di Alessandro Distante Continuano gli annunci e le indiscrezioni sulle candidature per le prossime amministrative a Tricase e appaiono già i primi manifesti e slogan elettorali.
Al momento due candidati ufficiali: Francesca Sodero per il Movimento 5Stelle e Carlo Chiuri, con due liste civiche e l’UDC.
La maggioranza in Consiglio Comunale, sotto la guida del Sindaco Coppola, si è riunita ed ha deciso di proporre, come futuro candidato sindaco di centro sinistra, l’attuale consigliere e capogruppo del PD, Carmine Zocco.
Il PD, da tempo commissariato, non si è ancora pronunciato, come non si sono pronunciati gli altri gruppi.
Tanto meno hanno battuto un colpo i Partiti che pure in passato hanno espresso candidature, come ad esempio Forza Italia o gli amici di Fitto.
Oltre ai nomi già in campo, ne circolano poi altri e mi limito a quelli usciti nella nostra Rubrica il Tesorino salentino che, tra il serio ed il faceto, raccoglie le voci che corrono: Maria Assunta Panico (attuale Vice sindaco), Pietro Nuccio (già candidato alle regionali), Pasquale Santoro (indicato dal neo movimento Tricase Libera), Antonio Lia (già parlamentare e già sindaco di Specchia).
Fin qui i nomi. Mi interessa tuttavia porre una questione di percorso e di metodo: la candidatura ed il nome era, secondo una vecchia politica, l’esito finale di una elaborazione programmatica, nella convinzione che ciò che contava era il progetto politico e che gli uomini (o le donne) dovevano essere funzionali al progetto.
Era un’idea che ha retto fino a quando vi è stato un sistema politico-elettorale che affidava ai cittadini la elezione dei consiglieri ed era poi il Consiglio ad eleggere il Sindaco. Tutto è cambiato da quando è stata introdotta la elezione diretta del Primo cittadino; inizialmente si è continuato a sostenere che la scelta del candidato sindaco fosse l’esito finale di un percorso politico-programmatico, ma poi, complice anche la fine dei partiti, si è rovesciato il percorso: prima il candidato sindaco e poi intorno a lui il programma da elaborare o, ancora peggio, scopiazzare.
Quello che emerge dalle cronache di questi giorni, e non solo a Tricase, è che le candidature non nascono neppure nelle sedi di partito o nei famosi tavoli di coalizione e neppure a seguito di quelle primarie che non molto tempo fa sembravano dover essere il passaggio obbligato per un recupero di partecipazione democratica, ma in luoghi diversi se non addirittura per iniziative di gruppi sempre più parcellizzati e financo personali.
Solo nel caso di Francesca Sodero per il M5Stelle la scelta è stata il frutto di un processo democratico interno al Movimento, anche se sono tutte da verificare le modalità della consultazione ed i temi della scelta.
Cinque anni fa, la candidatura di Coppola, fu proposta da un Movimento politico cittadino (poi persosi per strada) e acquisì il sostegno del PD e di SEL; anche quella di Dell’Abate nacque all’interno di un Movimento civico (anch’esso persosi per strada) e acquisì l’appoggio dell’UDC.
L’inversione del percorso (non più dal progetto al candidato ma dal candidato al progetto) fa emergere una prima questione: il rischio che il momento elettorale non sia un’occasione di dibattito sull’idea di Città ma solo un confronto sui numeri.
Ma vi è un rischio maggiore; le scelte fatte da pochi e al di fuori di un dibattito possono portare a candidature funzionali a scopi ulteriori e diversi rispetto alla competizione stessa. Un rischio che prende consistenza quando queste scelte sono accompagnate da manovre di avvicinamento verso gruppi o singoli politici.
E’ già accaduto in paesi a noi vicini che la candidatura a sindaco sia stata sostenuta da politici a livello nazionale o regionale; questo di per sé è un fatto naturale e non certo negativo. Quello che invece sarebbe negativo e pericoloso è che la sponsorizzazione, più o meno pubblicamente resa, risponda non tanto al bene di Tricase quanto piuttosto ad obiettivi diversi, quasi una cambiale da pagare in occasione di altre competizioni elettorali.
Si tratterebbe di un baratto frutto di un processo assolutamente non democratico, ma, soprattutto, un patto sulla testa dei cittadini, come tale inaccettabile. Ed allora candidature autonome e legittimate da processi trasparenti e condivisi di partecipazione che vedano di pari passo delineare le persone e definire i programmi.
di Ercole Morciano Mi dispiace che il mio libro Due tricasini nelle terre delle foibe (1943-1945)abbia potuto provocare una serie di accuse tanto gravi quanto non dimostrate. Inizialmente non volevo intervenire, ma poi ho deciso di farlo soprattutto per chi non ha letto il libro, e rischia di essere fuorviato ingiustamente, e per un sentimento di pietas verso le persone coinvolte. Tralascio il tono apodittico del mio recensore, ovvero di possessore delle verità ‒ neanche il Papa lo usa più ‒ ma è significativo evidenziarlo per comprendere l’approccio dato alle sue affermazioni.
L’accusa più ingiusta riguarda il presunto “revisionismo” da cui il libro sarebbe infettato; e non è vero: a p. 15 io stesso scrivo che non c’è alcuna «volontà di fare revisionismo». Chi ha letto il libro sa che in nessun passaggio, in nessuna pagina, in nessuna forma, vi è adombrato un anche minimo giudizio positivo sul fascismo, compresa la Repubblica Sociale Italiana, tale da ribaltare quello negativo assegnatogli dalla storia.
Veramente subdolo è l’aggettivo “strisciante”, perché presumerebbe da parte mia una sorta d’imbroglio voluto:il mio libro non è un testo ideologico, né un libro di storia, vuole essere il racconto della vicenda di due persone, che combattevano sì dalla parte sbagliata, ma erano due tricasini che stavano da quella parte come tanti altri italiani, né eroi, né vigliacchi e come tanti altri italiani sono morti. Pertanto non c’è niente di strisciante. Le storie sono infatti documentate(altro che “lasciato prendere la mano da affetti parentali”); i documenti sono allegati o vi sono le note di rimando per chi volesse consultarli.
Forse,da alcuni ideologi,il libro sarebbe stato più accetto se i due tricasini, camicie nere, fossero risultati criminali di guerra, stupratori, aguzzini, ecc. ma io non potevo scriverlo, perché non c’è alcun documento o prova o che costituisca in tale direzione. In termini generali ho scritto a p. 24 sulla repressione degli occupanti nei territori slavi - e fu dura - ma ciò in ogni caso non giustifica la barbarie delle foibe e della pulizia etnica. Paragonare pertanto Caloro e Morciano a “un componente delle SS o a un carnefice dei campi di concentramento”è veramente aberrante oltre che ingiusto nei loro confronti.
Sulla pietas. Sono stato accusato di aver strumentalizzato le foibe per suscitarla: e non è vero. Già in IV di copertina, quindi leggibile dal potenziale lettore quando prende in mano il libro, c’è scritto che Morciano morì in combattimento (e all’interno viene precisato: mentre era di scorta a un autoveicolo dei vigili del fuoco che trasportava a Trieste le salme di otto italiani infoibati a Comeno) mentre Caloro, a guerra finita, fu prima imprigionato dai partigiani di Tito e poi infoibato. Chi ha letto il mio libro sa che sulla criticata pietas (sentimento dell’anima, per me senza aggettivi) a p. 15ho riportato obiettivamente anche la posizione di quelli che riconoscono la pietas religiosa a tutti,mentre negano la pietas civile a coloro che morirono combattendo dalla parte sbagliata.
Per quanto riguardale ragioni per cui i due tricasini scelsero di combattere dalla parte della Repubblica di Salò, con Mussolini, ho cercato nel libro di analizzarle, ma non c’è una pur minima condivisione o giustificazione di sorta; e chi ha letto il libro lo sa benissimo; basta andare a p. 48 per Marciano e alle pp. 81-82 per Caloro.
Un’ultima considerazione. Alfredo De Giuseppe si preoccupa che “giovani poco adusi alla lettura della storia del Novecento”, leggendo il mio libro,possano diventare filo-fascisti. Io invece non ho questa paura; ho fiducia nella capacità critica dei giovani e pertanto li invito a leggerlo,andando oltre i preconcetti ideologici e i dogmi non-scritti di un’interpretazione storiografica che ha fatto studiare per decenni gli studenti su manuali di storia nei quali le foibe non venivano neanche menzionate, e a conoscere le storie di due tricasini, né eroi né vili, in un difficile momento storico per loro e per l’Italia.
Concludo promettendo che su questo argomento non tornerò più, perché non mi piace polemizzare sulla stampa o su altri media.
Causa avverse condizioni meteorologiche, l 'evento "Coriandoli e Nciurite alle Rutte a Tricase Porto, previsto per sabato 25 febbraio 2017, è stato rinviato a sabato 4 marzo 2017
di Nunzio Dell'Abate Poco prima di entrare nel centro di Depressa, venendo da Tricase e superando il campo sportivo, si incontra sulla sinistra un blocco di pajare di circa 200 mq all’interno di un terreno di quasi 20 are.
Non tutti sanno che è proprietà comunale.
Un tempo lì dentro “si infilava il tabacco” e si socializzava.
Da decenni versano in stato di abbandono.
Eppure, adeguatamente valorizzate, costituirebbero un bel biglietto da visita per la frazioneed una buona occasione di occupazione giovanile.
Parte dei vani potrebbe essere adibita, attraverso salette audiovisive, mostre e rappresentazioni, alla conoscenza della storia e delle tradizioni ed alla promozione deifrantoi ipogei e dei prodotti locali.
I restanti a caffè letterario, wine bar, ristorazione tipica, intrattenimento musicale contenuto.
All’esterno una zona attrezzata per bambini, un campo da minigolfo per altre tipologie di sport all’aperto.
Diverse sono state le istanze di utilizzo rivolte all’Amministrazione da residenti e non, rimaste inevase.Eppure sarebbe un modo per sottrarre costi di manutenzione al bilancio comunale che anzi si vedrebbe riconosciuto un introito, dapprima sotto forma di migliorie strutturali e via via nel tempo in denaro.
C’è solo l’imbarazzo della scelta nel tratteggiare la migliore fruizione di questi luoghi, da non lasciare più depressi!
UNA CONVENZIONE PER LA CULTURA
Il Consiglio Comunale ha deliberato all’unanimità di sottoscrivere la convenzione per aderire al progetto “Sistema integrato culturale Sud Salento”.
L’iniziativa coinvolge ben 64 Comuni con Comune capogruppo quello di Casarano; il tutto per gestire un finanziamento di 300 milioni di euro provenienti dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e Turismo.
ALBA IN JAZZ 2017
La Giunta Comunale ha adottato, in questi giorni, un atto di indirizzo per la programmazione e l’organizzazione della prossima Alba in Jazz dell’Estate 2017.
Sono già diversi anni, e precisamente dal 2013, che il Comune organizza quell’evento che è diventato momento di attrazione anche turistica e di lancio della località Marina Serra, ormai universalmente apprezzata come uno dei luoghi più belli del Salento e non solo.
Alba in Jazz, per la sua valenza artistica, è stata denominata “La Cartolina Musicale di Tricase” ed è uno degli eventi più attesi dell’Estate del Salento.
Proprio per questa grande promozione gratuita del territorio che quell’evento ha determinato grazie anche alle innumerevoli immagini e video che hanno letteralmente invaso il web, la Giunta ha deciso di pianificare l’evento per il prossimo anno prevedendo lo stanziamento delle relative risorse finanziarie nel redigendo bilancio di previsione.