di Mary Cortese L’indifferenza. Questa, sì mi sembra in definitiva la cosa di cui ho più paura. L’impermeabilità agli avvenimenti del mondo. Il restare uguali a sé stessi e non chiedersi dell’Altro da sé. Il guardare con diffidenza chi invece si schiera, si impegna, scalpita. E magari deriderlo. La volontà, al limite, di proteggere i propri piccoli, miseri confini, che siano quelli della propria casa, del proprio condominio, del proprio clan. Una volontà tanto miope quanto pericolosa, incapace di cogliere il nesso della propria esistenza in una rete di relazioni col mondo, succube della paura del diverso, e complice dei più grandi crimini.“Sui vostri monumenti alla Shoah non scrivete violenza, razzismo, dittatura e altre parole ovvie, scrivete 'indifferenza': perché nei giorni in cui ci rastrellarono, più che la violenza delle SS e dei loro aguzzini fascisti, furono le finestre socchiuse del quartiere, i silenzi di chi avrebbe potuto gridare anzi che origliare dalle porte, a ucciderci prima del campo di sterminio". Così Liliana Segre, una delle poche sopravvissute italiane ai campi di concentramento nazisti.
Questa paura dell’indifferenza, ricordo, fu una delle cose che mi facevano scalpitare quando dopo il liceo, scelsi di andare via. Ne percepivo tanta intorno a me e me ne sentivo schiacciata. Da più di vent’anni vivo nella Capitale e l’indifferenza nel frattempo ho scoperto essere il male dell’intero pianeta.
Intanto nel pugno chiuso stringo come uno scrigno inviolabile l’immagine del mio paese, e amo la strada che lì mi riporta. Perché non posso fare a meno di tornare a osservare il mondo da quell’angolo prezioso.
Leggo sempre quello che Alfredo De Giuseppe scrive, perché mi riconcilia con la mia terra. Non perché debba sempre essere assolutamente d’accordo con le sue opinioni, quanto perché traspare ogni volta la sua passione, la sua ostinazione, la sua strenua volontà di non lasciarsi sopraffare da tutto quello che lo sappiamo, gli renderebbe anche la vita più facile. Ma lui resta lì caparbio a guardarsi intorno: quello che gli accade accanto, per poi sollevare lo sguardo e provare a interpretare i cambiamenti del mondo. Sono spesso parole scomode: sfido chiunque a dire sempre esattamente quello che pensa dell’autorità, dei santi più venerati, del poeta locale più osannato (e misconosciuto), a dichiararsi agnostico nel Paese in cui si professa una fede che raramente si vive, in cui la laicità è una brutta parola da sotterrare con qualsivoglia ipocrita perbenismo. Sono parole che testimoniano una militanza mai sopita nella lotta per la difesa dell’ambiente, per la tutela del bene pubblico, per il sostegno dei diritti civili. Sono parole di denuncia: contro una cultura del clientelismo, della collusione con il malaffare, del nepotismo, contro le parole d’ordine populiste e xenofobe che egemonizzano il dibattito pubblico. Contro l’asservimento del territorio agli interessi economici di minoranze e contro la disinformazione che ci conserva, soprattutto a noi gente del Sud, sudditi.
Una denuncia che, lungi da istigare all’odio, nasce dall’amore per la propria terra, da una vivacità intellettuale che non si arrende, ma sceglie ogni giorno di aderire a una visione del mondo, conservare un’etica anche nell’affrontare i problemi dell’impresa, ricordare a tutti che si può crescere senza sacrificare altri pezzi di territorio, di mare, di bellezza. Tutto questo e molto altro, ho incontrato fra le pagine di “Anni di getto”, il libro di Alfredo che presenteremo domenica 19 Marzo nella Sala del Trono di Palazzo Gallone. “Scritti d’impulso spesso non corretti, articoli pubblicati e commenti inediti” dal 2010 al 2016. Frammenti che si uniscono per ricomporre la sensibilità dell’autore, quella che abbiamo conosciuto attraverso gli altri suoi libri e i suoi film, la sua predilezione per i margini, per la bellezza non conforme, per l’arte nascosta, per citare uno dei suoi lavori. Lui stesso lo definisce un modo per “mescolarsi, quasi avvinghiarsi, ancora di più nella realtà straordinaria di una comunità…cui aspiravo con empatia mista a disprezzo alla massima conoscenza interiore”.
È stato come rileggere gli ultimi anni di vita del mio angolo di mondo preferito, sorridere per ogni intervento impertinente - e ce ne sono!-scoprire cose a cui non avevo prestato attenzione, meravigliarmi sempre dell’irrefrenabile bisogno dell’autore di raccontare.
E qui ritorno al punto da cui avevo iniziato: l’indifferenza. Quello che leggo nel libro di Alfredo è l’esatto contrario. È partecipazione, desiderio di conoscere, informarsi, di non aderire a letture stereotipate e perché no, tradurre tutto ciò che cattura lo sguardo in bella scrittura e mai, proprio mai, dimenticare l’ironia. Questa predisposizione dell’animo che non può fare a meno di guardarsi intorno, di posizionarsi nel mondo, è proprio l’antidoto all’indifferenza. Passione sì ma soprattutto compassione: “lapiù importante e forse l’unica legge di vita dell’umanità intera-scriveva Fëdor Dostoevskij- quella capacità, cioè, “di estrarre dall’altro la radice prima del suo dolore e di farla propria senza esitazione”.
di Maria Assunta Panico Assessore “Assetto del Territorio” . Il Comune di Tricase con Deliberazione del Consiglio Comunale n°10 del 09-03-2017 ha approvato, ai sensi dell’art.4 della L.R. n°17 del 10 aprile 2015, il Piano Comunale delle Coste. Il Piano era stato già approvato, una prima volta, con Deliberazione del Consiglio Comunale n°59 del 22-11-2016 , si è resa necessaria una seconda approvazione per adeguare la pianificazione costiera al redigendo Piano Regolatore del Porto prevedendo l’esclusione dell’area portuale.
Nel suo complesso, il Piano delle Coste è uno strumento di pianificazione che disciplina l’utilizzo delle aree del Demanio Marittimo, con le finalità di garantire il corretto equilibrio fra la salvaguardia degli aspetti ambientali e paesaggistici del litorale. Le scelte amministrative sono state ispirate dai principi di tutela ed uso ecosostenibile dell’ambiente, accessibilità dei beni del demanio marittimo e al mare per la loro libera fruizione, trasparenza delle procedure. Il Piano è stato redatto con la collaborazione ed il coinvolgimento della comunità locale; da parte dei cittadini, delle associazioni, dei gestori di attività turistiche sono pervenute numerose considerazioni e proposte che hanno trovato la condivisione dell’Amministrazione ed hanno portato a modifiche della proposta di Piano.
La redazione del Piano Comunale delle Coste, seppur inteso come strumento di regolamentazione della fruibilità dell’area strettamente demaniale, si è trasformata in una opportunità per affrontare in maniera interdisciplinare le molteplici problematiche che si presentano nell’area costiera, si sono analizzate le tematiche urbanistiche, edilizie e naturali, permettendo di valutare in maniera organica la “criticità” e “sensibilità” della costa, in relazione ad una molteplicità di fattori, endogeni (fenomeni naturali) ed esogeni (pressioni antropiche).
In particolar modo, il piano delle coste si è rapportato con il contemporaneo iter di formazione dell’Area Marina Protetta “Costa Otranto- Santa Maria di Leuca”, gli studi propedeutici al riconoscimento dell’area hanno, infatti, indicato la fascia marina del territorio di Tricase come un’area privilegiata di biodiversità con caratteristiche uniche, rilevanti rispetto al resto della costa pugliese e con emergenze naturalistiche tali da giustificare non solo la proposta di Area Marina Protetta, ma anche di un nuovo Sito di Importanza Comunitaria.
Il Piano Comunale delle Coste prevede la presenza di 3 Stabilimenti Balneari e 5 Spiagge Libere con Servizi per una percentuale pari al 9% della costa utile. I materiali da utilizzare per la costruzione delle strutture balneari dovranno essere facilmente amovibili e dovranno rispondere agli standars di ecocompatibilità necessari a rispettare e valorizzare le peculiarità paesaggistiche di Tricase. Nei lunghi tratti di costa dove la spiaggia è libera sono previsti sentieri panoramici ed il ripristino dei tratturi esistenti da valorizzare con luci, idonea segnaletica, realizzazione di muretti a secco, potenziamento della vegetazione e della naturalità specifica dei luoghi.
Il Piano delle Coste approvato dal Consiglio Comunale è stato trasmesso alla Giunta Regionale per essere sottoposto alla verifica di compatibilità al Piano Regionale delle Coste.
Giovanni U. Cavallera, nato a Tricase e docente nel Liceo Scientifico Statale “Arturo Tosi” di Busto Arsizio, ha vinto il Premio Internazionale CIRSE 2016.
Giovanni U. Cavallera, dopo aver frequentato il Liceo Classico “Stampacchia” di Tricase, si è laureato presso l’Università Cattolica di Milano, conseguendo successivamente il Dottorato di ricerca in Filosofia dell’educazione presso l’Università di Firenze e quindi l’abilitazione e la cattedra di Filosofia e Storia nei licei. Ha curato, altresì, l’«Archivio della Pedagogia Italiana del Novecento» (Firenze) per la «Fondazione Nazionale Vito Fazio-Allmayer». Alla sua attività di docente affianca l’incarico di redattore di “Porphyra. International academic Journal in Byzantine Studies”, e di collaboratore del Centro di Studi Bizantini “Magnaura” di Venezia. Dove Platone riceve il battesimo non è la prima pubblicazione del giovane studioso, di fatti oltre a vari saggi sulla civiltà bizantina, si è interessato al pensiero del positivismo italiano, cui ha dedicato diverse pubblicazioni scientifiche, ma ha anche pubblicato studi sulla filosofia neoidealista, sul significato dell’architettura e sul Design, partecipando come relatore a diversi convegni scientifici. Socio ordinario del Centro Italiano per la Ricerca Scientifico-Educativa, collabora con la Società di Storia Patria per la Puglia, di cui è Socio ordinario, con l’Università del Salento e con il Centro Interuniversitario di Bioetica e Diritti umani.
Il CIRSE – Centro Italiano per la Ricerca Storico-Educativa nasce nel 1980 ed è la più antica organizzazione pedagogica universitaria italiana. Ha contribuito non poco allo sviluppo del settore storico-pedagogico nella Penisola e da anni si è aperto a fruttuosi rapporti scientifici internazionali. Dal 2014 promuove un Premio Internazionale riservato a studi di storia dell’educazione, Premio di ampia risonanza in ambito accademico.
Quest’anno la Commissione valutatrice, composta dai proff. Tiziana Pironi (Presidente, Università di Bologna), Emma Beseghi (Università di Bologna), Luciano Caimi (Università Cattolica del Sacro Cuore, Brescia), Carmela Covato (Università di Roma Tre), Antonia Criscenti (Università di Catania), Carla Ghizzoni (Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano), Gianfranco Bandini (Università di Firenze), tenendo conto dell’originalità del prodotto scientifico; della rispondenza dello stesso alle tematiche afferenti al settore storico-educativo; della esaustività della ricerca; dell’adeguatezza dell’apparato critico-bibliografico, anche di profilo internazionale, ha assegnato il premio a Giovanni Cavallera per il suo volume Dove Platone riceve il battesimo. La formazione come fondamento nell’Impero Romano d’Oriente, Edizioni Mimesis, Milano 2015. Ecco la motivazione: «Il volume affronta coraggiosamente un tema di grande impegno e in parte disatteso dalla storia dell’educazione com’è quello della formazione nella complessa e quasi millenaria vicenda dell’Impero Romano d’Oriente. Nel quadro del fecondo intreccio fra pensiero ellenistico, eredità giuridico-letteraria romana e cristianesimo, tratteggia il progressivo delinearsi della specificità propria della cultura bizantina, con le sue ricadute sul versante educativo, illuminato da una profonda visione teologica. Lo studio offre uno spaccato storico-critico, documentato da fonti e letteratura critica, che orienta alla lettura di una originale pedagogia della formazione dell’uomo, messa in scacco proprio dall’oblio della romanità e dei suoi perduranti valori classici, nel passaggio travagliato del tardo impero romano d’Oriente, dall’antichità alla modernità».
Il saggio di Cavallera è la prima storia organica del concetto di formazione in Bisanzio e dell'impostazione scolastica e universitaria di una civiltà che ha avuto una importanza considerevole nella storia della Terra d’Otranto. Si pensi solo al ruolo del Monastero di San Nicola di Casole e alla presenza capillare delle cripte nel Salento. In questo risiede l’originalità di un’opera che congiunge diversi aspetti della cultura bizantina – dalla teologia all’analisi del cerimoniale - per fornire un quadro coeso e completo del retaggio culturale bizantino, la cui grandezza è stata troppo spesso trascurata in nome di vecchi pregiudizi ormai superati dalla moderna storiografia.