L’assessore Giacomo Elia aveva promesso prima dell’estate che “a breve inizieranno i lavori in via San Demetrio, dopo 40 anni verranno eliminati 2 dei 5 parcheggi.

Via Libertini, dopo 10 anni,la strada diventerà a senso unico.

L’estate è finita….in via San Demetrio e via Libertini…non c’è nessun “ segnale ”

 

Da circa 6 mesi …in via F.lli Peluso, c’è un errato uso dei contenitori della raccolta differenziata

Dopo il nostro articolo della scorsa settimana “ Voi che ne pensate ? ”, siamo stati contattati da alcuni cittadini di via F.lli Peluso, questa la segnalazione: sono circa 6 mesi che 6 contenitori della raccolta differenziata sono “esposti ” in modo permanente ( come documentano le foto), provocando non pochi disagi anche alla salute dei vicini residentiAbbiamo telefonato anche alla società Monteco ( che si occupa della raccolta differenziata a Tricase). Questa la risposta: bisogna mantenere all’interno degli spazi comuni i contenitori di raccolta, ma anche di provvedere sia al relativo spostamento all’esterno, in giorni e orari prestabiliti per lo svuotamento e alla ricollocazione in area interna. Dunque nel nostro caso, i 6 contenitori non possono essere “ esposti ” notte e giorno, ma, semplicemente tirati fuori nei giorni e orari prestabiliti per lo svuotamento e alla ricollocazione in area interna

di Mario Angelelli È ben noto dai tuonanti e lapidari moniti sui pacchetti di sigarette che “il fumo danneggia gravemente te e chi ti sta intorno”, ma non è difficile dedurre che oltre al meditativo fumo della sigaretta, ci sono altre tipologie di combustione che nuocciono alla salute. A tal proposito mi viene subito in mente il puntualissimo olezzo di bruciato che invade il paese e la campagna verso l’imbrunire, accompagnato da rarefatte colonne fumose, odioso ostacolo al godimento dei colori del cielo. Si tratta di un tradizionale fenomeno locale, che caratterizza i mesi estivi e a sprazzi tutte le stagioni, tanto che non sarebbe realistico un dipinto con una verde distesa d’ulivi senza una nuvola fuligginosa che si fa largo tra le cime. Il problema sembra di poco conto, ma dimostra come tra un rogo e l’altro si levi nell’aria anche ignoranza e indifferenza: la singolare modalità di smaltimento di rifiuti agricoli (come i ramoscelli della rimonda, l’erba secca e spesso anche plastiche saggiamente mischiate con scarti organici) attraverso il fuoco è a dir poco obsoleta e inappropriata. Se i nostri padri, nonni o qualsivoglia ascendente hanno praticato questa usanza, non è detto che le attuali generazioni di agricoltori la debbano protrarre, perseverando nell’errore. L’elemento più grave va poi cercato con più pazienza, dato che è nascosto negli sguardi di questi improvvisati “fuochisti”: è la consapevolezza di sbagliare, sposata con un arrogante declamare tra sé e sé <<sono nella mia proprietà>>, anche se il “fuoco fatuo” è a pochi metri dal ciglio della strada, disturbando la visuale e i polmoni degli automobilisti. È qui il nocciolo della questione, ovvero nel fatto che spesso i muretti a secco che separano le campagne, sono diventati delle muraglie oltre le quali c’è un estraneo e non un vicino e dentro le quali vige una legislazione fatta in casa e che non si cura di quello che accade fuori dal proprio cancello. Guardando un po’ oltre la spiacevolezza dei roghi casalinghi, è opportuno segnalare che la questione affrontata è un indizio di un’ agricoltura ancora chiusa e poco aperta ai cambiamenti, che si accontenta dell’orticello di casa e non può pretendere di essere competitiva. È ovvio comprendere a questo punto che le responsabilità non sono del singolo cittadino, ma di politiche stagnanti e prive di risposta, lontane dal favorire la necessaria collaborazione tra i lavoratori della terra. Basterebbe un salto nel Salento settentrionale per notare un repentino cambiamento della qualità dei terreni agricoli e dei loro frutti. Certamente il nostro territorio non è adatto, né può sostenere una forma di agricoltura intensiva, tuttavia ha le potenzialità per produrre ed esportare prodotti biologici d’eccellenza, rivolti ad un mercato più ristretto, ma sicuramente più apprezzato e in fase di netta espansione. Ritornando ai nostri fastidiosi fumi, si potrebbe cancellare il disagio dei roghi, costruendo una catena di raccolta dei rifiuti organici e magari istituendo un sito dove trattare gli stessi, senza offendere l’ambiente né minacciare ancora l’olfatto dei cittadini. Non dimentichiamo infine di affidarci di tanto in tanto al buon senso, che di frequente brucia insieme alla sterpaglia.

di Alfredo De Giuseppe Nell’ottobre del 2001 uscì un mio libricino dal titolo “Ore 8, sotto l’orologio” che raccontava con foto e brevi osservazioni la vita di un posto speciale di Tricase. Volgarmente definito “sutta l’orologio” era in realtà un triangolo che comprendeva il campanile (con annesso orologio) del convento dei Domenicani, lo storico bar Dell’Abate e la sede della Pro-Loco dentro la Torre Piccola del 1500. Ogni mattina,estate e inverno, in quel triangolo attraversato dalla strada si formavano i vari crocicchi, chi all’angolo stretto del bar, chi vicino all’edicola della famiglia De Francesco (che aprì i battenti nel 1946 dentro un sottoscala del convento), e chi sul marciapiede antistante la Pro-Loco. Ogni assembramento per quanto minuscolo aveva il suo significato. Intanto da tutti e tre gli angoli si poteva agevolmente osservare chi passava in quel momento. Se stavi arrivando in auto c’era sempre qualcuno che faceva il gesto di fermarti, fosse anche per un caffè veloce; se invece eri a piedi non potevi non fermarti. Si dice che per lunghi decenni le donne evitassero di attraversare a piedi quel triangolo onde evitare di subire l’inevitabile sarcasmo degli astanti.Al bar la mattina c’era il fior fiore della politica, dei professionisti e dei notabili della città, vicino all’edicola c’era una panchina e gli uomini di sinistra, sul marciapiede della Pro-Loco c’erano i consiglieri comunali e i possibili futuri candidati. Insieme a questa ciurma interclassista non mancava mai il personaggio pirotecnico, in fondo accettato anche nella sua diversità, amalgamato in una realtà effettivamente indivisibile. In quel libricino raccontavo Tricase nella sua essenza provinciale, al contempo bonaria e crudele.

Oggi a 15 anni di distanza molte cose sono cambiate. Oltre al terrorismo, al califfato, alle riforme costituzionali di Renzi, a Grillo, a Trump e all’esplosione dei social-network, il Bar dell’Abate ha chiuso: le saracinesche irrimediabilmente abbassate sono un pugno nell’occhio, come a dimostrare che nel punto più visibile di Tricase è difficile fare attività. La Pro-Loco, dopo la lunga chiusura per ristrutturazione della Torre, ha perso il suo antico sapore (e colore): niente sedie all’esterno a godersi il fresco, niente tornei di tressette, e forse nessuna lotta al suo interno per conquistarne la gestione. Per fortuna l’edicola di un Gigi acciaccato resiste,pur vendendo quasi la metà dei giornali di un tempo. Ora qualcuno dell’Amministrazione Comunale ha pensato bene di togliere anche la panchina. Era l’unico residuato degli anni ’80 quando la piazza fu per l’ultima volta ristrutturata, ma era anche l’avamposto, l’ultimo baluardo di quella socialità di paese, di quell’incontro-scontro di ogni giorno su politica e sport, su Tricase e la sua amministrazione, su pregi e difetti di una comunità sempre difficile da costruire. Insomma quella panchina ora non c’è più, eliminata per un motivo misterioso. Era pericolosa? Era rotta? Era antiestetica? Ho dovuto fare approfondite indagini per farmi dare una qualche pur lontana spiegazione. Bisogna a questo punto ricordare che tale panchina era situata proprio di fronte alle scale del Municipio e con alle spalle l’altro edificio adibito ad uffici comunali. Pare che nell’ultimo periodo i pensionati che soggiornavano lunghe ore ciondolando fra edicola e panchina avessero preso l’abitudine di notare e far notare i frequenti e abbondanti andirivieni dei dipendenti comunali fra i due edifici. Qualche solerte personaggio (politico o amministrativo non è chiaro ma poco importa) ha deciso che era meglio eliminare quell’inutile avamposto. Non ha pensato che forse sarebbe necessaria una ristrutturazione degli uffici (mai fatta), che forse sarebbe più logico unirli in un’unica struttura, ma ha trovato la soluzione più semplice: eliminare la panchina. Non vorrei credere che questo sia stato l’unico motivo per cui la panchina è stata rimossa e magari a breve ne sarà rimessa una più bella e capiente. Ma tant’è e tanto riporto. Con un’unica amara conclusione: a questo punto niente più notizie di prima mano né commenti spiritosi o malevoli, niente sghignazzi, niente di niente, rimane solo il Castello con dentro il Potere.

                                                                                    

di Ernesto Abaterusso Il Volantino ha ospitato un intervento del prof Ercolino Morciano che mi ha citato tra i “più solerti sostenitori delle 4 corsie fino a San Dana”. Da questa mia presunta posizione il prof. Morciano che, peraltro, dimostra di aver letto in maniera disattenta i miei interventi, deduce che Gabriele Abaterusso e Sergio Signore, commissari del circolo Pd di Tricase, sarebbero i “meno adatti ad impegnarsi sul fronte della 275 perché molto vicini correntiziamente all’on. Ernesto Abaterusso”.Per parlare della 275 occorre riportare il calendario indietro nel tempo. Un progetto sicuramente nato male, in modo confuso, con poche luci e tante ombre e soprattutto senza soldi. Solo alla fine di un lungo dibattito istituzionale e confronto con i territori si arrivò ad un accordo che non è certo stato siglato in qualche stanza segreta ma è un documento pubblico (delibera di giunta regionale n. 445 del 2011) che porta la firma di tutto il centrosinistra, del Presidente della Regione Nichi Vendola e del Presidente della Provincia di Lecce Antonio Gabellone che sottoscrisse l’accordo voluto dal suo predecessore Giovanni Pellegrino. Ed è grazie all’allora assessore Angela Barbanente (non mi risulta sia passata alla storia come deturpatrice dell’ambiente!!) che si è arrivati a concepire la parte finale della Maglie-Leuca come una “strada-parco”, una infrastruttura quanto più possibile rispettosa dell’ambiente e del territorio. Se da un lato fino ad ora sul progetto della Maglie-Leuca ci sono stati solo ritardi, gravi mancanze e inadempienze, dall’altro lato occorre ricordare che sulla 275 si sono già pronunciati Governo centrale e Governo regionale attraverso le parole del Ministro Delrio, del Presidente Emiliano e dell’assessore Giannini. Tutti concordi nel ritenere l’opera alla stregua di infrastruttura strategica e prioritaria per il Capo di Leuca, il Salento e l’intera Puglia. Ora, ognuno può pensarla come vuole, ma credo che da qui occorra ripartire. La 275 è un investimento fondamentale per il nostro territorio , capace – una volta realizzata – di assicurare un alto livello di accessibilità alla grande viabilità che il Capo di Leuca deve affrontare, soprattutto nei periodi estivi quando più alto è il flusso turistico. Ora, problemi nel corso degli anni ce ne sono stati e nessuno ha intenzione di negarlo. E se ancora oggi non è chiaro a nessuno quale sarà il futuro di questa arteria forse la colpa è anche un po’ della politica che troppo spesso ha preferito tacere piuttosto che battere i pugni e far prevalere le istanze dei cittadini che da oltre vent’anni aspettano la messa in sicurezza di questa strada e di un territorio che ha pagato già a lungo il prezzo alto delle vite umane che sulla 275 hanno perso la vita. Detto ciò ognuno può pensarla come vuole, ma io non cambio idea: la realizzazione dell’opera rappresenta un importante volano di sviluppo, anche, perché no, per dare lavoro alle imprese locali contribuendo al rilancio della nostra economia, dell’occupazione, del Salento e di tutta la Puglia. Credo allora che sia impensabile non realizzare questa infrastruttura e annullare l’attuale procedura perché farlo vorrebbe dire dare vita a nuovi contenziosi con la conseguente perdita del finanziamento. Oggi si avanza l’idea di proporre modifiche al tracciato che va da Montesano a Leuca. Bene, io non mi sono mai opposto e mai ho sostenuto la necessità della 4 corsie. Ho solo detto a quanti sembrano caduti dal pero che quel progetto è stato approvato da tutti, anche da Sergio Blasi che, nel 2009 (data dell’accordo) era già segretario regionale del Pd e nel 2011 (data della delibera regionale) era anche consigliere regionale. Non mi risultano sue dichiarazioni contrarie, né prese di posizione così radicali come quelle odierne che parlano di grandi mangiatoie. Ho motivo di ritenere che se l’allora segretario regionale del Pd si fosse espresso in maniera contraria, il progetto e l’accordo non sarebbero passati. Io all’epoca mi occupavo di altro e solo da quando sono diventato consigliere regionale sono tornato ad occuparmi di un’opera che riguarda il mio territorio. Ogni tanto un po’ di obiettività, caro prof. Morciano, non guasterebbe. Ad ognuno il suo, ma nella verità. Oggi si vogliono apportare delle varianti al progetto? Si apportino pure le modifiche necessarie che saranno sicuramente volte al miglioramento dell’infrastruttura e più rispettose dei mutamenti subiti in questi anni dal territorio salentino. Lo si faccia pure, ma lo si faccia avviando immediatamente i lavori del primo tratto così da dare un segnale positivo e tempestivo al territorio. E nel mentre si realizza il primo tratto, Maglie-Montesano, si proceda alla modifica del secondo, concordandola con i sindaci che sono i veri portatori delle esigenze dei territori. Non ho nessuna contrarietà alle esigenze manifestate dal sindaco di Tricase a nome dei suoi concittadini. L’importante è che le richieste di modifica non rappresentino solo alibi per fermare l’intera opera. E se Anas non è in grado – come ha dimostrato fino ad ora – di gestire la situazione si proceda con la nomina di un Commissario ad Acta capace di giocare un ruolo di garanzia e tutela proprio come fatto per Venezia e Milano.Le vicende giudiziarie non hanno nulla a che fare con la necessità di realizzare l’opera. Lo ha detto Matteo Renzi proprio a Lecce: “Se ci sono reati si arrestino gli autori, non le opere”.

 

Una cosa sola non è più concesso fare: giocare sulla pelle di quei cittadini che l’opera la vogliono e negare a tutti gli abitanti del Basso Salento di godere di una strada rispettosa dell’ambiente e sicura.Da cittadino del Capo di Leuca, da uomo delle istituzioni mi sono sempre battuto affinché fosse raggiunto l’obiettivo di inserire le realizzazioni infrastrutturali necessarie per il territorio – prime fra tutte la strada statale 275 (ricordo a me stesso che l’allungamento da Montesano a Leuca ed il suo finanziamento è dovuto ad un odg a mia firma e suggeritomi dall’allora presidente del consorzio dei comuni del capo di Leuca , il compianto Dino Minerva, approvato durante la finanziaria del governo D’Alema) e la Metropolitana di superficie del Salento – tra le priorità perché fermamente convinto che la realizzazione e la messa in sicurezza di queste arterie così come l’avvicinamento tra le zone più interne del nostro territorio e le aree centrali sia fondamentale per facilitare i flussi di comunicazione, gli scambi e lo sviluppo di un territorio e della sua intera comunità.Mi auguro pertanto che tutti i soggetti interessati alla realizzazione della 275 facciano gioco di squadra per far sentire la propria voce e far partire questo progetto così importante per il rilancio dell’occupazione e della ripresa economica di questo angolo di Puglia che racchiude in sé tante potenzialità ancora oggi inespresse, oltre che per rendere più tranquilli coloro che a vario titolo utilizzano questa strada.Altrimenti il risultato non sarà quello auspicato di ottenere un’opera diversa, ma di perdere tutto. Vorrei, infine, rassicurare il prof. Morciano. Gabriele Abaterusso e Sergio Signore, seppur a me vicini, uno per evidenti ragioni naturali, sono intellettualmente autonomi ed indipendenti tanto da essere tra i dirigenti provinciali più apprezzati. Sono certo che daranno il loro contributo al rilancio del Pd di Tricase come hanno fatto per quello provinciale. E spero anche che il prof. Morciano vorrà dare il suo di contributo. Da iscritto al Pd prima che da appartenente a qualsivoglia associazione.

Un caro saluto

in Distribuzione