Il Volantino
settimanale cittadino di Tricase
Tornerà in distribuzione sabato 11 novembre 2017
di Alfredo De Giuseppe Ogni anno il 4 novembre si festeggia la vittoria dell’Italia a conclusione della prima guerra mondiale sul nemico austro-ungarico. Da quel fatidico 1918 si esalta una vittoria, si consuma la festa delle forze armate e della destrezza guerriera del popolo italico, soprattutto dopo il roboante bollettino della vittoria firmato dal generale Diaz che così chiude: “I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano discese con orgogliosa sicurezza”. Durante gli anni del fascismo era una delle date più rappresentative della grandezza del costruendo impero italiano, nel secondo dopoguerra nessuno ha sentito la necessità di rivedere la storia di quell’evento e di riportarlo nelle sue corrette dimensioni.
Innanzitutto dovremmo ricordare che l’Italia era alleata di Germania e Austria in virtù di un trattato chiamato Triplice Alleanza. L’Italia nel 1914 si dichiarò dapprima neutrale. Poi cominciò a chiedere territori come il Friuli e il Trentino e pesanti influenze sull’Adriatico (Albania soprattutto) per schierarsi affianco dei suoi alleati. Ma contemporaneamente trattava anche con Francia e Inghilterra che offrivano (sulla carta) maggiori compensi territoriali. Nessuno ci minacciava o ci voleva invadere ma si entrò in guerra sulla spinta degli industriali del Nord, dei loro deputati nazionalisti e dei loro giornali che propagandarono la guerra come la soluzione di tutti i problemi italiani. Le masse di contadini del Sud si accodarono, come sempre, in un mix devastante di ignoranza e costrizione.
La gestione militare da parte del comandante generale Cadorna fu disastrosa. Era un convinto assertore degli assalti frontali: per conquistare poche centinaia di metri si portavano migliaia di soldati a morte certa. Le sue mosse erano prevedibili e spesso l’esercito austriaco lo anticipava clamorosamente, fino alla completa disfatta di Caporetto. Fu l’ingresso in campo delle forze statunitensi a spostare gli equilibri e a decretare la fine dell’alleanza tedesca, austriaca e ottomana, attaccata su più fronti e su più mari.
L’Italia perse circa 650.000 uomini. Moltissimi soldati tentarono la diserzione, molti furono fucilati da appositi reparti posti in retrovia, molti furono trucidati con il metodo della decimazione. Molti dei nomi che oggi vediamo sulle lapidi di ogni Comune furono magari dei ragazzi che stavano tentando di scappare dall’assurdità di una guerra fatta di gelide trincee, assalti suicidi e deliri di comandanti assatanati di potere. La fine della guerra decretò inoltre per l’Italia una pesante sconfitta diplomatica sul fronte dei territori da annettersi, tanto che ai più sembrò di aver combattuto per un quasi niente. Tale umiliazione (o “vittoria mutilata” come la definì D’Annunzio) fu in definitiva la causa principale della nascita del fascismo.
Fra gli anni sessanta e settanta ci fu la richiesta di alcune forze di sinistra di eliminare la festa del 4 novembre e ristabilire le verità storiche sul conflitto che invece rimane avvolto in una fastidiosa retorica, anche scolastica. Quei movimenti che chiedevano l’abolizione della “festa militarista” sono oggi scomparsi. L’abolizione degli eserciti, l’antimilitarismo reale e praticato attraverso l’obiezione di coscienza non è più di moda. Dagli anni ottanta in poi tutto è diventato insopportabilmente accettabile, perché l’utopia di un mondo migliore fu sostituita dall’edonismo reganiano (“Quelli della notte” docet).
Le scarpe di pelle di cervo divennero più importanti di alcune battaglie ideali. Molti compagni di Lotta Continua passarono a dirigere le tv commerciali, i contadini morti sul Carso erano un prezzo accettabile per poter avere una bella barca a vela. L’antimilitarismo rimase in alcune piccole sacche residuali del cattolicesimo, vedi don Tonino Bello e Turoldo, in alcuni registi, vedi Rosi e Malick, in alcuni Radicali il cui consenso non superò mai il livello di attenzione e in alcuni poveri illusi che pensavano davvero che si potesse costruire una vita senza omicidi di massa. Ora è tutta un’altra storia ed è sotto gli occhi di tutti.
di Pino Greco
Individuati e sanzionati, grazie all'attività di indagine svolta dalle forze dell’ordine
Siamo tornati...abbiamo chiesto spiegazioni alle forze dell’ordine:
Il problema dei “ manifesti abusivi professionali ” a Tricase è risolto. Abbiamo avviato controlli strettissimi.
Sono passati solo pochi giorni, i furbetti che “ pubblicizzavano” abusivamente una figura professionale specializzata nell'assistenza socio-sanitaria sono stati individuati e sanzionati così come previsto dalla normativa vigente. Sperando che serva da lezione a chi di dovere.
Sono di facile lettura. Sono ben visibili. Sono validi anche per pubblici concorsi. Di cosa parliamo? Di interessanti prospettive di lavoro, peccato che vengono “ pubblicizzate” abusivamente. L'operatore socio-sanitario, abbreviato in “OSS ” è una figura professionale specializzata nell'assistenza socio-sanitaria, in netta crescita.Come sono in netta crescita i manifesti abusivi attaccati, purtroppo, ovunque e dovunque nella nostra Città.
C’è chi dice che saranno alcune decine, c’è chi giura che non è la prima volta che gli stessi “corsi di formazione professionale,” vengono attaccati selvaggiamente dappertutto come manifesti illegali, con una palese violazione delle normative.Un cosa è certa . Lunedì 23 ottobre, sono le ore 14,30 circa un testimone oculare ha fotografato un uomo che stava attaccando delle locandine abusive sui pali della luce e sulla segnaletica stradale nella centralissima via Roma .I manifesti “ invitano ” a telefonare per un corso di formazione professionale,valido per pubblici concorsi.
Abbiamo ascoltato il dott. Angelo Giorgio Lanzilotti (nella foto)
Tenente responsabile del settore annona e commercio della Polizia Locale di Tricase :
“a breve verranno rimossi e sanzionati i responsabili ”
di Riccardo Distante Nella storica capitale europea dell’arte e della moda che è Milano, Eleonora De Giuseppe, in arte La Pupazza, è ormai diventata una presenza dal tratto inconfondibile ed esplosivo attraverso le sue numerose creazioni esposte in quella che lei ritiene essere la migliore galleria d’arte al mondo: la street art.
Camminando per il capoluogo lombardo è possibile imbattersi nelle creazioni della nota artista di Tricase, in particolare nei murales e sulle cabine dell’Enel da lei realizzati, facendosi attrarre dal suo marchio di fabbrica, ossia un grande occhio dalle lunghe ciglia, dai giochi di colori vivaci e psichedelici, e dai soggetti unici, a volte paradossali, espressi in cornici surreali in cui la mente è solita vagare nel sogno nonostante essa ne perda la memoria al risveglio.
“Le brocche umane, i macinini che trasformano le rose in fragole, il piatto di pasta asciutta che capovolto diventa una donna che si chiama Asciutta pasta” questi, secondo l’artista salentina, sono solo alcuni dei protagonisti delle sue opere. A Milano, dall’ 11 ottobre, presso la galleria Pisacane Arte è possibile, tramite un percorso studiato offrire al visitatore l’esperienza più completa possibile dell’arte della Pupazza. La mostra presenta diversi disegni su tela, alcuni dei quali rendono omaggio alla città che ha accolto l’artista: Milano, ne sono degli esempi “Il Duomo nel vaso” o il “Duomo d’acqua”, ma anche oggetti di design realizzati seguendo il suo stile artistico come frigoriferi, sedie, tavoli e costumi da bagno.
Durante l’inaugurazione della mostra tenutasi l’11 ottobre non si sono soltanto potute vedere le opere della Pupazza ma è stato possibile anche… berle! Infatti una nota ditta vitinicola cunese, la Santero, ha commissionato all’artista tricasina la creazione di una linea di 6 bottiglie di spumante in una “Limited edition Santero 958” di cui sono state vendute circa 400.000 bottiglie. Gianfranco Santero presidente della maison 958 Santero ha affermato: “Ho scelto la Pupazza perché la sua arte è originale ed effervescente”.
Al termine della serata l’artista si è esibita in un live painting ossia nella realizzazione di un suo quadro alla presenza degli attenti e numerosi visitatori che hanno riempito la galleria Pisacane. Inoltre, uno dei quadri esposti durante la mostra “Conserva l’acqua” sarà prossimamente esposto in una nota mostra d’arte contemporanea che si terrà a Torino. Probabilmente è ora che anche nella città della Mole si cominci a parlare della Pupazza e ad essere rapiti dal suo occhio.