Martedi, 7 luglio 2020

MERAVIGLIE DELLA VOLONTÀ

Dior porta l'alta moda in piazza Duomo a Lecce. L'evento più atteso dell'estate:Dior sfilerà in Piazza Duomo il 22 luglio per un pubblico ristretto e selezionatissimo, come impongono le norme per contenere il contagio da coronavirus.

Maria Grazia Chiuri: “Immersi nell'arte, guardiamoci con occhi nuovi.Dior a Lecce, un evento straordinario”

Fonte: NUOVO QUOTIDIANO DI PUGLIA

di Rosario TORNESELLO

La triangolazione Roma-Parigi-Lecce fa miracoli. Non c’è centro né periferia quando a viaggiare sono le idee. Arte e creatività sono tessuti connettivi capaci di accorciare il tempo, eliminando le distanze. L’agire comunicativo, se finalizzato all’intesa, dimostra come molte cose sono fattibili, e lo sarebbero sempre se il motore primo, non l’unico, fosse l’amore, la passione. Così l’impensabile divenuto possibile diventa realtà quando tutto - e per lo stramaledetto virus in principal modo - sembrava ormai improbabile o, nel migliore dei casi, procrastinabile. Il prossimo 22 luglio Lecce - e quindi il Salento, la Puglia e l’Italia - splenderà di luce nuova con la prima sfilata Dior al di qua delle Alpi. La prima, qui. Meraviglie della volontà. Lungo la stessa linea di comunicazione, con identica ostinazione, muove questo dialogo con la direttrice artistica delle collezioni donna della Maison francese, natali a Roma e origini a Tricase. La bellezza ridotta a parole è nella semplicità, nella spontaneità. Una sorpresa.
Maria Grazia Chiuri, come sta?
«Molto bene. Ce l’abbiamo fatta: finalmente riusciamo a sentirci...».
Se lo dice lei...
«L’agenda degli impegni è materia complessa, non so come definirla: fare prima era umanamente impossibile».
Lei è anche un modello di tenacia. È stato sufficiente seguirla.
«Io non mollo mai, vero. Uno ci deve provare sempre. Arrendersi è troppo facile. Anche se a volte è complicato, bisogna mettersi lì con la santa pazienza».
Basta?
«No, occorre anche molta passione, un aspetto fondamentale: ti dà energia. La mia grande fortuna è svolgere un lavoro che mi prende. Al di là del valore creativo, ha anche un risvolto comunitario: influenza tantissime persone, è quanto meno doveroso farlo seriamente».
L’evento di Lecce è un’esplosione di luce dopo mesi bui.
«Questa pandemia ha lasciato tutti sgomenti. Nessuno era preparato. Lo puoi vedere nei film, ma non pensi possa davvero accadere. Ti ritrovi incredulo, smarrito. Poi in qualche modo uno deve reagire e capire cosa si può fare».
Operazione non proprio semplice.
«C’è il rischio di chiudersi in sé stessi. Ma bisogna trovare la forza per capire cosa fare, anche con il poco che si ha. È il più grande insegnamento: provarci sempre».
Come?
«Con spirito di adattamento ed elasticità mentale. Anche ponendo in discussione processi consolidati: ti metti e cambi. Sono nella moda da sempre, ho iniziato a 22 anni e mi sono ritrovata catapultata alle mie origini, quasi col fai da te. Ho trascorso a Roma - città dove vivo - il periodo di quarantena, senza avere a casa grandi strumenti a disposizione. Così ricominci con carta, penna, colla. Il lato artigianale mi piace molto».
Ha percepito il terremoto in arrivo?
«Abbiamo un grande staff in Cina: non sono potuti venire a Parigi per l’alta moda, in gennaio. Era evidente la gravità della situazione, ma non pensavamo che l’emergenza avrebbe investito di lì a poco l’Europa. In Francia la mia équipe, giovane e molto attenta, ha attuato subito con rigore tutte le misure di precauzione. Poi, poco prima del lockdown, sono rientrata a Roma».
Qui in Salento cominciava a vacillare la certezza di ospitare la sfilata.
«Il progetto Cruise Dior a Lecce non è stato mai in discussione. Quando si è riaperta la possibilità di realizzarlo, non eravamo impreparati: in questo, far parte di Dior aiuta. L’amministratore delegato Pietro Beccari mi ha affiancata, un appoggio fondamentale: “Dai, proviamoci”. Incrociamo le dita».
Scaramantica?
«Un po’. Diciamo prudente».
Dopo Marrakech, Lecce. Lei ha origini salentine: quanto hanno inciso nella scelta della location?
«La Cruise è una collezione importante, perché rimane più a lungo in negozio. È itinerante, ogni anno si decide dove farla coinvolgendo il territorio prescelto. Io sono con Dior dal 2016 e per quest’anno ho proposto Lecce. Mi hanno guardata perplessi: le preferenze di solito vanno a luoghi facilmente raggiungibili. Ma io ci tenevo tantissimo a lavorare in Puglia e col territorio di origine di mio padre, nato a Tricase: era un militare, è morto giovane».
Quanto ci sarà del Salento, oltre allo scenario barocco di piazza Duomo?
«Ho voluto coinvolgere persone del territorio o legate a esso. Per il set up ho chiamato Marinella Senatore, straordinaria nelle iniziative di inclusione: lei è di Salerno, ma ha lavorato diverse volte con l’azienda di luminarie Parisi, chiamata per le scenografie dello show. È un’artista femminista».
We should all be feminists, dovremmo essere tutti femministi, è un po’ il manifesto del suo pensiero, ben evidente nelle sfilate.
«Io credo molto nella possibilità di sostenere le espressioni e le manifestazioni creative delle donne, in secondo piano rispetto a quelle maschili. Ma il progetto di Lecce va oltre la sfilata: è l’idea di interloquire con la città e i suoi abitanti, con tutto quel che si muove intorno».
Chi altro verrà coinvolto?
«Sempre nel solco di essere a supporto dei lavori femminili, ho incontrato la Fondazione Le Costantine. Oltre a perpetuare la tradizione del telaio, aiutano le donne a raggiungere l’indipendenza economica. Il loro motto è “cantando e amando”. Sono andata a conoscerle, a Casamassella: manualità incredibile, atmosfera magica, tessuti favolosi, interpretati diversamente per Dior. E infine, siccome sono cresciuta in quei posti e mi ricordo dei lavori di mia nonna e delle zie quando si riunivano al fresco della sera, sull’uscio di case aperte, ho incontrato Maria Starace per i lavori al tombolo».
L’artigianato sposo dell’alta moda.
«Questo tipo di sapere va tramandato. È speciale, unico. Gli italiani molto spesso danno per scontate le tradizioni, vere e proprie opere d’arte. La collaborazione con Dior offre questa opportunità: guardarsi con occhi diversi. Può suscitare un sentimento nuovo, portando anche i giovani a interessarsi a queste forme espressive e culturali. Gli spunti sono notevoli: Pietro Ruffo per reinterpretare i fiori e la natura pugliese, così arida; Agostino Branca per ripensare la ceramica secondo i canoni Dior. Tutto molto stimolante».
Un grande lavoro dietro le quinte. Cosa resterà?
«Abbiamo avuto il supporto di Edoardo Winspeare, regista bravissimo, immerso nel territorio, straordinario nel trasformare in immagini un racconto. Volevo riprendere e immortalare tutto in un video da mostrare al mondo».
E poi c’è la musica.
«Con la Fondazione della Notte della Taranta un’altra importante collaborazione. Il maestro concertatore, Paolo Buonvino, abita a Roma. È stato un incontro semplice e magico: ci siamo ritrovati a consultare gli stessi libri di Ernesto De Martino. L’idea, comune, è di riproporre la pizzica con occhi nuovi e diversi, lasciando intatta la sua eleganza».
Un grande lavoro corale, solo che qui il direttore d’orchestra è lei. Come si è trovata?
«La cosa bellissima è stata vedere come tutti, malgrado le difficoltà, abbiano avuto piacere a collaborare al progetto della Cruise. Ho avvertito molto forte il senso di comunità. Senza, non ce l’avrei fatta. Quando ho chiamato il sindaco di Lecce, Carlo Salvemini - un contributo decisivo il suo nell’accogliermi e seguirmi, così come quello dell’arcivescovo Michele Seccia - a Parigi sono rimasti sorpresi, loro notoriamente molto formali: “Ma come, chiami il sindaco?”. Certo, e chi altri sennò? Ancor più nei giorni del coronavirus ho sentito forte l’esigenza di portare avanti questo progetto. Da noi ci sono tantissime eccellenze. Non è solo una sfilata».
Lei ha avuto la possibilità di lavorare con le Maison più importanti della moda, in Italia e in Francia. Quali le differenze?
«Sono realtà molto diverse. Quella italiana è meno istituzionale, legata alla creatività e all’intraprendenza di gruppi familiari. In Francia le aziende hanno una storia più lunga: anche se legate al fondatore, hanno sviluppato una struttura autonoma. Lì operano in una cornice culturale, in Italia prevale l’aspetto industriale».
L’evento del 22 luglio cosa lascerà, oltre al ritorno di immagine?
«A Lecce sarà fondamentale raccontare una storia: la bellezza e il savoir-faire propri del luogo. È un aspetto molto spesso sottovalutato da chi lo vive o ne è protagonista. Vedersi da fuori, con gli occhi degli altri, aiuta molto. Anche a Lecce si può allestire un evento mondiale: è un punto di partenza».
Quanto replicabile?
«Guardiamo oltre la singola data. Impariamo che si possono avere relazioni con importanti aziende internazionali mantenendo la specificità locale. Molto spesso c’è la tendenza a snaturarsi pensando di essere, così, più alla moda. No: le contaminazioni devono rispettare peculiarità e tipicità».
Il governatore Michele Emiliano l’ha voluta nella task force per la ripartenza della Puglia. Cosa proporrà?
«Quello per cui mi sento più portata: la moda, appunto. Questa regione ha realtà particolarmente importanti, con abilità molto ricercate e difficili da trovare. Spesso mancano gli agganci con i grandi brand del settore. Lavoriamo su questo».
Lei ha due figli, Niccolò e Rachele. La ragazza è nata qui, 22 anni fa, nell’ospedale di Gagliano del Capo.
«Sì, un parto d’urgenza. Mi sono trovata benissimo. Sono rimasta tutto il tempo accanto a mia figlia, davanti al faro di Leuca. Era destino che il mio legame col Salento si rinsaldasse ancor di più. Papà era andato via da Tricase a 18 anni, ma ci tornava tutte le estati. Sognava di passare sei mesi a Roma, la città di mia madre, e sei mesi in Puglia».
Cos’è l’estate per lei?
«Ha la luce del Salento, i suoi profumi, i suoi colori. Ci siamo venuti sempre. Le prime bracciate a Marina Serra; l’albero di fico dei giochi con i cugini; il tombolo di nonna e zie, da noi ricopiato a matita con tutti i ghirigori; le donne sedute fuori casa, nelle calde serate estive. E poi il tabacco, il duro lavoro nei campi, mio nonno Salvatore piegato in due dalla fatica, la veste sempre nera di nonna Maria Addolorata. Una donna molto forte e bellissima. Sembra ieri... Così mi emoziona poter organizzare ora, proprio a Lecce, l’evento Dior. Molto coinvolgente».
Sua madre era una sarta. Nascono dunque in famiglia la straordinaria vena creativa e l’impegno per le donne?
«Gli esempi non sono mancati: figure femminili, molto attive e presenti, mi hanno trasmesso il senso del dovere e dell’impegno. E poi, sì, c’era tantissima inventiva anche nell’arte raffinata dei ricami. Ma io credo che, in fondo, una vena artistica ce l’abbiano tutti, va solo coltivata. L’Italia avrà anche molti problemi, ma possiede un patrimonio unico di arte, una bellezza infinita e mai scontata: a Galatina sono rimasta senza fiato visitando la Basilica di Santa Caterina. Non mi reputo una donna fortunata: di più».

 

Lunedi,6 luglio 2020

Il 6 luglio 2015 moriva improvvisamente S. E. Mons. Luigi Martella, Vescovo della nostra Diocesi dal 2000 fino al 2015. Sono trascorsi cinque anni dalla sua dipartita e il ricordo del suo ministero episcopale nella nostra Chiesa locale è ancora molto vivo, come indelebile rimarrà nella mente e nel cuore di sacerdoti e laici il suo stile di pastore buono e mite, attento a indicare la strada maestra da percorrere per testimoniare, senza sconti o rallentamenti, Gesù, unica speranza del mondo.

Mons. Martella sarà ricordato nella Messa che il suo successore S.E.Mons. Domenico Cornacchia presiederà il 5 luglio, alle 20, in Cattedrale, nel quinto anniversario della morte, avvenuta il 6 luglio 2015.

Desideriamo fare memoria dell’amato vescovo don Gino, riproponendo lo stralcio di una sua omelia, pronunciata a conclusione della visita pastorale che Mons. Martella svolse nelle città della nostra Diocesi dal 2006 al 2008. Il titolo del paragrafo, pensato da lui stesso, è “Guardando al futuro”: quelle parole risultano ricche di profezia e colme di grande attualità.
Il tempo che stiamo vivendo, caratterizzato da una crisi epocale che ha coinvolto la società mondiale e la Chiesa universale, ha bisogno di una ventata di speranza e don Gino, in tempi non sospetti, dette prova di essere stato ispirato nel consegnarci alcune riflessioni che oggi permettono di guardare al futuro con grande fiducia.
(Vito Bufi)

«Il futuro incalza, cari amici, e noi dobbiamo essere pronti a costruirlo, a dargli forma, a diradare le nebbie dell’incertezza. Quale futuro sarà? Cosa fare? Come dobbiamo prepararlo? Sono interrogativi che premono con tanta insistenza ed urgenza. Per poter rispondere a tali e simili altri interrogativi, ritengo sia necessario partire da una consapevolezza: un momento felicissimo si offre alla missione della Chiesa diocesana. È il momento presente, questo non un altro. Non possiamo aspettare «tempi migliori»: saremmo condannati ad una presenza irrilevante e insignificante.

È il nostro krònos, spesso funestato da pesanti negatività che dobbiamo trasformare in kairòs, cioè, tempo di grazia, tempo di qualità, di senso pieno e di palpitante passione.

Il mondo, questo nostro mondo, quello che è intorno a noi, ha estremo bisogno di ciò che noi, cristiani, possiamo dare; è l’ora della Chiesa, l’ora di come potrebbe e come deve essere, una fraternità unita in fede sostanziosa, pulita, trasparente, in pace all’interno di sé per poter offrire tutte le sue energie a disposizione totale dell’umanità: un’ora, dunque, quale forse non c’è stata mai.

Una richiesta, un’invocazione costante ho colto nel percorso della Visita, negli anziani, negli adulti, nei giovani, nei fanciulli: vieni più spesso; stai un po’ più con noi! È la richiesta di vicinanza, di prossimità che emerge, di relazioni vere; è, in ultima analisi, l’insopprimibile bisogno di punti di riferimento certi, garantiti, affidabili. E non è perché sono o siamo bravi, ma perché siamo portatori di valori che ci superano, siamo portatori di Cristo, luce del mondo e sale della terra.
La nostra diocesi è già impegnata sulla tematica della relazionalità come via della speranza, in coerente fedeltà alle indicazioni del progetto pastorale in atto…
Lo sanno bene i genitori, lo sanno altrettanto bene i docenti, lo sanno i catechisti, lo sappiamo tutti quanto sia fondamentale e necessario investire su questo aspetto.

Non ci nascondiamo le difficoltà ma non possiamo esimerci da un compito così importante e coinvolgente. «Educare non è mai stato facile – dice Benedetto XVI – e oggi sembra diventare sempre più difficile: perciò non pochi genitori e insegnanti sono tentati di rinunciare al proprio compito, e non riescono più nemmeno a comprendere quale sia, veramente, la missione loro affidata.
Troppe incertezze, troppi dubbi, infatti, circolano nella nostra società e nella nostra cultura, troppe immagini distorte sono veicolate dai mezzi di comunicazione sociale. Diventa difficile, così, proporre alle nuove generazioni qualcosa di valido e di certo, delle regole di comportamento e degli obiettivi per i quali meriti spendere la propria vita» (Benedetto XVI, Lettera ai fedeli di Roma, 23 febbraio 2008).
Carissimi, noi come comunità ecclesiale, siamo in prima fila in questo compito, perché educare è la missione stessa della Chiesa. Essa è Madre e Maestra. «Maestra in umanità» ci ricorda il Concilio Vaticano II.

Con questa consapevolezza ci impegneremo a farlo, attingendo alle nostre risorse migliori che sono il Santo Vangelo di Gesù e la ininterrotta tradizione della Chiesa. Sapendo anche che la sfida dell’educare non è opera di navigatori solitari, bensì di tutti. È la comunità, dunque, che deve essere «educante» perché si possa sperare di approdare a risultati positivi.
Sentiamo rivolta a noi singoli e a noi come comunità quella domanda di Gesù a Pietro, in vista della missione: «Mi ami tu?». Perché da qui dipende l’efficacia della missione, dall’amore. Se mi ami, pasci i miei agnelli, pasci le mie pecorelle!
Trovo come una straordinaria esplicazione della richiesta di Gesù, quelle parole di San Giovanni Bosco, proprio riguardo all’arte dell’educare: «Ricordatevi – diceva il Santo – che l’educazione è cosa del cuore… e noi non potremo riuscire a cosa alcuna, se Dio non ce ne insegna l’arte, e non ce ne mette in mano le chiavi».

E aggiungeva, l’eccellente pedagogo: «Studiamoci di farci amare… e vedremo con mirabile facilità aprirsi le porte di tanti cuori ed unirsi a noi per cantare le lodi e le benedizioni di colui che volle farsi nostro modello, nostra via, nostro esempio in tutto ma sopratutto nell’educazione della gioventù».
(Epistolario, uff. lett. vol. III)
(28 giugno 2008)
Mons. Luigi Martella

 

Il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, sulla base delle informazioni del direttore del dipartimento Promozione della Salute Vito Montanaro, informa che oggi lunedì 6 luglio 2020 in Puglia, sono stati registrati 727 test per l'infezione da Covid-19 coronavirus e NON sono stati registrati casi positivi.

NON sono stati registrati decessi.

Dall'inizio dell'emergenza sono stati effettuati 188.969 test.

3.898 sono i pazienti guariti.

93 sono i casi attualmente positivi.

Il totale dei casi positivi Covid in Puglia è di 4.533 così suddivisi:

1.493 nella Provincia di Bari (un caso è stato riclassificato e attribuito alla provincia di Bat perché lì residente).

382 nella Provincia di Bat

660 nella Provincia di Brindisi

1.169 nella Provincia di Foggia;

522 nella Provincia di Lecce;

281 nella Provincia di Taranto;

29 attribuiti a residenti fuori regione.

di Nunzio Dell'Abate

La prematura dipartita dell’Amministrazione Comunale ha comportato l’automatica decadenza dalla carica istituzionale in Provincia.

E’ stato un anno intenso che mi ha arricchito dell’onore di servire il nostro Salento e le variegate comunità da cui è composto.

Lascio un ente che ha tutto il diritto e le potenzialità, in primis come risorse
umane, di riacquistare il suo ruolo strategico di pater familias comunale, attualmente guidato -mi auguro a lungo- da un Presidente umile e capace e da una squadra coesa e volenterosa.

Un anno, se pur intaccato dal periodo nero del Covid, che ha visto tagliare traguardi interessanti nelle deleghe di mia competenza: la bonifica dei d.i.r. (depositi incontrollati di rifiuti) lungo le arterie provinciali ed una lotta senza quartiere a prevenire e punire i comportamenti scellerati attraverso unità dedicate di Polizia Provinciale ed attrezzature innovative (droni e foto trappole); il salvataggio e rilancio della società partecipata Alba Service con gli innegabili benefici in termini occupazionali per 100 famiglie e di servizi per scuole e strade; lo sblocco dell’empasse
sulla rotatoria di Lucugnano; il risanamento delle casse dell’ente, con la riscossione di ingenti crediti in odor di prescrizione e con il bilancio consuntivo 2019 chiuso con un
avanzo libero di 863.691,78 euro dopo quattro anni di disavanzi, che ha consentito la stabilizzazione di 12 unità lavorative, la conversione in full time di 8 rapporti di lavoro e le progressioni orizzontali per il 50% dei dipendenti, nonché di collaborare attivamente nell’ultima edizione della Focara.

Ma un anno che ha visto anche la programmazione, assieme alla collega Esposito, di alcuni interventi di breve e media realizzazione ricadenti nell’ambito del territorio comunale: il rifacimento complessivo del manto viabile della S.P. 184 (la via del Gonfalone) e di alcuni altri tratti, il completamento della pubblica illuminazione sulla S.P. 78 (Tricase-Tricase Porto), la manutenzione della segnaletica e lo sfalcio delle S.P. intersecanti Tricase.

E soprattutto,d’intesa anche con il collega Morciano, l’ammodernamento della S.P. 335 (la Cosimina) arteria nevralgica per l’intero sud Salento, con l’illuminazione delle due rotatorie ancora al buio e la realizzazione ex novo di un’altra all’altezza della chiesetta di San Luciano. Siamo certi che il Presidente Minerva, anche senza di noi, porterà a termine le opere programmate e non cesserà di prestare attenzione alle nostre esigenze.

Fossimo rimasti in carica, l’agibilità politico-amministrativa sarebbe stata indubbiamente maggiore, ma tant’è. Per la verità quel che più rattrista è stata la completa chiusura frapposta dall’ex Sindaco Chiuri all’ente provinciale. Paradossale che non abbia invece approfittato della nostra presenza a beneficio della città, qualunque sindaco lo avrebbe fatto. E’ apparso un dispetto alle nostre persone ed un amministratore della cosa pubblica non dovrebbe mai confondere i due piani.

A pagare è stato Tricase: fuori dai finanziamenti del C.U.I.S. riservati ai nostri giovani studiosi, fuori dalla partecipazione gratuita all’evento fieristico BTM 2020 e fuori dal Piano di Bacino del trasporto pubblico locale con la perdita di grandi opportunità di mobilità su gomma. Una macchia indelebile per me e sono certo anche per Federica di questo lungo anno provinciale.

Lunedi,6 luglio 2020

Esperienza e “garra”: Giancarlo Rau all’Aurispa Libellula

Continua incessante la campagna acquisti dell’Aurispa Libellula che aggiunge un altro importante tassello al proprio scacchiere. Dal Prata di Pordenone approda in Salento il centrale Giancarlo Rau, che è l’uomo di esperienza e grinta voluto da Corsano e Denora.

Rau, 197 cm, nato a Modena nel 1989, ha vissuto dai 3 ai 18 anni in Cile, paese d’origine della sua famiglia.

In Sudamerica ha iniziato a giocare a pallavolo difendendo la maglia della Roja sia nelle selezioni giovanili che in un campionato sudamericano con la maglia della nazionale maggiore. Tornato in Italia prosegue il percorso alle giovanili sotto la Ghirlandina e approda in A1 con la Cimone Modena con cui, nel 2007/2008, conquista la Challenge Cup.

In seguito diverse esperienze in serie cadetta, tra cui spiccano i successi con Bastia Umbra e Molfetta che gli valgono due promozioni consecutive in A2.

A Civita Castellana appone il terzo sigillo, centrando l’obiettivo promozione nel suo primo anno in maglia rossoblù.

Tre anni alla Globo Scarabeo in A2, dove conquista la Coppa Italia di A2 nella due giorni di Bari. Per un problema burocratico tra Federazioni (italiana e cilena) è rimasto quasi un anno in tribuna. 

Giancarlo Rau:“ Torno in Puglia molto volentieri! Dopo la bellissima esperienza con Molfetta finita con la promozione in A2 e la conquista della Coppa Italia di A2 a Bari torno più che volentieri, amo la Puglia e il calore della sua gente.

Ho visto molto interesse da parte dell’Aurispa Libellula e questo sicuramente è stato un fattore molto importante per la mia scelta. Andare in un posto dove si è ben voluti mette tanta voglia di far bene.

Siamo un gruppo giovane è vero, ma credo che si stia costruendo  una squadra molto competitiva, con giovani promesse a livello nazionale .Il fatto di essere probabilmente il più grande della squadra è sicuramente  una bella responsabilità, è il primo anno che mi succede, e proverò a trasmettere tutta la mia esperienza maturata in questi anni in giro per l’Italia”

 

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