di Giuseppe R. Panico  Nella storia dell'uomo la viabilità è sempre stata, oltre che funzionale allo sviluppo e al progresso, motivo di immagine e capacità tecnica . Non solo dunque quale trampolino di lancio verso altre economie , ma anche per evidenziare ricchezza, potenza, capacità e cultura nel realizzarne e gestirne le opere.” Fare strada” o “farsi strada”è diventato anche un modo di dire per indicare l'anelito al successo e il detto “dimmi che strade hai e ti dirò chi sei” aiuta anche a definire l' identità di una cittadina. Da noi, in economia, vorremmo “fare più strada” e identità ma, nella nostra provincia, abbiamo intanto il record delle imprese che chiudono.

La nuova “strada maestra” extraurbana (la SS 275) verso Nord è intanto ancora sulla carta e quella urbana, via Stella d'Italia, è ormai in decadenza. Diretta questa verso l'ACAIT e il monumento ai caduti, indicava una patria che, dando lavoro col tabacco ed esigendo giovani vite per le sue guerre e poi commemorare, intendeva anche dare risalto alla nostra comunità. Il viale della stazione che era anche il segno della nostra valenza economica, per i prodotti della terra da imbarcare sui treni merci, e di quella umana per i tanti giovani che si imbarcavano di buon mattino per andare a scuola a Lecce, ora è solo una una mera strada- parcheggio con ben radi passeggeri FSE. E' la Tricase che cambia o cambiata, ma che stenta a progredire.

Verrebbe da pensare a una nuova strada-simbolo. I simboli , come sempre, ove condivisi e credibili, rompono l'inerzia, creano dinamismo, svecchiano il presente, motivano i più capaci e dinamici , fanno identità e, con buoni e lungimiranti capi, una migliore via d'uscita verso il futuro diventa possibile e ne può sorgere un vero rinascimento. Se allora crediamo che la nostra economia,   basata sul comparto scolastico ed ospedaliero (voluti e gestiti da altri), può essere rilanciata valorizzando le Marine, come si dice da oltre mezzo secolo, non ci resta che darci da fare.

In attesa di un Piano Coste, di un Piano Urbanistico e ora pure di un Piano Mare, chissà quando da realizzare e con quali risultati economici (la nostra burocrazia ha tempi biblici , la irresponsabilità politica non ha alcun interesse a ridurli, l'estremo e diffuso conservatorismo/ambientalismo frena ogni iniziativa, i nuovi enti creano spesso solo poltrone con stipendi a nostro carico ), non ci resta che aprirci almeno una strada- simbolo proprio verso la costa, con capolinea il sole che sorge sul mare e che tramonta sulla terra e con accanto (finalmente come nei paesi evoluti) una pista ciclabile/pedonale.

E non si può che pensare alla attuale strada per Marina Serra. E' già ben larga con tanti spazi laterali ,( residui del vecchio tracciato e da alberare), corre in pianura, è dominata dall'alta serra del Calino, un chiesetta campestre ristora gli animi e un vicino magnifico e solitario ulivo secolare sembra un vecchio nonno-ulivo, lì a raccontare ai passanti la storia del territorio. Mentre già il profumo di mare invade nuove villette e antichi muri a secco, la strada prosegue fra lievi pendenze e dolci curve. Uno stupendo campo di ulivi secolari si espande sulla destra e un recente grande complesso alberghiero avvicina al mare tanti giovani ospiti estivi. Non rimane che una lieve salita ,fra due storiche ville, e poi una breve discesa e rinfrescarsi a quella fontana o quel bar o sostare un attimo di fronte a quel monumento ,ove la porta di un sommergibile ci ricorda i tanti marinai ancora sul fondo, poco lontano da noi nella loro bara di acciaio in fondo al mare.

Proseguendo lungo la scalinata, si raggiunge la antica chiesa ove, fra tanta pace e serenità fronte-mare, le sue caditoie ci ricordano che era anche un fortino per i contadini della zona. Come sempre, per difendersi dai “Mamma Li Turchi”o da altri nemici, oltre alla fede religiosa o nei valori comuni, serve anche la fede nelle armi. Dalla panoramica piazzetta lo sguardo corre sul mare e la sottostante costa: al promontorio del Calino, al profondo incavo della grotta Matrona, alla rada del Lavaturo, all' Hotel con piscina, allo Spinchialuro, al porticciolo, all'unico “stabilimento balneare” della nostra costa, alla famosa piscina naturale , alla maestosa 'ultima torre (Palane) e all'insenatura dell' Acqua Viva con le sue sorgenti. Con buona visibilità, lo sguardo corre verso le alte innevate vette dell'Albania e le isole greche di Corfù e di Othoni.

E' la nostra natura, la nostra storia che la nostra carente identità economico- culturale non ha saputo o non ha voluto ancora più valorizzare, con atti e progetti credibili, all'insegna di una economia più liberale e di un sostenibile sviluppo. Scuola e cultura, ospedale e sanità, marine e turismo sono i tre pilastri della nostra, ora traballante, piattaforma economica. Il terzo è quello di più in nostre mani ed alla politica che sappiamo esprimere. Una strada- parco, un viale verso il mare, attuabile senza traumi territoriali, (come invece sarebbe sulla via per Tricase Porto), più che un simbolo ,sarebbe uno strumento concreto e trainante per un reale sviluppo costiero comprensivo di una sana ripresa delle locali attività edilizie .

Ad attendere ancora non ci resta che sperare nella economia di Stato o Parastato degli altri due pilastri ,quali una nuova Casa di Betania, per i troppi anziani che avanzano negli anni e la svendita delle scuole per i sempre meno giovani che le frequentano.

TRICASE O TICASE ? Ci segnalano che il Servizio unico di persone in attesa all’ospedale Cardinale Panico

è operativo nella Città di TRICASE, mentre il biglietto riporta TICASE.

Si sa…sbagliare è umano

di Alessandro Distante Voglio scrivere “Di getto”. La presentazione della raccolta di scritti di Alfredo De Giuseppe, svoltasi nella Sala del Trono domenica scorsa, ha offerto lo spunto per un vivace dibattito, degno di essere ripreso.

Ho contestato e contesto una lettura sulla storia recente di Tricase guidata da una logica nostalgica, rivolta al passato, ma deconstestualizzata e, per ciò stesso, fuorviante.

Trovo inaccettabile richiamare esperienze -pur valide socialmente, culturalmente e politicamente- e riproporle o meglio indicarle come unico valido esempio di partecipazione civile e popolare, se non si tiene conto del contesto storico, dell’epoca e dell’oggi.

Prima i partiti si caratterizzavano come pesanti e strutturati (oltreché pensanti) ed i luoghi del dibattito erano, oltre a quelli istituzionali, esclusivamente quelli tradizionali delle assemblee pubbliche.

Oggi tutto è cambiato: i partiti sono ben altra cosa ed i luoghi di discussione sono più virtuali che reali; le contrapposizioni ideologiche, brutte ma rassicuranti, sono venute meno da tempo.

Ed allora: è mai possibile mettere a confronto due periodi e, per esempio, due periodici in un contesto radicalmente cambiato?

Gli “strumenti di lotta” di una volta possono essere riproposti e rimpianti oggi? E poi: il “nemico” da sconfiggere può oggi identificarsi in un Potere ben individuato che –secondo l’ipotesi accusatoria- gestiva e gestisce un sistema clientelare?

Oggi i Partiti non esistono più nella forma pesante e pensante e non sono il luogo di decisione delle sorti di un paese, sempre più guidato da leader più o meno carismatici che anche a Tricase si spartiscono il territorio; il Potere, oggi, ha luoghi, spesso nascosti ed esterni, dove tessere le trame delle sorti collettive.

Nella analisi nostalgica del ricordo dei “beni tempi andati” colgo un rischio ancora peggiore: il non riuscire a scorgere quei germi di speranza che non devono essere soffocati ma valorizzati.

Non tutto va bene, siamo d’accordo; ma neppure tutto va male!

Ed allora non si può non vedere in quanto accaduto in questi dieci anni qualcosa di importante, altrimenti si rischia di far morire la speranza che è quella che dobbiamo trasmettere ai giovani.

Come si fa, ad esempio, a negare che Tricase ha una realtà associativa ricca e qualificata, se è vero che una Associazione ha combattuto e vinto una battaglia (condivisibile o meno) sulla 275 e che tutto ciò è accaduto malgrado le Istituzioni o contro di esse?

Come si fa a negare che Marina Serra è stata valorizzata da un’iniziativa come Alba in Jazz, voluta dall’Amministrazione Comunale?

Come si fa a non dire che si è diffuso l’interesse al bene comune se è vero -come è vero- che giungono in Redazione tante segnalazioni su discariche abusive, parcheggi fuori posto, inciviltà varie? E l’elenco potrebbe continuare.

Mi chiedo: è mai possibile che quando si mettono in evidenza le positività si debba essere tacciati di superficialità o, peggio, di servilismo nei confronti del Potere?

Il giornale che dirigo, pur con tutti i suoi limiti, vuole essere (e forse lo è) un giornale della città della quale vuole mettere in evidenza anche quello che c’è di buono e di valido; non ha come mission quella di scardinare un sistema di potere, ma di essere utile alla comunità.

Al di là delle facili e comode semplificazioni, vi deve essere lo sforzo di rappresentare una realtà vera, ben consapevoli –come ascolteremo nei prossimi giorni- che dobbiamo sempre interrogarci su cosa sia la verità.

Ed allora: nell’interesse di Tricase, abbandonati i luoghi comodi e le giustificazioni rassicuranti, costruiamo la storia coniugando idealità a pragmatismo; scegliamo la parte construens a quella destruens; veicoliamo le idee con i tanti mezzi a disposizione, facendo tesoro prezioso delle esperienze passate ma smettendola di mitizzarle; con coraggio analizziamo le questioni e offriamo le soluzioni, ma responsabilmente, senza puntare solo il dito contro gli altri così mettendo a tacere la coscienza.

Dobbiamo avere, insomma, la forza di uscire dallo stato di minorità –che tanto ha penalizzato il Sud- e diventiamo –per dirla con il Filosofo- adulti, per non rischiare di ritrovarci, senza accorgercene, già vecchi.

 

 

 

 

 

 

Distretto o Ristretto sanitario ?

Da un po’ di anni la nostra Citta si è svuotata di alcuni servizi “ di salute”.

Infatti,non pochi servizi socio sanitari sono stati trasferiti presso l’ex stabilimento ospedaliero di Gagliano del Capo,

interessando, oltre la nostra Città con circa 18 mila abitanti, anche i 14 paesi vicini (Acquarica del Capo - Alessano - Castrignano del Capo - Corsano - Gagliano del Capo- Miggiano - Montesano- Morciano- Patu' - Presicce - Salve - Specchia - Tiggiano – Ugento),per un’utenza di circa 35/40mila persone.

Dunque in qualità di servizio fornito anche ai tricasini, siamo atterati con videovola a Gagliano del Capo.

Partiamo dal piazzale adibito a parcheggio

Segnaletica dei posti riservati ai disabili ? Scolorita !

Segnale che dovrebbe indicare il parcheggio ai disabili? “ Messo Kappaò Fuori posto “

Strisce pedonali e parcheggio riservato ai disabili, nella strada che collega il piazzale all’ex ospedale ? Si vedono a stento…

Dunque, la situazione da queste parti lascia molto a desiderare e questo “ autorizza ” in qualche modo gli automobilisti a lasciare la macchina dove e come gli pare. “ Il problema non è nuovo. Qui ognuno fa quello che gli pare ”, sospira un operatore arrivato per accompagnare un disabile. Qui, soprattutto al mattino la situazione è disastrosa.

La maggior parte dei posti riservati ai disabili è occupato da mezzi che non esibiscono il contrassegno.

Forse un intervento quotidiano della Polizia Locale sarebbe quanto mai opportuno per ridurre il forte disagio ma, da quanto dicono i presenti, "qui i vigili urbani si vedono ben poco, ed è per questo che una buona parte gli automobilisti “ trasforma il piazzale del Distretto a spazio Ristretto.…..per i disabili in particolar modo

Non ci resta che approfondire la situazione con il sindaco di Gagliano del Capo, dott,Carlo Nesca e il direttore ASL, dott. Giuseppe Guida.

A presto…

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