Proseguono, tra le polemiche, i lavori nel Centro storico. Se i commercianti fanno sentire la loro voce, lamentandosi per la difficoltà per i potenziali clienti di raggiungere i loro negozi, il Sindaco De Donno rassicura che i lavori termineranno a fine ottobre e che tutto è stato concordato con i commercianti.
Dal canto loro i Consiglieri di opposizione si muovono organizzando un incontro pubblico sulla questione ma, a quell’incontro, non partecipa nessuno dei diretti interessati, con l’unica eccezione di un commerciante che ascolta, da lontano, quello che si dice.
Un quadro che mette in evidenza problemi che vanno ben al di là della questione dei tempi del ribasolamento e che deve servire da “sveglia” sul futuro del Centro e di Tricase.
Forse, per esempio, è il caso di cominciare a discutere e a confrontarsi, da subito, su come si pensa il Centro storico. Se qualcuno, già adesso, si preoccupa di una possibile chiusura al traffico, c’è invece chi se lo augura; se c’è chi spinge per un incremento dei locali di intrattenimento, c’è invece chi teme una trasformazione in un luogo animato solo di sera e vuoto durante il giorno; se c’è chi è favorevole al decentramento degli Uffici verso l’Acait, c’è invece chi teme la desertificazione del centro della Città; se c’è chi propende per una mobilità essenzialmente pedonale non manca chi, pur essendo d‘accordo, pone la questione parcheggi. Le sfaccettature della questione Centro storico potrebbero continuare, non ultima quella di un utilizzo dei palazzi e della case esistenti da trasformare, secondo alcuni, in un albergo diffuso e chi, al contrario, teme che questo contribuisca a svuotare il centro, salvo ad essere rianimato nei mesi estivi.
Insomma una serie di questioni che vanno molto al di là del ribasolamento; un’opera, quest’ultima, che deve servire da lezione per evitare che ciascuno tiri acqua al suo mulino, perdendo di vista l’obiettivo finale. E’ il momento, forse, di discutere del futuro del Centro storico e del futuro di Tricase. La questione Centro storico non è l’unica; basti pensare al dibattito e allo scontro sui lavori della Piazza Sant’Andrea a Caprarica oppure alla questione ampliamento del Pronto Soccorso dell’Ospedale Panico che porterà ad una modifica della fisionomia dell’intera zona, quella di maggiore afflusso per chi viene da fuori.
Ed allora: aspettare che si facciano i lavori per poi lamentarsi oppure conoscere e discutere prima e condividere scelte così importanti?
A.D.
di Giuseppe R. PANICO
Ancora una volta l’estate ormai passata è stata “nobilitata”, almeno a Tricase Porto, da quel maestoso rudere di villa/albergo da cartolina che campeggia su punta cannone. Ormai quasi un simbolo, malgrado la Giustizia si sia mossa, della tanta inerzia nel valorizzare le Marine. Passano gli anni, passano i decenni, passano pure i mezzi secoli ma, per le marine, continuiamo ad essere, fra fiumi di parole, vuoti dibattiti e promesse elettorali … “cusì”.
Restii al cambiamento, quasi come quel rudere al suo abbattimento, comune costiero ma poco marittimo e ancor meno turistico, pur avendo un bel mare, circa 9 km di costa, torri costiere, due porti, molte grotte e incantevoli panorami. Quest’anno anche più cartelli del solito, ma non certo per descrivere, in loco, le nostre bellezze naturali o quello che i nostri nonni, confidando anche in nipoti con maggior senso civico/ imprenditoriale/turistico, ci hanno benevolmente lasciato, ma per mettere, un po’ ovunque su costa e litoranea veti e divieti.
Ne abbiamo a colori verdeggianti, come quelli che qua e là indicano l’elevata pericolosità (sarà vero?) di tanta nostra costa (PG2/PG3); in bianco e nero per indicare ovunque, ai tanti porcellini e porcelloni con sembianze umane, che la costa non è una pubblica discarica ma una fonte di benessere collettivo e sviluppo economico. Poi abbiamo pure quelli che, nei pochi punti, di più facile accesso al mare, almeno per i tanti poco avvezzi alla perigliosa scogliera e alle spumose onde, ci avvisano che la balneazione è vietata, come alla spiaggetta di Tricase Porto e al porticciolo di Marina Serra. E non certo per le scarse condizioni igieniche dovute, in alcune ore, al super affollamento di bagnanti e loro “reflui” e scarso ricambio d’acqua. La lunga estate così calda e con l’acqua del mare più calda e gradevole, ha spinto anche le popolazioni dei comuni limitrofi ad affollare le nostre… “piscine”.
La decisione poi di devolvere circa mille euro al giorno delle nostre tasche al trasporto pubblico e gratuito alle nostre due marine ha, ancor più, incentivato la corsa al mare. Non per lunghe e salutari nuotate, ma per affollarsi, rimanendo in piedi, in tali acque basse e sicure ed a volte malsane.
Una corsa al mare anche con innumerevoli auto che, intasando ogni strada ed anfratto e, “sorvolando” su altri veti e divieti da codice della strada, hanno, con le tante multe, portato “benessere” economico al Comune e alle casse dei nostri solerti vigili. Un’estate, dunque, non certo favorita da acque e servizi da “bandiera blu”, come altre località vicine, ma da una frequentazione balneare di ben limitate pretese e modeste risorse economiche, poco attrattiva per turisti e bagnanti che, appena più esigenti, si dirigono altrove. D’altro canto, se il nostro Piano Coste, dopo ormai cinque anni, non ha prodotto né uno Stabilimento Balneare, né una Spiaggia Libera con Servizi, né nuovi parcheggi e servizi, sperare in un turismo costiero/balneare di maggiore livello economico, rimane utopia.
Abbiamo, almeno in gran parte, superato il vecchio detto “ mare vidi e fusci, caverna vidi e trasi (il mare guardalo e poi scappa perché pericoloso, la caverna guarda e poi entra e riparati ), ma duole leggere, su un ben nota e diffusa testata economica, quale Il Sole 24 ore, che a Tricase, “nel Salento più selvaggio”, “nessuno si industri a costruire un hotel” e che a Tricase Porto ci si fa il bagno (pur fra tanta scogliera bassa e utilizzabile) fra i divieti di balneazione. In passato, sul Volantino, si era già evidenziato come la perdurante carenza di servizi, qualità e programmazione anche costiera, avesse già portato Tricase, fra i comuni costieri salentini, ad avere il minore valore degli immobili privati.
Se non vogliamo continuare ad essere “cusì”, anche per un approccio conservativo/museale/ambientalistico, diventato spesso una scusante per coltivare inerzie, ritardi e rinvii, forse non ci resta che riascoltare Mario Draghi in sede europea. Ovvero l’urgenza di un nuovo slancio che permetta di superare gli attuali freni strutturali e, per noi, anche costieri e programmatici ed avviare una Nuova Ricostruzione Cittadina.
Nella consapevolezza che siamo già, dopo la Grecia, il Paese con minor sviluppo in Europa, con la popolazione, rispetto al Nord, con un reddito nettamente inferiore e, a Tricase, sempre più numerosa nell’avvalersi di contributi pubblici e mense Caritas. Forse una “Tavola Rotonda”, fra i tanti poteri (Comune, Provincia, Parco, C.P, Sovrintendenza etc.), con diritto di veto e divieto ma anche col dovere di venire a capo di antiche carenze, sarebbe già un buon avvio per l’estate e per il turismo che verrà.
Oggi, lunedì 23 settembre – ore 20 nel Castello di Tutino
Con la fine dell’estate e l’avvicinarsi dell’inverno è ormai consuetudine ritrovarsi a festeggiare “L’equinozio d’autunno” nel Castello di Tutino
Così succede da 13 anni e così avverrà il prossimo lunedì 23 settembre, tra riflessioni, musica e uno sguardo alla luna. Ogni anno l'Associazione "La Culonna" assegna anche un premio ad una personalità che si sia distinta nel campo artistico e sociale.
Quindi negli anni sono già stati premiati, tra gli altri, Graziano Gala, Ercolino Morciano, Alfredo De Giuseppe e Pasquale Santoro. Quest’anno il Premio vola oltre i confini cittadini e viene conferito a Sergio Blasi, già sindaco di Melpignano, nonché tra i fondatori e animatori principali de “La Notte de la Taranta”.
“Il Volantino”, così come “Mondo Radio” e altri media social saranno presenti all’evento del 23 settembre, che si avvarrà anche di alcuni momenti originali in musica di Alessia Agosto e Stefano Scuro.
di Alessandro DISTANTE
“Un piccolo imprevisto nel primo giorno di scuola, niente di più”. E’ questo il commento di un giovane quattordicenne raccolto dal cronista all’indomani dell’episodio accaduto in una Scuola superiore di Tricase: la crisi etilica di una coetanea, con tanto di ricovero in Ospedale.
“Niente di più” hanno dichiarato gli amici. E di più -di grazia- cosa doveva accadere?
Altri studenti a sorprendersi per il clamore suscitato: in definitiva -si sono chiesti- cosa è successo? Ed hanno spiegato: “Quello che normalmente accade in occasione delle feste private o in discoteca”. Già lo “stappo”, arrivare cioè alla festa già con lo stappo fatto o, meglio, con gli stappi di bottiglie di superalcolici o, in altre parole, arrivare già ubriachi. Che male c’è? Tutto normale!
“E poi: perchè ve la prendete con noi; anche i nostri genitori ne commettevano di marachelle!”
Insomma, tutto normale! Non ci dovremmo meravigliare di nulla (scandalizzare sarebbe un termine troppo forte), almeno a sentire gli amici della quattordicenne che è stata ricoverata (e poi per fortuna dimessa) in crisi etilica.
E se invece non fosse così? Se invece non fosse così normale ubriacarsi a scuola? Se provassimo a chiederci se questo episodio sia non un “piccolo imprevisto” ma, invece, una “bravata” che nasconde il vuoto? E se ci lasciassimo almeno sfiorare dal dubbio che la ricerca del nuovo, la sfida del proibito prende il sopravvento fino al punto da accettare di mettere a rischio sin’anche la salute o addirittura la vita?
Se, in altre parole, ci chiedessimo se la noia, per essere superata, ha bisogno di imprese fuori dal normale? Se fosse così, dovremmo riconoscere che questa sarebbe una spirale molto pericolosa.
Ed allora: è proprio tutto normale? E’ solo una semplice marachella? E’ sempre colpa degli altri?
Non si tratta di giudicare e tanto meno di condannare, ma di comprendere e di mettere in campo una strategia collettiva, come pure dichiarato al cronista da un docente in pensione.
L’errore più grande sarebbe quello di far finta di niente e di reagire negando l’evidenza; non è normale che ci si ubriachi a 14 anni e non è normale che ciò accada in una scuola che non è un luogo di festa e di trasgressione. La sfida, in quel caso, non è stata solo di superare l’autocontrollo, ma di perdere il controllo sfidando le Istituzioni, i luoghi della conoscenza e dell’educazione. Insomma una doppia sfida e perciò ancora più eccitante.
Ed allora: vogliamo parlarne, anche a costo di essere liquidati come retrogradi o moralisti, oppure vogliamo far finta di niente e lasciare che le cose e le persone facciano il loro corso e scelgano il loro destino qualunque esso sia?
Ovviamente non è un problema soltanto della Scuola, ma investe le Famiglie, le Istituzioni pubbliche, le Associazioni, tutti coloro, cioè, che per dovere, per mestiere o per scelta hanno a cuore la crescita dei ragazzi e la formazione dei cittadini di domani.
Vogliamo parlarne o vogliamo veramente credere che è stato solo un episodio e che tutto rientra nella normalità?
“Speriamo che torni presto tra noi, in piena forma”, hanno detto i ragazzi intervistati. Certo e ci mancherebbe altro, ma che torni in “piena forma”, quella che, per essere mantenuta, impone delle regole, piaccia o no.