La mia colonna di Alfredo De Giuseppe

Dei cinque castelli di Tricase, quello più sgarrupato è certamente quello di Lucugnano. Eppure ha una sua bellezza, una sua linearità, in stile rinascimentale. È in una bella posizione, riservata ma centrale, di fronte alla chiesa e con la campagna aperta alle spalle. (Come tutti i nostri paesi senza un’organica pianificazione urbanistica, l’edilizia degli ultimi 70 anni non si è sviluppata concentricamente intorno al proprio centro storico, ma seguendo l’asse viario più importante, la statale 275 che lo attraversa).

Si tramanda che il castello, meglio definito come Palazzo baronale dei Capece-Alfarano, fu costruito nel XVI secolo dalla famiglia Castriota Scanderbeg, probabilmente come ampliamento del torrione di difesa quadrato, risalente all’età normanna. Da allora rifacimenti e aggiunte, con relative brutture, tubi, infissi, e una continua divisione fra diversi proprietari delle ventidue stanze che compongono l’intero complesso.

Finestre chiuse in fretta e furia con tufi improvvisati, incuria e abbandono per lunghi decenni. Per fortuna all’interno si sono salvati alcuni particolari di straordinaria arte locale come il grande mosaico raffigurante una torre merlata e alcune chiavi di volta scolpite in rilievo.

Come spesso succede, le informazioni sui nostri monumenti si fermano al momento in cui finisce l’epoca delle grandi famiglie nobiliari e feudatarie. Eppure non meno interessante appare la storia più recente: vediamo di ricapitolare brevemente. Verso la fine del 1700 all’avv. Federico Cortese di Napoli, forse come pagamento di una causa vinta, fu ceduto il baronaggio di Lucugnano, comprensivo del castello.

A metà del 1800 furono abbattute le due torri laterali del castello: il materiale fu utilizzato per costruire l’adiacente Palazzo Comi. Sistema spesso utilizzato a quei tempi. Si preferiva abbattere qualcosa che si riteneva ormai vecchio e inutilizzato piuttosto che trasportare mattoni e pietre da lontano (molte chiese cattoliche sono state edificate con il materiale dei templi romani).

Nel 1855, Lucugnano divenne frazione di Specchia, per poi tornare sotto l’egida del Comune di Tricase nel 1874. Mentre in quei 20 anni si andava formando l’Italia, a Lucugnano il nipote dell’avvocato napoletano, sempre chiamato Federico, si sposava con Gaetana Morrone e metteva al mondo Alessandro Cortese che si sarebbe poi sposato con Giuseppa Colosso di Lecce (figlia del barone Colosso di Arigliano).

Dai vari incroci dell’albero genealogico si arriva alla metà degli anni ’50 del novecento con Vittorio Girasoli che sposa Maria Cortese, abitando per alcuni anni nelle stanze del castello. Dagli anni ’70 in poi fu abitato occasionalmente per pochi giorni l’anno, specialmente nella parte destra, resa un po’ confortevole da una discutibile ristrutturazione interna.

La parte sinistra e centrale del Palazzo è attualmente di proprietà della famiglia Frascaro di Lecce, ricevuta in eredità, sempre in asse genealogico con il primo Federico Cortese, mentre quella a destra è degli eredi Pispero, originari di Lucugnano ma residenti anche loro a Lecce (il piano superiore non è in sostanza utilizzato da nessuno e in alcune parti denota i guasti del tempo).

Nel 2008 Girolamo Cazzato, un ragazzo di Lucugnano, prese in locazione la parte centrale del piano terra, presumibilmente dove erano le vecchie stalle, la ristrutturò e vi aprì un ristorante chiamato “il castello di Momo”. Nel 2015 l’attività è stata ceduta a Giuseppe Galati di Surano, che in questi anni ha anche ripulito e utilizzato il giardino, specialmente in estate (con un ottimo menù di pesce per differenziarsi dall’eterna Iolanda).

Ci sono dei motti intarsiati nella pietra, ancora leggibili. Uno apposto su una finestra recita: Omnium rerum est vicissitudo, cioè: “Di tutte le cose avviene il cambiamento”. Sembra il motto perfetto per il nostro castello: ha subito tantissimi cambiamenti, quasi tutti in peggio. Potrebbe succedere, non foss’altro per calcolo delle probabilità, che si possa immaginare un vero cambiamento, direi un miglioramento complessivo.

L’assenza di un luogo aggregante si nota anche a Lucugnano, dove i bar chiudono, i giovani sono altrove e i vecchi sono davanti alla Tv. Forse, il castello, riportato in qualche modo al centro della vita di comunità, potrebbe essere il simbolo dell’unione e della rinascita.

Solo se qualcuno lo volesse, nei casi di manifesto buon senso.

Le truffe, sono un pericolo sempre attuale. E’ fondamentale prevenire.

La Compagnia Carabinieri di Tricase, in collaborazione con l’associazione nazionale dei carabinieri di Tricase e con il patrocinio del Comune di Tricase, invita tutti i cittadini a partecipare all’incontro che si terrà mercoledì 10 aprile alle ore 18 a Palazzo Gallone.

L’iniziativa vuole informare e sensibilizzare la cittadinanza sul fenomeno delle truffe che molto spesso vedono come vittime le fasce di popolazione più “vulnerabili” come anziani o persone fragili.

L’incontro è molto importante perché con l'avanzamento dello sviluppo tecnologico, anche le nostre esigenze quotidiane sono sempre più orientate verso l'utilizzo della tecnologia, in particolar modo con gli acquisti online. Inutile quindi sottolineare che anche i truffatori hanno affinato le loro tecniche criminose per far cadere i poveri malcapitati nelle loro mani.

Anche per questo motivo,il capitano della Compagnia Carabinieri di Tricase,Alessandro Riglietti con la presenza di altri sottoufficiali dell’Arma, metteranno in evidenza i comportamenti più adeguati, le strategie e le precauzioni da mettere in atto per scoraggiare possibili malintenzionati.

Si sa,le truffe sono tante e in continuo aumento,

qui di seguito elenchiamo quelle più “ operative ”:

Promesse esagerate,come“il lavoro perfetto a portata di un click…”;

Servizi di recupero crediti;

Lavoro da casa;

Hai bisogno di un prestito..?

Prezzi notevolmente ribassati con merce venduta anche al 50% di sconto. Risultato: la merce potrà anche arrivarvi, ma sarà solo una mera imitazione…

Tutte truffe, che ognuno di noi potrebbe essere coinvolto.

Dunque,meglio prevenire che denunciare

 

 

di Pino Greco

Il “nuovo” cimitero senza più loculi.

Il “vecchio” camposanto  in stato di “degrado”.

La questione segnalata da tanti cittadini è molto dolorosa.

Perché  proprio in questi giorni, nel “nuovo” cimitero, dopo lunghi 30 anni dalla data di sepoltura

(le prime salme risalgono al 1987), la salma di un defunto viene riesumata e sottoposta a controllo; se il corpo rinvenuto è ancora integro

(per considerarlo non integro devono rimanere solo le ossa), i familiari possono scegliere di far interrare, o porre di nuovo nella stessa tomba i resti mortali(pagando una quota aggiuntiva per altri anni).

La questione è particolarmente sensibile per tutti i familiari che segnalano da tempo le grosse difficoltà nei due luoghi di pace e riposo.

Difficoltà conosciute da quasi tutti, ma, ad oggi poco e nulla si è mosso, fatta eccezione delle povere salme “dislocate” dalle Confraternite,senza dimenticare la vergognosa condizione del vecchio cimitero di Tricase che costituisce un rischio per l’incolumità di tutti, oltre ad una mancanza di rispetto per le salme e le famiglie dei defunti

di Gerardo Ricchiuto

Se n’è andato in punta di piedi dalla scena terrena all’età di 91 anni il dott. Franco Leo, Primario Emerito di Medicina dell’Ospedale “Card. G. Panico” di Tricase.

Il dott. Franco Leo

Faceva parte di quel nucleo originario di medici che la Madre Generale delle Suore Marcelline di Milano, Suor Elisa Zanchi, convocò presso l’Hotel Exelcior di Napoli per avviare l’attività ospedaliera. Di quel gruppo il dott. Leo, fu colui che sin da subito cominciò ad interessarsi anche di problematiche organizzativo-lavorative dei medici che iniziarono a lavorare, come egli ebbe a scrivere, “in una semplice casa di cura privata”. In breve si arrivò poi al decreto del Medico Provinciale del 6 novembre 1968, cui fece seguito il decreto del ministero della Sanità del 16 dicembre 1969 con il quale “i servizi e ititoli acquisiti dal personale dell’Ospedale Cardinale Panico di Tricase sono equiparati ai servizi ed ai titoli acquisiti dal personale in servizio presso Ospedali di Zona, amministrati da Enti ospedalieri pubblici”.

A tal proposito egli, per meglio affrontare tali problematiche lontane dalla formazione medica, ritenne opportuno aderire al sindacato medico CIMO e pruomuoverne la diffusione all’interno della neonata struttura ospedaliera ed in provincia,.poichè lo riteneva l’unico sindacato di categoria non legato al carrro dei partiti. In tale ruolo, con lungimiranza ed imtelligenza, in questa nostra sonnolenta periferia sociale e sanitaria, il dott. Leo riuscì a rappresentare e a mediare, tra le esigenze dell’Ente e dei medici, le peculiari istanze che la nascente ospedalità classificata, cui appartiene l’Ospedale di Tricase, andava via, via ponendo. Gli interlocutori privilegiati furono le figure fondanti dell’ Ospedale, a Milano Madre Elisa Zanchi ed il suo consulente legale Avv. Luigi Costanza ed a Tricase la Madre Superiora, Suor Dina della Morte e la Direttrice Amministrativa, Suor Giulietta Mandelli. Sul piano squisitamente professionanle, intanto, egli,da stimato cardiologo, formatosi alla scuola del Prof. Camilli di Firenze il quale fu il padre dei pace-maker in Italia, con slancio operativo si mise al lavoro seguendo essenzialmente due direttrici: la formazione e l’aggiornamento dei suoi collaboratori e l’ammodernamento dell’organizzazione dei reparti di Medina Uomini e Donne che era chiamato a dirigere.Consapevole della incombenza sempre più stringente di tempi nuovi anche in sanità, per certi versi prefigurandoli, sempre più spingeva e spronava i suoi collaboratori ad aggiornarsi e specializzarsi..Favorì sin da subito i rapporti e le convenzion con le università, con le scuole di specializzazione, anticipando di anni quell’ospedale di formazione di cui tanti ancora oggi parlano, compreso l’attuale Ministro della Salute, come la modalità più adeguata per la formazione del medico da concretizzarsi sul campo, negli ospedali, e non esclusivamente nelle cliniche universitarie.

Quegli stimoli e quei percorsi cominciarono già nei primi anni a produrre i frutti; si passò da una medicina basata essenzialmente sulla semeiotica e sugli esami di laboratorio di base, ad una medicina che intensificava l’utilizzo delle indagini strumentali anche invasive per la diagnostica e la terapia come l’endoscopia digestiva, l’endoscopia broncoscopica e toracica, il trattamento dialitico, la diagnostica doppler ed ecografica. Si formò così un gruppo di lavoro, specializzato nelle diverse branche internistiche, al quale egli assicurò piena autonomia operativa, organizzato su base “dipartimentale”, allo scopo di erogare un’assistenza specialistica più qualificata in termini specialistici, ma nello stesso tempo unificata da una visione globale e coordinata del paziente.

Così ai due iniziali reparti di Medicina (Uomini e Donne) si aggiunsero dapprima la Sezione di Cardiologia e la Sezione di Pneumologia, successivamente il Servizio di Emodialisi cui è stata affiancata una Sezione di Nefrologia, il Servizio di Endoscopia Digestiva, l’Unità di Terapia Intensiva Cardiologica (UTIC), il Day- Hospital Oncologico ed il Servizio di Neurologia..

Completò l’opera di crescita ed ammodernamento dell’assistenza ospedaliera favorendo l’istituzione del Centro di Rianimazione, il secondo ad essere attivato in provincia, dopo quello dell’Ospedale “V. Fazzi” di Lecce. Ne diede il battesimo, per così dire scientifico, organizzando, insieme al dott. Silvio Colonna ed al dott. Pasquale Barone, a Lecce un importannte convegno scientifico nazionale sulla insufficienza respiratoria che vide la partecipazione come relatori delle personalità nazionali ed internazionali più autorevoli sull’argomento. Il suo impegno nel campo formativo scientifico era una fucina di eventi, dagli incontri rivolti ai medici di medicina generale, a quelli rivolti agli specialisti delle più diverse specialità internistiche, il suo dinamismo organizzativo anche in questo settore non aveva pari in tutta la provincia, sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo.

Arrivò inoltre ad essere eletto Presidente dell’Ordine dei Medici, ruolo che ricoprì con fermezza e decisione finchè lo ritenne compatibile con il suo modo di intendere il ruolo del medico e della professione. Chi come il sottoscritto ha avuto modo di conoscerlo da vicino, lo ricorda con affetto e riconoscenza per la sua schiettezza, immediatezza e generosità con gli ammalati e con i colaboratori.

“Aci sciamu ‘rreta comu lu zzucaru”.

Tutti, chi più chi meno, ce lo siamo sentito dire almeno una volta nella vita ma, chi è o, forse meglio dire, chi era “lu zzucaru” e, perché andasse all’indietro, a molti sfugge.

Lu zzucaru altro non era che il cordaio, il costruttore di corde, figura oramai quasi completamente scomparsa, o presente solo nelle rievocazioni storiche e in qualche sporadico evento culturale.

Eppure, la sua professione e la sua arte di ritorcere le fibre per ottenere corde e fili era ed è tutt’ora fondamentale nella nostra vita. Sono ritorti i fili usati per cucire, ricamare, ormeggiare imbarcazioni, anche dare qualche punto di sutura a qualche povero sfortunato.  

“Appuntamento con … il cordaio e l’arte della torcitura” è il primo di una serie di incontri di conoscenza e di esperienza pratica con le arti e i mestieri delle genti di mare e di terra, messo a punto dall’Associazione Magna Grecia Mare e dalla Scuola Municipale di Antica Marineria del Porto Museo di Tricase, per far scoprire e toccare con mano una delle “invenzioni” più importanti nella vita dell’uomo e nel suo processo di civilizzazione.

È un’anteprima delle attività che, attraverso la Città di Tricase, il CIHEAM Bari ed i loro partner, vedranno protagonista il Porto Museo, impegnato nel progetto MUSE (co-finanziato dal programma di cooperazione territoriale Interreg V-A Greece-Italy) con l’obiettivo di valorizzare e far crescere il “modello Porto Museo”, anche grazie all’ambiziosa creazione di una scuola internazionale delle arti e dei mestieri legati alle comunità costiere (mare e terra), con annessa piccola residenza.

Cordatrici a leva e a ruota, auto prodotte, saranno sulla banchina, a disposizione di quanti vorranno cimentarsi nell’antica arte della torcitura ma, soprattutto, di quanti vorranno finalmente capire perché lu zuccaru andava all’indietro.

L’evento sarà animato, oltre che dagli istruttori della Scuola Municipale di Antica Marineria, anche da Andrea Maggiori, conosciuto come “L’uomo dei nodi” ed uno dei più grandi attrezzisti navali in Italia.

Ligure, del Porto di Chiavari e annodatore di fama internazionale da oltre 40 anni, Andrea è uno dei pochi italiani a far parte dell’IGKT - International Guild of Knot Tyers ed ha pubblicato nel 2017, insieme alla tricasina Monica Martella, il libro intitolato “Nodi, intrichi comprensibili” (Marcovalerio Edizioni).

 

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