Tra pubblico e privato: la storia di un territorio negletto
di Michele Sodero Sfogliare un giornale, guardare la televisione ed imbattersi in immagini che parlano di abbandono e di incuria è molto frequente. Riflettono condizioni ambientali, riscontrabili un po’ ovunque, che offendono una natura meritevole di ben altre attenzioni e che angosciano l’animo. Sono situazioni alle quali non si sottrae neanche la nostra amata Tricase dove non mancano angoli in cui il degrado, sotto varie forme, soffoca ed opprime. Spettacoli brutti e pietosi che si ripetono, sempre uguali e immutabili, da lungo, troppo tempo. Fanno bella mostra di sé in una sorta di indifferenza collettiva e fanno pure specie per il sol fatto che si perpetuano lì, in quella parte di territorio, dove pubblico e privato si lambiscono e poi si uniscono sino a non distinguersi; dove indistinguibili e inspiegabili risultano anche le ragioni del loro esistere ed il loro persistere suona come offesa ad una intera città, al suo dignitoso contegno, alla sua proverbiale accoglienza. Autentici delitti perpetrati a danno di una natura prodiga e generosa. Alcuni sono luoghi simbolo di una economia, di una cultura e di una tradizione che hanno sotteso alla crescita e allo sviluppo di questa bella cittadina, altri sono legati ad una naturale configurazione paesaggistica del territorio tanto cara alla comunità e, in tempi non sospetti, molto apprezzata da un turismo alla ricerca di luoghi incontaminati e suggestivi. Ora si perdono nel ricordo e nel rammarico di chi ha avuto modo di conoscerli e di apprezzarli. Le stesse mappe catastali, che identificano quelle porzioni di territorio e ne attribuiscono l’appartenenza, assumono, nella fattispecie, il sapore dell’onta di un elenco di proscrizione, dove la bellezza ha perduto la sua identità e, nel freddo anonimato di un numero, è stata inviata in lager recintati e difesi dal filo spinato dell’incuria e dell’indifferenza. Dove tutto soffoca e muore e un intervento liberatorio si fa sempre più necessario e pressante. Tra i tanti, forse il caso più emblematico è quello del costone che, quasi a picco sul mare, sovrasta Punta Cannone, una volta ricercato osservatorio da cui si poteva godere l’incantevole vastità di un panorama libero da ostacoli. Un angolo in cui, una natura senza veli, appagava lo sguardo e seduceva mostrando la sua lunga e frastagliata scogliera e l’immensità del suo mare limpido e cristallino. Qui Lucia, guardando oltre il basso muretto che recinge questa lingua di terra, scrutava ansiosa il mare ed accompagnava con lo sguardo il ritorno della barca a bordo della quale il suo Uccio aveva passato la notte a calare e a ritirare le reti, arnesi del suo duro mestiere di pescatore. Esempi di come i luoghi si legano alle persone, si arricchiscono della loro discreta presenza e raccontano le storie di noi gente semplice e laboriosa. Ma quando le prerogative di questi luoghi incantevoli si perdono sotto i colpi di una politica che, smarrendo le ragioni del suo essere, li cancella con dissennate autorizzazioni, con loro va via anche una parte di noi stessi. La semplicità cede il posto a pseudo insediamenti produttivi mai decollati e la bellezza dei luoghi viene offuscata e soppiantata da informi ruderi sui quali si abbarbica, in modo scomposto, una fitta ed incolta vegetazione.Storie di altri tempi che si incrociano e si scontrano con le problematiche di sempre. Quelle di un privato che esercita sino in fondo il suo diritto di proprietà e di un pubblico incapace di chiedere, attraverso la politica, il rispetto ambientale quale condizione per continuare a goderne. Dovrebbe essere qualcosa di molto sancito e dovuto invece……Chissà, forse questo tema, entrerà a far parte del prossimo dibattito politico, magari accompagnato da una qualche idea che preluda ad azioni di riqualificazione e di promozione del territorio. Altrimenti bisognerà cominciare a confidare in un miracolo o in qualche, sia pur tardiva, conversione dei privati possessori. Da parte mia continuerò a coltivare la speranza che questi luoghi, un giorno, possano entrare a far parte di un patrimonio comune ed essere goduti, nel loro antico splendore, dai molti o dai tanti che lo desidereranno. Ma mentre io continuerò ad inseguire le mie utopie, qualcuno, per favore, rompa gli annosi silenzi che hanno contribuito a scrivere questa triste pagina di storia locale e si adoperi perché questi luoghi vengano almeno restituiti al pubblico decoro.
Dal 17 al 20 marzo 2016 - Laboratorio "Uova ad arte, corso di decorazione per uova di cioccolato personalizzate" a cura del maestro Salvatore Cosi presso la Masseria Nonno Tore di Tricase
Un corso di decorazione con pigmenti naturali per rendere più festose e golose le nostre uova durante la Pasqua non può mancare. Dono primaverile per auspicare la fertilità nel mondo antico, divenuto poi nell’iconografia cristiana simbolo della Resurrezione, con il guscio a rappresentare la tomba dalla quale esce un essere vivente, l’uovo è forse il simbolo della Pasqua per eccellenza.
Per esigenze pratiche e salutistiche si decorerà esclusivamente su uova di cioccolato di alta qualità, questo permetterà di produrre un prodotto adatto sotto il punto di vista artistico (per allestire una mostra d'arte) ma che sia ottimo soprattutto anche sotto il punto di vista alimentare – nutritivo.
Argomenti e calendario dei moduli – laboratori:
1) giovedì 17 MARZO, h 16–18: presentazione del corso + iconografia dell'uovo nella storia dell'arte + gestione dello spazio sulla forma dell'uovo + sperimentazione di disegni con pigmenti naturali;
2) venerdì 18 MARZO, h 16–18: tecniche di utilizzo dei colori alimentari + abbinamento dei colori + il disco cromatico di Itten + sperimentazione dei colori nello spazio + rielaborazione con pigmenti naturali;
3) sabato 19 MARZO, h 10–12: sperimentazione armonica dell'immagine nella forma di uovo+ decorazione direttamente sull'uovo;
4) domenica 20 MARZO, h 10–12: decorazione, rifinitura e confezione dell'uovo di cioccolato + mostra espositiva.
Il corso è tenuto da Salvatore Cosi, artista poliedrico, esperto nelle diverse tecniche artistiche, in decorazione e restauro.
Sede: Masseria didattica “Nonno Tore”, Contrada Pescatori, Tricase (LE)
Dai 12 anni e adulti
Per l'intera durata del corso verranno forniti tutti i materiali: un notes per esercitarsi, pastelli, matite, pennelli, guanti, pigmenti vegetali, un uovo con base di cioccolato di alta qualità, materiale per confezionare l'uovo compreso di sorpresa.
Iscrizioni: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., +39 328 8941464 http://artemidesgarden.wix.com/artemidesgarden
di Antonio Facchini Traduco emozioni,con difficoltà, e pensieri che nell’immediatezza costituiscono il riconoscimento dovuto anche se davvero molto piccolo dell’intimità fraterna che mi unisce a Giacomo, e che non è incrinata dalla sua morte. Ho incontrato Giacomo negli anni difficili della formazione giovanile, quando alla consolazione tutta intellettuale delle aule del Liceo Capece non sapevo bene come far corrispondere le intuizioni con la pratica quotidiana, in una realtà come la nostra dove si vivevano le attese della rassicurazione sul futuro e il bisogno di trovare legittimazione come comunità. Un percorso che parte dai miei 17 anni e che, tuttora condizionato dalla storia, dalle storie di un mezzogiorno di diaspore e di ripartenze, di rincorse e di falsi miti, rende attuale la sua esperienza di vita, quella di uomo artefice di grandimoti interiori, vivissimi, e capace di tracciare solchi perdisseminarvi nuclei di speranza, di tenacia e di rigore. Un’esperienza della quale costituisco una parte di senso, essendogli stato per lunghi anni accanto con motivazioni condivise e la rassicurazione che può venire da un compagno in cammino con te, che riconosce i talenti e la forza liberante del modello di vita praticato. Conobbi in lui l’inquietudine della ricerca dell’efficacia, dell’utilità sociale, del bene come risorsa comune e non come distintivo di privilegio e di separatezza. Ai confini tutelanti dalla divisa dei Carabinieri, che gli aveva consentito di acquisire un abito mentale dignitoso mai dismesso e di cui è sempre andato orgoglioso, aveva poi deciso di anteporre altra prospettiva. Non importano qui le circostanze, vissute comunque con consapevolezza, quanto la scelta convinta di un impegno che lo portò a misurare bisogni e fragilità, dignità frantumate ma non vinte, sorrisi semplici e slanci di solidarietà. Scelse il lavoro di comunità, non si arrese dinanzi alle distanze sul territorio, percorse nei primi tempi in motorino, comprese che il segretariato sociale era di una vastità impensabile. E non si spaventò. Iniziò la sua presenza decisiva nelle ACLI, come operatore del Patronato.Col tempo poi altre necessità lo misero alla prova. L’urgenza che le istanze diffuse avessero voce e rappresentanza, all’interno del movimento e nelle sedi istituzionali. Anche qui è poco importante ricordare ed elencare gli incarichi ricoperti, quanto piuttosto ripensarlo in Comune o in Provincia o nelle ACLI regionali e nazionali, con lo stesso sorriso e la convinzione che le opere umane sono comunque governate provvidenzialmente, che gli obiettivi più ardui sono alla portata degliattori più umili, purché ci sia l’affidamento alla dimensione umana profonda e la sofferenza abbia una prospettiva storica oltre che spiritualmente, religiosamente fondata.Ricordo la comprensione sofferta dell’incontro di Paolo VI con gli operai dell’Italsider di Taranto, nel Natale del ’68: Giacomo tradusse la portata dell’appello drammatico del Pontefice a non essere abbandonato dalla classe lavoratrice nella consapevolezza di dover accettare la sfida edare un sia pur piccolo contributo per fare della politica una pratica di responsabilità nei confronti della comunità e dei più deboli. Rigore e tenerezza gli sono stati congeniali, nei rapporti sociali, ma soprattutto nella dimensione più profonda e intima, quella vissuta da marito e da padre. L’entusiasmo e la gioiosità dei momenti a lungo vissuti insieme, nelle nostre case, sono un patrimonio di intesa profonda che mi legano indissolubilmente a Giacomo, Elena, Antonio e Sergio. Ho avuto la consolazione di salutarlo, qualche giorno fa. Al mio ‘ci vediamo domani’, stringendogli la mano, ha risposto ‘se Dio vuole’. Quest’ultimo affidamento ha suscitato un altro pensiero, che gli voglio rivolgere come riconoscimento della sua radicalità filiale, del suo particolare legame con la madre, affidandomi a LA MADRE di Ungaretti, scritta dopo il ritorno del poeta alla fede cristiana: E il cuore quandod'un ultimo battito/avrà fatto cadere il muro d'ombra/per condurmi, Madre, sino al Signore,/come una volta mi darai la mano./In ginocchio, decisa,/sarai una statua davanti all'eterno,/come già ti vedeva/quando eri ancora in vita./Alzerai tremante le vecchie braccia,/come quando spirasti/dicendo: Mio Dio, eccomi./E solo quando m'avrà perdonato,/ti verrà desiderio di guardarmi./Ricorderai d'avermi atteso tanto,/e avrai negli occhi un rapido sospiro.