La mia colonna di Alfredo De Giuseppe
Ci sono alcune strade che sembrano avere una sola direzione, senza ritorno. La popolazione mondiale fra pochi decenni si assesterà fra i dieci e i dodici miliardi, il pianeta sarà in un equilibrio sempre più instabile; l’acqua sarà un argomento complesso da gestire, mentre dei fossili si potrà fare a meno; i robot sostituiranno l’uomo in molte attività manuali, compreso la guida delle auto; la scienza medica farà progressi sempre più rapidi, fino ad essere tutti monitorati minuto per minuto; gruppi terroristici cercheranno di opporsi al progresso con la barbarie ma saranno perennemente sconfitti dalle soverchianti forze statali; internet, i social media, e altre sfumature del genere ufficialmente dovranno eliminare l’anonimato, facendo proliferare un internet illegale;
il commercio, le borse, la finanza mondiale, forse in mano ad una decina di persone, sarà sempre più dominante rispetto a qualsiasi decisione politica; andremo su Marte e cercheremo di installare moduli vitali; lo spettacolo e lo sport sempre più presenti nella vita di ogni giorno; i politici sempre più isolati ma protetti. Questi scenari, non più frutto di fantascienza o di film horror, sono valutati con attenzione in ogni campo da ambientalisti, demografi, scienziati e sociologi.
C’è una cosa, però, che viene sottaciuta, benché abbia allo stesso modo imboccato una strada senza ritorno: la società costruita in questi ultimi trent’anni ha le sue fondamenta nel principio che un élite di persone, stimata ottimisticamente intorno al 3%, governerà i processi, o almeno sarà parte di essi, comunque molto ricca e arrogante. Le masse guarderanno a quest’élite con invidia e angoscia, ma tenute a bada facilmente, per lo più dentro un’ignoranza elettronica.
Che poi consiste nel far usare gli strumenti più moderni, senza poterli mai, in alcun modo, dominare. Una democrazia sempre più rarefatta che si fonda su due immagini preoccupanti: da una parte una casta benestante e famelica e dall’altra una massa sempre più povera che si arrabatta ogni giorno, che lotta contro i suoi simili, che vede alcuni personaggi inarrivabili ai quali non sarà facile chiedere niente, se non quello codificato dai modelli scientifici, elettronici e finanziari dominanti.
Se riflettiamo, un vero e proprio capovolgimento dei principi del Novecento, rivenienti a loro volta dall’Illuminismo, che fondava il suo credo nell’uguaglianza fra gli esseri umani. Oggi invece si assiste quasi inermi a questo passaggio fondamentale, alla teorizzazione che non siamo tutti uguali: le disparità hanno una loro ragion d’essere, punto e basta. I partiti che ancora lottano per un’uguale dignità di tutti i cittadini, immigrati e poveri, carcerati e studenti, operai e giudici, hanno nelle nostre democrazie moderne un peso insignificante, sono quasi sempre considerati obsoleti e infine relegati a fattore nullo, utile solo a dimostrare che esiste un dibattito.
Ci sarà chi diventerà super ricco gestendo una qualunque cosa che ad ogni cittadino costi anche un solo centesimo al mese e ci saranno dieci miliardi di poveri che spenderanno quel centesimo al mese per sentirsi parte di quel processo vincente. Un’immensa moltitudine di nuovi schiavi del lavoro, dipendenti, professionisti e piccoli imprenditori, senza possibilità di cambiare posizione. Poveri di denari e di consapevolezze, tenuti a bada con sistemi di influenza sempre più sofisticati, magari con realtà virtuali e con un controllo maniacale sulla privacy.
Questo è lo scenario più plausibile nei prossimi 50 anni, a voi non piace, lo so, a me neanche, ma non riusciremo più ad unirci per dire no, siamo diventati liquidi e isolazionisti, pensiamo che davanti alla tastiera, ognuno di noi, troverà la sua fortuna.
Ci sarebbe una soluzione, una strada in salita e irta di difficoltà, unico appiglio che possiamo trovare: una scuola rivoluzionata e profonda, che sappia far maturare il senso critico dei bambini, che lasci alcune materie e ne approfondisca altre (ad esempio come leggere e usare i social network, la globalizzazione, l’economia), che sappia cogliere i cambiamenti, che studi la storia e l’antropologia, che insegni come vivere in armonia con la natura e gli altri umani, anche al di fuori delle loro disastrate famiglie, delle loro ignoranze indotte, dei loro scadenti rapporti sociali.
di Pino Greco
LIBELLULA FULGOR TRCASE . Marzo Punti.10; Tridici P.7, Rosafio P.5 , Melfi P.12 , Pellegrino P.7 ,Cassiano , Dalmonte P.18 , D’Alba, Malinconico, Pellegrino, Sodero, Taurino, Bisanti (L.) Primo all. De Giorgi . Secondo all. Amoroso
OLIMPIA SBV GALATINA Guarini Punti .2; Corsetti 4;Rossetti;Iaccarino 3;Maracchia;Apollonio(L); Muccione 2; Calò;Pierri(L);Persichino;Tundo;Mastropasqua; Petrosino 11;Bracci 13.
Arbitri 1° Tolomeo 2 ° Pellè
LIBELLULA FULGOR TRCASE 3 OLIMPIA SBV GALATINA 0
Parziali 25-15; 25-23; 25-20
Domenica, 17 dicembre 2017. Palasport di Tricase
Franco Marra è stato ricordato tra gli applausi anche prima del match interno contro il Galatina, tifosi e società hanno srotolato uno striscione per salutarlo
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Fulgor TRICASE: Vittoria con dedica a Franco Marra
Ultima giornata del 2017. La Fulgor chiude al sesto posto con 15 punti in classifica.
Prossima gara il 6 gennaio 2018 ore 18.30 a Ottaviano (Na),
terza forza del campionato
Vittoria per Franco Marra. A lui è dedicata questa vittoria. Tricase vince 3-0. Questa volta il solito grande pubblico presente al palasport di Tricase applaude prima e dopo la gara la scomparsa in settimana di Franco Marra.
Una vita, la sua, con i colori rossoblu appiccicati addosso come una seconda pelle, per lunghi 37 anni. Tricase conquista 3 punti in classifica che consente ai ragazzi di mister De Giorgi di raggiungere quota 15 punti.
Il Galatina ? Una stagione forse nata male e che, purtroppo, sta proseguendo anche peggio con le sconfitte che si stanno accumulando, sono salite a dieci consecutive con un solo punto in classifica.
di Gerardo Ricchiuto Il “Panico” di Tricase è un ospedale che, in base ad una apposita legge statale del 1968, è classificato ed inserito nell’ambito del sistema sanitario pubblico. L’ultimo Piano Sanitario Regionale prevede 400 posti letto e lo inquadra come ospedale di I livello, riservando il II livello solo agli ospedali situati nei capoluoghi di provincia.
In uno studio condotto sulla realtà ospedaliera pugliese dall’Istituto Sant’Anna di Pisa, commissionato dalla Regione Puglia, in base agli indici considerati, risulta essere, insieme agli altri due ospedali cattolici presenti in Puglia, quello di San Giovanni Rotondo ed il “Miulli” di Acquaviva delle Fonti, ai primi posti quanto ad efficacia ed efficienza e viene ritenuto un ospedale di eccellenza.
La Regione Puglia ha previsto presso questa Azienda Ospedaliera uno dei cinque centri pugliesi per lo studio e la cura delle malattie neurodegenerative e rare, e ciò in collaborazione con l’Università degli Studi di Bari.
Di non secondaria importanza è il ruolo rivestito dalla Facoltà di Scienze Infermieristiche, sede distaccata dell’Università di Bari, che permette la formazione di tanti giovani, provenienti da ogni parte della Regione.
Una realtà sanitaria, quindi, in controtendenza rispetto a quella del Meridione, che rappresenta una eccellenza anche nei confronti di altre strutture del resto d’Italia.
Peculiare ed interessante il fatto di essere un Ospedale che opera nel settore del no profit; un utile apporto ed integrazione al servizio sanitario pubblico, sempre meno sostenibile ed insufficiente a garantire il diritto costituzionale alla salute ed alla libera scelta delle cure da parte di tutti i cittadini, soprattutto dei meno abbienti.
A tal proposito molto utile e qualificata, per gli interventi ed i relatori convenuti, è stata la giornata del 4 dicembre, durante la quale si è svolto nella Sala del Trono di Palazzo Gallone uno degli eventi organizzati da un apposito Comitato per la celebrazione dei 50 anni dell’apertura dell’ospedale dedicata a “Presenza e prospettive dell’Ospedale “Card. G. Panico”. Gli Ospedali no profit nell’evoluzione del Sistema Sanitario Nazionale”.
Una occasione importante, speriamo anche per il futuro di queste strutture sanitarie, che ha permesso al Direttore Generale del Policlinico “Gemelli” di Roma, dott. Enrico Zampedri, al Delegato del Governatore dell’Ospedale “Miulli” di Acquaviva delle Fonti, Mons. Domenico Laddaga ed al Direttore Generale dell’Ospedale di Tricase, Suor Margherita Bramato, di esplicitare adeguatamente l’insostituibile ruolo svolto da questi ospedali nel Sistema Sanitario Nazionale, nonostante gli insufficienti trasferimenti economici da parte delle Regioni rispetto alle prestazioni garantite, ciò comportando problemi gestionali non indifferenti che, come ha sottolineato Suor Margherita, nell’Ospedale di Tricase si è riusciti almeno per il momento a fronteggiare grazie anche alla abnegazione, alla professionalità ed alla disponibilità di tutto il personale dipendente. Una problematica questa che dovrebbe sollecitare l’impegno e l’interesse di tutti, specie dei rappresentanti politici, ai vari livelli, perché nelle sedi idonee venga definitivamente affrontata.
La visita, avvenuta l’8 dicembre, del Segretario di Stato Vaticano, Cardinale Pietro Parolin, con l’inaugurazione della sala operatoria ibrida, ha testimoniato l’attenzione e l’importanza che la Santa Sede vuole riservare a quelle strutture sanitarie cattoliche che si distinguono e che costituiscono punto di riferimento per i sofferenti, qual è l’Ospedale “Panico”.