Il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano sulla base delle informazioni del direttore del dipartimento Promozione della Salute Vito Montanaro, informa che oggi giovedì 29 aprile 2021 in Puglia, sono stati registrati 12.290 test per l'infezione da Covid-19 coronavirus e sono stati registrati 1.501 casi positivi: 422 in provincia di Bari, 113 in provincia di Brindisi, 221 nella provincia BAT, 332 in provincia di Foggia, 226 in provincia di Lecce, 179 in provincia di Taranto, 2 casi di residenti fuori regione, 6 casi di provincia di residenza non nota.

Sono stati registrati 30 decessi: 13 in provincia di Bari, 2 in provincia di Brindisi, 2 in provincia BAT, 5 in provincia di Foggia, 2 in provincia di Lecce, 6 in provincia di Taranto.

Dall'inizio dell'emergenza sono stati effettuati 2.211.107 test.

179.232 sono i pazienti guariti.

48.429 sono i casi attualmente positivi.

Il totale dei casi positivi Covid in Puglia è di 233.497 così suddivisi:

89814 nella Provincia di Bari;

22.999 nella Provincia di Bat;

17.463 nella Provincia di Brindisi;

42.202 nella Provincia di Foggia;

23.187 nella Provincia di Lecce;

36.715 nella Provincia di Taranto;

752   attribuiti a residenti fuori regione;

365  provincia di residenza non nota.

I Dipartimenti di prevenzione delle Asl hanno attivato tutte le procedure per l'acquisizione delle notizie anamnestiche ed epidemiologiche, finalizzate a rintracciare i contatti stretti.

Giovedi, 29 aprile 2021

Coronavirus a Tricase: qualche primo piccolo segnale di miglioramento negli ultimi giorni comincia a vedersi?

Molti i cittadini (positivi al covid), che ci hanno segnalato che “pian piano si vedono piccoli segnali di miglioramento

Dunque, rispetto alla scorsa settimana (38 positivi a Tricase), il numero dei casi dovrebbe essere in diminuzione, dovremmo andare verso quota 20- 25 positivi.

Non ci resta che attendere (i dati ufficiali),rispettando le regole anti covid

di Alessandro DISTANTE

Cesare Lia ha dato alle stampe un opuscolo dedicato, oltre che alla compianta moglie, anche “Ai cittadini di Tricase”.

Il titolo racchiude tutto: “Tricase Passato e Futuro”. Lia ricorda i suoi progetti, le sue battaglie e lo fa in una chiave non nostalgica o rivendicativa ma in chiave propositiva partendo dalla sua intensa attività politica: da consigliere comunale, a consigliere regionale fino a diventare assessore regionale. Ma proprio quando era al vertice della sua carriera, un grave incidente occorso alla giovane figlia Emanuela lo portò per “amore di padre” a non proseguire nel suo impegno politico “avendo le ali tarpate e l’onere di provvedere alla vita di mia figlia”. Rifiutata una candidatura alla Camera dei deputati nelle liste dell’Ulivo di Romano Prodi, si ritirò dalla politica attiva, continuando però a coltivare la passione per una progettualità del territorio.

Ed è su questa scia che Lia parla del Capo di Leuca, del Consorzio dei Comuni, dell’idea di una strada di collegamento tra l’Adriatico e lo Jonio, del finanziamento perso per la realizzazione di una struttura transfrontaliera tra Tricase e Corfù che il Comune aveva deliberato sorgesse a Marina Serra in località Palane. E poi lo studio per una metropolitana di superficie con quattro fermate da Gagliano via Tricase e Casarano per Lecce; l’idea di Tricase capoluogo di Provincia. E poi le occasioni perse dal Comune di acquistare il Castello di Tutino, il boschetto della stazione e la tenuta di donna Maria. E poi tanto e tanto ancora. Il viaggio nella politica viene accompagnato dal ricordo di personaggi che Lia ha conosciuto fino a diventarne amico, come Pierre Cardin e Sean Connery.

“Sicuro che qualcuno raccoglierà queste considerazioni, spero che un giorno del Capo di Leuca, con capofila Tricase, se ne parli nel mondo intero non solo per le naturali bellezze ma soprattutto per le capacità che i cittadini hanno dimostrato di avere, combattendo le loro necessità con gli scarsi mezzi a disposizione, la capacità di eguagliare altre realtà italiane e soprattutto quelle che hanno avuto la possibilità di sfruttare una posizione geografica in cui sono stati allocati dal Signore”.

Grazie Ninì, come affettuosamente ti chiamiamo: uno sguardo al passato ma soprattutto e sempre uno sguardo al futuro.

di Giuseppe R. PANICO

Economicamente, siamo messi un po’ male, visto che nel Meridione il reddito medio è appena il 62 % di quello europeo e circa il 50% di quello lombardo.

Salentini e tricasini al lavoro a Milano e dintorni producono dunque il doppio di noi rimasti quaggiù.

In sanità poi non brilliamo certo in efficienza e correttezza se tanti vaccini sono stati dirottati verso amici e familiari, con l’aiuto di chi doveva gestirli in ben altro modo e, come Puglia, siamo per questo finiti sulla stampa internazionale.

Nei paesi ove il senso civico/onestà di chi amministra soldi e servizi pubblici è ben più diffuso e radicato, vige il detto: “mai mettersi in condizione di far pensare che…”. Dalle Alpi a Lampedusa, sembra invece più diffuso e applicato il detto: “il potere che potere è, se non se ne approfitta”.

Facile dunque assistere a scivoloni della dignità personale, della furbizia e della illegalità, con scantonamenti in criminalità e mafiosità. Si riempiono le cronache, ma non con pene ai responsabili e foto “wanted” nelle piazze.

Anzi, spesso la fanno franca, per poi vantarsi verso i soliti “fessi”, resi omertosi e finanche invidiosi: “il potere logora chi non lo ha”.

Continuiamo così ad impoverirci e a rimanere, se non in fascia rossa, in fascia infetta.

Il sogno della retta via e di maggior reddito per tutti non può che svanire, quando prevalgono sentieri tortuosi e gramigna politica. Rimaniamo così in fondo a tante statistiche, “ovviamente” per colpa degli altri e non di chi guardiamo allo specchio.

Con l’estate che avanza e turismo in arrivo, potremmo almeno ricercare da noi un migliore “appeal” ed investimenti attraverso PUG, piani particolareggiati sulle aree da decenni destinate allo sviluppo, porti etc.

Non potrà essere solo Draghi a darci la salvezza, come nuovo messia di valori etici, morali e sociali e come salvatore della patria per i continui disastri, intrallazzi e debito pubblico (oltre quarantamila euro a testa).

Né i promessi fondi europei, visto che al Sud, fino ad ora, siamo stati poco capaci di ottenere e spendere bene quelli già programmati.

Se poi da Tricase gettiamo lo sguardo lungo la costa orientale del Salento, scopriamo di essere, il comune costiero più grande per popolazione ed estensione, ma non come afflusso turistico, imprenditoria e reddito derivante.

Troppo poco abbiamo fatto nell’ultimo mezzo secolo e la svolta sembra ancora lontana. Nemmeno una nuova sdraia con ombrellone a pagamento per chi, raggiungendoci, vuole mettersi più comodo e lasciarci un po’ più del suo reddito a beneficio del nostro e dei nostri giovani in cerca di lavoro.

Abbiamo pure ridotto i posti barca. Di giovani, già ne nascono pochi e, in troppi, né studiano né lavorano. A mettere su famiglia ci vuole coraggio, si affermano altre unioni e, senza …”becchime” di Stato e/o reddito d’impresa, anche le cicogne svolazzano a vuoto.

Eppure, una felice sinergia fra buona sanità del nostro ospedale e sviluppo costiero, con nuovi insediamenti e moderni servizi, potrebbe far sorgere un modello vacanziero/sanitario molto attrattivo per il “buon ritiro” di giovani anziani/pensionati ed investimenti.  

Medicina/cure di eccellenza e talassoterapie, favorite dal nostro pregevole territorio, clima, cultura, allungarsi della bella stagione con il cambiamento climatico, facilità di escursioni verso le isole greche e da quel grande albergo diffuso che è la nostra Tricase e paesi limitrofi, potrebbero darci nuovo reddito e futuro.

Ma la sorte, nel donarci tanto “ben di dio”, non ci ha forse inoculato la strategia o il vaccino per utilizzarlo al meglio.

Continuando così, non ci rimane che esporci come pezzi da museo o statue di cera, seminude di reddito e valori e rivolte al passato.

Poco degne di attenzione, lentamente si sciolgono, ma non per colpa degli altri o del solleone in arrivo.

                                                                                                 

di Pasquale SANTORO

SANGUE DI GIUDA : la nascita di una nuova lingua del Sud , un dialetto sanguemisto che racconta sprazzi di vita di persone allo sbando , ma incredibilmente invincibili.

L’attesa del primo romanzo di Graziano Gala era giunta ormai al culmine , non solo a Tricase, sua città natale, ma nel Salento, in Puglia e , senza timore di essere smentito, anche nel letterario nord , dove vive e lavora da alcuni anni come docente di lettere precario, oltre a collaborare con le maggiori riviste letterarie nazionali.

Cominciano a moltiplicarsi dal 15 aprile le presentazioni di questo suo romanzo d’esordio , interventi in streaming dove Gala, con toni umili ma autorevoli , si racconta attraverso i suoi personaggi , dove tutti possono riconoscere parti di sè o di persone che conoscono.

Il tratto distintivo, originale di “Sangue di Giuda”  è un dialetto sanguemisto nato da un processo ‘ fusion ‘  fra dialetto salentino , campano e calabrese , un dialetto sanguigno che esprime anima e corpo del Sud.

Nelle sue dichiarazioni , Gala  racconta che i  capitoli di questo suo romanzo hanno  una scansione simile a quella dantesca , in ognuno ci sono penitenze che devono essere superate .

La mia impressione ,inoltrandomi nella lettura  pagina dopo pagina , è stata di sentirmi spettatore di un film : le parole si trasformano magicamente in visioni , i personaggi ti proiettano nei loro luoghi e nelle loro storie , i dettagli dei luoghi sembrano circondarti. Fotogramma dopo fotogramma si susseguono  le vicende umane , a volte disperate , a volte tragicomiche che  scalfiscono le certezze e le sicurezze di chi conduce una vita normale.

Il romanzo , ambientato nei primi anni del Duemila , si apre con  il furto di un televisore, un Mivar , appartenente a Giuda , un vecchietto che abita a Merulana , un paese qualunque del sud, che annovera la presenza di un buon gruppo di “ sfasulati “ , gente allo sbando, dalla mente traballante.  

Il furto del  televisore sconvolge la vita di Giuda  perchè lo aiutava a lenire i morsi della solitudine che condivideva con Ammonio, un gatto malato alla vescica , incontinente spruzzatore, e con Digiuni, un cane a cui non dà mai da mangiare.

 

La scomparsa del televisore riporta Giuda indietro di cinquant’anni , lo restituisce alla sua infanzia , ai suoi traffici, alle offese , agli insulti e alle compassioni . Lo scaraventa in quella dimensione disperata e violenta che era la sua vita di un tempo.

Inquietante il fantasma del padre di Giuda, nascosto nell’armadio , che lo terrorizza di nascosto , perchè costantemente arrabbiato con lui . Un padre che gli aveva imposto il nome di un infame , un traditore. Un padre manesco , che volutamente gli cambia il nome di battesimo, compromettendone l’esistenza.

Il romanzo è anche la discesa del protagonista nel regno delle anime notturne , per recuperare un po’ della sua dignità deturpata.

Tenera ed infantile   la definizione che Giuda dà della notte :“ la notte è nu pacchett’ e patatine ca spettamu de scartare pe’ vedere ‘a sorpresa “ 

Graziano Gala, docente salentino emigrato al nord, precario ancora per poco, con Sangue di Giuda si è candidato ad avere un posto fisso nel cuore della gente del Sud .

Il suo dialetto sanguemisto , ‘ lingua meticcia ‘ come è stata definita , è una vera e propria lingua dell’amicizia , una lingua sanguigna, verace che conferisce a Graziano Gala la meritata ribalta nel panorama letterario dei giovani scrittori di talento.

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