di Giuseppe R.Panico Ancora un decennio fa quella discarica che, dal belvedere sulla litoranea, scendeva lungo il fianco del Calino fin quasi alla grotta Matrona ricordava la cascata delle Marmore. A guardare invece il panorama dall’alto, invitava, con i suoi miasmi, a scappar via, sia pur dopo una rapida foto. Era il benvenuto dal nostro litoraneo ingresso Sud a Tricase ove, già da molti lustri, si parlava di sviluppo turistico destagionalizzato. A ripulire quel fianco del Calino ci pensava un po’ la natura, prima biodegradando qualcosa, poi coprendo la monnezza con un po’ di verde primaverile ed infine, d’estate, complice qualche accendino o cerino, con qualche “spintanea focara”. Uno spettacolo estivo e suggestivo, non di rado con inediti air shows degli aerei antincendio. Tornato da poco dalle lontanissime Ande ad essere cittadino di Tricase ed a vivere fra le pendici di un Calino da discarica, la verde valle del Rio percorsa dalle acque reflue e i vicini fondali marini popolati da pochi pesci e tante insalubri alghe verdastre, ritenevo inconcepibile che, almeno per quella discarica, nessuno osasse dire o far nulla.

Nello stesso periodo, giù presso il santuario di Marina Serra, quella pubblica fontana frequentata da turisti, passanti e fedeli, nonché fonte d’acqua potabile per vicini contadini e villeggianti, veniva distrutta da un automobilista. Costui, arrivando da Tricase, invece di svoltare a destra o a sinistra, decise di tirar dritto e tirar forte. Costrinse così tutti a dire addio alle chiare, dolci e fresche acque, ma, essendo un primario bene pubblico, si sperava per poco. Purtroppo, come per il belvedere, poco importava alle preposte autorità e poco importava a tutti. Poco sembrava importare anche a Santa Madre Chiesa per il suo muretto distrutto accanto alla fontana.

Forse non importavano nemmeno i salaci commenti dei turisti in transito o dei clienti dell’adiacente bar. Passarono circa due anni e, quasi ogni giorno, passavano davanti autorità e funzionari competenti a risolvere il caso, ma anche loro tiravano dritto verso altre mete. Il Volantino pubblicò più volte qualche mio pezzo e più volte feci anticamera dal Sindaco. Ottenni al fine di vedere al belvedere alcuni paletti con una rete a maglie larghe, in modo da non disturbare le fotografie di chi con sé volesse portare il ricordo di quel nostro splendido panorama. La fontana invece, dopo così lunga attesa senza un “like”, nemmeno da chi, rimasto senza acqua, poteva di nuovo brindare almeno alla sua salute, fu riparata ed il muretto pure.

Ma, vicino a quel bel santuario sul mare, pare vi sia da tempo un diavoletto che, oltre a regalarci furti e vandalismi nella cappella e nuovi incidenti automobilistici, si diletta a far le pentole ma non i coperchi. Permane infatti, da allora, lo squallore di una fontana, pur funzionante, tanto malmessa e con contatore privo di…coperchio, mentre il belvedere, ritornato ad essere preda dell’incuria, non è certo ora degno di tal nome.  Correvano le ultime feste di Natale, un decennio era passato, e un altro automobilista decise, allo stesso incrocio, di “tirar dritto”. Lasciò sulla dritta la povera fontana, fece a pezzi il muro della scalinata e la scalinata fu chiusa. Venne Pasqua di “resurrezione” e quel muretto, finalmente risorse senza bisogno (almeno da parte mia) né di anticamere dal Sindaco, né di nuovi pezzi sul Volantino. Ora anche i novelli sposi, con compari e comari d’anello ed amici/amiche da bar o da letto, possono ridiscendere quella bella scalinata fronte-mare, resa ormai così spesso nuziale. Si potrebbe dir quasi che, come “pronto soccorso” nei lavori pubblici, andiamo più forte.

Ma se poi a quell’incrocio si gira a destra e si scende giù fino alla torre di Palane, transenne, incuria e squallore sembrano ormai il “decoro” permanente di quel sito meraviglioso. Se poi si torna indietro e ci si avventura verso quell’impervio e sporco sentiero che porta fino alla grotta Matrona, lo squallore non cambia. Dalla nostra ultima torre alla grotta sarebbe (da decenni) uno stupendo lungomare o passeggiata di circa un km, con capolinea da un lato la nostra storia contro i “mamma li turchi” e dall’altro la nostra natura costiera con la grande grotta e il promontorio del Calino con intermezzo di piscina, porticciolo e cavità costiere recintate ora da rugginosi e cadenti paletti. Forse a quel diavoletto, a sentir parlare di “vocazione turistica” e “destagionalizzazione”, gli scappa da ridere. Se poi si sposta a Tricase Porto, può vedere le transenne sulla banchina, ormai lì da quasi un anno, dopo essere state per tanti anni sulla opposta banchina sotto il costone.

Pare siano lì a proteggerci, non più dalla caduta massi, ma dalla caduta delle pesanti travette in marmo che sostengono il famoso muretto, con i suoi tanti giovani ospiti. Forse meglio tenere in mano, più che una birra, un rosso cornetto e ingaggiare un capace esorcista. La Giornata Nazionale del Mare, 11 aprile, istituita da poco e per legge per incentivare (anche nelle tante scuole di una Tricase sul mare) lo sviluppo, sociale culturale ed economico è già passata. Ma Forse vi è ancora tempo per una giornata al mare di un Consiglio Comunale che con scarpe comode ed occhio attento, vorrà farsi un bel giro sulla costa e rendere possibile anche l’impossibile. Se lo facessero, senza mala voglia o mal di schiena, anche tantissimi cittadini, sarebbe proprio un bel giorno sul mare.

 

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