di Antonio Bramato Tengo a ribadire, come più volte fatto direttamente ai Vigili Urbani o tramite telefonate al loro centralino, che uscire dal ponte piccolo (quello che esce a senso unico, scendendo da via Credaro e che sfocia su via Galvani) è un pericolo da non sottovalutare. Da tenere presente che da quel ponte fuoriescono una parte cospicua di automezzi che provengono dagli abitanti di Lucugnano, Specchia, Miggiano, Ruffano e non ultimi dagli abitanti che stanno a nord-ovest di Tricase (ex frazione di Tutino per intenderci) e spesso anche dalle ambulanze. Specialmente la mattina nell'orario di punta, fra dipendenti ospedalieri, genitori che accompagnano i loro figli alle varie scuole e mezzi con lavoratori autonomi, lì non si capisce niente.

Quindi, dicevamo, che dato il traffico non indifferente, mai, dico mai, abbiamo visto un Vigile Urbano stazionare presso quel ponte. Per chi come la mia famiglia fa quella strada più volte al giorno, uscire da quel ponte diventa un azzardo perché la visibilità te la devi inventare a tuo rischio e pericolo, visto che sulla sinistra vi è una fila di auto parcheggiate, che va dallo stop fino a ridosso del ponte,  che per buona parte stanno nel classico divieto di sosta e che tolgono ogni possibile visibilità di chi ti sta letteralmente falciando.

Forse lo STOP che c'è 100 metri prima a sinistra uscendo dal ponte su via Galvani servirebbe anche in questo luogo. Perciò servirebbe una delle quattro soluzioni o più d'una

1) vigili urbani presenti ogni giorno in quel luogo così come lo sono nei pressi dell'ospedale, sia di mattina che di pomeriggio;

2) mettere quantomeno uno specchio di fronte all'uscita dal ponte per far vedere chi arriva da sinistra;

3) uno Stop a chi viene da Montesano;

4) forse basterebbe non far parcheggiare le auto come da segnaletica già esistente da far rispettare.

La nostra paura è la solita: finché non ci scappa il morto nulla si farà. Dopo saremo tutti mortificati e piangeremo lacrime di coccodrillo..."uomo avvisato mezzo salvato"!!!

Grazie per avermi dato la possibilità di partecipare a rendere visibile questa problematica nella speranza che non si debbano attendere "le calende greche".

 

di Alessandro Distante  AREA DA PROTEGGERE O DA SFRUTTARE?

Le contraddizioni della politica ambientale

Il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ha avviato l’attività istruttoria finalizzata alla istituzione dell’Area marina protetta denominata “Penisola Salentina (Grotte Zinzulusa e Romanelli)”. L’area protetta potrebbe interessare tutto il tratto del Basso Salento della costa Otranto-S. Maria di Leuca.

Il Comune di Tricase, con un atto della Giunta Municipale, ha formalmente aderito all’iniziativa così rispondendo ad un invito rivoltole dalla Direzione del Ministero.

L’attività istruttoria verrà svolta dall’ISPRA, a tanto incaricata dal Ministero. L’Istituzione dell’Area protetta sarà avviata all’esito delle risultanze ambientali, della presenza di habitat e specie meritevoli di tutela e della verifica delle condizioni socio economiche dell’area, nonché della disponibilità di adeguate risorse finanziarie che assicurino la sostenibilità dell’istituzione e del funzionamento della futura area marina protetta.

Il Consiglio Comunale, all’unanimità, ha preso posizione contro l’attività di ricerca di idrocarburi nello Ionio e comunque lungo le coste salentine e pugliesi. Ciò a seguito della autorizzazione rilasciata dal Ministero dell’Ambiente alla società Schlumberger ad ispezionare 4.000 chilometri quadrati di fondale marino tra Calabria, Basilicata e Puglia sino al largo di Santa Maria di Leuca.

Scopo della ispezione ricercare petrolio. Le indagini geosismiche utilizzano la tecnica dell’air gun che si basa su forti esplosioni ed emissioni sonore altamente invasive dei fondali e la fauna marina.

Questo genere di prospezioni, secondo il Comune di Tricase, inferiscono un duro colpo al settore del turismo e della pesca e mettono a serio rischio il futuro sviluppo del territorio senza alcuna contropartita neppure dal punto di vista occupazionale. Il Consiglio Comunale ha ricordato come il Salento abbia da tempo intrapreso un percorso virtuoso per la produzione di energia pulita, voltando da tempo le spalle alle politiche della combustione.

 

 

 

 

 

 

 

 

di Nunzio Dell'Abate  Lo si incontra scendendo da piazza Pisanelliper Marina Serra, dopo circa cinquecento metri sulla sinistra.

Si tratta di un complesso immobiliare di proprietà comunale costituito da un capannone e da un caseggiato, all’interno di uno spiazzale alberato.

Un tempo il primo era adibito a deposito dei mezzi per la raccolta dei rifiuti solidi urbani e a spogliatoio dei netturbini, quando il servizio era espletato direttamente dal Comune; il secondo a mattatoio comunale.

Da un ventennio circa è in stato di degrado e di abbandono.

Tre anni fa l’Amministrazione Comunale deliberava di aprire un mercato ortofrutticolo, ma ad oggi nulla è stato fatto.

Eppure ha una posizione strategica, a un tiro di schioppo dal centro e a ridosso della “Cosimina”.

Qualunque destinazione gli venga data sarebbe linfa vitale per la Città.

Indubbiamente qualcosa che funga da attrattore, specie per i più giovani.

Un’area concerti ad esempio, dove si possano tenere spettacoli dal vivo e manifestazioni di una certa entità, anche per decongestionare piazza Pisanelli che talvolta non si addice a simili eventi.

Un buon modello cui ispirarsi potrebbe essere la “Casa della Musica Livelloundiciottavi” di Trepuzzi, uno spazio pensato proprio per spettacoli dal vivo, creazioni di produzioni live e proiezioni video.

Oppure le “Manifatture Knos” di proprietà della Provincia, un riuscito esperimento culturale e sociale che ha visto il coinvolgimento dal basso di associazioni, artisti e semplici cittadini divenendo un centro internazionale di ricerca, formazione e produzione.

O ancora una pista da bowling o altro sport da intrattenimento attraverso un partenariato pubblico-privato.

E’ un luogo che consente un agevole parcheggio e, dopo un sano divertimento, di raggiungere a piedi il centro per ristorarsi presso i vari locali o visitare i negozi, magari prevedendo il prolungamento della loro apertura sino a sera tardi.

D’estate poi, attraverso un servizio dedicato di navetta, farebbe da promozione alle nostre due marine.

Una risorsa, quindi, da rivalutare in fretta con l’apporto di tutti.

di Antonio Facchini  Un abbraccio a Giuseppe 

Dolorosamente. Giuseppe è nella dimensione del tempo vero, quello che non subisce scadenze, che permea sempre anche la vita, nella sua debolezza e nella gioiosa realizzazione che ci è data fino a che possiamo condividere fisicamente gli abbracci, le voci, le presenze nella pienezza domestica e nella comunità, intimamente e visibilmente. Dolorosamente.È la condizione di chi legato in ogni fibra a Giuseppe, moglie e figli primi fra tutti, vive questo tempo di finitezza e di angoscia, del non conosciuto e dell’incombente, che quando si compie non ci trova mai pronti, preparati, rassegnati. La nostra volontà di dilatare il tempo finito è insieme una risorsa e una diga invalicabile.

Dolorosamente, sì, ma pur in forma e sostanza diverse, altre, Giuseppe non ci ha abbandonati. Non abbandona la preziosa pienezza della sua famiglia e neanche noi che abbiamo condiviso con lui parte significativa di esperienze. Io come tanti ho sempre nell’intimo Giuseppe, uomo di medicina capace di umanizzare il dolore e la malattia, pienamente dedito all’altro che avesse bisogno di certezze o di speranze; uomo di scienza, alla ricerca di radici nascoste che lo facevano gioire e lo riportavano all’entusiasmo di ogni rinascita nella meraviglia dell’universo; uomo di fede profonda e libero sempre nelle scelte e nell’impegno sociale, senza chiedere risarcimenti.

Poi il distacco, doloroso, drammatico. Avvenimenti improvvisi e laceranti. Giuseppe ha sempre cercato il significato delle azioni, è stato un combattente, capace di portare fardelli pesanti. Così ha affrontato anche momenti duri, raccogliendo la sfida in nome della vita. Lo slancio nelle scelte è sempre stato per superare ciò che fosse dietro una siepe, alta ma sormontabile. Sentendolo a Natale, mi aveva confermato che lo attendeva ancora qualche prova, con trepidazione ma anche con la decisione di non lasciarsi andare. L’ho atteso, da quel momento, per riprendere il nostro modo di confidarci, di riflettere con umiltà sulle nostre risorse di amicizia e affetto profondi. Voglio salutarlo, insieme a voi oggi, abbracciandolo, con i versi di Charles Peguy:

L’amore non svanisce mai./ La morte non è niente, io sono solo andato nella stanza accanto./ Io sono io./ Voi siete voi./ Ciò che ero per voi lo sono sempre./ Datemi il nome che mi avete sempre dato./ parlatemi come mi avete sempre parlato/Perché dovrei essere fuori dai vostri pensieri?/ Semplicemente perché sono fuori dalla vostra vista?/ Io non sono lontano, / sono solo dall’altro lato del cammino.

 

1959. Per molti è solo una matricola persa nella galassia della numerologia o un contrassegno per il parcheggio; uno scontrino della spesa o un contapassi quotidiano; una distanza siderale da barrare doppio o una stella persa nell’universo.

Per altri, quelli nati a Tricase nel 1959, è una certezza: quella della procreazione avvenuta in un certo lasso di tempo, un distillato di vita centellinato in gorgheggi di speranza e allegria profusa in confezioni spray da nebulizzare alla bisogna.

E’ questa l’essenza che li lega, il Karma che li porta a sfidare le leggi della natura, la forza (e il coraggio) ritrovata per lanciare la sfida alla senilità. Non paghi delle “esperienze” portate alla meta nel 2009, in occasione del loro cinquantesimo, della “carnevalata brasileira” messa in scena alcuni mesi dopo, e del successone ottenuto nella commedia “50enni allo specchio” (marzo del 2015), dove si interrogavano sui drammi, le commedie e le gioie della vita quotidiana vissuta dai cinquanta in su, ora concedono il quater.

Lo spirito è sempre lo stesso: zigzagare tra il serio ed il faceto con l’intento di lenire e smussare le brutture della vita quotidiana, di ritrovarsi tra frizzi e lazzi, di cementare l’amicizia di una vita, di regalare e regalarsi un sorriso e scoprire quanto in fondo deve fendere la lama dell’età per fregiarsi dell’appellativo “vecio”. Questa pièce oltre che teatrale sarà canterina: il titolo, infatti, è quello di “Pintu e Scuddhatu” e vedrà resuscitato (si spera nell’ilarità generale) questo o quel cantante della loro giovinezza, quella degli anni 70 ed 80, e promettono saranno talmente “Tali e Quali” (fidatevi) che si stenterà a riconoscerli per look, interpretazione e tenuta del proscenio.

La presenza di un navigato gruppo rock tricasino, la Beat Generation Band, e del noto pianobar man, Maurizio Durante, che coordineranno e accompagneranno nota su nota i ragazzi del ’59, è garanzia dell’ottima riuscita dello spettacolo.

Si consiglia vivamente di non prendere appuntamenti per la sera di domenica 5 marzo 2017, ore 20,30, il luogo sarà il Teatro presso la Chiesa di Sant’Antonio a Tricase, sarà l’unico modo per trascorrere alcune ore in allegria, sano e puro divertimento.

Loro, quelli del ’59, intenti al trucco e parrucco, saranno lieti di avervi ospiti, l’unica controindicazione sarà l’età: lo spettacolo è vietato ai minori di 2 anni!!!

 

 

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