di Michele Sodero ……ti scrivo e così impegno, spero utilmente, il tempo che, impietoso e ineluttabile, passa, su di me e su di te.

È quel tempo anagrafico che né io né te possiamo fermare e, pertanto, mi affretto, per non perdere quella che potrebbe essere l’ultima occasione per ringraziarti ed esprimerti tutto il mio amore.

 

Lo faccio così come sono capace, con spontaneità, senza alcuna presunzione e con profondo rispetto, soprattutto con umiltà, in un momento topico della tua vita politica e sociale, cercando di arrivare nei luoghi in cui, oggi, si discute, o si dovrebbe discutere, del tuo futuro. Mi piacerebbe, soprattutto, essere capace di portarti nei cuori e nelle menti di chi vuole assumersi l’onore e l’onere di gestire questo tuo non facile processo. È un modo per esprimerti tutta la mia gratitudine e, nel mio piccolo, servirti.

Abbiamo fatto un bel tratto di strada insieme. Ci siamo conosciuti, indissolubilmente legati e, man mano che crescevo ed acquisivo una diversa consapevolezza, ho imparato a gustarti, ogni giorno di più scoprendo di te qualcosa di nuovo e di inedito.

Io sempre più tuo e tu sempre più mia, in un susseguirsi di forti emozioni e con l’animo pieno di tante belle e singolari sensazioni. Quelle che provenivano dall’unicità dei tuoi incantevoli luoghi e dalle azioni dei tanti tuoi figli che, capaci di incontrarsi e di confrontarsi, hanno dato e continuano a dare a quei luoghi un’anima e a te, nel tuo complesso, uno spessore umano che ti è stato sempre riconosciuto. Erano gli anni in cui, pure, esprimevi un notevole fermento culturale, i cui echi travalicavano i tuoi stessi confini.

Ed eri perciò cercata, frequentata e giustamente indicata come luogo faro di una non comune socialità.

Abbiamo vissuto, in una sorta di osmosi, un rapporto che mi ha fatto sentire a mio agio come da nessuna altra parte.

Ti ho sempre sentita mia e, così come ho saputo e potuto, ho anche cercato, forse senza riuscirci, di servirti.

Con tutto me stesso, in una situazione di normale impegno civico e in uno con le tante belle sensibilità di cui da sempre sei stata espressione.

Uniti, nel tentativo di far passare una idea di coesione da cui non si può prescindere se si vuole praticare e tentare di affermare una politica di più alto profilo. Quella, per intenderci, che “serve” senza mai farsi “servire”, la sola, pensavamo, che in linea con la tua migliore tradizione, era capace di rispettarti.

Fu un percorso bello, praticato in nome di una politica più partecipata e condivisa, in cui si parlava di coinvolgimento e di corresponsabilità. Trovò accoglienza. E, come per incanto, dalle segrete presidiate da una politica stantia e poco propensa a rigenerarsi, si liberarono ansie e tensioni, fino ad allora rimaste inespresse, che invasero le tue vie e popolarono le tue piazze di un entusiasmo prima mai visto.

Purtroppo quella primavera, metafora di un cercato cambiamento culturale, durò poco. Pian piano si sopirono gli entusiasmi, ritornarono a tacere le coscienze, ed ogni speranza di rinnovamento fu ricacciata nel buio dei soliti spazi nel frattempo diventati tuguri sempre più angusti e chiusi. Sempre più occupati da una politica poco incline al confronto e al dialogo.

Là dove tu, Tricase mia, ancora oggi, rimani sempre più esclusa ed intrappolata.          

Di quella stagione, solo qualche voce poco ascoltata che, in quei contesti, ancora si alza forte a difesa della tua dignità.

Poi solo flebili echi di testimonianze che ricordano impegni affrontati con grande rispetto e profondo affetto.  

Rispetto e affetto che mi permetto di invocare, oggi, per te, in un momento in cui sei chiamata ad attrezzarti per affrontare nuove sfide e a dare una speranza di futuro alle nuove generazioni.

A meno di due mesi dalle elezioni, i segnali che arrivano, non inducono all’ottimismo e, piuttosto che rinfocolare speranze, turbano.

Dai tanti cantieri aperti, solo una ridda di nomi di possibili candidati a sindaco e il frenetico ed estemporaneo incontrarsi degli addetti ai lavori, tipico di certi appuntamenti ricordati all’ultimo momento e, per ciò stesso, privi di una base da cui partire per affrontare le tante problematiche e le criticità presenti in una comunità che si intende amministrare.

Si che ciò che arriva è il senso di una frammentazione che si cerca faticosamente di ricomporre in nome di equilibri interni e a difesa di posizioni acquisite o da acquisire. Puri passatempi di bottega che occupano le menti più di ogni progetto di sviluppo da destinare alla tua salvaguardia e sopravvivenza. Finalizzati solo a vincere una competizione elettorale, restano lontani, tanto lontani dalla vera “Politica” e ne sviliscono i contenuti.

Ecco, allora, che il mio invito si fa sempre più inderogabile e pressante.

Lo rivolgo a chiunque ha deciso di assumersi l’onere di guidarti per assicurarti una continuità, esortandoli a non perdere altro tempo e a cercare la strada del coinvolgimento perché il tuo divenire sia armonioso e quanto più corrispondente alle tue migliori tradizioni.

Lo rivolgo a te, nel tuo complesso, ai tuoi tanti e valenti giovani in particolare, esortandoti a riprendere in mano il tuo destino attraverso una più attiva presenza nella vita sociale ed amministrativa.

Ora, però, augurandomi che questo mio appello possa contribuire a meglio servire la tua causa, ti lascio, augurandoti le migliori fortune, con l’affetto e l’amore di sempre.

 

    

  

  

Tricase - Ore 16. E' venerdi 21 aprile, abbiamo telefonato all'avv. Salvatore Carbone :

Non si è verificata " la giusta unità ...", non accetto la candidatura a sindaco con il centro sinistra.

Questa la dichiarazione dell'ormai ex candidato sindaco

CI MANCHI TONINO

Per noi rimani sempre ''il Folle di Dio e il Pastore Diverso''

Trifone e Marcello Bello

20/04/2017 - È difficile sintetizzare in poche righe TONINO perché ancora oggi, che sono trascorsi 20 anni (24, n.d.r.) da quando ci ha lasciati, è una continua e piacevolissima scoperta. È difficile specialmente per noi, suoi fratelli minori, che con lui abbiamo vissuto mille esperienze, mille avventure, che gli siamo stati sempre accanto cercando in ogni modo di ricambiare quell’amore di cui lui ci ha sempre inondati.

Quando Tonino fu nominato Vescovo forse in molti, tra coloro che lo stimavano come prete dai gesti concreti, in quel lontano autunno di ormai 30 anni fa (34, n.d.r.), avranno temuto che la mitra mummificasse la sua personalità, ma una notizia tranquillizzante arrivò dopo pochi giorni del suo Episcopato, quando si diffuse la scandalosa notizia che era stato denunciato alla Magistratura per aver partecipato ad un blocco ferroviario organizzato dai lavoratori delle acciaierie di Giovinazzo, minacciati di licenziamento.
A fatica si allontanò dalla riva per prendere il largo e si portò a Molfetta il suo zaino privo di oro e d’argento, ma ricco di tanta umiltà e povertà. Si presentò col Pastorale e la Croce di legno d’ulivo, dono dei nostri compaesani, come anello al dito volle la fede nunziale di nostra madre con lo stemma raffigurante la Croce Alata di Alessano con un chiarissimo motto “Ascoltino gli umili e si rallegrino”.
Anche dai molfettesi, popolo orgoglioso della propria cultura e delle proprie antiche tradizioni, sconcertati in un primo tempo dalla povertà dei suoi segni del potere, si fece subito amare per la fecondità della sua parola e per l’essenzialità dei suoi gesti; ed ora vivono anche loro l’attesa della splendida stagione della “fioritura della primavera spirituale che inonderà il mondo”.
Poi quando nel 1985 il suo maestro e discepolo mons. Bettazzi lo propose alla Presidenza Nazionale di Pax Christi, divenne la voce più inquieta e trascinante del pacifismo cattolico. Impresse una svolta determinante all’associazione e il suo gridare a voce alta la pace, l’antirazzismo, l’accoglienza delle diversità, la convivialità delle differenze, il riscatto del nostro sud e di tutti i sud della terra, ha varcato i confini della sua Diocesi e della Nazione.
Grazie a Tonino, Molfetta è divenuta allora la culla dove si sono riposte le speranze dell’umanità non violenta, il punto di riferimento dove convergono gli ideali di tanti giovani che, nonostante tutto, guardano ad un futuro di bontà e di onestà, riflettendosi nella trasparenza dei suoi occhi e del suo stile di vita.
Ti vogliamo bene Tonino… e ti ringraziamo per la splendida poesia e la calda umanità che hai profuso nelle lettere a “Massimo ladro” e a “Giuseppe avanzo di galera”, ti ringraziamo per le tue parole d’amore che hanno accarezzato l’animo dei nostri figli Raffaella, Stefano, Federica e Francesca.
Abbiamo pianto con te e abbiamo partecipato alla tua sofferenza per l’incomprensione e la solitudine in cui ti sei trovato durante la guerra del Golfo.
Ci siamo inorgogliti di essere tuoi fratelli quando hai ospitato nella tua casa sfrattati, immigrati, giovani in cerca del senso della vita. Abbiamo condiviso la tua pena e la tua tristezza quando ti abbiamo visto dagli schermi televisivi in pieno agosto, in mezzo ad una fiumana di profughi Albanesi, là, sul molo del porto di Bari, per denunciare con passione l’assenza dello Stato, già impegnato nella più proficua attività di tangentopoli, attirandoti anche addosso l’ira e il sarcasmo del Ministro degli Interni.
Ti ringraziamo tutti per il tuo tanto soffrire sulla tua cattedra del dolore vissuto con grande dignità. Sei stato uomo fino in “cima” nella tua sofferenza, quando, nella penombra della tua camera, hai alzato la mano benedicente sul capo di tutti coloro che si inginocchiavano al tuo capezzale, dai tuoi confratelli ai vecchi coinquilini di Episcopio. E da ognuno di loro ti sei fatto benedire. Hai trasmesso in noi tanta pace e tanta serenità e non abbiamo più paura.
Quando in quell’assolata giornata di agosto 1992, dagli schermi televisivi rimbalzò la notizia della tua proposta di “dar vita ad una grande forza di Pace sovrannazionale che invadesse le zone di guerra”, capimmo veramente, forse anche con brutto presentimento, che stavi raggiungendo il momento supremo della tua profezia e del tuo sacrificio.
E così potemmo ascoltare la tua viva voce, che da quel teatro di Sarajevo illuminato dalla fioca luce di poche candele, “urlava” che l’Onu dei potenti si ferma alle quattro del pomeriggio, mentre l’onu dei poveri si muove anche di sera.
Con la tua morte non è tutto finito; in quella tomba che hai voluto nella tua cara Alessano, non vi sono resti, ma i semi che daranno frutti abbondanti come hanno promesso le migliaia di ragazzi e ragazze che ti hanno detto: “ciao don Tonino, continueremo a sognare ad occhi aperti cieli nuovi e terre nuove”.
Per noi rimani sempre “il folle di Dio e il Pastore Diverso” che in quel vespro di Aprile di 20 anni fa (24, n.d.r.), con l’altare accanto al mare, racchiuso in una cassa di legno, su un palco di nuda pietra, all’aperto e in mezzo alla folla sterminata della tua gente, facevi sfogliare, con la complicità del soffio dello Spirito, l’Evangelo, unico sostentamento della nostra povertà.
Ci manchi Tonino.


I tuoi fratelli, Trifone e Marcello*

* Fonte: Tommaso Poli (a cura di), Dal cuore della Puglia fino ai confini del mondo. Testimonianze su don Tonino Bello, Edirespa, Molfetta 2013, pag. 51-53.

Meno di 20 giorni alla presentazione delle liste.

C'è spazio ancora per qualche sorpresa…

Ad esempio sono da definire le collocazioni di Forza Italia (con lista civica o simbolo ), di qualche “ soggetto” che fino all'ultimo lavora a fari spenti, che darà battaglia per far convergere su di lui l'elettorato alla ricerca di un progetto nuovo, fuori dai partiti.

Da queste anime '' sospese '' uscirà un’altra candidatura a sindaco ?

Difficile, ma non impossibile. C’è tempo per i colpi di scena…..

Sabato 22 aprile alle ore 11.00
INCONTRO CON LA SCRITTRICE
ELISABETTA RASY

La difficile emancipazione femminile nelle trincee della Grande Guerra

c/o IISS G. Salvemini di Alessano (LE)

Nuovo appuntamento all’IISS “G. Salvemini” di Alessano (LE) per “Dialoghi d’autore”, progetto curato dalla professoressa Valeria Bisanti, in collaborazione con Michela Santoro della Libreria Idrusa, e nato con lo scopo di sensibilizzare gli studenti alla lettura di opere di autori contemporanei e di quelli dell’ultima generazione.

Protagonista del prossimo appuntamento sarà Elisabetta Rasyautrice del libro «Le regole del fuoco» (Rizzoli, 2016), finalista al premio Campiello, che dialogherà con gli alunni a partire dalle ore 11.00.Il libro è ambientato durante la Prima Guerra Mondiale. Racconta l’esperienza di Maria Rosa una ragazza napoletana, proveniente da una famiglia agiata, che per sottrarsi a una madre dispotica e a un mondo fatto di convenzioni sociali insopportabili, decide di andare al fronte come infermiera. L’esperienza del conflitto è cruda ed atroce. Il sangue, le ferite, la sofferenza e la morte sono descritte senza enfasi: il risultato agghiacciante e terribile rende omaggio al lavoro che centinaia di donne riuscirono a condurre, tra bombardamenti ed epidemie, a fianco dei soldati, spazzando via ogni immagine convenzionale del sesso debole. Ma è l’incontro con Eugenia, proveniente da un paesino vicino al lago di Como, che non ha mai visto il mare, a far cambiare Maria Rosa. L’iniziale diffidenza tra le due diventa col passare dei giorni ammirazione, poi affetto, poi amore trepido e delicato,un sussulto di emozioni, «un sospiro sottile nel buio». 

“Un incontro che si preannuncia interessante - osserva la Dirigente prof.ssa Chiara Vantaggiato - per i nostri ragazzi perché nelle pagine del romanzo c’è molta storia vissuta e subita, la vicinanza alla morte delle trincee, i ripiegamenti, la rotta di Caporetto, le nuove armi, la psicologia dell’esercito italiano, lo stato della medicina e delle cure da portare ai feriti, la spaventosa epidemia della «spagnola» che finì per mietere milioni di vittime”.

Del resto in una nota che conclude il libro Elisabetta Rasy scrive: «Questa storia è stata ispirata da antichi ricordi ma anche dalla lettura di molti diari delle infermiere volontarie della Grande Guerra. Attraverso le loro voci mi sono documentata sulla vita, le difficoltà e lo speciale coraggio di queste donne in guerra. A loro va il mio pensiero riconoscente». Ma la storia intensa di Elisabetta Rasy, raccontata come un lungo monologo, - conclude la docente Valeria Bisanti - è anche la storia di una formazione e di un rito di passaggio, di una emancipazione femminile duramente conquistata: quella determinazione forgiata sotto le bombe, in una situazione estrema servirà per dare forza, coraggio, indipendenza alla protagonista che, munita di una Kodak, deciderà di vivere la propria vita senza rimorsi, senza rimpianti, fuori dai binari che altri hanno costruito per lei.

Sempre sabato 22 aprile ad Alessano, alle ore 19,00, presso l’Hotel Colibrì (via Boceti 1), Elisabetta Rasy, all’interno della Rassegna “Aspettando… Armonia. I luoghi del gusto” presenterà “Le regole del fuoco” con la partecipazione di Valeria Bisanti ed Ada Facchini.

Biografia
Elisabetta Rasy, giornalista e scrittrice,è nata a Roma dove vive e lavora.Ha esordito nel 1985 con il romanzo La prima estasi; tra i suoi romanzi ricordiamo Ritratti di signora (Rizzoli 1995, finalista allo Strega), Posillipo (Rizzoli 1998, premio selezione Campiello), L’estranea (Rizzoli 2007) con cui ha vinto nel 2008 il Grinzane Cavour per la narrativa. Autrice di vari saggi di argomento letterario, molti dei quali dedicati alla scrittura femminile, ha scritto sul Corriere della Sera, La Stampa, Panorama. Attualmente collabora con l’inserto domenicale de Il Sole 24 Ore.

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