Da circa 6 mesi …in via F.lli Peluso, c’è un errato uso dei contenitori della raccolta differenziata
Dopo il nostro articolo della scorsa settimana “ Voi che ne pensate ? ”, siamo stati contattati da alcuni cittadini di via F.lli Peluso, questa la segnalazione: sono circa 6 mesi che 6 contenitori della raccolta differenziata sono “esposti ” in modo permanente ( come documentano le foto), provocando non pochi disagi anche alla salute dei vicini residenti…Abbiamo telefonato anche alla società Monteco ( che si occupa della raccolta differenziata a Tricase). Questa la risposta: bisogna mantenere all’interno degli spazi comuni i contenitori di raccolta, ma anche di provvedere sia al relativo spostamento all’esterno, in giorni e orari prestabiliti per lo svuotamento e alla ricollocazione in area interna. Dunque nel nostro caso, i 6 contenitori non possono essere “ esposti ” notte e giorno, ma, semplicemente tirati fuori nei giorni e orari prestabiliti per lo svuotamento e alla ricollocazione in area interna
di Mario Angelelli È ben noto dai tuonanti e lapidari moniti sui pacchetti di sigarette che “il fumo danneggia gravemente te e chi ti sta intorno”, ma non è difficile dedurre che oltre al meditativo fumo della sigaretta, ci sono altre tipologie di combustione che nuocciono alla salute. A tal proposito mi viene subito in mente il puntualissimo olezzo di bruciato che invade il paese e la campagna verso l’imbrunire, accompagnato da rarefatte colonne fumose, odioso ostacolo al godimento dei colori del cielo. Si tratta di un tradizionale fenomeno locale, che caratterizza i mesi estivi e a sprazzi tutte le stagioni, tanto che non sarebbe realistico un dipinto con una verde distesa d’ulivi senza una nuvola fuligginosa che si fa largo tra le cime. Il problema sembra di poco conto, ma dimostra come tra un rogo e l’altro si levi nell’aria anche ignoranza e indifferenza: la singolare modalità di smaltimento di rifiuti agricoli (come i ramoscelli della rimonda, l’erba secca e spesso anche plastiche saggiamente mischiate con scarti organici) attraverso il fuoco è a dir poco obsoleta e inappropriata. Se i nostri padri, nonni o qualsivoglia ascendente hanno praticato questa usanza, non è detto che le attuali generazioni di agricoltori la debbano protrarre, perseverando nell’errore. L’elemento più grave va poi cercato con più pazienza, dato che è nascosto negli sguardi di questi improvvisati “fuochisti”: è la consapevolezza di sbagliare, sposata con un arrogante declamare tra sé e sé <<sono nella mia proprietà>>, anche se il “fuoco fatuo” è a pochi metri dal ciglio della strada, disturbando la visuale e i polmoni degli automobilisti. È qui il nocciolo della questione, ovvero nel fatto che spesso i muretti a secco che separano le campagne, sono diventati delle muraglie oltre le quali c’è un estraneo e non un vicino e dentro le quali vige una legislazione fatta in casa e che non si cura di quello che accade fuori dal proprio cancello. Guardando un po’ oltre la spiacevolezza dei roghi casalinghi, è opportuno segnalare che la questione affrontata è un indizio di un’ agricoltura ancora chiusa e poco aperta ai cambiamenti, che si accontenta dell’orticello di casa e non può pretendere di essere competitiva. È ovvio comprendere a questo punto che le responsabilità non sono del singolo cittadino, ma di politiche stagnanti e prive di risposta, lontane dal favorire la necessaria collaborazione tra i lavoratori della terra. Basterebbe un salto nel Salento settentrionale per notare un repentino cambiamento della qualità dei terreni agricoli e dei loro frutti. Certamente il nostro territorio non è adatto, né può sostenere una forma di agricoltura intensiva, tuttavia ha le potenzialità per produrre ed esportare prodotti biologici d’eccellenza, rivolti ad un mercato più ristretto, ma sicuramente più apprezzato e in fase di netta espansione. Ritornando ai nostri fastidiosi fumi, si potrebbe cancellare il disagio dei roghi, costruendo una catena di raccolta dei rifiuti organici e magari istituendo un sito dove trattare gli stessi, senza offendere l’ambiente né minacciare ancora l’olfatto dei cittadini. Non dimentichiamo infine di affidarci di tanto in tanto al buon senso, che di frequente brucia insieme alla sterpaglia.
di Alfredo De Giuseppe Nell’ottobre del 2001 uscì un mio libricino dal titolo “Ore 8, sotto l’orologio” che raccontava con foto e brevi osservazioni la vita di un posto speciale di Tricase. Volgarmente definito “sutta l’orologio” era in realtà un triangolo che comprendeva il campanile (con annesso orologio) del convento dei Domenicani, lo storico bar Dell’Abate e la sede della Pro-Loco dentro la Torre Piccola del 1500. Ogni mattina,estate e inverno, in quel triangolo attraversato dalla strada si formavano i vari crocicchi, chi all’angolo stretto del bar, chi vicino all’edicola della famiglia De Francesco (che aprì i battenti nel 1946 dentro un sottoscala del convento), e chi sul marciapiede antistante la Pro-Loco. Ogni assembramento per quanto minuscolo aveva il suo significato. Intanto da tutti e tre gli angoli si poteva agevolmente osservare chi passava in quel momento. Se stavi arrivando in auto c’era sempre qualcuno che faceva il gesto di fermarti, fosse anche per un caffè veloce; se invece eri a piedi non potevi non fermarti. Si dice che per lunghi decenni le donne evitassero di attraversare a piedi quel triangolo onde evitare di subire l’inevitabile sarcasmo degli astanti.Al bar la mattina c’era il fior fiore della politica, dei professionisti e dei notabili della città, vicino all’edicola c’era una panchina e gli uomini di sinistra, sul marciapiede della Pro-Loco c’erano i consiglieri comunali e i possibili futuri candidati. Insieme a questa ciurma interclassista non mancava mai il personaggio pirotecnico, in fondo accettato anche nella sua diversità, amalgamato in una realtà effettivamente indivisibile. In quel libricino raccontavo Tricase nella sua essenza provinciale, al contempo bonaria e crudele.
Oggi a 15 anni di distanza molte cose sono cambiate. Oltre al terrorismo, al califfato, alle riforme costituzionali di Renzi, a Grillo, a Trump e all’esplosione dei social-network, il Bar dell’Abate ha chiuso: le saracinesche irrimediabilmente abbassate sono un pugno nell’occhio, come a dimostrare che nel punto più visibile di Tricase è difficile fare attività. La Pro-Loco, dopo la lunga chiusura per ristrutturazione della Torre, ha perso il suo antico sapore (e colore): niente sedie all’esterno a godersi il fresco, niente tornei di tressette, e forse nessuna lotta al suo interno per conquistarne la gestione. Per fortuna l’edicola di un Gigi acciaccato resiste,pur vendendo quasi la metà dei giornali di un tempo. Ora qualcuno dell’Amministrazione Comunale ha pensato bene di togliere anche la panchina. Era l’unico residuato degli anni ’80 quando la piazza fu per l’ultima volta ristrutturata, ma era anche l’avamposto, l’ultimo baluardo di quella socialità di paese, di quell’incontro-scontro di ogni giorno su politica e sport, su Tricase e la sua amministrazione, su pregi e difetti di una comunità sempre difficile da costruire. Insomma quella panchina ora non c’è più, eliminata per un motivo misterioso. Era pericolosa? Era rotta? Era antiestetica? Ho dovuto fare approfondite indagini per farmi dare una qualche pur lontana spiegazione. Bisogna a questo punto ricordare che tale panchina era situata proprio di fronte alle scale del Municipio e con alle spalle l’altro edificio adibito ad uffici comunali. Pare che nell’ultimo periodo i pensionati che soggiornavano lunghe ore ciondolando fra edicola e panchina avessero preso l’abitudine di notare e far notare i frequenti e abbondanti andirivieni dei dipendenti comunali fra i due edifici. Qualche solerte personaggio (politico o amministrativo non è chiaro ma poco importa) ha deciso che era meglio eliminare quell’inutile avamposto. Non ha pensato che forse sarebbe necessaria una ristrutturazione degli uffici (mai fatta), che forse sarebbe più logico unirli in un’unica struttura, ma ha trovato la soluzione più semplice: eliminare la panchina. Non vorrei credere che questo sia stato l’unico motivo per cui la panchina è stata rimossa e magari a breve ne sarà rimessa una più bella e capiente. Ma tant’è e tanto riporto. Con un’unica amara conclusione: a questo punto niente più notizie di prima mano né commenti spiritosi o malevoli, niente sghignazzi, niente di niente, rimane solo il Castello con dentro il Potere.