Giovedì 4 ottobre 2018, a partire dalle ore 16.30, presso il Dipartimento di Scienze giuridiche dell’Università del Salento,  nell’ambito delle attività del Corso di Diritto dei consumatori e del mercato, si  terrà il  seminario “Scelte di consumo e lotta alla contraffazione”, che vedrà impegnati, tra i relatori, illustri rappresentanti del mondo  accademico e delle istituzioni.


L’evento si inserisce nell’ambito del progetto “Io sono originale”, presentato dal Ministero dello Sviluppo  Economico e promosso dalla DG Lotta alla Contraffazione – Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, al fine di diffondere la cultura della  legalità nel ‘mercato’ del ‘falso’.


Il  seminario di studi mira ad evidenziare il carattere plurioffensivo della contraffazione che, oltre a danneggiare le imprese ed il regolare funzionamento del mercato concorrenziale,  rappresenta un pericolo per la sicurezza e la salute dei consumatori.


Grazie all’impegno di ADUSBEF,  nelle persone del suo Presidente,  Avv. Antonio Tanza, e

dell’ Avv. Donatella Cazzato, il seminario ha l’obiettivo di individuare  i contorni di un percorso che non releghi  il consumatore a vittima  inerte di condotte scorrette,  ma lo renda  protagonista consapevole di scelte di legalità e dell’importanza che tali scelte hanno sia per  la società, sia per il mercato. 

Sono previsti gli interventi dei Professori Ernesto Capobianco, Giulio De Simone, Antonio  Jannarelli e Sara Tommasi, del  Dott. Pasquale Coletta - Direttore ad  interim - Ufficio delle Dogane di Lecce, dell’ Ing. Nicola Talamo -  Delegato Direzione - Ufficio delle Dogane di Lecce,  del Dott. Antonio Califano - Capo Area Verifiche, Controlli ed Attività Antifrode  dell’Ufficio delle Dogane di Lecce e del  Col. t. ISSMI Salvatore  Paiano - Comandante Gruppo Anticontraffazione e Sicurezza Prodotti Nucleo Speciale Beni e Servizi Guardia di Finanza di Roma.

L’evento, di sicuro rilievo scientifico e pratico- operativo, ha ottenuto il patrocinio ed il riconoscimento del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di  Lecce.

I Genitori

Un cancello verde, un albero di falso pepe dal consistente e profumato fogliame, uno scivolo, un' altalena e una giostrina. Tutto ciò che gli occhi innocenti dei bambini hanno bisogno di vedere al mattino nel momento in cui fanno il loro ingresso a scuola.

Poi qualche passetto in più ed eccoli su di un'ISOLA FELICE.Un salone accogliente e suggestivo con una sceneggiatura che fa volare la fantasia dei bambini oltre le mura scolastiche accompagnandoli in un castello incantato ... davanti al focolare di Geppetto ... sotto un fondale marino ...

Una sezione ampia e luminosa, corredata di materiale didattico e stimoli visivi, arricchita da validi supporti per nutrire le menti dei più piccoli, un refettorio che ospita i bambini in una sala adibita alla convivialità e che non coincide con lo stesso ambiente in cui si svolgono le attività didattiche (come accade in molte scuole che non dispongono di una sala mensa), uno spogliatoio a misura di bambino, la toilette e la cucina. Tutto a disposizione dei bambini, facilmente raggiungibile dai loro passi svelti e sguardi curiosi.

Una scuola poco affollata, silenziosa, spoglia nei numeri, ma ricca di valore educativo e dotata di senso pedagogico.I bambini che la frequentano trascorrono gran parte della giornata in una seconda famiglia, in un ambiente tranquillo e incontaminato dalle leggi talvolta paradossali di una scuola che punta a formare alunni "competenti" sottovalutando, però, quell'approccio alla persona, fondamentale per accompagnare il bambino nella sua crescita.

Gli alunni iscritti alla scuola dell' infanzia di Depressa vivono serenamente nell'Isola che non c'è, fino al giorno in cui una notizia poco felice rompe l'incantesimo.A maggio i genitori vengono a sapere, in via ufficiosa, che la sezione potrebbe non essere autorizzata per il successivo anno scolastico, a causa della carenza di iscrizioni.Da quel momento, preoccupati per le sorti della scuola, i genitori chiedono al Dirigente scolastico un incontro urgente per avere maggiore chiarezza sulla questione.

Il tempo passa, i genitori insistono. L'anno scolastico si conclude con un'accurata rappresentazione in cui i bambini ripercorrono le tappe principali del percorso didattico svolto durante l'anno da docenti encomiabili sia umanamente che professionalmente. In questa calda serata di giugno, nel salone della scuola, si vive l'emozione dei saluti che precedono le vacanze estive unita alla preoccupazione per un futuro incerto, ma, al contempo, nei cuori dei genitori è ancora accesa la speranza che la scuola possa vivere ancora.

Intanto interviene il Dirigente scolastico … invano.A questo punto (siamo giunti a luglio 2018) i genitori chiedono di poter essere ricevuti dal Dirigente dell'Ufficio scolastico provinciale e quindi si recano a Lecce per avere ulteriori aggiornamenti.L' esito dell'incontro in Provveditorato rivela la necessità di avere più iscrizioni, ma alimenta le speranze. Viene infatti  prospettata la possibilità di autorizzare la sezione per le 25 ore settimanali come tempo scuola con una sola unità di docenza.

I genitori, consapevoli delle difficoltà gestionali di un sistema scolastico che punta a ridurre gli sprechi ed ottimizzare le risorse, sono pronti ad accettare (nonostante il disagio alle famiglie che avrebbe comportato un tempo scuola ridotto) e così si attivano subito per aumentare il numero di iscritti, che passa da 12 a 15 unità.Siamo a metà luglio. Nessuna risposta certa, ma ancora tanta speranza. Bisogna attendere la seconda metà di agosto per avere delle risposte.Intanto i genitori non si arrendono e, tenuto conto del fatto che la scuola dell' infanzia di Castiglione conta 15 bambini, decidono di incontrare il Sindaco di Tricase.

L' incontro con il Primo Cittadino risulta essere rassicurante. L' Amministrazione comunale si sarebbe impegnata e avrebbe fatto di tutto, per quanto le compete, per mantenere in vita l'unico brandello di scuola esistente a Depressa, dato che la frazione ha perso in passato la scuola primaria e secondaria di primo grado.Ebbene, giunti al 31 agosto, nessuna notizia. Tutto tace, tranne le voci di genitori tenaci, pronti a difendere ad ogni costo un'eccellente scuola di periferia.

Il capo d'istituto termina il periodo di reggenza e dal 1° settembre l' I. C. di via Apulia passa alla reggenza di un nuovo preside.I genitori dei bambini iscritti a Depressa incontrano il nuovo capo d'istituto il quale comunica la quasi impossibilità di mantenere la sezione per mancanza di unità disponibili nell'Organico.Solo nella prima settimana di settembre, a pochissimi giorni dall' inizio delle lezioni, viene appresa notizia che i bambini sarebbero stati accorpati ad una sezione nella sede centrale del Comprensivo.

Arrivati a questo punto, il Sindaco riceve da parte dei genitori un appello accorato a contattare i vertici delle istituzioni coinvolte.Dopo tutte queste vicissitudini è facile intuire il finale: il gruppo dei bambini della scuola dell'infanzia di Depressa è stato disgregato. Le famiglie sono state costrette a collocare i propri figli in vari istituti laddove ci fosse la possibilità di inserirli alla vigilia dell' inizio anno scolastico.

Il tutto senza una preventiva valutazione e scelta oculata della scuola.La battaglia per difendere questa realtà scolastica d'eccellenza è andata persa perché è stata condotta senza gli attori principali coinvolti.Quali sono stati i provvedimenti per evitare la soppressione di una scuola che avrebbe fatto la differenza? (…  non a caso si stava già verificando una paradossale inversione di tendenza per la quale genitori residenti a Tricase avevano scelto la “piccola” Scuola dell’Infanzia di Depressa per i loro figli).

A questo punto, ad anno scolastico oramai avviato, gli interrogativi che rimangono ancora senza una valida ed esauriente risposta sono i seguenti:C’è qualcosa che poteva/doveva essere fatto – da persone più competenti di noi genitori – per  assicurare la continuità di una così preziosa realtà in nome di quel "Patto Educativo di Corresponsabilità" scuola/famiglie ed in ragione degli appelli ripetutamente rivolti da quelle stesse famiglie a chi ha il dovere/onere di assicurare a tutti e ovunque il diritto allo studio?

Oppure le frazioni, già penalizzate sotto tanti punti di vista, devono accettare sommessamente anche la privazione di quel fondamentale diritto (sulla base dell’assurda “legge dei numeri”), cosa che non accade invece nei più sperduti paesi di montagna o delle piccole isole?

La politica dello struzzo non può reggere una comunità educante, non si può educare nascondendo la testa sotto la sabbia. Ci saranno in futuro la volontà e l'impegno per poter restituire alla piccola comunità quel pezzo di tessuto culturale che le è stato strappato?

 

 

di Giuseppe R. Panico

Chiudere una scuola è sempre un evento doloroso per l’intera comunità. Se poi la scuola è quella materna, dopo aver già chiuso quella media ed elementare, è come se fosse l’ultimo “ammaina bandiera” per poi staccare la spina. Senza nemmeno una scuola, senza attrattive di sorta, senza nuovi arrivi, se non qualche migrante da integrare e, soprattutto, senza nuove occasioni di lavoro, la comunità invecchia e si dissolve ancor più rapidamente.

Il paese diventa un mero quartiere dormitorio per gente sempre più rada ed anziana e cala anche la motivazione politica ed amministrativa per la gestione e manutenzione delle opere pubbliche. Il nostro PUG in itinere (o da storia infinita!) che si basa, o dovrebbe basarsi o avrebbe dovuto basarsi (da decenni!) non sulla bulimia da lottizzazione, ma sull’entità della popolazione e ben motivate prospettive di crescita, diventa così, in qualche frazione, una mera esigenza burocratica o una cura tardiva e palliativa.

I prezzi di case e terreni vanno ancora più giù e si diradano gli investimenti pubblici e privati. Succede anche altrove e sempre più frequentemente per il calo delle nascite che affligge l’Italia ma, nel nostro Meridione, anche per l’emigrazione giovanile e la perdurante inadeguatezza della politica. Inadeguata, se non per moltiplicare le nascite, per favorirle creando occasioni di onesto lavoro e sicurezza sociale.

Invece, l’Italia primeggia in Europa per evasione fiscale, la Puglia anche per illeciti o irregolari affitti estivi (ultima stagione) e primissima, dopo Sicilia e Campania, su ben 276 regioni europee, per i giovani senza lavoro e che restano a casa (36,4 %),

E a casa con mamma e papà, è ben difficile che pensino a diventare, a loro volta, mammà o papà. Siamo fra gli ultimi nell’ utilizzare proficuamente anche i fondi europei, troppo spesso diluiti o mal gestiti in progetti inutili o non necessari per evidenti interessi di parte. In tale contesto, la chiusura dell’ultima scuola non è solo un mero atto burocratico ma l’amara realtà di un declino sociale, politico ed economico e non solo scolastico.

E quando una nostra frazione ne è vittima, è l’intera Tricase che soffre (o dovrebbe soffrire) perché da tempo incapace di creare sviluppo e lavoro per sé e frazioni. Non solo per un Piano Coste troppo riduttivo/conservativo, né per un PUG che dopo due anni di riunioni ed elucubrazioni, è ancora in alto mare e dunque non in grado di attrarre investimenti almeno per il turismo.

Né per dare certezze, speranze o illusioni a chi possiede o vuole comprare una casa o un terreno. E così anche per lo sviluppo delle marine, forse unica residua risorsa (fino ad ora negatoci) per creare turismo, lavoro e progresso. Come altrove, la conseguente   economia darebbe fiato anche alle frazioni con alberghi diffusi e centri storici da rendere più attrattivi. Purtroppo ora incide anche la perdurante incuria del territorio e di storici edifici.

Dal castello di Tutino alla torre di Palane, dai rottami dell’albergo Sauli, in capo al porto, alle “serre sfiorite” in zona Donna Maria, dalla casa nativa di G. Pisanelli alla torre del Sasso, dalle tante case “al grezzo” o inabitate/abbandonate alla carenza di parcheggi e marciapiedi (ma non per le auto come succede anche sul marciapiede del nuovo edificio in via Pirandello).

Il nostro non pare proprio un paese, né per pedoni né per ciclisti, né per giovani in cerca di lavoro, né per mamme con carrozzina e disabili in carrozzella. Si ciarla da decenni su una S.S. 275 a quattro corsie, chissà se con passaggio ad Est o ad Ovest, ma trascuriamo importanti strade turistiche, costruite dai nostri avi a due corsie ma da noi ridotte a… una corsia e mezza. Come quel tratto di litoranea che va dal santuario di Marina Serra all’incrocio del Rio.

Alto sul mare, panoramico e piano, con affaccio su una sottostante pineta, la valle e l’insenatura (con i reflui) del Rio. Già servito di illuminazione e fibra ottica, potrebbe essere, con più cura e poca spesa, l’elegante viale di collegamento fra le nostre due marine.

Ma privo di falci e cesoie in mani pubbliche o private, è ora, in gran parte, uno stretto e pericoloso nastro d’asfalto, invaso dagli incolti oleandri ( la stessa incuria si evidenzia da mesi anche l’antica rotonda di Tricase Porto). I nostri ragazzi se ne vanno, i figli li faranno altrove per poi indirizzarli verso altre scuole e mentalità.

I turisti stranieri (e non solo) invece arrivano, e non solo in estate. In tanti transitano in bicicletta su quel tratto di pericolosa litoranea, potenziali vittime della nostra incuria istituzionale e culturale. “Benvenuti nella natura protetta di Puglia” leggono increduli su vistosi cartelli.

A loro che arrivano, ai nostri ragazzi che partono ed ai ragazzini rimasti senza la loro scuola e poi senza futuro lavoro in loco, non ci resta che dire “Excuse me, ma nui simu fatti cusì”.

Meno male che in zona Rio hanno almeno cambiato i pali della luce, sorretti per anni dai fili e non viceversa. Chi ci dà la luce, aveva forse letto dei pali in un recente numero del Volantino.

di Alessandro Distante

“Cercare di intuire l’incanto di una piazza che riesce ad essere interclassista e borghese, politica e vacua, sportiva e festaiola, pettegola e sbruffona. Quella piazza che ancora resiste, non so ancora quanto”.

Era questa la promessa/premessa del libro di Alfredo De Giuseppe “Ore otto sotto l’orologio” scritto nel 2001.

Qualche settimana fa Alfredo, all’interno della rassegna cinematografica del SIFF, ha presentato un documentario (“Un giorno all’angolo”) su quella piazza o, meglio, su tutto ciò che gira intorno all’edicola di Gigi De Francesco, quella stessa edicola intorno alla quale nel 2001 aveva fermato la sua attenzione e le sua macchina fotografica.

Questa volta lo strumento per raccontare quell’angolo di vita tricasina, quel crocevia di persone e di vite, è stata una telecamera fissa, piazzata in incognito per 24 ore.

Una sorta di videosorveglianza, come egli stesso ha detto nel corso dell’incontro di presentazione.

Belle le immagini, soprattutto i primi piani: volti intrisi di vita e di storie, fisse in un mondo senza tempo. E poi il via vai di tante persone e, soprattutto, di tante autovetture, alcune delle quali ferme per lungo tempo in pieno divieto di sosta. In quell’incrocio della vita e delle vite tricasine, che, nel 2001, era il luogo dell’incontro, oggi, sotto l’orologio, tanta solitudine.

Una volta “Alle otto, caffè e giornale, commenti su tutto, grida e cattiverie, notizie sempre fresche. L’incontro è sotto l’orologio”.

Questo accadeva nel 2001, ed oggi? La chiusura del Bar Dell’Abate, posto dirimpetto all’edicola, ha svuotato quell’angolo, niente caffè e niente commenti. Alcuni volti tra quelli fotografati nel 2001 non ci sono più, portati via da un destino infausto; altri ci sono ancora ma non in Piazza ed altri ancora lì, con qualche anno di troppo.

Sulla panchina vicina all’edicola con alle spalle San Domenico oppure sulla soglia di ingresso di quello che fu il Bar, tante vite che svelano una ricchezza nascosta, volti spesso disincantati, espressione di una filosofia di vita apparentemente minore, dai quali traspare tanta poesia e al tempo stesso una tenera malinconia; tante persone a custodire un angolo cruciale della Città e che si alternano in questo compito, nelle varie ore del giorno, con la presenza fissa e rassicurante di Gigi.

Eppure al fondo una solitudine che, forse, non è conseguenza solo della chiusura del Bar all’angolo, ma del mettere all’angolo ogni forma di scambio fatto di pettegolezzo e di politica, di festa e di sbruffoneria, in uno smarrito interclassismo dove prevaleva il gusto dello stare insieme.

Un angolo nei pressi dell’orologio; un crocevia di vite che si incrociano ma che forse non si incontrano; la “Piazza che ancora resiste”, ancora esiste?,

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO BACCHETTA IL SINDACO, MENTRE
IL CONSIGLIERE PASQUALE DE MARCO RITORNA SUI SUOI PASSI

di Nunzio Dell'Abate

Dopo le roventi vicende dimissionarie che hanno visto protagoniste quest’estate le Consigliere Federica Esposito e Francesca Longo nonché l’Assessore Antonella Piccinni rispondere a tono,non c’è pace su a Palazzo Gallone.

Il Sindaco non risponde ad una interrogazione rivoltagli dal capogruppo PD in Consiglio Fernando Dell’Abate ed il Presidente del Consiglio protocolla una nota ricordando al Primo Cittadino la normativa del Regolamento Comunale sulle interrogazioni, l’unico mezzo messo a disposizione dei Consiglieri per esercitare la loro funzione di ispezione, di verifica e di sprone dell’azione politico-amministrativa.

Non è dato sapere se il Sindaco ha poi risposto.

Una cosa è certa, forse sfuggita al Presidente del Consiglio a cui le interrogazioni e le risposte giungono per conoscenza, che ben cinque interrogazioni a mia prima firma giacciono inevase dal lontano agosto dello scorso anno.

Intanto il Consigliere Pasquale De Marco, che aveva criticato aspramente urbi et orbi il Sindaco Chiuri (come ripreso anche dal Volantino in un precedente numero) e che al penultimo Consiglio Comunale non si era presentato facendo andare sotto la maggioranza, stante la concomitante assenza di altri due Consiglieri della stessa maggioranza, è ritornato amorevolmente alla corte di Chiuri.

Complice è stato l’ultimo Consiglio, ove si è rischiato che la maggioranza rimanesse di nuovo senza numero legale per deliberare autonomamente ed in palio c’era l’assestamento di bilancio.

Ad inizio di seduta, Consigliere e Sindaco si sono completamente ignorati, poi quando il secondo ha compreso il rischio che si stava correndo, attesa nuovamente l’assenza di due della maggioranza, è iniziato l’approccio di amorevoli sensi. Sfugge quale sia stata l’argomentazione che abbia convinto De Marco a rientrare nei ranghi.          

All’attento Lettore non sfuggirà, invece, il clima in cui si lavora in Municipio e lo stato di motivazione dei funzionari e del personale dipendente, con le Commissioni Consiliari che frequentemente saltano per l’assenza dei consiglieri di maggioranza, con la mancanza della benchè minima programmazione ed idea di sviluppo della Città, con una costante navigazione a vista sui problemi ed esigenze della comunità e con un Sindaco che appare sempre più distante dalla gente ed avaro di confronto. Ma al peggio non c’è mai fine…

 

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