Tricase,13 maggio 2020
Si fa un gran parlare della liquidità veloce e garantita al 100% …
Il decreto liquidità per sostenere le imprese colpite dall’emergenza Coronavirus prevede un prestito fino a 25mila euro garantito dallo Stato al 100%.
Abbiamo contattato un consulente finanziario di una banca di Tricase:
Quali sono i requisiti per avere 25mila euro?
“Questo è il tetto massimo per quanto riguarda i prestiti garantiti interamente dallo Stato,cioè nessuno può ottenere più di quella cifra.
In ogni caso il finanziamento non potrà superare il 25% dei ricavi dichiarati nell’anno precedente.
Per esempio: se l’anno scorso ho guadagnato 10mila euro posso ottenere al massimo 2.500 euro.
Se i miei ricavi ammontavano a 100mila euro, allora potrò ottenere 25mila euro.
Ma anche se avessi incassato un milione,non verranno erogati in ogni caso più 25mila euro”.
Perciò attenzione: se l’attività per cui si chiede il prestito ha un volume d’affari molto piccolo, la cifra concessa si riduce di conseguenza
Il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, sulla base delle informazioni del direttore del dipartimento Promozione della Salute Vito Montanaro, informa che oggi martedì 12 maggio 2020 in Puglia, sono stati registrati 1.755 test per l'infezione da Covid-19 coronavirus e sono risultati positivi 10 casi, così suddivisi:
7 nella Provincia di Bari;
0 nella Provincia Bat;
1 nella Provincia di Brindisi;
1 nella Provincia di Foggia;
0 nella Provincia di Lecce;
1 nella Provincia di Taranto.
Sono stati registrati 5 decessi: 2 in provincia di Brindisi, 2 in provincia di Bat, 1 in provincia di Foggia.
Dall'inizio dell'emergenza sono stati effettuati 81.497 test.
Sono 1.460 i pazienti guariti.
2.421 sono i casi attualmente positivi.
Il totale dei casi positivi Covid in Puglia è di 4.337 così divisi:
1.427 nella Provincia di Bari;
381 nella Provincia di Bat;
606 nella Provincia di Brindisi;
1.117 nella Provincia di Foggia;
505 nella Provincia di Lecce;
272 nella Provincia di Taranto;
28 attribuiti a residenti fuori regione;
1 per il quale è in corso l'attribuzione della relativa provincia.
I Dipartimenti di prevenzione delle Asl hanno attivato tutte le procedure per l'acquisizione delle notizie anamnestiche ed epidemiologiche, finalizzate a rintracciare i contatti stretti.
di Alfredo De Giuseppe
Qualche giorno fa vedevo il film “i magliari” del grande Francesco Rosi, girato nel 1959 in Germania, una sceneggiatura basata sulla vita e il lavoro dei nostri immigrati all’estero. Tralascio il facile commento sulle truffe e sull’endemica esportazione dei metodi mafiosi fuori dai confini nazionali, per analizzare invece il cambio antropologico che ha subito l’uomo nell’arco di pochi decenni.
Intorno al 1960 i giovani italiani andavano all’estero per avere uno stipendio migliore, un lavoro più strutturato e dignitoso. I ragazzi che rimanevano al sud cominciavano a studiare, anche se erano figli di contadini, si aprivano i licei anche in provincia, trovavano un lavoro già subito dopo il diploma, si sposavano ben prima dei trent’anni.
Le rimesse dall’estero facevano da volano al boom edilizio: si assicurava la casa alle nuove famiglie che andavano formandosi con le moderne modalità consumistiche. I giovani iniziarono a fare sport, ad ascoltare liberamente musica, a formare gruppi teatrali e musicali, a viaggiare per vedere il mondo.
C’erano delle sacche di povertà e ignoranza, ma in compenso la TV faceva da cassa di compensazione,cercando il più possibile di nazionalizzare una serie di municipalità che stentavano a parlare la stessa lingua.
Gli operai salivano sulle impalcature senza alcuna protezione, le donne avevano ancora dei divieti assoluti (ad esempio non potevano accedere alla Magistratura o praticare tutti gli sport degli uomini), i braccianti agricoli erano ancora lì con la zappa e la vanga, ma avevano la certezza che i loro figli avrebbero avuto una vita migliore. Si intravedeva, insomma, la luce dopo la miseria: c’era in circolo una parola magica, la speranza.
Poi vennero finalmente tempi migliori, non si andò più a fare i minatori in Belgio, né i magliari ad Amburgo,le donne ottennero la parità, arrivarono il diritto di famiglia, lo statuto dei lavoratori e le regole per la sicurezza sul lavoro.
Gli stipendi furono equiparati per legge fra uomo e donna, fra nord e sud, fra italiani e stranieri, la scuola divenne obbligatoria fino alla terza media e i ragazzi non potevano più essere sfruttati.Quello sembrava il momento delle conquiste sociali, quello doveva essere il momento d’inizio.
Con gli anni ottanta, le conquiste sociali e individuali vennero date ormai per scontate e la religione del liberismo, come unico strumento di governo, divenne la materia fondante di ogni riforma. Quello che doveva diventare sempre più consolidato, cominciò a sfaldarsi: la finanza stava diventando più importante della produzione, speculare sul denaro era più importante che salvaguardare le nuove povertà.
Col passare degli anni la vita è diventata più difficile: l’inserimento al lavoro delle nuove generazioni sempre più legato a variabili esterne alle loro capacità e formazione. Si è consolidata la logica di un lavoro instabile,senza alcuna certezza, non per colpa di famelici imprenditori pre-industriali, ma perché il mondo globalizzato ha cominciato a girare così.
Le conquiste sociali sono rimaste appiccicate ai lavoratori stabili dei decenni precedenti: i sindacati, ma anche i governi, si sono concentrati sulla difesa di quei diritti acquisiti,non c’era spazio per comprendere quanto stesse cambiando il mondo.
Ci siamo ritrovati con ragazzi laureati che sopravvivono consegnando pizze, con i commessi assunti attraverso le società interinali per una settimana, a volte anche per due giorni, con le Partita Iva come escamotage per eliminare ogni pur minimo diritto.
Questa situazione ha generato insicurezza, direi anche infelicità, distacco da ogni legame affettivo, chiusura dentro un mondo virtuale. Tutta una serie di nuovi comportamenti collettivi intercettati dalle posizioni più retrive, nazionaliste e xenofobe, inserite dentro un quadro economico globale sempre più instabile.
Prima scappavi dalla povertà scegliendo una nazione emergente, dove c’era bisogno di ingegno e manodopera, vedi le Americhe e l’Australia, tutte le grandi metropoli dell’Occidente, dove anche facendo il cameriere potevi portare a casa dei risparmi.
Oggi rischi di migrare in un qualsiasi posto del mondo per vivere in un tugurio di periferia, senza alcuna possibilità di emergere, forse puoi raccogliere pomodori o distribuire volantini porta a porta, dentro un sistema inquinante e autodistruttivo.
Nel frattempo una élite di persone, giovani e vecchi, comunque una nicchia di emergenti, ha dettato i nuovi modelli, ha guadagnato quanto mai nessuno prima, ha illuso masse di giovani sulla possibilità di salire in alto, non più con un ascensore che ti porta ai piani superiori, ma con un jet che decolla in pochi secondi verso cieli stratosferici.
Sportivi, cantanti, artisti, blogger, influencer, inventori di app e di giochini, tutti miliardari con pochi click, almeno apparentemente.Ecco che una serie di atteggiamenti standardizzati, insieme a una scarsa propensione alla condivisione collettiva, ha portato popoli interi verso un’unica destinazione: la perdita della speranza.
La differenza sostanziale fra gli anni del secondo dopoguerra e oggi è solo una: lì c’era la speranza di costruire un mondo migliore, qui c’è la rassegnazione di una sopravvivenza senza possibilità di riscatto. O meglio si lascia intravedere un sogno a tutti, puoi vincere cifre milionarie con un botto solo, puoi diventare all’improvviso un fenomeno mediatico con miliardi di visualizzazioni, puoi diventare un riccone con aerei privati e case in ogni continente.
Però intanto tu sei nella massa di chi non riesce a pagare l’affitto, non trova un modo stabile per vivere, neanche per sedersi a leggere un libro, neanche per trovare un compagno con cui condividere la disperazione. L’evoluzione è una brutta bestia: non sai mai cosa trovi alla prossima fermata.
Martedi,12 maggio 2020
Da lunedi 18 maggio riaprono anche in Puglia bar e ristoranti
L'apertura riguarderà anche parrucchieri e centri estetici che andranno ad affiancarsi a negozi di abbigliamento e di altri generi di merce ancora chiusi.
Restano ferme palestre, piscine, discoteche, sale teatrali e cinematografiche
Dal 18 maggio in Puglia riapriranno anche bar e ristoranti: è quanto emerso dall'incontro in videoconferenza tra il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, i ministri degli Affari Regionali e della Salute, Francesco Boccia e Roberto Speranza, e i presidenti di Regioni e province autonome per definire il secondo passo in avanti della Fase 2 dell'epidemia covid-19.
L'apertura riguarderà anche parrucchieri e centri estetici che andranno ad affiancarsi a negozi di abbigliamento e di altri generi di merce ancora chiusi.
Nei prossimi giorni saranno completate le linee guida dell'Inail per le norme da seguire da parte dei negozianti, ovvero distanziamento, sanificazioni, mascherine e altri dispositivi di protezione per prevenire i contagi.
Il governo ha dato una 'cornice' nazionale per le riaperture ma i governatori potranno anche integrare eventuali aspetti in particolare.
Restano chiusi, per ora, teatri, cinema, piscine, palestre e locali da ballo.
Entro venerdì saranno fornite le linee guida sulla base anche delle rilevazioni dell'Inail. Aperture e chiusure potranno avvenire su base regionale e il governo avrà la possibilità di intervenire nel caso la curva dei contagi risalga oltre i limiti
Il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, sulla base delle informazioni del direttore del dipartimento Promozione della Salute Vito Montanaro, informa che oggi lunedì 11 maggio 2020 in Puglia, sono stati registrati 1.338 test per l'infezione da Covid-19 coronavirus e sono risultati positivi 14 casi, così suddivisi:
7 nella Provincia di Bari;
0 nella Provincia Bat;
0 nella Provincia di Brindisi;
5 nella Provincia di Foggia;
1 nella Provincia di Lecce;
1 nella Provincia di Taranto.
Sono stati registrati 3 decessi: 1 in provincia di Bat, 1 in provincia di Lecce, 1 in provincia di Foggia.
Dall'inizio dell'emergenza sono stati effettuati 79.737 test.
Sono 1.332 i pazienti guariti.
2.544 sono i casi attualmente positivi.
Il totale dei casi positivi Covid in Puglia è di 4.327 così divisi:
1.420 nella Provincia di Bari;
381 nella Provincia di Bat;
605 nella Provincia di Brindisi;
1.116 nella Provincia di Foggia;
505 nella Provincia di Lecce;
271 nella Provincia di Taranto;
28 attribuiti a residenti fuori regione;
1 per i quali è in corso l'attribuzione della relativa provincia.
I Dipartimenti di prevenzione delle Asl hanno attivato tutte le procedure per l'acquisizione delle notizie anamnestiche ed epidemiologiche, finalizzate a rintracciare i contatti stretti.