La Quercia Vallonea di Tricase finalista in Europa per “L’albero europeo”.

Già proclamato l'albero più bello d'Italia, con oltre 350.800 preferenze,rappresenta l'Italia in Europa al 'Tree of the Year 2020'.

Mai nessun albero italiano ha vinto il concorso “ L’albero europeo”,che si tiene dal 2011. Potrebbe essere la volta buona per l’Italia con la “ nostra” Quercia Vallonea unica concorrente italiana tra i sedici alberi finalisti europei

Si può votare fino al 29 febbraio: non si vota solo per il più bello,si vota anche per quello con la storia più interessante.

E tra storia e leggenda la “Quercia dei 100 cavalieri” non è certo seconda a nessuno.

I nostri concorrenti sono tanti dall’Irlanda alla Russia.

Dunque,facciamo vedere di cosa siamo capaci.

Sosteniamola perché è parte integrante di questa terra, al pari della sua storia, della sua arte, della sua musica e delle sue tradizioni.

Vota su https://www.treeoftheyear.org/vote 

I risultati il 17 marzo a Bruxelles

di Giuseppe R. Panico

Ma da cosa derivano le inefficienze del nostro Sud, se ancora oggi non si riesce a concretizzare un più costruttivo percorso?

Più che colpa degli altri (del Nord) o della scarsità di risorse materiali, sembra sia colpa di una mentalità che vede ancora il suo progresso nel “familismo amorale”, in marginali interventi a spese dello Stato e nella cultura del passato.

Non certo nel favorire nuove imprese, realizzando moderne infrastrutture e servizi. In un mondo che corre rapido e dove ogni settore economico è dominato da competizione, rinnovamento e movimento di merci e persone, o si tiene il passo o si arretra per poi scomparire o rimanere in pochi.

In natura, numero e caratteristiche degli esseri viventi sono in funzione delle risorse geografiche / economiche /alimentari locali. Ma essendo l’homo anche “sapiens”, può disporre anche delle risorse umane di cui sa dotarsi, fatte in gran parte di politica e “capitale sociale” (cittadinanza attiva).

Senza una loro vincente sinergia, anche territori potenzialmente ricchi degradano nel sottosviluppo, regressione ed emigrazione fino ad arrivare a civiltà perdute o a “ghost town” (paesi fantasma).

Un male questo ormai diffuso non solo in poveri paeselli sul cocuzzolo della montagna ma anche nel nostro Salento, ricco di mare, di buon clima e di storia e che di montagnoso ha solo delle alture. Basta dare un’occhiata alle anagrafi di tanti comuni, ai troppi “vendesi” di case e proprietà, al bassissimo livello di investimenti privati ed alle tantissime partite IVA che chiudono.

Basta fare una passeggiata nei piccoli borghi ove, d’inverno, di umano si incontra solo un po’ di anziani e, d’estate, qualche turista in più. Una triste realtà che, oggi, ben più di ieri, necessiterebbe di una accorta e lungimirante politica da statisti e non certo da populisti o troppo spesso incolta/inesperta, distorta e distratta da torcicollo a destra o sinistra, o con la testa rivolta all’indietro.

Nella nostra Tricase, la passata attenzione verso il turismo e la relativa economia, ci aveva dato il porto e poi il suo ampliamento e, a Marina Serra, il porticciolo e poi la piscina (poco naturale), come anche la litoranea Serra-Leuca.

Da troppi decenni, pur con il turismo in crescita, è come se il tempo si fosse fermato, non più nuove infrastrutture e più avanzati servizi, ma solo rifacimenti, abbellimenti e recuperi di quanto già esistente e che, lasciato per decenni in abbandono ed ora rifatto, evidenzia un ben scarso e passivo utilizzo.

È prevalsa la politica del disfare e rifare, del latino “festina lento” (affrettarsi lentamente) o della “decrescita infelice” fatta anche di “imprese comunali” rivelatosi poi meri sprechi milionari. Senza credibili piani per il futuro, almeno per il turismo, anche quell’enorme capitale, fatto di sacrifici, risparmi ed esperienze umane e professionali, che i nostri padri o nonni, emigrati in Svizzera, Germania, etc., avevano riportato a casa per investire in loco a favore di figli e nipoti e della comunità tutta, si è in gran parte dissolto.

I loro beni, spesso sottovalutati e svenduti, servono a sostenere una nuova emigrazione. Non più quella delle loro braccia e del loro sudore, non quella straniera sostenuta dallo Stato, ma quella, sostenuta da loro, dei loro eredi e della loro sapienza, acquisita nelle scuole meridionali e università settentrionali e poi offerta ad altri; non al loro Salento, non alla loro Tricase.

Figli e nipoti hanno imparato la lezione, condiviso la frustrazione dei padri e abbandonano sempre più numerosi la sempiterna mentalità del “familismo amorale” e la povera politica che ne deriva.

Agli sprechi politico- amministrativi, a quello economico dei vecchi migranti, a quello giovanile-intellettuale dei nostri nuovi migranti, ai problemi della bassissima natalità, la politica ha saputo aggiungere anche l’inerzia infrastrutturale/decisionale per moderni collegamenti ferroviari/viari/ e le scandalose o inaccorte gestioni regionali (FSE, AqP, ex ILVA, Xylella, TAP, etc.).

E per finire, il radicalismo ecologico/naturalistico che troppo limita e burocratizza l’uso del territorio e della costa. Ormai quasi uniche residue risorse per un pur modesto e sostenibile sviluppo turistico- economico, ora tanto condizionato da piani paesaggistici e parchi costieri (poi lasciati all’incuria,), da ostilità verso nuovi insediamenti turistici di lusso, oggi così richiesti, (colonia Scarciglia a Leuca, resort Briatore ad Otranto etc.), dal mancato utilizzo dei fondi strutturali europei 2014-20120 (in Puglia solo il 27%.).

Un gran mucchio di inefficienze, sprechi e ritardi, alto ormai quanto l’altura del Golgota ove sembrano da tempo crocefisse la fede nella politica, la speranza nel futuro, e la carità di patria.

Se essere “sapiens” vuol dire anche chiedersi il perché dei nostri Mali del Sud, più che sperare in una futura resurrezione, bisognerebbe darsi da fare perché la resurrezione avvenga al più presto. Cominciando a curare il male peggiore, ovvero la mentalità di quel Capitale Umano che, restio ad essere Capitale Sociale, si accontenta di essere solo Capitale Elettorale, attivo o attivato solo per recarsi o disertare la sua croce alle urne.

Una cura da cavallo per un civismo che, troppo assente dalla scuola, dalla famiglia e dalle priorità politiche, sappia “produrre” meno sudditi e ben più cittadini, attenti e vigli sulle scelte dei loro “eletti” e per un futuro che non sia da “ghost town”.

di Alfredo Codacci Pisanelli

Caro Direttore,

ho letto con attenzione e interesse l’articolo di Alfredo De Giuseppe che riguarda, tra l’altro, la mia breve esperienza quale Sindaco della nostra Tricase. Quanto scritto è tutto vero, ma – se posso – incompleto.

A febbraio del 1988 mio Padre, Giuseppe Codacci-Pisanelli, che aveva 74 anni, si è improvvisamente sentito male e – dopo una brevissima agonia – è morto.In primavera si sarebbero svolte le elezioni amministrative nel Comune di Tricase e alcuni sostenitori di mio Padre avevano preso contatto con la nostra famiglia suggerendo la candidatura a Consigliere Comunale di uno dei figli o figlie di Giuseppe.

Non ero interessato anche perché non ho mai avuto alcuna simpatia per i “democristiani” e ho sempre criticato mio Padre per la sua appartenenza a quel gruppo politico che profanava il nome e la croce di Cristo. Apprezzavo Maritaine che diceva: “Demo-cretienne cest’a dire demi-cretienne” (demo-cristiani vuol dire mezzi-cristiani)”.

Mio Padre, gran sofista, diceva che la croce della DC non era quella di Cristo, ma quella dei crociati! Eppure su consiglio della mia famiglia ho deciso che dovevo candidarmi.

I “Capi” della DC non hanno apprezzato la mia improvvisa accettazione: mi avevano depennato, e hanno reinserito “al volo” il nome CODACCI sbagliando anche l’ordine alfabetico: mi hanno messo dopo Giuseppe COLAZZO, mio amico, che è l’unico che mi ha veramente e con lealtà sostenuto e anche, quando ci voleva, criticato.

I “Capi” della DC, che facevano riferimento ai deputati Quarta e Leccisi, non mi hanno mai apprezzato, e mi impedivano di avere il palco per tenere comizi elettorali.

Tenevo i miei “mini comizi” dal camion di un amico costruttore: aveva improvvisato un impianto di amplificazione e buttava giù gli spalti. Io parlavo e la gente – per quel che potevo percepire – gradiva. Sentivo un particolare affetto da parte dei miei concittadini tricasini ai quali delle faide di partito non interessava assolutamente nulla.Inaspettatamente sono stato il primo degli eletti.

Si è riunita la direzione della DC per un commento al voto ed è stato affermato che “i voti di Codacci non contano perché è stato votato dalle donne” (sic!!!). Ho replicato che non capivo se si rendevano conto della idiozia che avevano detto: “Quando anche fosse vero, volete dire che il voto delle donne non conta?”.

Oltre a Quarta e Leccisi c’era un terzo soggetto che andava emergendo: era il Presidente della Regione Puglia Salvatore Fitto (per gli amici “Totò”), che mi ha chiesto di accettare la candidatura a Sindaco.

Gli ho fatto presente che – con tutto il rispetto per la sua richiesta – quella candidatura era un “non senso”. La nostra Tricase è al centro di tutti i miei pensieri ed affetti, ma non ne conoscevo l’organizzazione, le necessità, le istituzioni, a cominciare dalle scuole.

Come potevo fare il Sindaco? Il Presidente mi ha ribadito la richiesta di accettare la candidatura a Sindaco dicendomi “Non preoccuparti!”. Ho accettato per la sua insistenza e simpatia: pochi giorni dopo il Presidente è morto in un tragico incidente stradale. Volevo andarmene, ma c’era il grande problema della scelta del mio successore.

Alla fine, per farmi fuori, i “Capi” DC mi hanno levato l’indennità di Sindaco, che io passavo direttamente all’ALITALIA per pagare i biglietti Roma-Brindisi e viceversa. Non ho mai utilizzato l’auto di servizio per andare all’aeroporto; l’”Autista del Sindaco”, nonché mio caro amico, Fernando Rosafio potrà confermare.

Mi sono dimesso. Il resto è notorio e fedelmente riportato dall’articolo di De Giuseppe. A Piazza dei Cappuccini era apparso un “murales” che mi aveva commosso: “Alfredo, eppure ti volevamo bene!”. Una curiosità: al nuovo sindaco, eletto al mio posto, l’indennità di carica” è stata immediatamente ripristinata ….

L’articolo dell’Amico (e omonimo!) Alfredo De Giuseppe passa ad altre vicende, che riguardano lavori “pubblici” attualmente in corso al Porto di Tricase su un manufatto “comunale” adibito a caffè-bar, che sarebbe oggetto di ampliamenti con fondi non si sa se pubblici o privati, che stimoleranno gli “intrattenimenti musicali” (alias “schiamazzi”) notturni nella piazzetta del Porto.

Noi che passiamo le vacanze a Tricase Porto chiediamo solo di poter dormire di notte. E’ TROPPO?!?

Con affetto,Alfredo

di Antonio De Donno

Tricase è una città meravigliosa.Ognuno di noi in cuor suo custodisce e manifesta in ogni dove l’orgoglio di essere cittadino di Tricase.

Per la sua storia, le bellezze architettoniche, quelle naturalistiche, gli illustri personaggi della storia passata e recente, i tanti tricasini che in ogni dove si fanno apprezzare a livelli altissimi ed alimentano le recensioni positive sul nostro paese, l’Ospedale Cardinale Panico con le sue eccellenze, i tanti ricordi di un passato importante che ha travalicato i confini più ambiti, nell’economia come nello sport, nell’arte come nella politica.

Ma soprattutto il comune sentire che più ci lega a questa terra è un senso di tranquillità e pace sociale che non ci farebbe cambiare il nostro paese con nessun altro luogo del mondo, caratteristica oggi rara nel nostro Salento, tipica di un lembo ben definito e minimale della provincia in cui forze negative e degenerate non hanno mai preso piede.

E non parlo solo di criminalità organizzata, qui mai radicata grazie ad eccezionali anticorpi socio- culturali ed ad un efficiente lavoro delle forze dell’ordine, ma anche di quella “sottocultura” socio-imprenditoriale che ha fatto della scaltrezza la propria caratteristica principale e che a Tricase non si è mai affermata e non ha mai attratto molti.

Perchè, nonostante le difficoltà occupazionali che ci accomunano in molti casi al resto della penisola salentina ed a sporadici eventi di ben note piaghe sociali, qui si vive bene.

A Tricase noi genitori possiamo ancora permetterci di crescere i nostri figli liberi di muoversi per la città già dalla tenera età, controllati dagli occhi vigili e responsabili di tutti, forgiati dagli Oratori,dalle associazioni, da una comunità in larghissima parte sana e responsabile.

Certo, molti sogni sono rimasti nel cassetto, si è diradata quella consapevolezza di collettività protagonista che ha fatto della Tricase del passato uno dei punti nodali della politica e dell’economia provinciale e non solo.

Ma il terreno per la rinascita è rimasto fertile, perché etica, rispetto, senso del dovere e della misura sono rimasti nell’humus “familiare” della nostra comunità, hanno colmato le nostre stesse manchevolezze ed arginato le “pretese” altrui.

E la politica, proprio perché espressione di questi valori diffusi, se esce fuori dal seminato deve trovare la forza al proprio interno di auto-rigenerarsi, o è meglio che lasci il passo. A Tricase non sono necessarie aule di tribunale per dirimere offese o presunte tali.

Chi si propone alla gestione della cosa pubblica sa bene di poter essere oggetto di attenzioni, riflessioni o critiche da parte di un paese intero e non solo, ed anche quando le stesse dovessero sfiorare, raggiungere o oltrepassare il consentito, la saggezza e la pazienza necessarie per “rappresentare” Tricase dovrebbero essere doti personali e collettive imprescindibili.

Perché solo gratitudine va riservata a chi narra la vita di tutti senza un fine recondito ma solo per quel senso di attenzione e responsabilità verso concittadini e posteri che, grazie al lavoro di pochi,potranno conservare nelle proprie menti e nei propri cuori i frammenti di una comunità in cammino, scanditi nei rotocalchi quotidiani, e farsi anche in molti casi anche recenti un idea ben precisa da quale parte stia il giusto e da quale altra invece l'erronea e ingrata interpretazione di un ruolo.....

Ecco perché Tricase non è e non sarà mai il paese delle “ingerenze esterne” che condizionano la vita amministrativa, e deve tendere a diventare il paese di chi ritiene che la critica o l’allusione, benchè ardita, non sarà mai intesa come un offesa personale e collettiva da dirimere nelle aule di qualsivoglia tribunale, ma come un incitamento a far meglio e a non ingenerare dubbi di alcun.

E così come questo paese tollera atteggiamenti di chi ha la responsabilità di amministrare la cosa pubblica incomprensibili ai molti, e che stridono con il bene comune, così mi auguro che la Giunta riveda la decisione di querelare il Quotidiano di Lecce e il nostro giornalista.

Auspico che il buon senso sia la prima soluzione da intraprendere, e dove basterebbe una semplice rettifica ci si accontenti e non si vada oltre, dimostrando che alle grandi responsabilità di cui si è stati investiti corrispondono doti di saggezza, mitezza e buon senso.

Tricase è sempre stata città ospitale e generosa, e chi amministra ha il dovere di seminare nella propria comunità spirito di condivisione e collaborazione, serenità e pace sociale, ingredienti necessari per avere stabilità istituzionale e sociale e realizzare un patto intergenerazionale che realizzi un futuro da pensare e realizzare insieme, donne e uomini, giovani e anziani uniti per una Tricase migliore.

Tricase, 1 febbraio 2020

Lascia Palazzo Gallone?

di Nunzio Dell'Abate

In ogni dove, e non solo a Tricase, il nostro Primo Cittadino dichiara apertamente che si candiderà alle Regionali di maggio prossimo con Forza Italia e che dovrà quindi dimettersi da Sindaco. Se così sarà, vuol dire che ha trovato la “scusa” per scappare dal governo della città, consapevole chenon fa per lui.

E ci sta, sebbene ciò comporti il commissariamento del Comune e l’azzeramento dei due consiglieri provinciali in carica.

Se è l’ennesimo tira e molla come lo è stato per le sue recenti dimissioni poi ritirate, è un irresponsabile perché in questo limbo la macchina politico-amministrativa perde del tutto entusiasmo e funzionalità.

Ma è ancor più irresponsabile se scientemente si dimettesse dopo il 4 febbraio.

Difatti, se le dimissioni del Sindaco si perfezionano entro il 24 febbraio si andrà al voto per le amministrative quest’anno in un periodo compreso tra il 15 aprile ed il 15 giugno, diversamente nello stesso periodo ma l’anno venturo (cfr. legge 7.6.91 n.182 art 2).

Ora, visto che le dimissioni diventano efficacidecorsi 20 giorni, Chiuri dovrà dimettersi al massimo il 4 febbraio, altrimenti “regalerà” alla comunità di Tricase oltre un anno di CommissarioPrefettizio.

I Sindaci di Racale e Cutrofiano, quest’ultimo con scadenza naturale 2021 ed entrambi al secondo mandato consecutivo, si sonocorrettamente dimessi pochi giorni addietro.

Dalla irresponsabilità si passa invece alla pura follia se il malcelato fine di questa tempistica è quello diconsentirgli di ricandidarsi nuovamente a sindaco l’anno prossimo.

Il Comandante Antonio Buccoliero,

candidato alla carica di Consigliere regionale?

di Pino Greco

“Sono tantissimi Salentini a chiedermi la candidatura e il ritorno in campo.

Tutti hanno apprezzato il mio impegno di sostanza e non prettamente ideologico.

La politica ha bisogno di impegno concreto sui temi sostanziali che impattano con il territorio e con i suoi abitanti.

Ho ruoli di primo piano nell’Arma come massimo rappresentante di tutti i Carabinieri d’Italia ( Presidente del Cocer) oltre che di Responsabilità presso il Comando Legione Carabinieri di Abruzzo e Molise.

Valuto con attenzione la possibilità di una mia candidatura anche per rappresentare gli interessi di Tricase e del Capo di Leuca, territorio che ho imparato ad amare e rispettare”.

 

in Distribuzione