La progressiva degradazione del discorso pubblico è sì nelle parole dette male e scritte peggio; ma anche nelle parole non dette e non scritte. Da mesi, il nostro settimanale è protagonista di una trasparente azione di tutela delle pratiche discorsive, ovvero del confronto su temi di difficile decifrazione e di ancor più ardua risoluzione – ma infine decisivi per il futuro delle nostre comunità. Abbiamo scritto di acque inquinate, discariche abusive, piste ciclabili, spazi urbani, agricoltura biologica, trasporto ferroviario, educazione, relazioni generazionali, temi locali e questioni globali. Sempre fermi nel nostro principio di rispetto della pluralità dei giudizi e delle opinioni. Registriamo, però, il silenzio della Politica su molti dei temi da noi affrontati.
Ironizzando, amo ripetere che se vuoi suscitare le dichiarazioni di un Politico devi criticare il colore dei suoi calzini; senza chiedergli un parere dirimente, poniamo, sulla centralità del trasporto pubblico. Questo è un male della democrazia attuale, sempre più intesa come pratica tecnica e sempre meno come universo di dialogo? Può darsi. Infatti vien da chiedersi cosa ne sia del discorso pubblico quando la sola cosa che susciti la passione dei suoi protagonisti è la lacerante ricerca di un consenso basato sulla polemica personale.
Recentemente il nostro giornale ha dato ampio spazio al confronto che da settimane divide il Sindaco di Tricase, ing. Antonio Coppola, e il sig. Alfredo De Giuseppe, imprenditore locale impegnato in molte iniziative socio-politiche. Ho trovato utile, per il pubblico confronto, lo svolgersi di una simile controversia, ma mi sono chiesto se altrettanto clamore non si sarebbe potuto (forse dovuto) generare in risposta ad alcuni dei nostri articoli: lo stato delle nostre strade, l’abbandono di molti nostri monumenti, lo svilimento dei beni collettivi; l’inquinamento dei nostri luoghi di vita; il futuro nostro, insomma.
Nessun ne ha discusso, a parte qualche volenteroso nostro lettore. Nessuno che ci abbia detto, in questi mesi: “Caro Bongo, la sua idea di connettere i nostri centri con vere piste ciclabili è una sonora sciocchezza o, semmai, una straordinaria congettura”. Oppure (cambiando una consonante) nessuno che abbia dichiarato: “Caro Longo, le strade che lei sogna (senza voragini) si possono fare sulla luna (che è tutta una voragine) oppure, patto di stabilità permettendo, anche qui da noi”.
A meno di dire noi, ai Politici, che essi accoppiano male i pantaloni alle scarpe; a meno di dire noi, al consigliere di minoranza, avv. Nunzio Dell’Abate (spesso presente sulle nostre pagine), che non ha alcun gusto per il colore delle cravatte che indossa; c’è modo di suscitare l’interesse formale, se non sincero e manifesto, della Politica intorno alle questioni che puntualmente solleviamo?
Eppure sarebbe nobile un’assunzione di responsabilità discorsiva, oltre che tecnica, verso le cose pubbliche. Chi rappresenta la Res Publica ne rappresenta, altresì, il discorso. Un simile (ritrovato) discorso pubblico restituirebbe dignità anche al dialogo fatto in strada da noi cittadini; ponendo parziale rimedio al diffuso, e spesso increscioso, silenzio che manifestiamo intorno ai nostri problemi e alle nostre umane insufficienze.
Absit iniuria verbis.