a Silvana, cittadina esemplare

di Alessandro Distante

Il film più bello di quest’anno, a detta di tanti spettatori oltreché di buona parte della critica, è stato quello di Paola Cortellesi.

Le ultime scene di “C’è ancora domani” sono le file lunghissime e la “fatica” di tante donne che, tessera alla mano, si recavano, per la prima volta, ad esercitare il conquistato diritto di voto.

Era il riscatto della protagonista del film ed era la vittoria di tutte le donne e, in definitiva, la speranza che il diritto di voto poteva essere il modo e il mezzo per far valere il proprio pensiero e riscattare le quotidiane angherie.

Di acqua ne è passata sotto i ponti come pure sono passati i ricordi delle file davanti ai seggi.

E’ forte la paura che l’imminente appuntamento elettorale per il rinnovo del Parlamento europeo passi nella disattenzione dei più. Già la volta scorsa a votare si recò la metà degli aventi diritto. E sabato e domenica prossimi? Chi lo sa.

A giudicare da come ci stiamo preparando c’è da temere un flop. La scelta, fatta da molti leader nazionali, di candidarsi ammettendo esplicitamente che poi non andranno al Parlamento perché già impegnati in Italia, la dice lunga sulla “serietà” della richiesta di voto e lascia intravedere l’asservimento della elezione europea a logiche nazionali o, meglio, alla ricerca di affermazioni elettorali e personali, sganciando il voto dal fine del voto stesso.

Il vuoto degli spazi elettorali è emblematico e il vuoto registrato a Tricase in occasione dell’unico comizio svoltosi (sino ad ora) in Piazza Pisanelli è altrettanto significativo. Malgrado la celebrità dell’Oratore, a sentirlo solo in pochi.

Eppure l’Europa è il futuro; è il continente tradizionalmente inteso (forse a torto) come la culla della civiltà e del diritto che mai, come in questo momento di crisi e di guerre, potrebbe svolgere un ruolo di pacificatore.

Un Parlamento debole, perché poco rappresentativo, indebolirebbe qualsivoglia voce europea, ammesso che il rinnovato Parlamento riesca a dare peso al suo esistere e sappia porsi non solo come proiezione di forze ed interessi nazionali ma come luogo di crescita o, per dirla con la Cortellesi, come luogo che ci faccia credere che c’è ancora un domani.

 

 

 

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