di Ercole Morciano
È il titolo che il vescovo Vito Angiuli ha dato al suo discorso in occasione della cittadinanza onoraria conferitagli a Palazzo Gallone il 4 luglio scorso.
Un bel discorso che rischia di passare inosservato, considerata la scarsa pubblicizzazione dell’evento, annunciato alla cittadinanza dal semplice avviso di convocazione del consiglio comunale, quando forse avrebbe meritato almeno un manifesto per rendere pubbliche le motivazioni.
Lungi da me fare polemica; il mio solo intento è “storicizzare” l’evento e pertanto tenterò una sintesi del discorso – 8 cartelle dense di contenuti – chiedendo scusa in anticipo se non vi riuscirò appieno, perché lo spazio è sempre tiranno.
In apertura il vescovo afferma di sentirsi già “cittadino onorario di fatto” e di nutrire per Tricase – come per gli altri popoli della diocesi – un “amore personale” dimostrato per noi in tutte le occasioni – e sono veramente molte – che lo hanno visto presente nella nostra città, il cui territorio comunale comprende ben otto parrocchie e la cappellania ospedaliera.
Per mons. Angiuli essere cittadino onorario “non è solo un titolo di onore ma un invito a sentirsi parte viva della città” vista come un “organismo vivente che si è costruito con le sue alterne vicende, consapevole di essere inserito in una storia più grande”.
Ogni città ha una sua fisionomia, ha “i suoi valori e i suoi tesori”, ha insomma una “sua identità” grazie alla quale i suoi abitanti si identificano e si distinguono.
L’identità non è comunque data una volta per sempre – ha affermato il presule – essa è “una realtà vivente” che deve essere sempre aperta e – come l’aveva immaginata Giorgio La Pira, il profetico sindaco di Firenze – collegata alle altre città per formare un “unico grandioso organismo vivente”.
Anche Tricase deve avere una “identità aperta e plurale” che vuol dire “identità popolare” in quanto unisce più persone che hanno una storia comune e si “sentono parte di un unico destino”. Anche Tricase ha generato “eroi, modelli e guide che interpretano, rafforzano, innovano la comune identità…fari luminosi per orientare tutti, verso ciò che è patrimonio comune”.
Per dimostrare tale assunto, il vescovo Angiuli ha scelto tre illustri “padri nobili” che con la loro opera “hanno esaltato la comune identità di questa città” e non si può che condividere la sua scelta: l’on. Giuseppe Codacci-Pisanelli, il card. Giovanni Panico e don Tonino Bello.
Ovviamente – mi permetto di aggiungere – ve ne sono altri, anche meno caratterizzati dal punto di vista della fede, ma pienamente rispondenti al vissuto dei valori umani e cristiani respirati nel nostro ambiente, perché trasversali ai ceti sociali e alle altre differenze; di molti, compresi i tre testimoni scelti dal vescovo, io stesso ho raccolto le biografie nel mio libro “Tricasini” del 2005.
L’on. Giuseppe Codacci-Pisanelli ha dimostrato che “la contrapposizione tra cultura ‘alta‘ e cultura popolare è fuorviante”, perché la prima è una “elaborazione intensiva” della seconda.
Il card. Giovanni Panico “è l’emblema dell’amore per il proprio paese…e incarna la virtù per eccellenza del cristiano, la carità”.
Don Tonino “è l’insuperato esempio di unità tra cultura e carità”.
Essi hanno pertanto tracciato “la vera identità culturale di Tricase, qualificandola come città di cultura e di carità.
Gli insegnamenti di questi tre profeti e testimoni “di gioia, gratitudine e gratuità” durano per sempre: essi non vogliono “parate celebrative”; li dobbiamo ricordare per poterli imitare affinché “il loro esempio diventi forza propulsiva per dare futuro al tempo presente”.
Ci invitano a pensare in grande e “sulle loro spalle” ci fanno intravedere come la Puglia, il Mezzogiorno e il Mediterraneo costituiscono il contesto in cui discernere i segni dei tempi. Significativo l’appello finale di mons. Angiuli: “questa cerimonia avrà un senso se risveglierà in noi la necessità di promuovere un nuovo ed entusiasmante protagonismo del nostro Sud.
Saldamente ancorati sulle spalle di questi tre giganti, noi cittadini di Tricase, dovremmo ritornare, insieme con loro, sul molo a fissare lo sguardo sul Mediterraneo, per fare memorie di antiche melodie che accarezzano l’animo e leniscono le ferite, per guardare in lontananza orizzonti sconfinati e sognare insieme primavere cariche di futuro”. Mons. Vito Angiuli è il secondo vescovo, dopo don Tonino, a ricevere la cittadinanza onoraria di Tricase ed è il primo vescovo della diocesi di Ugento-S. Maria di Leuca a onorarci della sua cittadinanza: siamo certi che egli conserverà per sempre nel suo cuore un posto di speciale affetto e preghiera per noi e per la nostra città, che gli è grata per la sua benefica azione di Pastore e di Uomo.
Consiglio la lettura integrale del discorso pubblicato dall’11 luglio scorso sul sito www.diocesiugento.org