di Alessandro DISTANTE
E’ proprio una strana coincidenza: quest’anno l’ora legale scatterà nella notte di Pasqua.
Una coincidenza che, a ben vedere e certamente per una pura casualità, “costringe” ad una attenta riflessione.
La Pasqua, per i cristiani e non solo, è una festa che ha fatto sempre rinvio alla pace; l’umanità, attraverso il sacrificio di Cristo, viene riconciliata con Dio, somma sintesi del bene e quindi della pace.
L’ora legale contiene un aggettivo (legale) che è l’opposto di illegale ed un sostantivo (ora) che rimanda alla nozione del tempo; basta rimettere insieme sostantivo ed aggettivo ed accostarli al giorno del 31 marzo per concludere che con la prossima Pasqua avrà inizio l’ora della legalità.
E la legalità segna una condotta conforme alla legge e quale legge più profonda e più vera può esserci se non quella della pace? Del resto la legge è un rimedio inventato dagli uomini per evitare di giungere alle mani e che, senza legge, siano costretti a risolvere le loro questioni con la forza e la violenza.
Che magnifica coincidenza! L’ora legale, quest’anno, sarà l’ora della pace perché la legge è garanzia di pace.
Un azzardo? Pura divagazione? Solo un gioco di parole? Forse, ed anzi certamente, ma vale, altrettanto certamente, come augurio.
E’ l’augurio che tutti ci facciamo, volendoci lasciare dietro la illegalità di tutte le guerre che si stanno combattendo nel mondo ed anche in Europa; la illegalità del terrorismo e di tutti i terrorismi, la illegalità delle morti che si consumano nel nostro Mare Mediterraneo; le illegalità di un mondo ingiusto dove la gente muore per fame e per sete ed è costretta a lasciare le proprie terre; la illegalità del massacro del popolo palestinese e, purtroppo, l’elenco delle illegalità potrebbe continuare.
Ed allora ben venga l’ora legale e della pace.
Un segno dell’arrivo di questa ora è capitato di vederlo nello scorso fine settimana: migliaia di persone sono giunte a Lucugnano per visitare Palazzo Comi. Era la giornata organizzata dal FAI per riscoprire la bellezza che ci sta accanto. Un segnale forte, perché, se riscopriamo la bellezza, non potremo più tollerare che venga distrutta. La bellezza, per dirla con Dostoevshij, salverà il mondo. La Pasqua, quest’anno e per sempre, segnerà l’inizio del tempo legale. Auguri!
Di parcheggi, intesi come un’area a ciò appositamente dedicata, ce ne sono propriamente due: Piazza Caserta e Largo di fronte all’Ospedale. Il primo assorbe le esigenze soprattutto di Piazza Cappuccini e delle strade ad essa limitrofe, mentre il secondo risponde alle esigenze di chi si reca in Ospedale per fare visite oppure per essere sottoposto a visita.
Ho detto “propriamente” pensando a due parcheggi che, tuttavia, sono più funzionali alle strutture esistenti, come lo spazio davanti al Liceo Comi e quello nell’area antistante lo stadio San Vito.
Per il resto, niente.
Eppure di idee, anche a livello politico-amministrativo, ce ne sono state tante.
Le varie Amministrazioni che si sono succedute a Palazzo Gallone hanno sempre indicato l’area Donna Maria (ai piedi del “serpentone”) come la soluzione per un parcheggio funzionale a Piazza Pisanelli e più in generale al Centro storico. Le Amministrazioni si sono succedute, ma nessuna, fin’ora, è riuscita a tradurre quel progetto in realtà.
Altra progettualità, pur essa rimasta nel cassetto, è un parcheggio, in larga parte, interrato di fronte all’Ospedale Panico. Più volte è stato inserito nel Piano triennale delle opere pubbliche ma ora non più; la realizzazione era prevista con project financing (un meccanismo che vede l’opera realizzata a spese del privato che poi la ottiene in concessione per un periodo di tempo necessario a ripagarlo dell’investimento).
Un’altra idea, venne lanciata dalla prima bozza del PUG: un parcheggio in Piazza Marinai d’Italia. Si è trattato di una proposta progettuale che ricevette immediatamente le reazioni negativi di tecnici e di cittadini. Meglio, forse, sarebbe l’area già destinata a parcheggio dei pulman Sud Est con possibile ingresso da via Angiulli (parallela di via Lecce).
Gentile direttore,
le chiedo un po' di spazio sul suo settimanale, per l’importante ruolo che svolge nella nostra comunità. Ma anche per la lunga e pluridecennale attenzione che ho avuto per Il Volantino fin dai suoi primi numeri.
Il suo editoriale "Questioni di tutti”, apparso sull'ultimo numero, mi suscita alcune riflessioni che condivido volentieri con lei e tutti i lettori.
Aderisco a molte delle sue considerazioni, pur trovando alcune contraddizioni e criticità su cui divergo e che, mi auguro, potranno trovare occasioni di dibattito e approfondimento.
La sua disamina affronta due temi diversi, ma che poi fa opportunamente convergere in una valutazione critica congiunta, come cattivi esempi di pratica politico-amministrativa. Il primo tema che affronta è il Piano Triennale delle opere Pubbliche, che ha approvato la Giunta come collegato al Bilancio di previsione e che sarà portato in Consiglio tra qualche giorno.
Lei afferma “Il volto di una città si deve vedere e anche sentire”, magari “con il più ampio coinvolgimento di chi ci vive.” Come darle torto! Poi entra nello specifico del Piano, rilevando alcune mancanze importanti.
L'altro tema che fa emergere e che collega al precedente è la questione dell’ecomostro di Tricase Porto. Da notizia della manifestazione promossa da 13 associazioni ambientaliste e si rammarica che non si sia potuta ascoltare la voce del Sindaco o di altro rappresentante della maggioranza. E’ utile ricordare che a questa manifestazione aveva aderito la mia associazione Cantiere Civico ed erano presenti tutti i consiglieri comunali di minoranza, accomunati dalla stessa idea di rimozione dell’ecomostro e di restituzione alla fruibilità collettiva del tratto del bellissimo promontorio da far acquisire dall'Amministrazione Comunale. Una posizione diametralmente opposta a quella che espresse il Sindaco in campagna elettorale nel corso del dibattito organizzato da Il Volantino che si tenne in Piazza Cappuccini. Egli affermò che avrebbe visto con favore il recupero dell'immobile per farne un ristorante stellato. La sua assenza alla manifestazione credo sia attribuibile all’imbarazzo per questa posizione, in presenza di gravi abusi certificati dai giudici.
Nel modo con cui l’Amministrazione ha operato su questi due temi, il piano delle opere Pubbliche e la gestione della discussione sull’ecomostro, lei individua con ragione una carenza allarmante. Sono, infatti, “ temi che meriterebbero una discussione ampia, che coinvolga maggioranza e opposizione e, ancor di più, l'intera comunità tricasina.” Cito con virgolettato questa sua affermazione, intrisa di passione civica per la partecipazione, con cui concordo appieno.
Ma devo, purtroppo, riportarla alla realtà più grigia e alle responsabilità di chi, per funzioni istituzionali, dovrebbe attivare questi processi: chi ha incarichi di governo della comunità.
Il Piano Triennale delle opere Pubbliche, ad esempio, è stato varato senza convocare neanche una riunione della Commissione Consiliare competente in cui anche i consiglieri di opposizione avrebbero potuto esprimersi.
Figuriamoci se da questa maggioranza, dalla sua dimostrata propensione a considerare le decisioni politiche come scelte di pochi, ci si possa attendere la creazione di luoghi e strumenti partecipativi allargati. Con buona pace dei tanto declamati “ Tavoli delle responsabilità”(copyright De Donno in campagna elettorale) che avrebbero dovuto caratterizzare una nuova stagione di politica partecipata.
Non è accaduto e l'impoverimento del dibattito politico nella nostra città è preoccupante. Si registra certo la presenza di una vivacità culturale, ma che non riesce a irrorare di idee forti un ambito politico sempre più impermeabile. E questo richiama anche per noi il tema della qualità della democrazia e della necessità di impegnarsi per irrobustirla, in un tempo in cui i suoi nemici storici( populismi e autocrazie) rialzano la testa.
Su un punto del suo articolo, però, mi sento di dissentire decisamente. Lei parla di "democrazia avvilita” mettendo insieme la latitanza della maggioranza che rifugge da momenti di confronto e le “inconcludenti sedute di consigli comunali che si dilungano su interrogazioni e interrogazioni che non risolvono alcunché”. Mi sembra sbagliato e superficiale mettere sullo stesso piano fenomeni così diversi. L'interrogazione è uno dei pochi strumenti a disposizione dei consiglieri comunali d'opposizione per sollecitare la risoluzione di problemi dei cittadini, per far emergere ritardi e errori nelle scelte compiute o quali attività si intendono intraprendere in un determinato campo della vita sociale. E se non si producono risposte adeguate, le responsabilità risiede in chi governa e deve generare azioni concrete. Appiattire o annullare le differenze dei ruoli, può generare solo confusione in cui è difficile individuare responsabilità. Porre interrogazioni non è un vano parlarsi addosso, ma un esercizio di critica che fa emergere altri punti di vista. Richiede l’ascolto dei cittadini e la fatica per tradurre le loro insoddisfazioni in proposte di soluzione.
Anche questi credo che siano valori della democrazia che lei apprezza e per i quali noi continuiamo a impegnarci.
La ringrazio con immutata stima
Carmine Zocco
Consigliere Comunale di Cantiere Civico
di Pino GRECO
Tricase- “Anche la Polizia Locale in divieto di sosta”.
La segnalazione arriva da alcuni cittadini che testimoniano con foto l’auto della Polizia Locale Provincia di Lecce in sosta parcheggiata dove non si dovrebbe.
Siamo nel “salotto di Tricase”, nella centralissima piazza Pisanelli, a due passi dalla sede del Comune - questa volta sono gli automobilisti a “multare” la Polizia.
Ma noi siamo certi che l’auto era in sosta per motivi di servizio, dunque, “non risponde delle violazioni amministrative chi ha commesso il fatto nell’adempimento di un dovere” . Lo dice la Legge
di Alessandro Distante
Nell’ultimo numero abbiamo annunciato l’incontro organizzato dal FAI “De Finibus Terrae” che si è poi svolto, sabato scorso, presso le Scuderie di Palazzo Gallone. Ho risposto al gentile invito rivoltomi dalla presidente prof.ssa Rosy Mele e mi sono portato alle Scuderie. Non affronto i temi trattati, se non per sottolinearne l’importanza e la ricchezza di spunti; mi soffermo, piuttosto, su un dato sociologico e, senza esagerazioni, storico.
Le Scuderie erano piene di donne mentre gli uomini erano una piccola e sparuta minoranza. Questo, tra il pubblico; ma, ancora “peggio”, quando è stato presentato l’organigramma del FAI locale e quando si sono succeduti i relatori. Tutti donne con un’unica eccezione.
Insomma: un vero e proprio ribaltamento di quello che era lo scenario consolidato delle iniziative pubbliche dove, a farla da padrone, erano sempre e prevalentemente gli uomini.
Se a questo si aggiunge che in rappresentanza dell’Amministrazione comunale vi era una donna e questa ha annunciato che la Giunta ha approvato un progetto teatrale curato da un’altra donna che intende ridare vita, a fini turistico-culturali, alla storia di donne tricasine del Novecento e non solo, il cerchio si chiude!
Verrebbe da dire che ormai tutto viaggia sulle lunghezze d’onda al femminile!
E’ casuale quanto accaduto sabato scorso? Non direi, se è vero –come è vero- che l’apparato amministrativo comunale è in mano alle donne che ricoprono la maggior parte dei posti di responsabilità; se è vero –come è vero- che la più grande azienda del territorio è guidata da una donna; se è vero –come è vero- che gli Istituti scolastici sono diretti, per la grande maggioranza, da donne; se è vero -come è vero- che a comandare il Corpo della Polizia Locale è una donna.
Ma torniamo all’incontro del FAI: la conduzione della serata, ovviamente al femminile, ha viaggiato sulle ali della gentilezza, della simpatia e dell’accoglienza; le donne relatrici sono entrate tutte nel vivo delle questioni ambientali. Ben venga quindi questa rivoluzione al femminile, anche perché l’unico relatore al maschile, soffermandosi più sull’Organismo che sull’ambiente, ha messo in crisi un’altra tradizionale certezza, e cioè che il guardarsi allo specchio sia proprio delle donne.
Insomma, tempi difficili per il genere maschile; viviamo in un’epoca dove –FAI e fai- siamo testimoni, nostro malgrado (?), di un cambiamento radicale.