di Giuseppe R. Panico A Tricase abbiamo una delle piazze più belle del Salento (P.Pisanelli), una fra le più grandi (P.Cappuccini), altre minori ed una nuova e grandicella in attesa del…miracolo. Da noi però, anche i santi di paese, se non hanno santi più potenti in paradiso, si devono accontentare di quello chepassa il…Gallone. Solouna chiesa, ma sovente “scippata” della antistante piazza o slargo,non più adibita a fini religiosi o sociali,ma personali, quelli del parcheggio. E così, oltre a chidelle chiese ne imbrattai muri con le bombolette, senza che poi nessuno glieli faccia ripulire con le loro unghie inzuppate nel solvente,tanti altri, con le loro auto ed il placet delle istituzioni, ne “imbrattano” gli spazi antistanti. Non più madonnari, con le loro immagini religiose e delebili gessetti coloratisull’asfalto, meno bimbi a giocare, pochi turisti a fotografare e molti di noi con“sindrome”da parcheggio in piazza e telefonino in testa.
Arte, storia e tradizioni cittadine, fonte di cultura, turismo ed economia ne sono così offese e svilite Fra i bimbi battezzati, circa un ventennio fa nella nuova chiesa di S.Antonio,che, uscendo in braccio a mamma o papà, già piangevano vedendola vicina piazzacosì incolta e incompleta, moltigià studiano altrove. Tornando fra noi e rivedendol’” incompiuta”, si chiedono a voltese cambiare chiesa o cambiare paese. Comunque non tornano e vannoa piazzarsi altrove, ivicreando sviluppo e cultura. E così il quartiere più nuovo, moderno e popoloso della città che tenta di valorizzarsi non solo di martedì con la tradizionale”chiazza culli brei”, ma ogni giorno con il commercio di qualità ed ampi e moderni negozi, ha solo unaindegna “agorà”. Quasi un simbolo della decennale incuranza degli eletti,fattasi forza politica, e della debolezza degli elettori, fattasi assuefazione al potere.Forse sarà ancora il PUG (Piano Urbanistico) che, più che un contenitore, sembraormai un tardivo“bidone aspiratutto” dei nostri sogni,magagne, incompiute e ritardi,o la prossima amministrazione che, ereditando tale “bidone”, vorrà impegnarsi afare subito, almeno per quella piazza, un“miracoluccio”.
Ma lasciando da parte grandiosi e costosi progetti “piazzati” da tecnici e progettisti, urbanisti e qualunquisti anche d’oltre paese. Di conti in rosso ne abbiamo già tanti, di prati verdi molto meno, di fresche ombre nemmeno e di tecnici paesani abbastanza. Basterebbero tanti alberi della nostra terra che ricordanoanche la storia della nostra religione edella nostra economia. E se per quel Santo non sarà un’altra “Piazza dei Miracoli” come al Nord, potrebbe essere almeno la“Piazza degli Ulivi” di questo nostro Sud. Oltre agli ulivi, solo semplicisiepi evialetti, comode panchine in legno, qualchegiochetto per i bimbi eun po’ di spazio per i cani ed i loro amici che, sovente, amano più iloro“pets” (animali) degli altrui “kids”(bimbi). Al centroo “alla ripa”,una capace tettoia ove anziani(e mamme e bimbi) possono anche ripararsi da intemperie o troppo sole o farsi una scopa e o un tre-sette. L’immenso debito pubblico nazionale, frutto degli insani costi e insane scelte della politica che noi siamo o che noi votiamo, e che manco i pronipoti ancora nati riusciranno a sanare, se non svendendo ai creditori, in gran parte stranieri, case, chiese e cimiteri,Gallone e Colosseo,non ci consente di aggiungere altra arte, come statue femminili con torcicollo e ignoto viso rivolto al cielo fra alti pubblici zampilli.
Ma almeno, si spera, qualche pubblico ed utile“servizio”, tipo quello checi induce, di solitoin privato, a guardare invece in basso, prendere la mira e, se non proprio fare centro, mettere almeno dentro quel personale“zampillo”da basso ventre e alta urgenza. Il “sacchetto” ogni tanto va svuotato anche fuori-casa. Lo avevano capitotutti da millenni, anchei romani con i loro vespasiani e pure i saggi tricasini di una volta con i bagni pubblici in Piazza Pisanelli. Ora invecelo capiamosolo pagando il “dazio”di un caffè ai bar o,conzampillo al vento dietro qualche oscuro angolo. Forse tornando a privilegiarenelle “agora” elettorali del paese,chi vuole e sa davvero fare, quello che davvero serve e quello che è davvero fattibile, comprese nuove abitudini da acquisire, quali anticamera di più cultura e civismo, potremmo avere pure altri miracoli. Se non quelli economicida“piazzaaffari”,quelli di una Tricase in più rapido cammino.
SABATO,11 FEBBRAIO ORE 18.30 PALASPORT TRICASE
FULGOR TRICASE VOLLEY Punti 35. Secondo posto solitario in classifica. Dopo la facile vittoria per 3-0 della scorsa domenica contro ilTuri,la prossima gara si giocherà sabato, 11 febbraio alle ore 18.30, sempre in casa, al palasport di Tricase, contro il Grottaglie ( punti 12 in classifica ) .
DOMENICA, 12 FEBBRAIO ORE 15 STADIO SAN VITO TRICASE
ATLETICO TRICASE Grottaglie 1 Tricase 0. Sconfitta a sorpresa con l'ultima in classifica Grottaglie. Forse la peggiore partita del Tricase. La classifica dice: Punti 41, secondo posto, 7 punti dalla prima ( Fasano punti 48) , 3 dalla terza posizione occupata dall’Aradeo ( punti 38) Domenica, c’è il Carovigno al San Vito ( punti 21) in piena zona playout . Bisogna solo vincere
DOMENICA,12 FEBBRAIO ORE 16 PALASPORT TRICASE
AURISPA ALESSANO Comincia la pool salvezza con l’Aurispa che parte con 9 punti in classifica e che d’ora in poi dovrà sbagliare il meno possibile per giungere alla fine del girone nella miglior posizione possibile. Domenica, ore 16 palasport Tricase:
AURISPA ALESSANO - Montecchio Maggiore
Visto quanto sta succedendo sia a livello nazionale che locale e visto anche che il tempo per le amministrative 2017 si avvicina in maniera inesorabile…abbiamo contattato telefonicamente “maggioranza e minoranza” per capire chi si candida, chi no, chi forse…
GIUNTA COMUNALE
SINDACO Antonio Coppola: NO
VICE Maria AssuntaPanico:SI
Adolfo Scolozzi: FORSE
Giacomo Elia : FORSE
Sergio Fracasso :SI
CONSIGLIERI DI MAGGIORANZA
Rocco Indino: SI
Guerino Alfarano FORSE
Antonio Ardito: SI
Vincenzo Maria Fornaro: SI
Teodoro Giudice: FORSE
Rocco Marra: FORSE
Tonino Ianni: FORSE
Antonio Nuccio: SI
Carmine Zocco: FORSE
Fernando Antonio Chiuri: FORSE
CONSIGLIERI DI MINORANZA
Pasquale De Marco: SI .
Nunzio Dell’Abate : FORSE
Pasquale Scarascia: FORSE
Gianluigi Forte : FORSE
Vito Zocco:SI
Antonio Scarcella: NO
Dunque, su 21 tra consiglieri e assessori :
Undici “ FORSE ”, due “ NO ” e otto “ SI ”.
PREVALE L'INDECISIONE…
Il “Giorno del Ricordo”, è stato fissato dalla legge istitutiva al 10 febbraio di ogni anno, “al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani, di tutte le vittime delle foibe e dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra”. È quanto ho cercato di fare con il lavoro di ricerca su due tricasini morti nel corso di quegli eventi, le cui storie sono raccontate nel libro che sarà presentato il prossimo 10 febbraio.
di Ercole Morciano Nell’immane tragedia che fu il II conflitto mondiale, durato sei anni, costato all’umanità non meno di 55 milioni di morti e immense distruzioni, un teatro di guerra particolarmente complesso fu quello compreso tra il Friuli, la Venezia-Giulia, la Dalmazia e l’Istria. In quelle regioni confinanti con la ex Iugoslavia dove, nella lotta contro gli occupanti tedeschi, prevalevano man mano le formazioni partigiane comuniste di Josif Broz - detto Tito - la ferocia della guerra,dopo l’armistizio del 1943,si acuìcontro gli italiani per le vendette suscitate sì dalla dura repressione fascista subita dagli slavi, ma rese più atroci per motivi etnici. La “pulizia etnica”, che si abbatté su tutti gli italiani, comprese alcune formazioni di partigiani, era stata cinicamente programmata per favorire la futura attribuzione di quei territori alla Iugoslavia.
Le atrocità si abbatterono soprattutto su ex militari esucivili italiani inermi, considerati fascisti filotedeschi e pertanto meritevoli di morte. Catturati, venivano legati in gruppo e portati sul bordo delle foibe, depressioni carsiche profonde decine di metri. Qui veniva sparato il primo italiano che, cadendo, trascinava gli altri a catena nelle profondità della foiba, dove spesso la morte sopraggiungeva dopo ore di lenta agonia. L’epurazione anti-italiana continuò anche dopo la fine della guerra, per l’esodo al quale furono costrette intere popolazioni i cui territori, dal trattato di pace di Parigi, erano stati assegnati alla Iugoslavia di Tito.
Il “Giorno del Ricordo”, è stato fissato dalla legge istitutiva al 10 febbraio di ogni anno, “al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani, di tutte le vittime delle foibe e dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra”. È quanto ho cercato di fare con il lavoro di ricerca su due tricasini morti nel corso di quegli eventi, le cui storie sono raccontate nel libro che sarà presentato il prossimo 10 febbraio.
di Ercole Morciano Con mons. Carmelo Cassati scompare una figura di tricasino che ha riempito di significato un pezzo della nostra storia, su un crinale di tempo spalmatosui due millenni. Il tributo di riconoscenza e di affetto che gli è stato offerto per la sua dipartita è il segno del bene fatto durante tutta una vita spesa per gli ideali di fede in Dio e amore verso i fratelli, specie i più poveri, sulla scia del Buon Pastore.
Da Casa Betania - la sua dimora degli ultimi anni dove serenamente era spirato,e dove in tanti si erano avvicendati da sabato per pregare e rendere omaggio alla sue spoglie – il corteo, aperto dalle associazioni laicali di tutte e cinque le parrocchie della città, dalle suore Marcelline e dai rappresentanti del clero delle diocesi di Ugento e di Trani-Barletta-Bisceglie coi rispettivi vicari generali, ha accompagnato mons. Cassati nell’ultimo viaggio verso la chiesa madre.
Nella chiesa dov’era stato battezzato nel 1924 e consacrato vescovo nel 1970, gremita di clero, di suore - presente la Madre Generale delle Marcelline, sr.Marimena Pedone - e di popolo, è stata celebrata la Messa esequiale. A presiederla,mons. Francesco Cacucci, arcivescovo metropolita di Bari-Bitonto e presidente dei vescovi pugliesi; con lui celebravano il vescovo di Ugento-S.Maria di Leuca, mons. Vito Angiuli; gli arcivescovi di Otranto, mons. Donato Negro e di Trani-Barletta-Bisceglie, mons. Giovanni Battista Pichierri; e i vescovi; di Lucera, mons. Lucio Renna; di Teramo, mons. Michele Seccia; il vescovo tricasino missionario in Brasile, mons. Fernando Panico e l’amministratore apostolico di Tricarico, mons. Nicola Urgo. Concelebravano inoltre molti sacerdoti della nostra diocesi e di quelle dove mons. Cassati aveva svolto il servizio episcopale.
La liturgia, sobria e solenne nel contempo, ha fatto vivere ai presenti un’esperienza di fede in cui la mestizia, dovuta alla morte di mons. Cassati, venivamitigata dalla speranza. Il saluto introduttivo del vescovo ugentino, mons. Vito Angiuli, le letture scelte per la Messa, l’omelia del presidente, mons. Cacucci, hanno avuto al centro il medesimo pensiero: l’uomo giusto, il servo saggio e fedele, il Pastore buono, custode delle sue pecore, non muore. Mons. Cassati continuerà a vivere; non solo nel cuore di quanti lo hanno conosciuto ed amato; egli continuerà a vivere nella Casa del Padre dove sono accolti i “servi buoni e fedeli” del Vangelo.
Sr. Margherita Bramato, direttrice generale dell’ospedale e madre superiora delle Marcelline di Tricase, ha tracciato nel suo intervento le linee biografiche di mons. Cassati soffermandosi soprattutto sul suo stile discreto, umile, nell’accompagnare la nascita e lo viluppo del nosocomio tricasino, fino agli anni della sofferenzache lo hanno visto abbandonarsi completamente alla volontà di Dio.
Sotto le maestose arcate della chiesa matrice che contribuiscono con la loro leggerezza ad elevarsi nella preghiera, le onoranze civili al presule scomparso si sono fuse con quelle ecclesiali. Insieme ai fedeli provenienti dalle città sedi episcopali di mons. Cassati vi erano, insigniti dalla fascia tricolore, i sindaci con i rispettivi gonfaloni e rappresentanze, unitamente a quelli di Tricase e di Tiggiano e alle autorità militari presenti. Per tutti ha preso la parola l’ing. Antonio Coppola, sindaco di Tricase, che parlando a braccio ha ricordato come mons. Cassati è da annoverare tra quelle persone che nel dopoguerra, individuando strategie di sviluppo, hanno contribuito ad elevare le misere condizioni di vita del nostro territorio fino a portarle al benessere attuale. Per Tricase mons. Cassati rimane“Padre Carmelo”, un padresaggio, dal cuore grande e il suo nome è scolpito su ogni pietra dell’ospedale insieme a quelli dei pionieri di questa grande opera.
Al commosso saluto, porto da Gianmarco De Giorgianche a nome degli assistenti di mons. Cassati negli anni della non autosufficienza ( Mino, Vito, Pasqualino, Fernando e Massimiliano) è infine seguito quello affettuoso dei nipoti, letto da Luisa De Micheli.
L’aspersione e l’incensazione alle spoglie è stata data damons. Fernando Panico assistito dai diaconi Bonalana e Cazzato; il vescovo ha pronunciato il rituale con voce grave e commossa per il grande affetto che lo legava al cugino, col quale condivideva l’appartenenza alla medesima congregazione missionaria.
Un grazie meritato, infine, al coro della Cappellania ospedaliera del “Card. Panico”, “Spirito d’armonia”, diretto dal M.° Pasqualino Gelsomino, organista M.° Sergio De Blasi, che ha animato il rito con appropriati canti liturgici e musiche di Bach, Mozart, Frisina, Gruber e Tagliabue, coinvolgendo ed elevando clero e popolo nella preghiera.
Dopo la benedizione all’assemblea da parte del presidente, la salma di mons. Cassati è stata traslata nella cripta della matrice dove sarà tumulata. Le sue spoglie, nell’attesa della resurrezione, riposeranno nella chiesa dove egli è stato battezzato e consacrato vescovo e vicino al card. Giovanni Panico, da lui tanto amato.
NOTA BIOGRAFICA SU MONS. CARMELO CASSATI