Certo è un mondo, il nostro, che ti sorprende sempre. Mai mi sarei aspettato che il poeta degli ulivi, il salvatore del paesaggio, il nostro migliore ambasciatore potesse diventare Albano Carrisi che cantò una canzone quasi cinquant’anni fa ed ebbe la fortuna di sposarsi con la figlia di Tyrone Power. Però questo figlio dei rotocalchi oggi dice qualcosa di più sensato, un pensiero più organico per esempio di Nicki Vendola, dalla cui poetica mi sarei aspettato molto di più. Il nostro presidente della Regione sta assistendo in silenzio alla logica della desertificazione del Salento, una logica gestita da scienziati, epidemiologi, manager di grandi case farmaceutiche, santoni e santini. Come si può accettare che fra poco più di un mese, secondo un piano suggerito da Bruxelles e approvato a Bari, si debbano abbattere tutti gli alberi di ulivo e da frutto dallo Ionio all’Adriatico per una fascia larga ben 15 chilometri e lunga 50? Peggio di un deserto, peggio del Napalm, peggio di una bomba atomica. Tace Vendola, non parla Emiliano, non si sente l’esperto Stefano, Gabellone sta pensando, Palese mastica un cioè con Fitto, mentre tutti gli altri non sanno di cosa stiamo parlando. Ci sarebbe una strada maestra ma è molto complicata da intraprendere da tutti questi signori: la buona pratica contadina. Arare leggermente il terreno, tagliare e bruciare i rami secchi, usare un po’ di solfato di rame sui tronchi, curare l’albero amandolo ogni giorno e quindi preoccuparsi delle discariche abusive, denunciare chi usa erbicidi a go-go e chi lascia la spazzatura nelle campagne, far diventare la differenziata super premiante per i cittadini, andare nelle scuole e insegnare come si vive non solo come si legge. Ma tutto questo significa mettere in discussione un modello vincente, ricominciare a discutere delle verità imposte dall’alto, moderare il modernismo, avere a cuore il futuro e non essere dei predatori affetti da bulimia monetaria. Da pochi anni era nata anche nel Salento la consapevolezza che l’olio di ulivo fosse una ricchezza e non un altro motivo di assistenzialismo: erano nate cooperative di giovani, aziende familiari, qualche società di capitali che avevano messo al centro della loro missione la qualità estrema del prodotto finale. Ora la massa informe e degenerata, qualificata come Casta, dove dentro si affannano anche professori universitari e funzionari dello Stato, gioca alla desertificazione totale, non solo delle terre, ma anche delle teste pensanti. Del resto il mondo sorprende ogni giorno. Le ferrovie Sud-Est comprano in Germania delle carrozze ferroviarie per novecentomila euro, le mandano in riparazione in Polonia (e non a Lecce dove chiudono l’officina) e le ricomprano da una società aperta e chiusa da un pregiudicato italiano per la sbalorditiva cifra di ventidue milioni di euro. Allo stesso modo in quasi tutte le stazioni sono state costruite delle barriere anti rumore, costosissime, inutili e orribili. Nessun sindaco, nessun politico si è opposto né ha cercato di capire cosa ci fosse dietro. La casta non mette in discussione l’ordine delle cose, al massimo si divide i compensi, oppure litiga al TAR per la fetta più alta. Nel frattempo la società delle Ferrovie salentine è sempre indebitata, non ha decenti piani di sviluppo, non riesce ad attrarre nuova utenza, non ha nessun organo di controllo sui lavori. E’ notizia di questi giorni che nell’ambito dell’indagine di Firenze che ha portato all’arresto del super funzionario Ercole Incalza ed altri, ci sono anche alcuni appalti concessi dalle Sud-Est a società riconducibili a Stefano Perotti, uno degli imprenditori legati alla cricca. Non a caso sono indagati per turbativa d’asta sia il numero uno di Sud-Est, Luigi Fiorillo, sia il direttore tecnico Luciano Rizzo. I quali dirigenti continuano a rimanere al loro posto, a percepire stipendi bellissimi e a fare il loro mestiere principale: evitare che la Ferrovia funzioni davvero. Le due sorprese di oggi, Albano che è più poeta di Vendola e le Ferrovie Sud Est che non funzionano, sono esemplificative del perché molti di noi abbiano perso ogni speranza e vedono con fiducia un futuro in Australia, in Danimarca ma forse anche in Montenegro. L’Italia del Sud, in mano alle mafie da sempre, corrotta prima dai Borboni, poi dai Democristiani e ora da tutti quanti è in fin di vita. Chi la vuole salvare spesso è solo e martoriato, chi la vuole uccidere è osannato, eletto, pagato e a volte anche amato.

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