la guida del Sindaco Coppola, si è riunita ed ha deciso di proporre, come futuro candidato sindaco di centro sinistra, l’attuale consigliere e capogruppo del PD, Carmine Zocco.

Il PD, da tempo commissariato, non si è ancora pronunciato, come non si sono pronunciati gli altri gruppi.

Tanto meno hanno battuto un colpo i Partiti che pure in passato hanno espresso candidature, come ad esempio Forza Italia o gli amici di Fitto.

Oltre ai nomi già in campo, ne circolano poi altri e mi limito a quelli usciti nella nostra Rubrica il Tesorino salentino che, tra il serio ed il faceto, raccoglie le voci che corrono: Maria Assunta Panico (attuale Vice sindaco), Pietro Nuccio (già candidato alle regionali), Pasquale Santoro (indicato dal neo movimento Tricase Libera), Antonio Lia (già parlamentare e già sindaco di Specchia).

Fin qui i nomi. Mi interessa tuttavia porre una questione di percorso e di metodo: la candidatura ed il nome era, secondo una vecchia politica, l’esito finale di una elaborazione programmatica, nella convinzione che ciò che contava era il progetto politico e che gli uomini (o le donne) dovevano essere funzionali al progetto.

Era un’idea che ha retto fino a quando vi è stato un sistema politico-elettorale che affidava ai cittadini la elezione dei consiglieri ed era poi il Consiglio ad eleggere il Sindaco. Tutto è cambiato da quando è stata introdotta la elezione diretta del Primo cittadino; inizialmente si è continuato a sostenere che la scelta del candidato sindaco fosse l’esito finale di un percorso politico-programmatico, ma poi, complice anche la fine dei partiti, si è rovesciato il percorso: prima il candidato sindaco e poi intorno a lui il programma da elaborare o, ancora peggio, scopiazzare.

Quello che emerge dalle cronache di questi giorni, e non solo a Tricase, è che le candidature non nascono neppure nelle sedi di partito o nei famosi tavoli di coalizione e neppure a seguito di quelle primarie che non molto tempo fa sembravano dover essere il passaggio obbligato per un recupero di partecipazione democratica, ma in luoghi diversi se non addirittura per iniziative di gruppi sempre più parcellizzati e financo personali.

Solo nel caso di Francesca Sodero per il M5Stelle la scelta è stata il frutto di un processo democratico interno al Movimento, anche se sono tutte da verificare le modalità della consultazione ed i temi della scelta.

Cinque anni fa, la candidatura di Coppola, fu proposta da un Movimento politico cittadino (poi persosi per strada) e acquisì il sostegno del PD e di SEL; anche quella di Dell’Abate nacque all’interno di un Movimento civico (anch’esso persosi per strada) e acquisì l’appoggio dell’UDC.

L’inversione del percorso (non più dal progetto al candidato ma dal candidato al progetto) fa emergere una prima questione: il rischio che il momento elettorale non sia un’occasione di dibattito sull’idea di Città ma solo un confronto sui numeri.

Ma vi è un rischio maggiore; le scelte fatte da pochi e al di fuori di un dibattito possono portare a candidature funzionali a scopi ulteriori e diversi rispetto alla competizione stessa. Un rischio che prende consistenza quando queste scelte sono accompagnate da manovre di avvicinamento verso gruppi o singoli politici.

E’ già accaduto in paesi a noi vicini che la candidatura a sindaco sia stata sostenuta da politici a livello nazionale o regionale; questo di per sé è un fatto naturale e non certo negativo. Quello che invece sarebbe negativo e pericoloso è che la sponsorizzazione, più o meno pubblicamente resa, risponda non tanto al bene di Tricase quanto piuttosto ad obiettivi diversi, quasi una cambiale da pagare in occasione di altre competizioni elettorali.

Si tratterebbe di un baratto frutto di un processo assolutamente non democratico, ma, soprattutto, un patto sulla testa dei cittadini, come tale inaccettabile. Ed allora candidature autonome e legittimate da processi trasparenti e condivisi di partecipazione che vedano di pari passo delineare le persone e definire i programmi.

di Ercole Morciano Mi dispiace che il mio libro Due tricasini nelle terre delle foibe (1943-1945)abbia potuto provocare una serie di accuse tanto gravi quanto non dimostrate. Inizialmente non volevo intervenire, ma poi ho deciso di farlo soprattutto per chi non ha letto il libro, e rischia di essere fuorviato ingiustamente, e per un sentimento di pietas verso le persone coinvolte. Tralascio il tono apodittico del mio recensore, ovvero di possessore delle verità ‒ neanche il Papa lo usa più ‒ ma è significativo evidenziarlo per comprendere l’approccio dato alle sue affermazioni.

L’accusa più ingiusta riguarda il presunto revisionismoda cui il libro sarebbe infettato; e non è vero: a p. 15 io stesso scrivo che non c’è alcuna «volontà di fare revisionismo». Chi ha letto il libro sa che in nessun passaggio, in nessuna pagina, in nessuna forma, vi è adombrato un anche minimo giudizio positivo sul fascismo, compresa la Repubblica Sociale Italiana, tale da ribaltare quello negativo assegnatogli dalla storia.

Veramente subdolo è l’aggettivo “strisciante”, perché presumerebbe da parte mia una sorta d’imbroglio voluto:il mio libro non è un testo ideologico, né un libro di storia, vuole essere il racconto della vicenda di due persone, che combattevano sì dalla parte sbagliata, ma erano due tricasini che stavano da quella parte come tanti altri italiani, né eroi, né vigliacchi e come tanti altri italiani sono morti. Pertanto non c’è niente di strisciante. Le storie sono infatti documentate(altro che “lasciato prendere la mano da affetti parentali”); i documenti sono allegati o vi sono le note di rimando per chi volesse consultarli.

Forse,da alcuni ideologi,il libro sarebbe stato più accetto se i due tricasini, camicie nere, fossero risultati criminali di guerra, stupratori, aguzzini, ecc. ma io non potevo scriverlo, perché non c’è alcun documento o prova o che costituisca in tale direzione. In termini generali ho scritto a p. 24 sulla repressione degli occupanti nei territori slavi - e fu dura - ma ciò in ogni caso non giustifica la barbarie delle foibe e della pulizia etnica. Paragonare pertanto Caloro e Morciano a “un componente delle SS o a un carnefice dei campi di concentramento”è veramente aberrante oltre che ingiusto nei loro confronti.

Sulla pietas. Sono stato accusato di aver strumentalizzato le foibe per suscitarla: e non è vero. Già in IV di copertina, quindi leggibile dal potenziale lettore quando prende in mano il libro, c’è scritto che Morciano morì in combattimento (e all’interno viene precisato: mentre era di scorta a un autoveicolo dei vigili del fuoco che trasportava a Trieste le salme di otto italiani infoibati a Comeno) mentre Caloro, a guerra finita, fu prima imprigionato dai partigiani di Tito e poi infoibato. Chi ha letto il mio libro sa che sulla criticata pietas (sentimento dell’anima, per me senza aggettivi) a p. 15ho riportato obiettivamente anche la posizione di quelli che riconoscono la pietas religiosa a tutti,mentre negano la pietas civile a coloro che morirono combattendo dalla parte sbagliata.

Per quanto riguardale ragioni per cui i due tricasini scelsero di combattere dalla parte della Repubblica di Salò, con Mussolini, ho cercato nel libro di analizzarle, ma non c’è una pur minima condivisione o giustificazione di sorta; e chi ha letto il libro lo sa benissimo; basta andare a p. 48 per Marciano e alle pp. 81-82 per Caloro.

Un’ultima considerazione. Alfredo De Giuseppe si preoccupa che “giovani poco adusi alla lettura della storia del Novecento”, leggendo il mio libro,possano diventare filo-fascisti. Io invece non ho questa paura; ho fiducia nella capacità critica dei giovani e pertanto li invito a leggerlo,andando oltre i preconcetti ideologici e i dogmi non-scritti di un’interpretazione storiografica che ha fatto studiare per decenni gli studenti su manuali di storia nei quali le foibe non venivano neanche menzionate, e a conoscere le storie di due tricasini, né eroi né vili, in un difficile momento storico per loro e per l’Italia.

Concludo promettendo che su questo argomento non tornerò più, perché non mi piace polemizzare sulla stampa o su altri media.

 

 

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