L’attore salentino Fausto Morciano nel cast del film “Dei” di Cosimo Terlizzi,
in uscita nelle sale prossimamente
Salentino di nascita e romano d’adozione, il magnetico Fausto Morciano sarà prossimamente al cinema con il film “DEI” di Cosimo Terlizzi, pellicola prodotta da Riccardo Scamarcio, Valeria Golino e Viola Prestieri per Buena Onda e distribuito da europictures. Nel film interpreta Nicola, padre autoritario e amorevole del giovane Martino, protagonista del film, col quale ha un rapporto intenso e conflittuale. Il film è stato presentato con grande successo al Bari International Film Festival.
Fausto Morciano Vanta una ricca carriera cinematografica e teatrale.
A 18 anni si trasferisce a Bologna dove consegue la laurea in D.A.M.S. Debutta a teatro come protagonista accanto ad Ottavia Piccolo e Ivano Marescotti nello spettacolo "Bellissima Maria" per la regia di Sergio Fantoni.
Successivamente viene diretto da registi come Giancarlo Sepe, Sebastiano Lo Monaco, Sergio Basile. In seguito si diploma alla Scuola di Recitazione del Teatro Stabile di Genova partecipando poi a numerosi spettacoli. Vive a Roma, ama e approfondisce l'arte della recitazione. Nel cinema lavora con Edoardo Winspeare nel film “Galantuomini”, con Federico Rizzo nella pellicola “Taglio Netto” e con Giangiacomo Ladisa nel film “Peace, Love, Freedom”.
Recentemente ha ricoperto, con un buon riscontro di critica e pubblico, il ruolo di Macbeth in “Macbeth” di William Shakespeare, per la regia di Antonia Renzella e prodotto da Gitiesse Artisti Riuniti.
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di Cesare Lia
Devo ringraziare il prof. Ercolino Morciano che, sempre attento alle questioni sociali e soprattutto a quelle della comunità tricasina e del Capo di Leuca (insisto a chiamarlo tale e non Basso Salento), ponendo automaticamente il nostro Comune al centro dello sviluppo di tutto il territorio, mi sprona ad intervenire su di un argomento molto particolare e molto importante.
E’ stato necessario, però, che i media pubblicassero il risultato della ricchezza dei nostri Centri per accorgersi di un problema così grave che, mi permetto, sollevai nel lontano 1984 quando, analizzando la situazione economica dei 13 Comuni del Capo di Leuca, avanzai una proposta di organizzazione e riscatto di un territorio che non doveva aspettarsi alcuna provvidenza superiore per crescere e creare infrastrutture economiche che consentissero di farlo. Allora la nostra economia territoriale era migliore dell’odierna, avendo una situazione della TAC eccezionale rispetto al resto della provincia di Lecce.
Devo, però, constatare che la mia analisi non è stata presa in considerazione forse perché non era stata pubblicata da qualche organo di stampa a livello nazionale.
Il mio studio era basato sulla situazione del nostro territorio, emarginato dal resto d’Italia e senza sbocco alcuno oltre il mare. In fondo ho sempre denunziato, anche in singoli articoli di giornalismo locale ed in conferenze alle quali sono stato invitato, che geograficamente la nostra terra si trova in un “cul de sac” nel quale si deve accedere e, poi, si deve tornare indietro per uscirne, senza possibilità di attraversarla.
Ovviamente la situazione storica è tutt’ora da attribuire alle carenze delle nostre popolazioni, che si sono acquietate nella situazione esistente e non hanno pensato e non pensano ancora di attraversare il mare, come avevano fatto i greci nell’età antica, creando un rapporto economico con l’altra sponde del mediterraneo.
Altre considerazioni scaturivano dalla popolazione residente nel nostro territorio, non superiore a 63.000 anime, considerando che la popolazione attiva, escludendo gli anziani, i ragazzi e gli stabilmente occupati, non superava le 10.000 forze lavoro:
- quella che il nostro territorio non consente un’agricoltura industriale ma di nicchia per via della parcellizzazione fondiaria e della mancanza di estensioni terriere che possano consentire l’impiego di moderne attrezzature agricole ed anche per la enorme presenza dei muretti a secco;
- quella della impossibilità di reperire in loco materie prime per le attività connesse con la TAC;
- quella dell’impossibilità di istituire alcun tipo di industria e per la lontananza dei porti d’imbarco e per la lodevole scelta dell’Amministrazione provinciale del 1950 dell’idea di vincolare insediamenti fino a 4 Km e mezzo dalla costa per evitare la compromissione per la futura scelta turistica.
Non restava altro che sfruttare le tre residue possibilità di sviluppo: l’agricoltura di nicchia, l’artigianato locale ed il turismo!
I primi due erano costretti a seguire vie di sviluppo individuali e da una probabile cooperazione potevano solo ricavare promozioni d’immagine ed aiuti per il trasporto dei prodotti. Il terzo, invece, dipendeva dalla volontà organizzativa dei nostri Comuni.
Per questo, creai, contro ogni legge esistente all’epoca ed affrontando molte difficoltà anche da parte dei miei stessi amici di partito, il Consorzio dei Comuni del Capo di Leuca ed il GAL, prendendo spunto da alcune norme comunitarie che consentivano il loro finanziamento. Tali organismi, se oculatamente amministrati, avrebbero consentito, proprio in vista della collegialità che oggi il buon Ercolino vorrebbe attribuire in testa all’Amministrazione provinciale, purtroppo soppressa dall’incompetenza politica, di determinare quel necessario organismo di coordinamento tra tutte le realtà pubbliche del Capo di Leuca.
Ritengo che ancora oggi bellezze del nostro territorio, i reperti archeologici nostrani e dei territori limitrofi, i beni culturali, il cristallino mare, la bontà dei prodotti gastronomici (non dico eno perché abbiamo disperso e distrutto vigneti e vitigni atavici ed unici come il bianco di Alessano, l’aleatico di Gagliano, il primitivo dei Fani di Salve ed altri) invidiatici da molti concorrenti.
Per fare questo, però, occorre coordinamento che non c’è e stenta a nascere anche dopo il varo delle Unioni dei Comuni!
Non si riesce, infatti, a far comprendere che occorre un’organizzazione dei Comuni rivieraschi, un piano comune e non dei singoli Comuni degli insediamenti turisticamente produttivi, la creazione di strutture ricettive con il divieto di invasione del territorio con singole casette nelle marine, che non danno occupazione ma cementizzano il territorio, l a creazione dei poli turistici ove si debba obbligare gli operatori di tenere in vita le licenze commerciali per almeno sei mesi l’anno, che occorre varare il piano strutturale del parco Otranto-Santa Maria di Leuca, che da dieci anni circa è sonnolento ed inattivo, e quant’altro, che per brevità non dico.
Faccio solo presente che, durante il mio incarico amministrativo regionale, ho finanziato tante opere strutturali molte delle quali non sono state realizzate, ritardando notevolmente lo sviluppo e l’occupazione giovanile.
Se tutto quello che ho detto sopra fosse attuato anche oggi, non ci sarebbe bisogno di emigrazioni per cercare lavoro soprattutto da parte dei giovani che, se organizzati, avrebbero in loco fonti lavorative alquanto consistenti ed in linea con i tempi futuri che stanno quasi del tutto annullando il posto pubblico, preferendo le iniziative privatistiche.
Ma di questo se ne è parlato a lungo, a cominciare dall’intervento del Vescovo Mincuzzi a Taurisano a quello del Vescovo, Servo di Dio, don Tonino Bello nella Sua “Lampara” che, se i nostri cittadini leggessero con attenzione, ricaverebbero il motivo di tanta ignavia!
di Giuseppe R. Panico
Tempi duri per le nostre speranze e le nostre finanze. Gli onorevoli neo- eletti hanno già maturato un mese di (in)attività e dunque un primo mensile di circa 14000 mila euro (pari a diverse decine di pensioni al minimo) con un governo ancora da fare ma che si prevede, rispetto al passato, di ben diversa cultura politica. Non quella di un De Gasperi come dopo la 2° Guerra Mondiale, ma quella attuale conseguente alla fine di quella ormai chiamata “seconda repubblica”. E se a Roma “così è se vi pare”, a Strasburgo, nel Consiglio d’Europa, i nostri rappresentanti, oltre ad essere fra i più numerosi ed anche loro super pagati, sono anche fra i meno presenti. Alcuni, in cinque anni di “attività”, non si sono espressi nemmeno una volta nel votare i rapporti dei colleghi europei.
E poi, dei nostri malanni e frustrazioni, diamo la colpa all’Europa e non a quello che noi siamo o facciamo. Nella nostra Puglia, le cose non vanno meglio e a un affabulante governatore con uno stipendio invidiato anche dall’allora presidente degli Stati Uniti d’America che prendeva di meno, e al lascito di “big problems” come quello “ecologico” dell’ILVA, dei nostri scandalosi trasporti (FSE e SS 275) e di un parco Otranto- Leuca che ci ha quasi spento le residue speranze per una più diffusa economia turistica su terreni abbandonati dalla agricoltura ed ora preda di erbacce in primavera e incendi boschivi d’estate, ne è subentrato uno che continua ad essere carente di ben tre assessori.
Ci ha fatto pure spendere inutilmente 300 milioni di euro per un inconcludente referendum sulle ricerche petrolifere in alto mare ed ostacola un po’ tanto le decisioni governative (Ilva, Tav, prospezioni petrolifere in mare etc). Sembra che la nostra regione sia da tempo una repubblica indipendente ove l’incarico di governatore serve, più che per il dovere della buona amministrazione regionale, per il potere personale di fare cattiva politica nazionale. Per far stare poi più comodi i consiglieri regionali, prosegue intanto la costruzione, ormai da un decennio, di una nuova grande sede per il Consiglio Regionale. Quisquiglie e garbugli tecnico- finanziari e legali hanno portato il costo, per noi poveri pugliesi, a circa 60 milioni di euro; un milione e duecento per ogni poltrona da consigliere (sono 50).
L’ equivalente a Tricase di una quindicina di appartamenti o di almeno una ventina di abitazioni economico-popolari per le famiglie più povere. Il debito pubblico, già spaventoso, intanto avanza, la disoccupazione pure (dopo la Grecia siamo in Europa i più disoccupati) La Spagna intanto ci supera nettamente anche come “vocazione turistica” e annessi costi, riuscendo ad attrarre pure i nostri pensionati, stanchi per la troppa burocrazia e impoveriti dalle troppe tasse e alti costi del vivere in Italia. Nel Capo perdiamo, più che altrove, i giovani, perdiamo gli anziani come anche i loro soldi e pensioni inviati altrove per aiutare figli e nipoti.
Da troppi anni, stiamo dunque perdendo noi stessi, perché abbiamo perso, o non abbiamo mai avuto, adeguate capacità e lungimiranza nel creare sviluppo e attrarre investimenti privati finanche nel turismo. Bisognerebbe tuttavia ammettere che se PIL e anagrafe sono da tempo in caduta libera, non è solo questione di cattiva politica, ma anche o soprattutto della povera mentalità che continua a generarla. Non solo dei poveri di “sapienza” ma, troppo spesso, anche dei superiori livelli culturali.
La nostra storica arretratezza ha incuriosito finanche tanti studiosi americani che, da tempo, si chiedono il perché del perdurante sottosviluppo di questo nostro Meridione. Dal “familismo amorale” di Edward C. Banfield all’accurato esame della “Tradizione Civica Nelle Regioni Italiane” di Robert Putnam (Harvard University) alla “Storia della Mafia” (sempre più potente ed invasiva nel nostro Salento) di John Dickie (University College of London) che certamente affiancano il pensiero di tanti altri studiosi italiani. Una mentalità che alcuni fanno risalire addirittura al Medio Evo e al feudalesimo di stampo normanno.
Per ricominciare da Tricase o dal Capo, più che mandare in vacanza, per almeno una generazione, i salentini, e farci nuovamente colonizzare o amministrare dai popoli del Nord, sarebbe dunque utile almeno analizzare gli errori e inadempienze del passato e che valore aggiunto hanno portato tante scelte politico-amministrative e tanti finanziamenti statali avulsi da un Piano Regolatore, ancora assente, o da un organico e credibile piano di sviluppo socio-economico.
Esigenze che politica e partiti (o equivalenti) non hanno saputo o voluto affrontare e risolvere se non come “aria fritta” in periodo elettorale. Forse è (da anni) tempo di una ben diverso approccio etico-culturale ed economico non disgiunto, ora nel nostro Capo, da una buona dose di rabbia ed orgoglio. La rabbia per le occasioni perdute o malamente utilizzate e l’orgoglio nel farsi artefici e capaci di un cambiamento per il successo di quelle future. Non possiamo tacere dei nostri mali ormai così evidenti, ma senza la consapevolezza (pur decisamente tardiva) di un cambio di mentalità, continueremo a vivere con il solito gattopardesco pensiero politico del “cambiare tutto per non cambiare nulla”. Grazie anche ai tanti che, avvezzi al sistema ed al proprio colpevole silenzio, inerzia o tornaconto, non hanno nemmeno forza e coraggio per un colpo di tosse.
La mia colonna di Alfredo De Giuseppe
Visto che in questo periodo sull’Amministrazione Chiuri è calato un certo silenzio stampa, collegato ad una sonnolenta opposizione politica, proviamo a fare il punto, tanto per non perdere il filo tricasino. Carlo Chiuri,
eletto a grande maggioranza nel giugno del 2017, per sua stessa ammissione si è trovato alquanto impreparato alle problematiche del Comune e comunque sovrastato ogni giorno dalle emergenze, fossero anche quelle meteo.
Lo ha detto più volte in pubblico e penso che non lo possa smentire. Preso atto della sua difficoltà, il Sindaco, dopo una bella riflessione, decise in solitaria su due questioni alquanto importanti: lasciare tutti funzionari al loro posto e nominare assessori i primi eletti di ogni lista, al di là di eventuali competenze.
La scelta di non modificare o sostituire alcuni funzionari è chiaramente collegata alla soluzione trovata per imbastire una Giunta senza tanti giri di valzer. Alla quale però va affiancata gente esperta, che conosca le questioni, gli iter burocratici e gli interlocutori affidabili: e infatti i funzionari nel frattempo sono aumentati mentre gli assessori rimangono nel loro recinto. Non vorrei richiamare la scuola tedesca per Amministratori e funzionari pubblici, ma è certo che oggi i Comuni, forse ancora più di ieri, necessitano di competenza, conoscenza, studio e fantasia.
La stampa (e anche il web) nel suo complesso non infierisce, decide che bisogna dare una chance al nuovo esecutivo: è formato da giovani, dobbiamo dar loro il tempo di parlare, imparare, verificare. Nel frattempo trascorrono i mesi, fra poco ci avviciniamo ai dieci mesi di consiliatura. E cosa emerge? Che la tenerezza non paga, perché da sempre ogni esecutivo ha bisogno di un continuo controllo da parte di due componenti: l’opposizione politica e la libera stampa.
Infatti in questo lasso di tempo questa amministrazione invece di dotarsi di un buon carico di pazienza, iniziare a parlare con tutti, con umiltà ascoltare chi aveva già fatto delle cose, fare delle scelte consapevoli (e magari innovative) assume un atteggiamento superficiale, a volte condito di protervia e indifferenza. Così succede che la nuova Amministrazione non riesca a dialogare con gli organizzatori di tre eventi culturali di una certa rilevanza: il SIFF, il festival della Letteratura e Alba in Jazz. In tutti i tre i casi il comun denominatore è quello di non essere riusciti neanche ad incontrarsi con i soggetti interessati per pianificare ed organizzare l’evento.
Neanche un SMS o una Mail. Ma è possibile? Che segnale è? Si possono buttare alle ortiche operazioni interessanti e già valorizzate senza avere valide alternative da proporre? Non sarebbe stato compito di un buon amministratore fare riunioni, incontri, proposte pur di non perdere tali manifestazioni? Oppure si voleva l’opposto?
Certo è che quest’atteggiamento non lascia presagire nulla di buono, perché mi è parso di intuire che si voglia applicare una sorta di contribuzione a pioggia indifferenziata, senza quindi avere nessuna idea portante sulla quale puntare per la valorizzazione turistico/culturale (che ricordo non deve ridursi ai due mesi estivi).
Lo stesso atteggiamento pare incontrarsi nello svolgimento di altri importanti questioni, come lo studio e lo sviluppo del PUG, il riassetto della Pianta Organica dei dipendenti, il riordino e la gestione del patrimonio immobiliare.
Tutto questo mentre la maggioranza politica è sfilacciata, con alcuni paradossi che si porta dietro dall’inizio, ma non ancora spelacchiata. La minoranza è formata da un PD che non sa che pesci prendere, da due di Liberi e Uguali che pare si son trovati per caso in un sinistro incubo senza fine, da due portatori sani della vecchia Amministrazione e da un M5S che in attesa del nuovo governo ha scelto di non parlare (come quasi tutti in Italia).
In definitiva riassumo, per chi voglia sapere cosa succede in città: il Sindaco sta lavorando a nuovi finanziamenti, gli Assessori aspettano ordini, non è ancora chiara l’idea futuribile di città, la muraglia pietrosa della FSE sarà probabilmente rimossa prima che crolli, la cultura è abbandonata alle iniziative delle varie associazioni, il Piano regolatore può aspettare ancora, il Piano Coste è inapplicabile (nella pratica), gli ecomostri son tutti al loro posto, l’Acait invece si è collassata da sola, il bilancio è in ritardo, il 25 aprile non è più una festa da ricordare, anche qui i berlusconiani son diventati leghisti, senza il Governo centrale si respira un’aria di pacificazione, quasi di rassegnazione.
Tricase- Sabato, 28 aprile 2018 - Ore 17.30 – Palazzo Gallone – Sala del Trono
Le coppie in comune, la regolamentazione delle unioni civili e la disciplina delle convivenze.
E’ Tricase il primo Comune che si attiva a far conoscere dettagliatamente questa normativa
Sarà l’interessante tema delle unioni civili, sui diritti, doveri e responsabilità, con particolare evidenza sugli aspetti civilisti con le conseguenti ricadute economiche e patrimoniali, che la nuova Legge riconosce alle nuove coppie, ora non più solo etero, una volta riconosciute civilmente.
La L. n. 76/2016, detta anche Legge Cirinnà dal nome della senatrice Monica Cirinnà, che l'ha proposta, costituisce una svolta epocale in tema di nuovi modelli familiari, in quanto ha istituito l'unione civile tra persone dello stesso sesso, così ponendo in essere un vero e proprio istituto di diritto, ed ha regolamentato la disciplina delle coppie di fatto tra lo stesso sesso e di sesso diverso.
Oggi, pertanto, accanto al modello familiare del matrimonio, abbiamo la regolamentazione di questi due nuovi modelli, ognuno con propri profili normativi.
L'unione civile comporta la dichiarazione di fronte all'ufficiale dello stato civile del Comune di residenza.
Le coppie di fatto possono rendere la dichiarazione anagrafica per accedere ai diritti riconosciuti e, in particolar modo, per stipulare i contratti di convivenza.
Il Comune di Tricase ha voluto questo convegno pubblico, che si terrà a Palazzo Gallone, Sala del Trono, il prossimo sabato 28.4.2018, h. 17.30, al fine di informare i cittadini di questa possibilità e disciplina normativa e di fare il punto sull'attuale situazione sulle iscrizioni.
Interverrà a relazionare il Sindaco, avv. Carlo Chiuri, la Presidente dell'Ordine degli Avvocati di Lecce,
avv. Roberta Altavilla e l'avv. Rossana Guida da Tricase, avvocato del Foro di Lecce.
Interverranno anche l'ass. Sonia Sabato, assessore alle politiche sociali, lavori pubblici e pari opportunità,
e la dr. Alessandra Ferrari, presidente della commissione Pari Opportunità.